Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Chazzam    19/04/2012    10 recensioni
Due drabbles spin-off di The Sidhe, la prima piuttosto sexy, la seconda incredibilmente triste. (Sul serio. Siete avvertiti). Ovviamente, è indispensabile aver letto prima la long The Sidhe.
"Di tanto in tanto, la disperazione ritornava; di tanto in tanto, Kurt stava lontano per troppi giorni, oppure riuscivano a risolvere una discussione che si era trascinata molto più di quanto avrebbe dovuto, oppure uno dei due si ritrovava a scampare per un soffio alla morte o a serie ferite di qualche tipo. Certe volte la fragilità del loro legame e delle loro vite si abbatteva su di loro e allora allungavano una mano l’uno verso l’altro, si facevano quanto più fisicamente vicini potevano, piangevano e si baciavano e si aggrappavano l’uno all’altro e sussurravano tutto ciò che sentivano il bisogno di dire e di sentire mentre si muovevano in sincronia."
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'The Sidhe'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

[Introduzione di Chazzam]

Visto che l’anniversario di The Sidhe si sta avvicinando (ho pubblicato il primo capitolo il 13 maggio dell’anno scorso), ho intenzione di scrivere qualche altra one-shot a mano a mano che la data si avvicina, quindi state all’erta!

Nel frattempo, spero vi piacciano queste drabbles! ;)

 


 

 

 

1.

 

 

Dopo vari giorni della loro settimana di ritiro dal mondo post-matrimonio, Blaine se ne stava sdraiato completamente esausto contro il petto di Kurt.

“Spero che non ci trasformeremo in una di quelle coppie di sposi che perdono la passione l’uno per l’altro con gli anni” mormorò.

“Non accadrà” rispose Kurt con voce assonnata.

“Mmmmm” replicò Blaine, creando delicati cerchi intorno all’ombelico di Kurt con le punte delle dita. “Io non smetterò mai di volerti.”

Con il tempo, la paura si affievolì, e Blaine si trovò a ridefinire la passione ancora e ancora. Persero la disperazione che aveva segnato così tante delle prime volte in cui avevano fatto l’amore, persero l’intensa paura di perdersi l’un l’altro per sempre che li aveva perseguitati per tutta Villalu e fin dentro Cloudlen. Impararono a rallentare e assaporarsi davvero, sapendo che avevano tempo.

Così tanto tempo.

Kurt fece conoscere a Blaine vari nuovi tipi di oli floreali e nettari; nessuno era così intensamente perfetto per tutte le occasioni quanto l’olio del loro fiore rosso, ma si ritrovarono ad usarne molti ancora e ancora. Come l’olio del fiore giallo intenso che li faceva durare per ore e ore, o quello del fiore verde scuro che li faceva sentire come se la loro pelle si increspasse, o il nettare del fiore rosa pallido che permetteva loro di accedere insieme ad uno stato di semi-trance, per vedere un accenno del cuore di tutti i mondi semplicemente facendo l’amore.

Amavano passare interi giorni a letto quando potevano, amavano imparare nuovi modi di godere l’uno dell’altro con minuziosa attenzione per i dettagli. Una volta Blaine si svegliò sentendo qualcosa di soffice, umido e pizzicante strofinato sul suo corpo, per scoprire Kurt con un piccolo pennello e un fiore rosso aperto in mano, seduto a gambe incrociate e nudo sul letto. Pitturò i capezzoli di Blaine e scrisse il suo nome in Elfico sul suo stomaco e sui fianchi. Avvolse il piccolo pennello con un movimento a spirale intorno alla sua erezione e poi lo premette sulla fessura, ghignando di contentezza di fronte al grido strozzato di Blaine.

Poi fu lui a dipingere Kurt con l’olio, iniziando dalle punte delle sue orecchie per poi scendere mentre Kurt rabbrividiva di piacere, conficcando il pennello nell’incavo tra le sue spalle e tracciando la colonna vertebrale. Dipinse il suo nome in Villaluano sul sedere di Kurt e poi ne baciò ogni natica, facendolo scoppiare a ridere e poi girarsi per catturare le sue labbra pizzicanti con le sue.

Di tanto in tanto, la disperazione ritornava; di tanto in tanto, Kurt stava lontano per troppi giorni, oppure riuscivano a risolvere una discussione che si era trascinata molto più di quanto avrebbe dovuto, oppure uno dei due si ritrovava a scampare per un soffio alla morte o a serie ferite di qualche tipo. Certe volte la fragilità del loro legame e delle loro vite si abbatteva su di loro e allora allungavano una mano l’uno verso l’altro, si facevano quanto più fisicamente vicini potevano, piangevano e si baciavano e si aggrappavano l’uno all’altro e sussurravano tutto ciò che sentivano il bisogno di dire e di sentire mentre si muovevano in sincronia.

Blaine amava in particolare dipingere il tatuaggio di Kurt con l’olio e poi premerci sopra il suo mentre si baciavano, per ricordare a se stesso che Kurt era suo, che Kurt voleva lui e nessun altro al mondo.

Non persero mai la passione l’uno per l’altro. E davvero, Blaine non ne era sorpreso. In fondo, anche all’inizio non era poi così preoccupato.

“Anch’io ti vorrò sempre” rispose Kurt quel pomeriggio sul letto poco dopo il loro matrimonio, accarezzando dolcemente la guancia di Blaine e sospirando di felicità mentre brezza fresca si espandeva nell’aria dalla finestra aperta, scivolando sui loro caldi ed intrecciati corpi nudi.

“Sempre e per sempre?” chiese Blaine, anche se non era una vera domanda, la sua voce sempre più flebile mentre scivolava nel sonno.

“Sempre e per sempre” mormorò Kurt, alzando la mano per appoggiarla ai suoi morbidi ricci, prima di passare un altro intero pomeriggio a dormire.

 

 


 

 

 

2.

 


 

Non pensò a che cosa avrebbe detto, né se avrebbe mai più detto qualcosa, in realtà.

La sua intera esistenza era stata così introspettiva da quando Blaine lo aveva lasciato, e l’unico modo che aveva per rimanere aggrappato a suo marito anche nella più debole sfumatura di fisicità era tenere la sua mente occupata con un continuo flusso di ricordi e immagini.

Quanto era bello Blaine quando era giovane, così dolce e pieno di meraviglia, l’immagine appannata ai contorni nelle profondità della memoria di Kurt.

Quanto era elegante Blaine in età avanzata, il modo in cui era lentamente passato ad un nuovo tipo di fascino, rughe che Kurt poteva toccare con le sue dita, tracciando la storia delle loro vite intrecciate, la storia del loro amore.

Di tanto in tanto Kurt immergeva il più piccolo angolo della sua coscienza in tutte le cose che Blaine gli aveva detto per rassicurarlo; che si sarebbero sempre trovati, che non era davvero un addio, che Kurt aveva trasformato la sua parodia di vita in qualcosa di bellissimo e prezioso e perfetto.

Ma non era in grado di pensare a quelle cose troppo a lungo.

Verso la fine, Blaine aveva detto Ti amo troppe volte. L’aveva detto così tanto che a volte aveva fatto male sentirlo, aveva fatto sgattaiolare Kurt nel cortile del retro per piangere nel silenzio dopo che Blaine era andato a dormire.

Perché sapeva cosa stava succedendo. E non poteva farlo. Lo sapeva sin dall’inizio, aveva deciso di donarsi ad un essere umano e adesso quell’uomo stava morendo, ed era passato così tanto tempo, quattrocento anni erano così tanto tempo, come faceva a sembrare solo un battito di ciglia? Perché non sembrava neanche lontanamente abbastanza? La sua vita si era svolta intorno a Blaine, lo aveva impresso nel profondo, e quando Blaine se ne sarebbe andato non avrebbe lasciato soltanto una voragine con la sua forma nella vita di Kurt.

Quando se ne sarebbe andato, la spina dorsale della vita di Kurt si sarebbe spezzata e sarebbe crollata in un caos senza forma.

E lo fece. E Kurt non provò nemmeno a lottare per risalire in superficie quando accadde.

Ma non aveva messo in conto l’apatia che avrebbe seguito il caos. Il fatto che il dolore potesse diventare troppo persino per riuscire a sentirlo, troppo per essere contenuto in un singolo corpo.

Si sarebbe tolto la vita senza pensarci due volte se avesse davvero pensato che farlo lo avrebbe condotto da Blaine. Ma l’universo non si piegava così ai voleri dei mortali, e un simile atto avrebbe probabilmente finito per mettere ancor più vite tra di loro, ancor più tempo andato sprecato.

Ma vivere… vivere era troppo da chiedergli.

Si mantenne semplicemente in vita in modo da poter pensare a Blaine, il suo corpo niente più che un intralcio con le sue richieste di cibo e acqua e rifugio e calore. Non riusciva a concepire l’idea di comunicare con altri esseri, di sprecare anche un singolo briciolo della sua attenzione per concentrarsi sul mondo.

Che cosa poteva volere dal mondo, dopotutto? Nel mondo non c’era più Blaine.

Quando la Guardiana lo trovò, lui a malapena la vide. Cercò di ignorarla, ma lei sospirò e si protese con dolcezza verso il suo cuore, e ne estrasse il ricordo di Blaine che lo implorava di vivere, di lavorare, di continuare a cambiare il mondo.

E la richiesta di Blaine. La sua ultima richiesta che Kurt aveva promesso di rispettare.

Con un singhiozzo strozzato e l’ultimo straccio di energia che riusciva a racimolare, Kurt si arrampicò sul dorso della Guardiana.

Sapeva esattamente dove lo avrebbe portato.

Fu un sollievo sapere che non ci si aspettava da lui niente di più che rimanere in vita quando si stabilì a Cloudlen. Nessuno parlò di farlo tornare a Khryslee, e anche se le persone gli parlavano, nessuno si arrabbiava quando non rispondeva.

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Non voleva saperlo. Non avrebbe fatto altro che renderlo ancora più distante da Blaine.

Ad un certo punto, iniziò a voler rispondere. A volte. Ma l’idea di parlare, di sostenere una conversazione, sembrava così sconvolgente che non riusciva a fare altro che piangere.

Perché l’ultima persona viva con cui aveva parlato era Blaine. E non appena avesse detto qualcos’altro, non sarebbe più stato così.

Non fu qualcosa di pianificato, qualcosa su cui aveva riflettuto, davvero. Ma un giorno si ritrovò quasi a sorridere di fronte alla piccola creatura appollaiata sul suo ginocchio. Perché lo fece pensare a Blaine, ed era parte del mondo che esisteva fuori dalla sua mente, e forse – solo forse – poteva concedersi di vedere di nuovo quel mondo e ricordare ancora Blaine.

Guardò la piccola creatura, e si concesse di ricordarlo. Lo sguardo sul suo viso la prima volta che aveva visto un folletto. Il modo in cui aveva riso così tanto che era quasi caduto a terra mentre Kurt imprecava e scacciava i folletti che avevano assaltato la sua scorta di caprifoglio essiccato nella credenza (“Era stato addolcito con un minerale cristallino molto raro, Blaine. Non è semplicemente qualcosa che posso tirar fuori dal nulla quando mi va, ma sono felice che ti diverti”), il modo in cui Blaine si prendeva sempre cura dei folletti feriti che trovava, facendo di tutto per rimetterli in salute con le mani più gentili del mondo quando persino Kurt sapeva che non c’era speranza.

Il loro cortile era stato riempito di piccole lapidi per folletti. E per ogni lapide, c’era stata una piccola cerimonia. E Kurt era rimasto al fianco di Blaine fino all’ultima di loro.

Blaine non era più nel mondo. Ma c’erano ancora i folletti, e quella piccola constatazione avrebbe fatto sorridere Blaine.

Blaine.

Mio marito è morto.

Non disse le parole ad alta voce, ma non ne aveva bisogno. Il dolore non diminuì; anzi, pianse più forte. Ma fu come se un peso si fosse alzato, una pressione fino ad allora ignorata che lo aveva stritolato con forza. Kurt chiuse gli occhi per un breve attimo, sospirando profondamente.

“A Blaine sono sempre piaciuti i folletti” sussurrò, e la pressione si alleggerì giusto un po’ di più.

 

  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Chazzam