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Autore: fuckindreamers41    20/04/2012    3 recensioni
Artemis e Kaya sono due orfane del nostro mondo.
Cosa succederebbe se queste due ragazze venissero catapultate nella celeberrima Galassia Lontana Lontana?
E se il loro non fosse solo un caso?
E se fossero lì per sorvegliare il Prescelto evitando la catastrofe?
Per chi non si interessa minimamente alla vecchia trilogia e ha odiato Zio George per aver distrutto la coppia del secolo.
[ FF scritta a quattro mani: Madamoiselle nina e JarJar ]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Padmè Amidala, Un po' tutti | Coppie: Anakin Skywalker/Darth Vader
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO: The Runaways.

 

 

 


15 Aprile 2012, South Bronx (NY).

Era una serata grigia e nebbiosa nel quartiere di South Bronx, il sobborgo con il più alto tasso di criminalità dello stato di New York.
Due ragazze correvano per le strade tortuose come se avessero un pitbull alle calcagna.
« Artemis muovi il tuo fottuto culo, altrimenti la signora Lewis potrebbe squartarci! »
disse la bionda all'amica dai capelli rossi.
La diretta interessata sbuffò sonoramente, arrancando dietro di lei.
Erano le otto di sera e non volevano di certo far tardi a cena per l'ennesima volta.
Artemis Moon e Kaya Monnig avevano diciassette anni e vivevano nell'orfanotrofio “Lewis”, l'unico rimasto di tutto il Bronx.
Artemis aveva dei fluenti capelli rossi, occhi verdi e si vociferava qualche rotella mancante nel cervello. Kaya, invece, era alta e altrettanto bionda, cosa di cui si vantava parecchio, e si reputava, ingiustamente, la più cervellona delle due... nonostante i doppi sensi fossero il suo chiodo fisso.
Dopo una decina di minuti di corsa sfrenata, le due, giunsero di fronte all'imponente, malridotto e tetro edificio in pietra grigia che la direttrice, la signora Lewis, si ostinava a chiamare “casa”.
Spalancarono il massiccio portone in onice nera e si fiondarono sulle varie scale e scalini per raggiungere la mensa.
Entrarono nella sala cercando di passare il più possibile inosservate, il che risultava piuttosto semplice dal momento che la stanza era sovraffollata (sempre a causa del minuscolo problemino dell'essere l'unico orfanotrofio di tutto il Bronx).
Dopo un veloce e fin troppo frugale -vomitevole- pasto, le due amiche tornarono nella propria camera, una della ultime doppie rimaste, per parlare degli avvenimenti del giorno.

La camera era piccola, tetra e spoglia, con le sue mura azzurro scolorito e le coperte dei letti di un grigio topo.
L’unica nota di colore erano i vestiti delle due ragazze, che ricoprivano tutti i mobili presenti e la maggior parte del pavimento.
« Kayuccia, ma hai visto il figlio della Jensen? Oh mio dio! » iniziò Artemis, lanciandosi letteralmente sul letto, con occhi sognanti.
« Quello? Tzè, un facocero ha dei gusti amorosi migliori dei tuoi, Artie! C'era Paul a pochi metri da noi e tu hai anche solo potuto guardare un altro ragazzo?! » rispose l'altra dandole una manata scherzosa in piena fronte.
« Sì, quello, Kaya. Era così … così … così … »
Ma nessuno seppe mai quant'era cosa il figlio della Jensen.
Un colpo pretentorio alla porta fece sobbalzare entrambe le ragazze.
Chi poteva essere a quell'ora?
Con una sonora spinta la porta venne spalancata, rivelando la imponente figura di Felicia Lewis, la direttrice in persona.
Era una donna sulla quarantina, con i capelli di un biondo platino –tintissimo- e gli occhi neri. Quella una volta doveva aver gareggiato contro un ippopotamo per decretare chi dei due riuscisse a ingurgitare più cibo nel minor tempo possibile. Poverina, dopo la sconfitta aveva affogato il suo dolore in cos'altro se non nel cibo?!
« Monnig, nel mio ufficio. Subito. » scandì il donnone con ferocia.
« Si signora, arrivo. »
Prima di uscire, la ragazza si rivolse nuovamente verso l'amica e le sussurrò: «Chissà come ha fatto miss culo di piuma ad alzare il suo enorme fondoschiena dalla poltrona. Deve essere sicuramente una cosa grossa... capisci anche il doppio senso. »
L'ufficio della signora era parecchio modesto e si fa per dire.
Le pareti erano tappezzate di tulipani ed ogni cosa parlava di fiori. Tutto ciò era assai sorprendente per tutti gli alunni che erano stati dentro quel posto almeno una volta, visto e considerato che la Lewis vestiva sempre con dei tailleur di color marrone e i suoi capelli erano perennemente annodati a formare un'altissima crocchia che neanche le ballerine del “Cigno nero”. Nell'istituto si vociferava che da giovane si fosse innamorata di un fioraio olandese che ovviamente poi l'aveva scaricata e fatta tornare nella città natale con il cuore infranto e la voglia di rovinar la vita a qualcun altro.
Kaya si sedette su una delle lucide poltroncine antistanti alla scrivania in cui sedeva la direttrice che sembrava indaffarata con alcune scartoffie.
« Bene Monnig, sono felice di vederti. Mi hanno detto che tu e Moon non eravate nel dormitorio, questo pomeriggio.» la giovane era pronta a ribattere inventando di sana pianta una storia sulla falsità di quei “pettegolezzi” ma fu interrotta.
« In ogni caso, ne parlerò domani con la tua compagna. Tu stai per diventare ufficialmente un affare non mio. » dichiarò Felicia con un sorrisetto a stento trattenuto.
« Cosa? Cioè cosa vuol dire con queste parole, io non capisco. » balbettò Kaya.
« Immagino tu non abbia mai letto il regolamento d'istituto, come mi aspettavo. Il nostro regolamento prevede lo sfratto per gli ospiti che, compiuta la maggiore età, non sono ancora stati adottati. »
« Cosa? Vuole che io me ne vada, ora? » soffiò la ragazza sull'orlo delle lacrime.
« No, voglio che tu te ne vada entro due giorni. Cioè entro il giorno del tuo compleanno. »

 


***
 


« Kaya, smetti di piangere. Ora. »sbraitò Artemis perdendo la pazienza.
« Non posso, lo capisci? Quella...corpivendola vuole sbattermi fuori di qui in men che non si dica e non ho niente di niente Art: non un soldo, non ho un posto dove vivere...oltre sotto i ponti se può valere e soprattutto non avrò più te. » rispose Kaya che si era spiaccicata sul letto con un cuscino in faccia per non far vedere all'altra la propria debolezza.
Artemis si sedette sul letto accanto a lei e cominciò ad accarezzarle i lunghi capelli biondi, proprio come facevano da piccole; quando due ragazze diverse si erano conosciute perché erano orfane entrambe e avevano reso questa loro mancanza un punto di forza, l'una grazie all'altra.
« Kay? »
« Che c'è?! »singhiozzò lei.
« Ti ricordi quando ti hanno trasferita qui da Harlem? »
« Sì. »
« Avevamo otto anni e quando mi dissero che avrei avuto una nuova coinquilina fui invasa dal terrore. Pensavo che non avremmo fatto amicizia e che mi avresti scansata come tutte le altre. Per me sei più che una sorella...sei tutta la mia famiglia. Io e te non resteremo qui dentro un giorno di più: vogliono cacciarti? Beh noi ce ne andremo. Stanotte. » concluse Artemis.
« Hey un momento, di che parli? » chiese Kaya sbigottita buttando il cuscino giù dal letto.
« Voglio dire, il tuo compleanno è il diciassette aprile giusto? Il mio è a luglio quindi mi sbatterebbero fuori comunque. »
« Ma cosa diavolo stai dicendo?! Hai ancora tre mesi e poi dove diavolo potremmo andare eh?! Dai cervellona dimmi, vuoi finire come molti dei nostri coetanei a spacciare per vivere? »
« Oh mio dio, come la fai lunga, sorella! No, signorina moralista, non spacceremo marijuana. Invece, ci rifugeremo nella casa abbandonata del vecchio Roy Bridge! » annunciò la rossa alzandosi e cominciando a radunare le proprie cose.
« Okay, è ufficiale...a te non serve un orfanotrofio, ti serve un manicomio! Artie, quella casa è abbandonata dalle guerre del Peloponneso e tu vorresti viverci?! »
« Quanto la fai lunga, Kaya! Per il momento direi di rifugiarci lì, poi possiamo andare a lavorare insieme dalla vecchia Lizzie, nella panetteria di London Street. Magari così avremo i soldi per andare a Manhattan. »
« Lì la situazione sarà ancor peggio...non ci sono case abbandonate. » replicò funerea la bionda, prima di seguire le indicazioni dell'amica cominciando a ficcare in borsa le cose a cui teneva maggiormente.



 

Ore 2.00 a.m.
 

 

Le due amiche decisero di uscire passando dalla porticina del retro, nelle cucine.
Avevano ancora parecchi favori da riscuotere nei confronti della cuoca, miss Shaple, alla quale avevano più volte dato una mano, a causa della sua rinomata ‘svampitaggine’.
Lei le aveva avvertite, però: non sarebbero andate molto lontano prima di essere trovate.
A loro non importava, sarebbero scappate in capo al mondo pur di non essere divise. Ne avevano passate decisamente troppe insieme per farsi spaventare da una cicciaformaggia e un paio di idioti che erano diventati poliziotti grazie alle sorpresine Kinder.
Il Roy Bridge si trovava in fondo ad una strada dimenticata a circa quattro isolati dal “Lewis”. Non era certo l’ideale, così vicino all’orfanotrofio, ma ci si poteva arrivare camminando e soprattutto si potevano evitare le vie lungo le quali la notte si rischiava di morire a causa di una rissa, di una sparatoria o di rapine e droghe varie.
Oltrepassato il ponticello, si scorgeva una tipica casa stile film horror (con annesso giardino tetro e porte scricchiolanti) che tutti dicevano fosse appartenuta ad un uomo vissuto negli anni Venti di nome Joseph Roy che non aveva mai avuto eredi.

Le ragazze si guardarono intorno, circospette.
« Sai, Kaya, forse ci ho ripensato. Che ne dici di fare una bella inversione a ‘u’? » chiese Artemis, guardando quel luogo spettrale. Aveva un pessimo presentimento.
E solitamente i pessimi presentimenti di Artemis erano piuttosto azzeccati.
Ma l’altra non le diede ascolto. Kaya era orgogliosa della sua reputazione da “dura”, e non sarebbe certo stata una catapecchia di legno ammuffito a farla scappare sotto il letto!
« Non torneremo indietro, Artie. Andiamo avanti. Insieme. » sottolineò con enfasi l’ultima parola, che sembrò dare coraggio alla ragazza dagli occhi verdi, che osservava la casetta titubante.
Alla fine, con una scrollata di spalle e una preghiera silenziosa, Artemis seguì l’amica dentro la casa.
All’interno, sembrava ancora più triste.
Aveva una sola stanza, il soffitto basso era ricoperto di ragnatele –e quando le vide Artemis, per poco non svenne- e i pochi mobili in legno scuro presenti nella stanza erano distrutti.
« Che bel posticino! Potrei viverci per l’eternità. » commentò ironica la biondina, poggiando la borsa sull’unico tavolino passabilmente intatto.
Che, neanche a dirlo, si spaccò due secondi dopo.
« Essì, è in ottime condizioni! » trillò Artemis, tenendo d’occhio un enorme ragno peloso che si agitava qualche metro più in là.
Kaya sbuffò, per poi tirare un calcio alla sua povera borsa.
« Beh, sempre meglio qui che all’orfanotrofio, questo è sicuro. Magari domani possiamo andare da Lizzie e chiederle se ha un qualche posto da affittarci! »
« Che pagheremo con quali soldi, esattamente? I due dollari che abbiamo trovato ieri? » domandò acidamente Artemis, senza smettere di lanciare occhiate terrorizzate al ragno.
L’idea poteva anche essere stata sua, ma non aveva minimamente preso in considerazione quegli esseri.
Ad un tratto, il silenzio circostante fu riempito dall’urlo delle sirene della polizia, che si avvicinavano in maniera preoccupante.
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo spaventato.
« E … ora? » chiese tremante Kaya, torturandosi la maglietta rosa fluo.
Si guardarono intorno, alla ricerca di un qualsiasi posto dove nascondersi o uscire dalla casa.
Nulla.
L’unica possibilità era la porta da cui erano entrate … e le sirene si avvicinavano sempre di più.
« Fatti venire un’idea! » gridò Kaya, in tono di voce isterico.
Artemis si mise le mani tra i capelli, alla ricerca di un’idea. Una qualsiasi idea.
« Non lo so maledizione, non lo so! Non avevo previsto che ci avrebbero prese così in fretta! » sbottò, al massimo dell’agitazione.
E fu allora che arrivò la cosiddetta manna dal cielo.
« Artie, guarda! Una porta! » esclamò Kaya, stupita.
Era più che convinta che quella porta non ci fosse, tre nanosecondi prima.
Artemis, presa alla sprovvista da quel grido improvviso, si voltò verso il punto indicato da Kaya, e notò la porta più stramba che avesse mai visto: in legno bianco, alta sì e no cinquanta centimetri, ricoperta di strane decorazioni, rune, probabilmente.
« Andiamo ritardata, che stai facendo? Vuoi chiedere ai poliziotti se vogliono del tè oppure vuoi muovere il culo ed entrare? » sbottò Kaya, con il suo solito tatto.
Senza attendere risposta, prese Artemis per il polso e la trascinò di peso davanti alla porticina, proprio mentre i poliziotti spalancavano il cancelletto.
« Muoviti, muoviti! » urlò, in preda alla frustrazione, mentre l'altra spalancava la porta e ci si tuffava dentro.
Proprio mentre gli agenti irrompevano nella casa abbandonata, Kaya imitò l'amica seguendola dentro la porticina, che con un tonfo si chiuse dietro di loro.
Per sempre.

Le due amiche si ritrovarono in un corridoio freddo e buio, fatta eccezione per una fiaccola appesa poco più in là.
« Andiamo, Artie! » esclamò Kaya con piglio deciso, prendendo la fiamma.
« Ok, andiamo, basta che non me la ficchi negli occhi, idiota! » sbraitò la rossa, guardando preoccupata la fiaccola che volteggiava a due millimetri dal suo volto.
« Tranzolla, sorella! » rispose l'altra, avviandosi lungo il corridoio con passo saltellato.
Il corridoio sembrava non finire mai, con le pareti in roccia e il pavimento di marmo, che rimbombava ad ogni passo. 
Artemis aveva l'impressione di essere finita in un grosso tubo di scarico.
Dopo una decina di minuti, finalmente scorsero una seconda porta nera, con le stesse strane rune, ma a grandezza naturale, per fortuna.
Kaya girò il pomello d'ottone e giunsero in un'enorme sala circolare, dalle pareti bianche costellate di fiaccole che illuminavano l'intera stanza e il pavimento che sembrava fatto di vetro.
« Un'altra stanza chiusa?! » sbottò la bionda, irritata.
Artemis iniziava seriamente a preoccuparsi.
« Kayuccia … e ora? » domandò.
« E ora, Signorina Sonoungenio Moon, arriverà Anakin Skywalker a petto nudo e ci salverà il culo! Te che dici, furbetta? » ringhiò Kaya, improvvisamente di pessimo umore. Odiava gli spazi chiusi.
« Beh, non sarebbe poi così male. Però … andiamo insieme? » suggerì Artemis Cuor di Leone.
Le due amiche si presero per mano e si incamminarono.
Uno, due, tre passi.
Artemis stava per tirare un sospiro di sollievo, quando poggiò il piede su … niente, in effetti.
Con un urlo terrorizzato, entrambe le ragazze iniziarono a precipitare nel vuoto.
Caddero per ore, mesi, anni, o forse solo un minuto.
Fatto sta che l'atterraggio non fu per nulla terapeutico per i loro … fondoschiena.
Kaya si mise faticosamente a sedere, massaggiandosi la nuca.
La stanza era anch'essa circolare, le mura erano coperte di finestre, dalle quali passava solo uno spiraglio di luce.
« Artemis, ma che … » inizò la bionda, quando l'essere più impensabile e inaspettato le comparve davanti.
Uno strano nanetto verde bottiglia la guardava dall'alto dei suoi venti centimetri.
« Il silenzio rispettare si deve, se meditando si sta! » le rimbottò lui, per niente sorpreso di ritrovarsi due perfette
estranee nella sua … camera?

« Chi, ehm, volevo dire … cosa sei tu? » domandò Artemis, che nel frattempo si era ripresa dall'impatto.
Lui sorrise -o meglio, fece quello che Kaya interpretò come un sorriso- e rispose:
« Il vostro compito per iniziare sta. Preparatevi, orsù. »
« Bel nome, Ilvostrocompitoperiniziarestapreparateviorsù. Mi piace, l'avrei voluto anche io! » commentò Kaya, con
una buona dose di acida ironia.

Il nanetto le guardò, per poi borbottare un qualcosa di simile a “Yoga” o “Yogurt”.
« Scusa? » chiese Artemis, guardandolo confusa. « Devi fare yoga? » continuò la rossa.
Lui le fissò incredulo, scuotendo la testa.
« Certo, cervelli come i vostri per questo compito poi così adatti non sono. Yoda è il mio nome, bambine. »
« Disse quello alto un tappo e una formica. » sussurrò Kaya, prima di realizzare l'intera frase del nanetto verde.
Artemis represse un gridolino di sorpresa.
« Yoda? Vuoi dire … quel, Yoda?! » urlarono, in coro.
Lui le fissò male. Di nuovo.
« Da un mondo lontano le custodi arriveranno, e il Prescelto riportare sulla retta via dovranno.
Una rossa e una bionda esse saranno, e una Forza possente in loro avranno.
Solo così la profezia si compirà e il lato Oscuro per sempre soccomberà. » declamò lui, in tutta risposta.
« Ora sì che è tutto chiaro. Grazie. » disse Artemis, osservandolo.
« Col tempo tutto chiaro vi sarà. Per ora il consiglio dei Jedi essere riunito dovrà. »
« Il consiglio … dei Jedi? » esclamò stupita la bionda, prima di essere presa per la maglietta da Yoda e trascinata insieme alla sua amica fuori dalla stanza.
Il resto della giornata fu un susseguirsi di rivelazioni traumatiche e di incontri con personaggi noti solo sul grande schermo.
Giunta la sera, c'era una sola cosa chiara ad Artemis e Kaya: loro due erano le cosiddette Custodi Celesti, e dovevano sorvegliare Anakin, che si era rivelato l'esatta copia iperfiga di Hayden Christensen.
Che quella fosse solo un'invenzione del loro cervello bacato o l'inizio di una nuova vita?  










Angolo Autrici: 
Uellà! :) Noi siamo JarJar e Madamoiselle Nina, e questa è la nostra prima long a quattro mani.
Che speriamo non vi faccia schifo O: 

Qualche chiarimento tecnico sulla storia:
1. Scriveremo un capitolo per una, JarJar dal PoV di Kaya e Madamoiselle Nina da quello di Artemis, fatta eccezione per i momenti più "cruciali".
2. E' ambientata verso l'inizio del terzo film, anche se gli eventi non si svolgono come nel film e altri ce li inventeremo di sana pianta :3 
3 .. CHE LA FORZA SIA CON VOI!

Besos,
JarJar e Nina

  
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