Ulisse l’alchimista
…quando
mi dipartì da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ‘l debito amore
lo qual dovea Penelopè
far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i ‘ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto…
Avrei
potuto rassegnarmi.
Non sono il
primo ragazzo che perde la madre, dopotutto, e credo avrei
potuto sopportarlo. Il mondo va così, dicono.
Avrei continuato a mangiare, bere, dormire, sarei cresciuto, e nulla sarebbe
cambiato.
Ma io
volevo che qualcosa cambiasse.
Volevo
afferrare Dio, quel Dio maledetto che me l’aveva
portata via, e scuoterlo, e urlarglielo in faccia:
HAI VISTO
CHE CE L’HO FATTA?
NOI UOMINI
NON ABBIAMO BISOGNO DI TE!
Non ne abbiamo. Possiamo cavarcela benissimo da soli.
Sapere è
potere.
Colui che
sa tutto ciò che c’è da sapere, è onnipotente.
Non ci
vuole molto a diventarlo: basta studiare bene.
…io
e’ compagni eravam vecchi e
tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uom più oltre non si metta…
Contro
natura: così gli sciocchi e gli ipocriti bollano tutto ciò che esce dal loro
potere. L’intera esistenza dell’uomo è contro natura! Fin da quando, ancora
chino e peloso, un bruto esultò a grugniti per avere
acceso il primo fuoco, l’uomo ha stuprato la natura, ne ha fatto una concubina
da fottere e da buttare via. Gli uccelli fanno i nidi con ramoscelli e
pagliuzze, e le talpe si scavano tane nel morbido abbraccio dell’umida terra.
L’uomo squarcia invece le viscere delle montagne, le sventra, ne divora le
rocce più segretamente nascoste che poi sminuzza, scioglie, digerisce nello
stomaco delle sue fabbriche, per avere ferro e cemento, e con essi costruisce le proprie case, palazzi che calpestano
sprezzanti il suolo e insultano il cielo con la propria altezza. E’ forse male?
No! Per questo siamo grandi! Prendi, nostra schiava, nostra
puttana, obbedisci e sarai punita, per l’eternità: questa è la nostra promessa!
Dunque,
perché dovrei fermarmi?
Perché
dovrei fallire?
Perché
non dovrei riuscire a…
…considerate
la vostra semenza:
fatti non foste per viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza…
Fin da
quando il fratello uccise l’altro fratello, questa è
stata la nostra condanna: nel nostro animo lottano, avvinghiati l’un l’altro,
in un disperato anelito di vittoria, un Angelo ed una Fiera. Ciechi davanti
alla loro vera natura, gli uomini alimentano quest’ultima,
e lasciano che sia essa a dominare le loro vite.
Cosa può
esserci di male in questo?
Il giorno
in cui la cupa Fiera sarà battuta per sempre, la morte sparirà con essa, perché non c’è cosa che la ragione non possa ottenere.
…de
la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fè
girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso.
Tutto è
compiuto. La mia menzogna è svelata, e ora colpisce i miei occhi come lo
scintillio di questi auto-mail che mi porto dietro. Il
fuoco della nostra casa che ora guardo bruciare ha consumato la vanità che mi
ha fatto credere di esser nel giusto, quando invece inseguivo anch’io le mie
egoistiche passioni. Se mai un giorno qualcuno avrà successo
dove io ho fallito, sarà qualcuno che si è liberato di ogni istinto, e agisce
solo assecondando il fiume del destino, in cui io volevo remare controcorrente.
Questo ho capito: che non bastano acqua, carbonio, ammoniaca e
calce per fare un uomo. Finora, io non sono stato che materia informe, ma oggi inizia il viaggio che la plasmerà. Non
riesco a non rimpiangere ciò che ho perso, ma so di aver pagato un ben misero prezzo per ciò che ora posso trovare: me stesso, e la
mia anima.
Perdonami, Alphonse.
Perdonami,
mamma.
Una breve one-shot scritta
di getto qualche tempo fa e che era rimasta nel cassetto fino ad oggi. Di FMA io sono un fan piuttosto recente, non ho visto
l’anime e sono solo un lettore giunto al quarto volume del manga, tuttavia ha esercitato su di
me fin da subito un grandissimo fascino la tematica principale della vicenda,
cioè la sfida tra l’uomo che cerca di sottomettere la natura e la forza di quest’ultima che impone leggi severe e inviolabili. Una tematica antica che ho ravvisato anche in questo celeberrimo
brano del ventiquattresimo canto dell’Inferno di Dante, un brano grazie al
quale sono riuscito a rendere al meglio le mie sensazioni. Spero abbiate apprezzato
questo breve monologo, se è così (e anche se non è così) vi invito
a commentare. Grazie ancora!