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Autore: Apostata    17/11/2006    3 recensioni
“Ciao, io sono Charlie, la tua compagna di stanza e tu sei...?”
“Elizabeth, ma se vuoi puoi chiamarmi Beth” Sorrise di rimando “Sono nuova e faccio il sesto anno”
“Anche io” disse l’ultima arrivata scaraventando le proprie cose sul letto più vicino alla finestra “Come mai hai deciso di venire qui? Io ci sono rinchiusa da cinque anni e non vedo l’ora di andarmene”
“Oh, ho visto prima la scenata” disse Elizabeth un po’ in imbarazzo, temendo di farle intendere che le era sembrava una povera pazza “Non ti piace molto questo posto, eh?”
“Dire che non mi piace è un eufemismo” Charlotte aveva cominciato a disfare le proprie valige in modo non proprio ordinato “diciamo piuttosto che lo odio"

L'Apostata
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mamma…sei sicura

St.George Chronicles - Elizabeth e la sua nuova vita

 

 

“Mamma…sei sicura?” chiese Elizabeth, per l’ennesima volta, in cerca di una risposta negativa che, puntualmente non arrivò.

“Certo Elizabeth” rispose questa atona senza staccare gli occhi dalla strada “sono convinta che la nuova scuola ti piacerà molto e troverai tanti amici”

“Sicuro!” Beth incrociò le braccia al petto e mise il broncio “lo dici tutte le volte ed ogni anno è sempre peggio di quello precedente”

 

Elizabeth Carter, sedici anni circa, mediamente alta, occhi verdi e capelli ricci (molto ricci) neri,  non era particolarmente brutta o particolarmente antipatica, era soltanto particolarmente sfortunata.

Che si trattasse di qualcosa di congenito ne aveva preso atto ormai da un paio d’anni, più o meno da quando la madre aveva preso l’abitudine di trasferirsi in continuazione da una città all’altra senza darle nemmeno il tempo di farsi degli amici.

 

In quel preciso istante si stavano dirigendo verso quella che sarebbe stata la sua nuova scuola per ben un anno, un record per lei.

Beth, hai messo tutto in valigia?” Allison, la madre, era più preoccupata di quello che voleva dare a vedere, in fondo le dispiaceva ‘scaricare’ la sua unica figlia per un intero anno scolastico al collegio St. George, ma non le restava altra scelta.

Il lavoro sempre più pressante l’avrebbe portata a trascurare Beth, ma se questa si fosse trovata a scuola a tempo pieno avrebbe certamente sofferto di meno.

 

“Se hai lasciato a casa qualcosa non devi far altro che telefonare, ti spedirò tutto appena possibile” concluse Allison frenando bruscamente per poi osservare la figlia togliersi dalle orecchie le cuffie dell’iPod e slacciarsi la cintura di sicurezza.

“Tranquilla” disse questa “Sono sicura di aver preso tutto, anche se con la mia proverbiale sfiga la premura non è mai troppa…”

Allie annuì comprensiva e fece segno alla figlia di scendere dalla macchina.

“Siccome sono in ritardo mostruoso non posso accompagnarti dentro, chiamami questa sera per farmi sapere come è andata, ok?”

Certo mamma” La ragazza di chinò per sfiorare con le labbra la guancia della madre, poi chiuse la portiera e guardò la macchina allontanarsi, fu allora che ebbe il presentimento che la sua vita sarebbe cambiata, ma ancora non sapeva se in meglio o in peggio.

 

***

 

La St.George era un edificio piuttosto antico, imponente e sobrio, circondato da giardini ben curati e aiuole, in lontananza, dietro la scuola, poteva scorgere anche i campi sportivi e l’edificio che molto probabilmente ospitava la palestra.

Una fiumana di studenti in giacca e cravatta blu, la divisa della scuola, si erano radunati nel piazzale di fronte all’ingresso, molti di loro erano accompagnati dai genitori che li aiutavano a portare le valige in camera. Beth si sentì immensamente fuori posto: tutti erano contenti, si salutavano, si ritrovavano! Mentre lei, con l’umore sotto le suole delle scarpe, si trascinava come uno spaventapasseri verso l’entrata.

 

“…E se morirò di disperazione, sappiatelo, risalirò dall’oltretomba per venire a grattarvi i piedi durante la notte!”

Quest’urlo riscosse Beth dai suoi pensieri, le sembrava strano sentire una voce così isterica in mezzo a tante urla festanti. La voce apparteneva ad una ragazza, presumibilmente della sua età, intenta ad urlare minacce ed ammonimenti ai genitori che si stavano allontanando a bordo di una lussuosa auto nera. Il viso ricoperto da lentiggini, contratto in un’espressione stizzita, e i capelli color carota sfuggivano dallo chignong la facevano somigliare tremendamente al personaggio di certi libri per bambini, Pippi calzelunghe.

 

“Non ha tutte le rotelle a posto, poveretta” le disse improvvisamente qualcuno che si trovava alle sue spalle “la vecchia Charlie ha sicuramente qualcosa che non va”

Beth si voltò lentamente e vide un ragazzo alto, dai i capelli biondo scuro che gli nascondevano quasi completamente gli occhi azzurri. Le stava tendendo una mano, in attesa delle presentazioni.

“Io sono Michael Harris, tu sei nuova vero?”

“Si” la mora abbozzò un sorriso “Io sono Beth Carter e…lei è?” chiese indicando quella che fin ora conosceva come La Vecchia Charlie’.

“è Charlotte McMartin, non farci caso, fa così tutti gli anni” rispose ridendo “tranquilla, non sono tutti così qui alla St.George, o perlomeno, io non sono così, almeno spero. Certo, alcuni sono snob, viziati, presuntuosi, ma gente così si trova ovunque, no?”

“Non dirlo a me: sembra che quel tipo di persone si radunino ovunque io vada, anche se ormai me ne sono fatta una ragione”

“Capisco” annuì il ragazzo “a che anno sei?”

“Sono al sesto anno, forse non sembra a causa della mia statura formato puffo” Spiegò Beth affranta, cercando di recuperare il proprio bagaglio “Ora credo che farei meglio ad entrare, sai, non ho mai visto al scuola e con la fortuna che mi ritrovo potrei metterci anni a trovare la mia camera”

“Non preoccuparti, controlla il numero sulle liste affisse all’ingresso e poi, se ti va, posso aiutarti io a trovarla…ormai mi considero un veterano!”

Beth sorrise, si sentiva realizzata: il nuovo anno scolastico era iniziato da nemmeno un giorno e già aveva conosciuto un potenziale amico.

 

Nonostante l’aiuto offerto da Michael, Beth aveva impiegato una buona mezzora a raggiungere la sua camera, la E117.

Era una stanza piuttosto sobria e spaziosa con tre letti singoli accompagnati da comodini e abat-jour, due ampi armadi, un tavolo rotondo con delle sedie ed infine una porta che doveva condurre al bagno.

Sulla parete opposta alla porta si apriva un’ampia finestra che dava sul campo da palla canestro, cosa che la ragazza trovò piuttosto deludente: l’effetto sarebbe stato sicuramente diverso se la camera invece si fosse affacciata su un laghetto pieno di pesciolini e circondato da uccellini cinguettanti. Ma d’altronde, non si poteva pretendere tutto dalla vita, no?

 

La mora, persa nelle sue riflessioni, sobbalzò quando sentì la porta chiudersi dietro di lei. Doveva essere una delle sue compagne di stanza.

Si voltò e si trovò davanti la ragazza dai capelli rossi che, almeno secondo quanto detto dal suo nuovo amico, era fuori come un balcone.

Non urlava più e non sembrava nemmeno innervosita, infatti le sorrise e le tese una mano.

“Ciao, io sono Charlie, la tua compagna di stanza, tu sei…?”

“Elizabeth, ma se vuoi puoi chiamarmi Beth” Sorrise di rimando “Sono nuova e faccio il sesto anno”

“Anche io” disse l’ultima arrivata scaraventando le proprie cose sul letto più vicino alla finestra “Come mai hai deciso di venire qui? Io ci sono rinchiusa da cinque anni e non vedo l’ora di andarmene”

“Oh, ho visto prima la scenata” disse Elizabeth un po’ in imbarazzo, temendo di farle intendere che le era sembrava una povera pazza “Non ti piace molto questo posto, eh?”

Dire che non mi piace è un eufemismo” Charlotte aveva cominciato a disfare le proprie valige in modo non proprio ordinato “diciamo piuttosto che lo odio. Ma non ho altra scelta, i miei sono sempre troppo presi dal lavoro, se restassi a casa finirebbero per trascurarmi troppo”

“Per me è lo stesso, mia madre si trasferisce di continuo e non ha mai tempo per seguirmi”

“I tuoi sono divorziati?” chiese improvvisamente Charlie, notando che la sua nuova compagna di stanza parlava soltanto della madre.

“No” Beth si rabbuiò “mio padre è morto quando avevo cinque anni”

“Ah, scusami, non ne avevo idea” rispose di nuovo la rossa, dopodiché entrambe lasciarono cadere il discorso.

 

 

 

 

Finalmente sono arrivata alla fine del mio primo [noiosissimo] capitolo. Questa non è solo la mia prima storia “Originale”, ma anche la mia prima storia in assoluto, se avete qualche commento da fare, anche negativo, è ben accetto ^^

Per quanto riguarda il racconto so che si tratta di una storia trita e ritrita, ma non ho potuto fare a meno di scriverla, chiedo venia.

 

Per ora è tutto, passo la linea ai vostri commenti [se ce ne saranno]

 

L’Apostata

 

 

 

  
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