Ricominciamo
da qui
Storia sulle
seconde occasioni
Prologo
Hayato non ha
mai creduto alle seconde occasioni, le ritiene
solo un modo per sentirsi un po’ meno perdenti. Ti
è andata male? Bene, fattene
una ragione, non ti sei sforzato abbastanza.
Probabilmente non si
tratta neanche di rassegnazione, la sua è solo una visione
più cinica e crudele
di quel mondo che effettivamente circonda tutti noi, e che qualcuno
scambia
ancora per la luna. No, per Hayato la luna è lontana, forse
anche più distante di
quel cielo di cui, in fin dei conti, ha sempre avuto un po’
di paura. Ogni volta
che prova anche solo a pensarci gli sfugge dalla mente, e da quelle
dita che in
realtà non l’hanno mai neanche toccato.
È troppo immenso – infinito – per essere
contenuto in una mano, e questo non gli piace. Tutto deve avere un
inizio e una
fine, essere misurabile e non eccedere mai. Come le occasioni.
È inutile
elargire possibilità su possibilità a persone che
non le sfrutterebbero mai. Se
hai sbagliato una volta sei destinato a rifarlo fino alla fine, o
almeno fino a
quando non ti sarai accorto di aver irrimediabilmente corroso te stesso
e tutti
coloro che ti appoggiavano. E magari anche a quel punto continuerai.
Forse però
tutti questi bei ragionamenti sono solo scuse, lenti per filtrare
– o nascondere,
a discrezione di chi guarda – una realtà che a
lui, una seconda occasione, non
gliel’ha mai concessa. Non che ora si strugga per questo, non
sia mai: ha imparato
già da molto com’è che gira il mondo, e
cerca solo di tenere il passo, per non essere lasciato indietro. Ha
imparato
anche quali siano le cose da evitare per non essere rallentato,
emozioni per lo
più, e quasi tutte ad essere sinceri.
In alcuni
momenti però gli sembra tutto troppo lontano, e capisce
– solo per qualche secondo, qualche attimo che fugge alla
svelta – quanto tutto
ciò sia inderogabilmente assurdo. Gli viene
l’impulso di fermarsi e mandare a
farsi fottere quella vita che continua a correre senza aspettarlo,
lasciando
affannato e annaspante. Ma poi tutto passa e lui si ritrova sempre nel
bel
mezzo di quel mondo che lo vuole attento e scattante, proiettandolo in
una
corsa di cui non vede il traguardo.
Sono poche le circostanze in cui riesce – anche se per poco – realmente a fermarsi, e sono proprio quelle circostanze in cui si lascia trasportare (che gran parolone, forse sarebbe meglio dire accompagnare) dalle emozioni. Strano poi che ciò generalmente avvenga solo con la presenza di una precisa persona. Probabilmente è proprio quel sorriso senza tempo, appartenente a un mondo ancora più distante del cielo, forse alla luna, a fargli riprendere fiato. E quando lo guarda, quando tutto si ferma, può credere ancora alle seconde occasioni.
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Prima di cominciare do un breve avvertimento. Questo è il prologo di una storia che potrebbe piacermi molto e alla quale potrei affezionarmi, ma non assicuro di poterla finire, e anche se così fosse ci metterei un bel po'. Non mi frintendete, ho tutte le buone intenzioni e prometto e ce la metterò tutta, ma non voglio illudere nessuno, e per questo mi scuso con Hibari Kyoite.
Passando al prologo: lo so, è corto, lo so, non dice praticamente nulla, e lo so, fa abbastanza - scusate per il termine - ammosciare le palle, ma l'idea mi è venuta oggi, e, avendo paura di lasciarla fuggire, l'ho buttata su carta, o meglio, su computer (Cristo santo sono veramente triste). Comunque penso che avrete capito il filo conduttore, e anche se non ho una trama delineata, mi sono venute parecchie idee. Avverto che non sarà una storia con colpi di scena e capitoli eccitanti, prevedevo di fare una cosa semplice, ma spero buona e pulita. Sì, magari...
Chiedo anche scusa per non aver risposto alle recenzioni di "Sguardi dal mondo". Ma ora vi saluto.
Un bacio, Kiyomi.