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Autore: Alchbel    24/04/2012    6 recensioni
Ancora con Kurt stretto tra le braccia, Blaine alzò gli occhi al cielo buio di quella sera. Solo la Luna risplendeva, rischiarando tutto ciò che cadeva sotto il suo sguardo.
«Sai, Kurt... Credo che finché vedremo la stessa Luna, non saremo poi così lontani».
Non sapeva se quello che aveva appena detto avesse davvero un senso, ma sentì il suo ragazzo annuire, ancora stretto contro di lui e fu certo che in un modo o nell'altro avesse capito.

Angst a palate, lettore avvisato, mezzo salvato. Dead!Character. Scritta per l'iniziativa del gruppo facebook The Gleeky Cauldron
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Se anche tu vedi la stessa luna

non siamo poi così lontani

 

 

Respirare. Si sta ripetendo che è sempre stata la cosa più facile del mondo, ma al momento gli pare impossibile farlo. L'aria fugge dai polmoni e non riesce a prenderne altra. Ogni cosa appare confusa, indistinta, come se i suoi sensi si fossero accavallati e gli mandassero segnali sovrapposti che non sa decifrare.

Sta male. L'unica cosa che percepisce con disarmante chiarezza è il dolore atroce che proviene dallo stomaco. Poi, come un lontano ricordo, avverte qualcosa di liquido sporcargli la mano che preme sulla pancia.

Sangue.

Tossisce e pare che la forza gli fugga via dal corpo insieme alla saliva sporca. Con la mano libera cerca di aggrapparsi a chissà che, mentre, steso per terra, la sposta in modo frenetico e scoordinato.

Ha paura, una grande, fottuta paura di quello che sta succedendo e di cui non riesce a spiegarsi per bene neanche la dinamica. Troppo veloce, troppa adrenalina, troppo poco tempo.

In un attimo, Blaine ha una sola certezza: non vuole morire. Non esiste. Non vuole morire, non adesso, non così. Non vuole lasciare la sua vita, i suoi sogni, le sue amicizie. Non vuole lasciare Kurt.

Kurt. Tutti ma non lui. Non riesce neanche a pensare a cosa potrebbe succedere se lui... A come Kurt reagirebbe, a quello che proverebbe.

E poi... ha fatto una promessa. Lo ha giurato! Non può lasciarlo. Deve alzarsi, muoversi, trovare il modo di fermare la vita che gli scivola via dalle mani, chiedere aiuto. Deve tornare da lui, come aveva stabilito, e vivere insieme come avevano sempre sognato.

Non può finire tutto, così.

 

«Devi proprio andare?».

Blaine sospirò, avvicinandosi a Kurt che aveva parlato senza guardarlo negli occhi, ma col viso rivolto al panorama notturno che si vedeva dalla finestra della sua camera. Lo abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla spalla di quello e sospirando leggero.

«Non avevamo già affrontato questo argomento quando ho spedito la domanda? Sapevamo entrambi che sarebbe arrivato questo momento», sussurrò vicino al suo orecchio, cercando di non far trasparire quella leggera ansia che aveva, in verità, preso anche lui da quando avevano saputo la data della sua partenza.

«Hai ragione, Blaine... e mi dispiace tornare sempre sullo stesso punto, ma... lo sai...».

Appena la voce di Kurt si incrinò, il riccio lo prese per le spalle, facendolo voltare e sfiorò le proprie labbra con le sue, dolcemente.

«Lo so», disse appena si furono staccati «Ma–».

«Ma ne abbiamo parlato e se è quello che ti senti di fare, lo farai. Lo so, Blaine».

Si strinsero forte, come se potessero perdersi da un momento all'altro – e sarebbe potuto succedere davvero, ma nessuno dei due aveva la forza di pensarci, non quella sera.

«Non sarà come quando sono andato a New York... Questo è lontano... ed io non potrò vederti per... tanto tempo».

Blaine lo strinse a sé con più forza, come se non sapesse dargli altra risposta che quella, perché di certo le parole non sarebbero servite, perché dirgli che sarebbe andato tutto bene, che questo non avrebbe cambiato le cose sarebbe stato inutile. Entrambi avevano capito che cosa significasse stare lontani quando Kurt aveva passato l'ultimo anno di Blaine alla NYADA: era stato duro, i litigi non erano mancati, ma alla fine avevano superato ogni cosa, insieme.

Ora ad anni di distanza, quella era una nuova prova. E loro ce l'avrebbero fatta – ne era certo. Quando aveva scelto quella strada, aveva sorpreso tutti: nessuno se lo sarebbe aspettato da un ragazzo che pareva nato per i palcoscenici di Broadway, ma lui era stato irremovibile. La musica ed il teatro sarebbero stati per sempre la sua passione, ma aveva in qualche modo sentito che fare quella domanda era la cosa giusta.

E Kurt lo aveva capito. Dal modo in cui gli aveva rivelato la cosa, dagli occhi con cui ne aveva parlato, lui aveva capito. E lo aveva appoggiato.

Ancora con Kurt stretto tra le braccia, Blaine alzò gli occhi al cielo buio di quella sera. Solo la Luna risplendeva, rischiarando tutto ciò che cadeva sotto il suo sguardo.

«Sai, Kurt... Credo che finché vedremo la stessa Luna, non saremo poi così lontani».

Non sapeva se quello che aveva appena detto avesse davvero un senso, ma sentì il suo ragazzo annuire, ancora stretto contro di lui e fu certo che in un modo o nell'altro avesse capito. Poi seppe che era arrivato il momento. Si allontanò di qualche passo e guardò fisso Kurt. Sentiva di non essere in grado di respirare, la testa quasi girava e lo stomaco era chiuso in una morsa dolorosa.

Si inginocchiò, infilando una mano nella tasca del pantalone, senza staccare gli occhi dal suo ragazzo per godere della consapevolezza che lentamente scivolava in quelle iridi azzurre. Quando ebbe aperto la scatolina rilegata di stoffa blu, Kurt lo stava guardando senza fiato e con i grandi occhi chiari appena velati dalle lacrime.

«Kurt Hummel», pronunciò, e gli sembrò che il tempo andasse a rilento «Sappiamo entrambi che non sarà questo a separarci, sappiamo entrambi quanto ciò che proviamo sia forte. Non abbiamo paura di nulla se stiamo insieme. Quindi ti chiedo: vuoi sposarmi?».

Il ragazzo gli si gettò a collo tra le lacrime non appena ebbe finito la proposta. Non sapeva definire quello che provava al momento – nessuno dei due era in grado di farlo.

«Sì», scandì, con voce rotta dall'emozione «Sì, Blaine».

«Quando tornerò organizzeremo tutto. Ti amo, Kurt».

«Ti amo anch'io, Blaine».

Restarono inginocchiati e stretti così per ancora alcuni minuti, come se non avessero bisogno di altro, riuscendo quasi a dimenticare la divisa mimetica dell'esercito che aspettava Blaine solo di lì a due giorni.

 

«Anderson! Anderson!».

La voce di un commilitone lo raggiunge come lontana miglia e Blaine quasi non si accorge delle braccia che lo hanno afferrato e lo stanno tenendo stretto.

«J-John...», sussurra, la stanchezza che ormai ha la meglio.

«Sssh, tranquillo, va tutto bene, Blaine, va tutto bene», tenta con assurdità di rassicurarlo quello, ma sanno entrambi che è inutile – tre proiettili lo hanno colpito alla pancia.

Blaine sta morendo.

«John... ho p-paura», continua quello che una volta era riccio, prima che l'esercito gli portasse via anche quello, ora insieme alla sua vita.

Pensandoci, è stato proprio John – John Hamilton – a condurlo su quella strada. Si erano conosciuti pochi mesi dopo il diploma di Blaine, ad un bar, e il suo racconto lo aveva colpito sin da subito. John serviva la patria, John aiutava le persone. Blaine ne era rimasto quasi turbato. Ed aveva pensato. Qualcosa si era mosso dentro di lui e man mano che quel ragazzo diventava sempre più familiare, l'idea che anche lui avrebbe potuto fare qualcosa di buono per la patria aveva cominciato a farsi strada nella testa con una forza che non avrebbe pensato possibile.

Alla fine aveva scelto. Si sarebbe arruolato, avrebbe seguito all'addestramento e se fosse servito, se lo avessero chiamato, sarebbe andato in guerra.

Ed ora lì, in guerra, sta finendo tutto.

«Tranquillo, Blaine, tranquillo», continua a calmarlo il commilitone, ma lui non vuole calmarsi – sta morendo, Cristo! Sta lasciando tutto ed ha una fottutissima paura.

«K-Kurt... io... n-noi... non voglio...John... ti prego... d-diglielo tu...».

John annuisce, non ce la fa a parlare, e Blaine sembra quasi rassicurato, come se con tutto quello che sta succedendo l'unica cosa di cui gli importi sia Kurt, che sarebbe rimasto senza di lui.

Blaine, in effetti, non ha altro pensiero se non lui. Si sarebbero dovuti sposare tra un mese. Un solo mese e sarebbe tornato da lui per organizzare tutto. Glielo aveva promesso... e ora sta morendo.

Non vuole morire, non vuole lasciarlo! Non è giusto, perché lui...? Kurt non può restare senza di lui! Perché?! Vorrebbe urlarlo, vorrebbe chiedere al mondo intero per quale motivo doveva morire proprio lui, ma non ne ha la forza. Lascia che poche lacrime scendano sulle sue guance pallide e poi semplicemente spira.

John gli chiude gli occhi. Se avesse potuto, sarebbe morto al suo posto.

 

*

 

«No, papà, se permetti scelgo io cosa metterai. È il mio matrimonio e voglio che ogni cosa sia perfetta!».

Burt sorride bonario alle manie di perfezione del figlio, quando qualcuno bussa alla porta. Kurt gli fa cenno di stare comodo e si avvia all'ingresso con volto sereno.

Quando apre la porta, avverte chiaramente che qualcosa non va, ma scaccia quella brutta sensazione senza darle alcun peso.

«John!», esclama sorpreso, ma contento e si sporge ad abbracciarlo con trasporto, mentre l'altro risponde a quel gesto con forse troppo poca intensità.

«Ciao, Kurt», lo saluta quando questo lo lascia andare e con l'usuale gesto dei padroni di casa lo invita ad entrare.

Esita. Non sa come dirlo – non c'è un modo giusto per dirlo. Quello che sa è che deve farlo ora, subito.

«Ascolta, Kurt... Io... Non è una visita di piacere la mia. Si tratta di Blaine».

Il ragazzo lo guarda come se non avesse realmente compreso quello di cui sta parlando. Per qualche attimo sbatte semplicemente le palpebre, senza dire nulla. Poi capisce. Improvvisamente capisce ogni cosa e quel presentimento si avvera. Sa perché John è lì. Il suo incubo è reale.

Blaine. Blaine è morto.

Vorrebbe gridare. Vorrebbe impazzire, morire anche lui. Vorrebbe essere in grado di fare una qualsiasi cosa, ma scivola semplicemente contro il muro e di accartoccia a terra, stretto in un dolore che non può essere descritto. Era solo. Senza di lui.

Non capisce più cosa gli stia succedendo intorno. Si sente solo male, tremendamente male, di un dolore che non credeva avrebbe potuto davvero provare. Non si rende conto di suo padre che arriva e capisce con la sua stessa velocità, che lo prende tra le braccia e tra le lacrime che avevano invaso anche il proprio viso inconsciamente, che gli sussurra parole che in ogni caso non avrebbero avuto senso. Non gli avrebbero restituito il suo amore. Non gli avrebbero reso la vita più facile ora che lui non c'era più.

Piange. Piange e gli pare che nulla abbia più senso, che niente meriti più di esistere perché lui è morto e ha trascinato via con sé ogni cosa. Perché respira ancora? Perché per lui scorre ancora il tempo, quando invece per Blaine si è fermato? Perché Blaine? Perché proprio lui?

Diamine, non è giusto, non è affatto giusto! Non lui, non il suo Blaine...

 

Burt bussa alla porta della camera di suo figlio con una morsa che gli stringe il petto e gli impedisce di respirare. Sa che deve farlo, che è stata l'ultima cosa che gli ha promesso.

Entra, senza aspettare il consenso di Kurt: in altri tempi per un simile gesto sarebbe scoppiato il finimondo, ma adesso il ragazzo neanche si accorge di suo padre che, entrando, si ferma ai piedi del suo letto.

L'uomo sospira. Sono passati due giorni dalla notizia e suo figlio non si è mosso da lì, né ha più pronunciato una sola parola. Una parte di lui pensa che forse non sia il momento più adatto, ma un'altra è convinta che debba essere proprio quello, quindi si fa forza e lo prende per le spalle.

«Kurt, figliolo... Ascolta, ho una cosa per te. Da parte di Blaine».

A quel nome, il ragazzo pare destarsi. A Burt si stringe il cuore per come il figlio sia ancora tanto legato a lui, anche solo al suo nome, ma del resto sa che quel sentimento non si perderà mai del tutto.

«Prima di partire, mi ha lasciato questa... nel caso...», e non c'è bisogno di continuare – semplicemente gli porge una lettera e guarda Kurt osservarla con una debole scintilla di curiosità.

Non dice nulla, la apre e comincia a leggerla. Burt sa che quello è un momento solo suo – loro – e che deve andare via.

Kurt è sorpreso che la sua mente riesca ancora a cogliere i segni grafici della scrittura e a dar loro un senso: credeva che tutto avesse perso significato, da quando era senza Blaine. Riconosce la sua calligrafia grande ed elegante e gli pare di sentire persino il suo odore. Poi legge.

 

Ciao.

Credi si possa cominciare una lettera con “ciao”? Non ne ho scritte molte in vita mia: non so come cominciare.

Bene, credo sia comunque un inizio, no? Al momento sto pregando con tutto me stesso perché sia io a leggere queste poche righe, dopo le quali straccerò questa terribile lettera, buttandola nella pattumiera e magari tornando in cucina a scegliere con te il menù del ricevimento.

Ma... nel caso in cui la stia davvero leggendo tu, Kurt... Voglio chiederti scusa. Scusa perché non sono riuscito a mantenere la mia promessa, scusa perché ti ho lasciato solo, scusa perché sarebbe stato tutto molto più facile se non avessi preso questa via. Era quello che volevo, ma forse sono stato troppo egoista nello scegliere per entrambi.

So che cosa starai pensando. Andava bene anche per te, allora. Ma adesso? Adesso che leggi ti starai pentendo di avermelo permesso, starai maledicendo il giorno in cui ho preso quella decisione, forse anche il giorno in cui ho conosciuto John. Non odiarlo. Non è certo colpa sua se è successo. Non so di chi sia la colpa, forse mia...

Mi dispiace, tutte le parole del mondo non bastano a dire quanto mi dispiace. Sai che non c'è altra cosa che vorrei che passare tutta la mia vita con te. Sai che ti amo con tutto me stesso e che questo non potrà mai cambiare. Mai, Kurt.

Ti amo. E se stai leggendo questa lettera, voglio che ora tu ricordi il modo in cui te lo dicevo ogni volta che ne avevo occasione, fino all'ultimo. Ricordalo, Kurt. Ricordami. Ma non farti fermare da tutto questo.

È ipocrita ed egoistico per me dirti di andare avanti come se nulla fosse successo, ma vorrei davvero che tu provassi a stare bene. Io... non c'è nulla di più importante per me. E lo sai.

Vivi Kurt, per entrambi. Fa quello che non abbiamo avuto la possibilità di fare insieme, come se ancora lo fossimo. Conservami un posto nella tua vita, ma fa che ci sia sempre spazio per gli altri – chiunque altro.

Io... non so che cosa dire. Non so che cosa proverei se ti perdessi, non riesco neanche a pensarci... e pensare di aver fatto questo a te mi spezza il cuore.

Spero che un giorno mi perdonerai. Sei stato l'unico, Kurt.

Ti amerò. Per sempre.

 

Il giovane si accascia sul letto senza avere più forze, gli occhi di nuovo pieni di lacrime e la lettera stretta al petto. Le ultime parole di Blaine, tutto ciò che resta lui. Per sempre.

Lo avrebbe amato anche lui, per sempre.

E lo perdona, per tutto, perché in realtà non c'è nulla da perdonare.

Lo perdona, completamente e per sempre.

 

 

 

 

 

 

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Ok, non volete uccidermi per questa piccola, innocente shot angst, vero? *puppy eyes*. Non è colpa mia, lo giuro! Io sono per l’happy-ending in ogni caso, ma… quest’idea mi stava ossessionando e non ho potuto fare a meno di scriverla (grazie anche alle incitazioni della Pachelbel xD).

Quindi… il prompt era “Without you” e la shot è stata scritta per l’iniziativa indetta dal fantastico gruppo di Facebook The Gleeky Cauldron!

Il titolo invece, è un verso della canzone di Baglioni “Stai su”.

Inoltre devo ringraziare Ale HP che l’ha letta in anteprima dandomene un sincero parere ^^


Beh, ok… io mi eclisso – alla prossima, magari con del fluff xD

 

 

   
 
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