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Autore: Sherly Liddell    20/04/2012    1 recensioni
Pensieri di SH dopo la 2x01
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"La donna."

 

Pronunciò, come se lo stesse dicendo a qualcuno.

Il cervello si oscurò per un attimo. Il silenzio prima del tuono. Aveva bisogno di spazio per accogliere i mille pensieri che di lì a poco, lo sapeva, sarebbero precipitati in ogni angolo della sua mente.

 

"L'unica donna."

 

Alzò lo sguardo lentamente, guardando oltre il vetro appannato della finestra, oltre le gocce di pioggia che gareggiavano, spinte dalla forza di gravità, oltre il palazzo di fronte; oltre ogni cosa visibile.

Stava vedendo tutto, ma non guardava niente. La grigia luce gli impressionava le retine, ma non stava acquisendo nessuna immagine continua. Era immobile, come se tutto ciò che c'era non fosse reale, ma fosse fotografia. Ed eccoli, che arrivarono. Uno dopo l'altro, e anche no; pensieri opposti, contraddittori, ma si concretizzavano assieme, allo stesso tempo. Stavano creando diramazioni su diramazioni; sapeva come gestirlo, ma scelse di rimanere solo un vuoto spettatore di sé stesso.

Realizzò la realtà dei suoi pensieri, tra cui alcuni provenienti dal petto, altri dall'origine non localizzabile; decise di farli scorrere tutti, prima possibile.

" E' così che deve andare: prima li accetto, prima se ne andranno. "

 

Con lo sguardo ancora fissò sull'esterno del 221b, i muscoli dei suoi arti inferiori si contrassero: prima quelli dei polpacci, poi la rotazione del bacino, seguiti dai toracici e della schiena, dalle spalle, infine quelli del collo; voltò la testa, verso il salotto, come se avesse concluso lì quell'esperienza. Ma l'ondata di parole confuse non lo abbandonò così presto; lo seguirono fino in bagno, fin sotto l'acqua calda della doccia.
Ricercò l'immagine di sé fuori dall'appartamento, per strada. Chiuse gli occhi. Ora pioveva e lui era fuori, faceva parte di tutto, tranne che del salotto, tranne che di Londra. Non era nella lista dei suoi sms; non era su quella poltrona, a percepire il suo battito accelerare.

Lasciò per un attimo che le palpebre si socchiudessero, pesantemente sotto il peso dell'acqua. Era ancora vivo, il suo corpo rispondeva ancora ai suoi stimoli, lui e solo lui aveva il pieno controllo di Sherlock. Prese coscienza di ciò che era; tempo e spazio erano ben definiti, semplici, trasparenti. Il passato era l'acqua raccolta sotto i suoi piedi, intenta a scomparire dentro la piccola grata di metallo circolare; il suo presente era lui, in piedi, nudo. Allora cominciò a concentrarsi, l'unico metodo più obbiettivo per non permettere che quei sentimenti impossibili lo riempissero.

Aprì gli occhi.

Pelle lievemente arrossata, nei punti dove l'acqua cadeva direttamente. Temperatura in aumento, palmi e piante emanavano maggior calore, così come il suo stomaco, la gola e la nuca. I capelli avevano perso la loro forma ondulata, con la mano spostò indietro la ciocca davanti alla fronte; alzò la testa verso il getto. Approfittò di questo per lasciarsi andare. Decise di farlo in breve tempo, per poterlo archiviare definitivamente ed indolore; pianto. Quello era il termine. Se l'avesse visto fare a chiunque altro, non lo avrebbe mai definito così: era un lasciar scorrere poche lacrime, nessuna contrazione addominale, nessuna flessione delle braccia, i muscoli facciali rilassati. Ma sapeva che lui lo stava effettivamente facendo, e nessuno l'avrebbe saputo mai. Lo giustificò come un svuotare lo stress accumulato di quell'ultimo periodo. Sherlock poteva mentire a tutti, recitando meglio di un professionista; Sherlock poteva giocare su quest'abilità, una delle tante, lo faceva quasi sempre col suo coinquilino, il più delle volte per un una giusta causa.

 

Guarda quest'impronta: è molto più grande della mia mano. E' stato Mycroft, mamma!”

Non è vero, è colpa tua, Sherly, diglielo!”

 

Lontani ricordi gli annebbiarono la vista...

 

E' solo un bambino, giocano!”
“I bambini che sono in grado di dire bugie agli adulti, sono quelli più intelligenti”

 

Sherlock poteva mascherarsi, falsificare la voce, ripetere meccanicamente espressioni, travestirsi, sdoppiarsi, mentire. Sherlock poteva mentire alla perfezione in quel momento, ma Sherlock non ci sarebbe mai caduto. Non gli credeva. Sapeva che il suo cuore era più di una pompa, e che per quanto si sforzasse di essere un elemento unico, migliore, ogni giorno della sua vita, ammise di essere un uomo. Un uomo in tutti i sensi.

 

D'un tratto permise alla rabbia di uscire, picchiò violentemente i pugni contro il muro della doccia, una, più volte. L'istinto raggiunse la sua area di moto, bloccando ogni riflesso razionale. Non sentiva alcun dolore, anzi, purtroppo sentiva tutt'altro. Perché doveva essere semplicemente un uomo, un uomo debole, che si lascia rallentare dalle emozioni, stupido? Non era affatto stupido. Non era come tutti gli altri.

Aveva lavorato sodo per raggiungere la quasi perfezione, si era faticosamente allenato per diventare quello che era, e le soddisfazioni erano direttamente proporzionali; se gli avessero mai chiesto di descriversi brevemente, la sua risposta sarebbe stata sicuramente: “Pronto. Geniale. Unico.”

Ci credeva. Lui era tutto questo, e molto altro.

Non poteva, non doveva farsi sgretolare da questo. Se c'era mai stato qualcosa era solo platonico. Lui sapeva cos'era l'amore, a differenza di molte persone. Lui amava. Amava il suo lavoro. Tutto ciò che lo stimolasse lo arricchiva, e lui voleva arricchirsi, sempre. Bramava la conoscenza, amava metterci tutta la usa potenzialità per ottenerla.

 

Abbandonò le braccia lungo il corpo, richiuse gli occhi. Gli bruciavano, ma se lo dimenticò presto. Si sentiva meglio, aveva dato sfogo ad un basso bisogno, ora poteva tornare tutto alla normalità, alla sua normalità.

Voleva sospirare, buttare fuori di nuovo. Ma si trattenne, storcendo la bocca ed avvicinando le sopracciglia. Non c'era motivo infondo, Sherlock era più forte, lo è sempre stato. Aveva già vinto, già molte altre volte, tipo rifiutando quella cena...

Si convinse che quelle strane sensazioni viscerali sarebbero svanite come sarebbe svanito il vapore della doccia, una volta aperta la finestra.
Chiuse il getto, e aprì la tenda; uscì dalla doccia e poi dal bagno, e senza imbarazzo attraversò il corridoio ed entrò in camera chiudendosi la porta alle sue spalle, con un unico dubbio: quanto sarebbe riuscito a negarsi la gioia dell'affetto... sorrise internamente, pensando che nonostante tutto avesse sempre qualcuno di speciale attorno a lui.

 

John sbucò dal disimpegno e fissò la porta chiusa. Anche lui era pervaso dai dubbi. Forse avrebbe dovuto farsi avanti e dirgli la verità, dirgli che se n'era andata per sempre. Ma non ne ebbe la forza. Qualcosa lo convinse a lasciar perdere, come se si fidasse di Sherlock, anche alla sua versione mancavano pezzi. Aveva fede in lui, l'avrebbe avuta fino alla fine dei suoi giorni, era questa l'unica cosa importante. Il suo istinto gli suggeriva che un giorno tutta quella pazienza sarebbe servita per andare avanti in un momento di enorme difficoltà, magari da solo, ed aggrapparsi alla fede che riponeva nell'amico sarebbe stata forse l'unica mossa sensata che avrebbe potuto fare.
Ed entrambi ne erano a conoscenza.

  
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