Canto dall’Universo
«I just want you to know that there are worlds out
there safe in the sky because of her. That
there are people living in the light, and singing songs of Donna Noble. A
thousand, million light years away. They
will never forget her, although she can never remember.»
Ci sono, nelle galassie, ventisei pianeti che nulla hanno a che
spartire l’uno con l’altro: pianeti immensi o dimenticati, splendenti o coperti
da cupe nubi eterne.
C’è Clom, con i suoi abitanti dal colorito verdognolo, noti per la loro stazza nonché
per la disgustosa tradizione d’inglobare nello stomaco qualunque forma di vita
esistente.
C’è Adipose 3, popolato da piccole, sorridenti unità di grasso, che spendono la
loro esistenza agitando le minuscole manine in un innocuo saluto all’universo
che li circonda.
C’è Midnight, con le sue cascate di cristallo e le sue terre incantate, avvolte
nel mito e – forse – mai toccate.
C’è la Luna Perduta di Poosh, al confine con una delle costellazioni più
luminose dell’intero universo.
C’è la Sfera Ood, al centro del più grande impero umano che la storia ricordi,
coperta da ghiacci e neve, attraversata da bufere e popolata dalla più pacifica
delle specie.
E ce ne sono molti, moltissimi altri – pianeti posti in angoli così distanti delle
galassie, abitati da popoli così variegati e tenuti insieme da tradizioni così
differenti che a chiunque parrebbe
difficile immaginare un solo, piccolo punto di contatto tra di essi.
Eppure, ogni anno, in un singolo giorno, le stelle che rischiarano ognuno di
questi mondi sembrano brillare più intensamente e per un istante pare quasi che
formino una scia di luci chiare, brillante e ben visibile in tutto l’universo.
Ogni anno, in un singolo giorno, le voci degli Ood si riuniscono in un canto di
gioia e malinconia – un canto di celebrazione, di libertà e di devozione. Si
siedono tra la neve, volgendo gli occhi al cielo e pronunciando all’unisono il loro
profondo, commosso ringraziamento.
Ogni anno, in un singolo giorno, i cristalli di Midnight si rivelano vivi ed interrompono,
per poche ore, la loro caduta incessante - non vi sono più cascate, solo
cristalli rifulgenti, immobili, in un tripudio di colore.
Ogni anno, in un singolo giorno, gli Adipose smettono di saltellare da un lato
all’altro del pianeta e di agitare senza freno le loro mani; ma se le stringono
l’un l’altro, nella gioia di essere salvi.
Ogni anno, in un singolo giorno, a Clom scompare ogni forma di rivalità, di
predominio, di ira; la leggenda narra che venga persino instaurata una breve tregua
nell’interminabile guerra contro gli Slitheen, in segno di pace.
Ogni anno, in un singolo giorno, la TARDIS si dirige al centro della Medusa
Cascade, nel mezzo del nulla, ad ascoltare il respiro dell’universo che la
circonda.
Ogni anno, in un singolo giorno, ventisei pianeti ed un uomo solitario nella
sua cabina blu ricordano Donna Noble.
Da qualche parte, nelle galassie, c’è un ventisettesimo pianeta – la Terra.
Laggiù, ogni anno, in un singolo giorno, in un ufficio di Chiswick, Donna Noble
viene attraversata dal pensiero più assurdo della sua esistenza: intenta a
scrivere a computer cento parole al minuto, o ad urlare contro qualche
malcapitato, o a bisbigliare che la sua vicina di casa si è – veramente! –
fidanzata, pensa, per qualche istante, che forse suo nonno non ha tutti i torti
nel cercare le sue verità tra le stelle.
Pensa che, forse, tra quelle luci c’è davvero in serbo una sorpresa per
chiunque, persino per lei; e crede davvero, per una manciata di secondi, che
forse un giorno verranno a prenderla da una stella, proprio lei.
Ma poi scuote la testa e quasi ride di sé stessa – che sciocchezza, che razza
di illusione.
In fondo è risaputo, no?
Donna Noble non è nulla di speciale.