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Autore: Beckett66    19/04/2012    6 recensioni
Ho visto la 4x21.What if. Se Kate non fosse stata impalata ad aspettare ma si fosse arrabbiata. Se Castle avesse programmato tutto. Se, se, se... per il momento non abbiamo altro.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Voglio la verità e la voglio ora!

Beckett era in piedi con la testa china su alcuni fascicoli quando un trillo proveniente dalla porta dell’ascensore le fece alzare lo sguardo. Castle e Slaughter entrarono. Slaughter con passo deciso ed eccessivamente teatrale. Forse voleva fare colpo sulla bella detective e non sapeva quanto si stesse sbagliando. Castle con l’aria di un ragazzino che l’aveva fatta grossa. Aveva una garza che fuoriusciva dalla narice destra e si guardava attorno come aspettando il rimprovero. Beckett sentì il cuore accelerare i battiti e la rabbia salirle lungo la gola. Ryan ed Esposito guardarono Castle, si girarono verso la detective e poi si guardarono tra loro con l’aria di chi aspetta che la bufera scoppi. Da dietro il vetro del suo ufficio Victoria Gates si godeva la scena sorridendo. Sapeva esattamente cosa stava per succedere e non aveva intenzione di fare assolutamente nulla per deviare il corso degli eventi. Kate depose lentamente i fascicoli sulla sua scrivania e, con fare indifferente, si avvicinò ai due uomini. Li guardò fissi e poi li sorpassò senza dire una parola. I due, per ragioni diverse, rimasero sorpresi dal suo atteggiamento mentre Ryan ed Esposito,che conoscevano Kate da molto prima di Castle e del nuovo venuto, sapevano che questo non preludeva a nulla di buono, anzi voleva dire una sola cosa: l’uragano Katrina era in arrivo e non avrebbe fatto prigionieri.

Kate entrò nella sala relax e si diresse alla macchinetta come se volesse farsi un caffè. I due uomini la seguirono, con aria sorniona il primo e quasi timorosa il secondo. Castle sapeva che il silenzio di Kate era un pessimo segnale e Victoria Gates, da dietro il vetro, sorrideva tra sé e sé. Stava certamente pensando che l’agente Slaughter aveva fatto molto ma molto male i suoi conti. Questi, quasi a voler confermare i pensieri del capitano, si rivolse a Kate con aria trionfante: “Come vedi te l’ho riportato tutto intero”. Kate si fermò e pensò che c’erano troppi testimoni perché gli piantasse la pistola sotto il naso, anche se avrebbe avuto una gran voglia di farlo, e si girò lentamente verso di lui. “Sparisci, evapora, smaterializzati!”. Lui rimase fermo in silenzio, poi ebbe la pessima idea di continuare la recita: “Non te la prendere tanto, è solo un graffio. Almeno dopo quattro anni ha visto qualcosa di vero. Guarda che è un uomo fatto mica un ragazzino. Non prendertela tanto. In fondo te l’ho riportato il tuo cagnolino”. Questa frase risultò seccante anche per Castle ma fece finta di niente. “Sparisci! Levati di torno. Sono stata chiara?! Porta il tuo brutto muso fuori da qui!”. Decisamente non aveva fatto colpo sulla bella detective. Decisamente aveva sbagliato completamente l’approccio. In fondo a Castle questo faceva gioco. “Quanto a te vieni con me”. Ordinò rivolta allo scrittore.

Uscirono dalla saletta e Kate si avviò in una piccola sala riunioni. Fece segno a Castle di entrare e poi chiuse la porta. Castle sapeva che Katrina era arrivato e lo avrebbe travolto. Kate si mise in piedi dietro una sedia e gli indicò quella di fronte. Lui mise le braccia conserte e la guardò. In fondo aveva anche lui le sue ragioni. Kate lo guardava con una rabbia che non gli aveva mai visto. In realtà era arrabbiata e spaventata allo stesso tempo e Castle sapeva bene che una donna arrabbiata perché spaventata non è mai un interlocutore gradevole; se poi quella donna era Kate la situazione era davvero critica. Si disse mentalmente che doveva sostenere le sue ragioni. In fondo aveva fatto tutto questo proprio per trovarsi solo con lei e poterla affrontare.

Kate mise le mani con i palmi aperti sul tavolo e cominciò a rovesciargli addosso la sua rabbia: “Ma si può sapere cosa diavolo hai in quella testa!?!”.
“Sto bene Kate, è solo un graffio”.
“Non è questo il punto!”
“Ah no e qual è il punto?”. Chiese con aria di sfida. Kate non si aspettava che lui sostenesse il suo sguardo.
“Il punto è che ORA è solo un graffio ma domani potrebbe non esserlo! Slaughter è uno spaccone ma sa come cavarsela; o meglio sa come fare a sopravvivere esponendo gli altri al rischio al posto suo. Non saresti il primo dei suoi partner a lasciarci la pelle!” I palmi aperti sul tavolo erano diventati dei pugni chiusi e le nocche erano diventate bianche.
“Lo so” rispose Castle. Colpito ed affondato. La sua resistenza si stava affievolendo.
“Lo sai!” urlò
“Lo sai!” pausa “e non pensi ad Alexis, non pensi a tua madre... non pensi... a noi!” Poi si corresse rapidamente “a Ryan ad Espo.. a me!”
“Certo che ci penso... a loro”. Disse sottolineando le ultime due parole. Kate rimase senza fiato.
“Cosa vuol dire a loro?”
“Vuol dire a loro”.
“Io sono la tua partner” rispose lei sottolineando la prima parola
“Già!” Rispose sibillino
“Cosa stai cercando di dirmi Castle? Perché stai cercando di dirmi qualcosa ma non capisco cosa! Anche io ho avuto paura sai!” Alzò la voce lei.
“Ora puoi avere una minima idea di quello che ho provato io”. Rispose lui. Era assolutamente calmo. Il suo gioco stava riuscendo.
“Tu?” Kate era esterrefatta.
“Si io, quel giorno al cimitero: mentre vedevo la vita lasciare il tuo corpo; sull’ambulanza mentre mi dicevano che probabilmente non ce l’avresti fatta. Lo capisci ora”.
Kate abbassò il capo sconfitta.
“Perché ora? Perché hai voluto che soffrissi?”
“Già, perché ora? Prova a chiedertelo Beckett!” Lei era confusa, non capiva. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi. Era assolutamente certa che lui non avesse sentito quando lei interrogava il presunto attentatore e quindi non poteva sapere che lei ricordava tutto. Ne era certa perché era sola nella stanza.
“Me lo sto chiedendo ma non ho una risposta”.
Castle la guardò dritto negli occhi e la sfidò “Davvero non hai una risposta? Forse non ce l’hai perché non vuoi pensarci”.
“Senti Castle mi vuoi dire cosa ti ho fatto? Perché mi stai trattando così? Mi sono solo preoccupata per te e forse non avrei dovuto ok? Va bene chiudiamo qui la discussione. Non devo preoccuparmi per te. Non lo farò più”. Si raddrizzò e si diresse verso la porta.
Castle non aveva considerato l’eventualità che lei non capisse. Del resto non sapeva che lui fosse dietro lo specchio. Quando Kate allungò il polso verso la maniglia lui gliel’afferrò e l’attirò a se.
“Invece non chiudiamo nessuna discussione detective. Io voglio la verità e la voglio ora!”
“Quale verità?”
“Lo sai detective. Anche se non vuoi ammetterlo lo sai”.
“Non lo so Castle! Non ci sto capendo niente!” Aveva urlato.
Lui le afferrò entrambi i polsi e li portò all’altezza delle spalle, la guardò negli occhi e fece la sua mossa.
“Ora guardami detective, guardami negli occhi e dimmi che non ricordi quello che ti ho detto quando ti hanno sparato”.
Lei rimase gelata. Si sentì quasi mancare. Il suo cuore si fermò per un istante.
“Ma tu...”
“Io cosa? Io non dovrei saperlo? Non ti ho chiesto se pensi che lo sappia o no. Ti ho chiesto la verità!”
“Si” rispose in un soffio “Ricordo”.
“Hai sempre ricordato tutto!”
“No, non subito. Dopo un po‘ di tempo”.
“Perché?”
Lei sfilò il polso dalla sua stretta, gli accarezzò il viso e poi avvicinò lentamente il suo viso a quello dello scrittore. Lui rimaneva fermo, inespressivo, mentre lei continuava ad avvicinare il suo volto. Lentamente avvicinò le sue labbra, mise le sue mani dietro la testa di Castle, lo attirò a sé e lo baciò.
“Perché tutti coloro che mi vogliono bene davvero muoiono. Ma se devi farti ammazzare perché segui uno come Slaughter preferisco esserci io. Almeno farei di tutto per impedirlo”. Lui l’abbracciò e si baciarono di nuovo. Rimasero abbracciati stretti e lui le accarezzò i capelli.
“Vedrò di non farmi ammazzare allora detective” sorrise lui.
“Ti amo Rick e mi dispiace di averti mentito. Ti amo così tanto che non posso pensare di non vederti anche solo per un giorno”.
“Lo so detective. In fondo sono sempre Richard Castle: il più affascinante ed irresistibile scrittore di gialli mai esistito!” disse ridendo e lasciando uscire il suo gigantesco ego.
“No,tu sei il mio partner, il mio amico, l’uomo che mi ha insegnato a sorridere! Tu sei tutto questo. Non voglio sminuire il tuo ego, o magari solo un pochino ma voglio dirti che io amo l’uomo che mi è stato a fianco per quattro anni”.
“Lo so, lo sapevo”.
“Come lo sapevi?”
“Mi bastava guardarti. Nessuno mi ha mai detto I need you con gli occhi come fai tu”.
“Ma volevi che te lo dicessi”.
“No, volevo che lo dicessi a te stessa”.
“Grazie per non esserti arreso”.
“Sempre”. Lui le accarezzò il viso, l’attirò a sé stringendole i fianchi e le diede un altro bacio. Poi afferrò la maniglia della porta con la mano sinistra e la mano di Kate con la destra, aprì la porta e la invitò ad uscire con fare teatrale.
“Prego mia musa”.
Uscirono sorridendo per mano. Ryan allungò la mano verso Esposito e con un enorme sorriso annunciò “Paga fratello!”
Slaughter li guardò con uno sguardo da ebete e si girò per andarsene.
Castle lo richiamò, lui si girò e lo ringraziò “Grazie Slaughter!” In fondo era anche contento di averlo un po’ umiliato, non gli piacevano i suoi modi.
Victoria Gates gettò la testa indietro sulla poltrona e fece un enorme sorriso.
  
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