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Autore: Siero720    23/04/2012    2 recensioni
Titanic… tutti si ricordano la scena in cui Rose, esasperata dalle sue giornate da bambola di porcellana, minaccia di farla finita, di tuffarsi nelle acque gelide dell’oceano, pur di liberarsi dalla trappola della propria vita. Questa fan fiction vuole fare più luce su questo gesto disperato, riscoprendo una delle scene più intense del film, finita purtroppo tra quelle eliminate. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rosalinda Dewitt Bukater
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Intrappolata


(Citazione dal film)

Avevo davanti agli occhi tutta la mia vita, come se l’avessi già vissuta. Un’ infinita processione di feste, balli di società, yacht, partite di polo. Sempre la stessa gente gretta, lo stesso stupido cicaleccio. Mi sentivo come sull’orlo di un precipizio e non c’era nessuno a trattenermi. Nessuno a cui la cosa importasse, o che se ne rendesse almeno conto.
 
Basta così, al diavolo le buone maniere. Mi alzai da tavola nel mezzo della cena. Scandalizzando tutti, non me ne importava. Che permesso, permesso di cosa? Corsi via, corsi nella mia cabina. “Trudy? Trudy?!” Forse con lei potevo parlare, ma dove si era cacciata? “Trudy?!” E tutto di colpo, prurito. Prurito, come da allergia a quella mia stupida esistenza. Vi odio, vi odio tutti. Cal, cuore di pietra pieno di soldi e senza sentimenti. La mia ottusa madre, tronfia in quella ricchezza che non ha, non più. E dovevo rimetterci io. E cominciai a grattarmi, a grattarmi prima nella schiena, poi su tutto il corpo, quasi che con le unghie sulla mia pelle potessi grattare via la mia vita. Il dolore fu quasi piacevole, una nota dissonante nell’insopportabile perfezione della mia esistenza. Mi scoppiava la testa, volevo spaccare tutto. E basta con queste acconciature perfette da bambola di porcellana, i capelli raccolti mi davano un fastidio tremendo, quasi non fossero più miei o stessero andando in fiamme. Li slegai con pochi gesti scattosi, potendo me li sarei strappati dalla testa, poi frantumai in terra il make-up. “TRUDY!”, ma non rispose nessuno. Nessuno! Volli riprovare il rumore dei cocci infranti e spaccai in terra tutto quanto mi capitava a tiro, uno stupido oggetto dopo l’altro. Mi guardai allo specchio e vidi l’ombra di me stessa, una donna che aveva tutto e niente, il vestito strappato, i capelli in disordine, lo sguardo della disperazione. Colpii lo specchio di scatto, ma non servì a niente, non mi feci neanche male. Non ne posso più. Corsi fuori, pronta a farla finita.

Siero720
  
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