Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    24/04/2012    3 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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It's not a dream anymore

 

L'abito

Potevo capirle, le spose, ora più che mai. Io, che le prendevo sempre in giro ridendo di loro e delle loro inutili crisi isteriche, ora le capivo benissimo. Chi poteva farlo meglio di me? Mancava un mese al mio matrimonio e non c'era giorno in cui non mettevo a rischio la mia sanità mentale.
Avevamo impiegato quattro settimane per scegliere la chiesa dove si sarebbe tenuta la cerimonia: Robert voleva che ci sposassimo in California, io volevo sposarmi il più lontano possibile da Los Angeles. Una sera discutemmo a tavolino sui pro e i contro dello sposarci in Europa e io ne uscii vincitrice, ma quando vidi quella piccola e intima chiesa in mattone a pietra vista non molto distante da Los Angeles fu la mia fine perché me ne innamorai perdutamente e questo fece gongolare Robert, perché, come mi disse esplicitamente “aveva vinto lui”.
Mancava un mese scarso al matrimonio e ancora ero senza vestito. Si era mai sentito di una sposa senza il suo vestito da sposa? Generalmente l'abito era la prima cosa che si comprava, mentre io avevo scelto il vestito per le mie due damigelle Jenny e Kelly, il mio bouquet, che una bellissima composizione di rose rosse e girasoli, e quello delle damigelle, una piccola composizione di rose bianche con un'orchidea al centro.
Oltretutto la settimana scorsa avevamo prenotato un'immensa, gigantesca, enorme torta al cioccolato con aroma di vaniglia e cannella, e Robert aveva addirittura preso lo smoking.
Ed io, invece? Navigavo ancora in alto mare, ovviamente.
Quel maledetto abito occupava ventiquattro ore su ventiquattro la mia mente e Robert, da bravo essere umano di sesso maschile qual'era, non capiva il mio disagio e infieriva come meglio poteva.
Venerdì mattina mi svegliai con l'odore di caffè espresso e frittelle invadermi le narici. Già solo l'odore del caffè era una manna dal cielo per il mio risveglio e mugugnai qualcosa di incomprensibile al genere umano mentre mi stiracchiavo. A quanto pare Robert era a due passi da me, perché cominciò a ridere.
< Buongiorno, tesoro > mi disse prima di poggiare le labbra sulla mia spalla nuda < hai dormito bene? >
< Magnificamente > risposi sorridendogli e mi sistemai meglio tra le coperte: nonostante avessimo trascorso praticamente tutta la notte a fare la nostra ginnastica preferita, dormire tra le sue braccia era più efficace di qualunque camomilla, valeriana o sonnifero.
Ricambiò il sorriso, prese la tazzina con dentro il caffè e me la porse, attese che ebbi finito di berla poi la appoggiò sul comodino e quando mi passò il piatto con dentro una frittella annacquata nello sciroppo d'acero tornò sotto alle coperte con me.
< Sono buone? > chiese facendomi sistemare in modo da potermi appoggiare con le spalle al suo petto.
< Buoniscime > biascicai con la bocca piena e rise, poi mi scoccò un bacio tra i capelli.
< Sai, non vedo l'ora di vederti con il tuo abito. Sono sicuro che sarai bellissima >
< Uhm, uhm > risposi posando la forchetta sul vassoio: improvvisamente mi era passata la fame e mi sentivo dentro lo stomaco un enorme macigno; in quel momento prestai un falso interesse allo schermo della televisione, la quale mostrava il film dei Simpson, quello in cui Homer prima condannava la città di Springfield al totale isolamento, poi la salvava.
< Non l'hai ancora comprato, vero? > domandò tranquillo, ma a me quelle parole suonarono come un rimprovero bello e buono.
< Lo farò > replicai sbuffando.
< Sai, mi viene da pensare che tu non voglia comprare l'abito perché in realtà vuoi ritardare le nozze >
< Non essere ridicolo > sbottai spazientita, quell'argomento in quel preciso momento era piuttosto scomodo da affrontare < semplicemente non ho ancora trovato l'abito che soddisfi >
< Jenny mi ha detto che di abiti favolosi ne hai provati a volontà >
< Beh, non erano favolosi per me > precisai e sperai di averlo convinto a chiudere lì la questione.
< Secondo me è il tuo subconscio che sta facendo di tutto per rimandare le nozze >
Mi irrigidii e scostai con un calcio le coperte, facendo rovesciare un po' di frittelle e di sciroppo. Mi alzai dal letto, recuperai l'intimo, indossai una tuta e presi la borsa con dentro i pattini.
< Ma bravo, dottor Freud >
Lo lasciai che mi guardava sconvolto e mi diressi verso la porta d'ingresso, diedi una carezza a Bear, il quale mi guardò deluso perché sperava lo portassi fuori a spasso, e uscii.

Cercai di schiarirmi le idee pattinando, purtroppo, però, il tutto si rivelò un buco nell'acqua. Ero talmente presa dal matrimonio per riuscire a svuotare la testa…perché stavo mentendo a tutti, specialmente a me stessa. Io l'abito l'avevo trovato praticamente subito nella boutique per spose a Beverly Hills, quella dei genitori di Sarah: l'abito era beige con rifiniture dorate e una scollatura profonda; il corsetto, sul quale erano disegnati vari ghirigori, aveva un'unica spallina composta da tanti piccoli fiorellini dorati che andavano a coprire leggermente l'avambraccio destro, stesso tema della gonna, dalla quale cadevano a mo di cascata dal fianco sinistro, ed era a più strati, infatti nell'ultimo era presente un enorme spacco sotto il quale si vedeva il pizzo.
Era senza alcuna ombra di dubbio il vestito più bello del mondo ed io l'avevo a malincuore lasciato sulla gruccia, perché non avevo intenzione di spendere quasi ventimila dollari per un vestito che avrei indossato una sola volta in tutta la mia vita, era…era un'assurda follia! Il problema, però, era che quell'abito era l'unico che mi avesse fatto sentire perfetta: la prima volta che l'avevo indossato mi ero sentita una principessa.
Ce n'era un altro di vestito altrettanto meraviglioso, ma non era principesco come quello.
Bruno Mars stava riempiendo il silenzio attorno a me ed io mi muovevo seguendo il ritmo della canzone, ma quando vidi Robert in tribuna guardarmi mi fermai. Pattinai fino al bordo della pista, mi tolsi i guanti e lo raggiunsi.
< Sei uno spettacolo sul ghiaccio > mi disse quando gli fui abbastanza vicino e fu automatico per me abbassarmi per baciarlo sulle labbra < va un po' meglio? > chiese premuroso.
Sospirai e mi inginocchiai davanti a lui, gli presi le mani e lo guardai.
< Non ho comprato ancora il vestito non perché non voglia sposarti, ma perché non mi sono ancora decisa a comprare il vestito che è bellissimo, ma non mi fa sembrare una principessa > risposi col fiatone.
< E allora perché lo compri? > domandò accigliato.
< Perché quello perfetto costa ventimila dollari > ribattei sospirando < mio Dio, non mi sembra vero di parlarne proprio con te > dissi alzandomi e mi voltai per andare negli spogliatoi.
Mi afferrò per il braccio per impedirmi di allontanarmi e mi fece voltare.
La sua espressione ilare mi lasciò interdetta.
< Tutto qui? Mi hai fatto quasi venire un infarto solo per un vestito? Cavolo, Michelle temevo non fossi più convinta di sposarmi! Sapere che questo è il vero motivo mi fa stare meglio! Tesoro…compra il vestito da ventimila dollari >
< Non posso > risposi abbassando lo sguardo < costa troppo >
< Sarà il nostro giorno ed io voglio che tu sia pienamente felice >
< Ma, Rob… >
< Michelle > mi interruppe prendendo le mie mani tra le sue e mi guardò severo < tu prenderai il vestito che più ti piace, a costo di portarti io per le orecchie a prenderlo. Sono stato chiaro? Non mi importa quanto costa, io voglio che tu sia felice. Fosse per me ti sposerei anche in tuta >
E fu in quel momento che capii tutto. Ero una totale idiota, accecata dal mito della sposa principessa al proprio matrimonio. Stavo commettendo un errore madornale, io il vestito perfetto l'avevo trovato. L'abito beige era stupendo ed io mi ero sentita una perfetta principessa, ma era stato col secondo, quello più semplice, che mi ero immaginata percorrere la navata.
Ed io…cazzo, io non volevo essere una principessa, volevo essere Michelle. La sua Mitchie.
Mi catapultai addosso a lui e lo baciai con impeto finché non decisi che era ora di uscire dalla palestra.
< Dove vai? > domandò con disappunto.
< A comprare il mio vestito da sposa > risposi raggiante.
Rispose al mio sorriso e mi passò il braccio attorno al collo, poi ci incamminammo verso gli spogliatoi, dovevo decisamente darmi una rinfrescata prima di uscire.
< Posso venire con te? >
< No > risposi scuotendo il capo < lo sposo non può vedere l'abito della sposa, è contro la tradizione >
< Mi è permesso almeno accompagnarti? So che sei a piedi. Prometto che ti aspetterò in auto buono buono > propose facendo sporgere il labbro inferiore e dovetti mordermi il mio per non avventarmi sul suo.
< Okay > mi lasciai convincere < ma guai a te se entri dentro >
< Non lascerò l'auto > promise facendo il simbolo della promessa degli scout.
< Ci metterò un po', voglio riprovarlo prima >
< Va bene > asserii alzandosi in piedi e mi prese per mano.
Uscimmo dalla palestra, smangiucchiammo qualcosa al Mc Drive e alle due entrai dentro alla boutique.
< Michelle! > esclamò Sarah accogliendomi < Cosa posso fare per te? >
< Sarah, voglio provarlo > risposi solamente.
< Quello beige, giusto? >
< No, il bianco >
Mi guardò interdetta per un attimo, poi mi fece cenno di seguirla.
< Credevo ti piacesse il beige >
< Sì, è vero. Ma non è il vestito adatto a me >
< L'altro sì? >
< Decisamente >
Mi fece segno di aspettarla nella zona adibita ai camerini e ritornò un paio di minuti dopo con l'abito in mano.
< Cosa ti ha fatto cambiare idea? > chiese sorridendomi mentre io mi rimiravo allo specchio.
< Robert. Perché mi sposerebbe anche in tuta >

 

Addio al nubilato

Tre ore.
Robert ed io avevamo a disposizione tre ore prima che i nostri amici ci rapissero per i rispettivi festeggiamenti: lui il suo addio al celibato, io il mio al nubilato.
Mancavano cinque giorni al nostro matrimonio, l'euforia aveva preso il posto del terrore e tutto era pronto…l'unica cosa che mancava era il nostro , quello che ci avrebbe legato l'uno all'altra per sempre.
E non vedevo l'ora che questo accadesse.
< Hai idea di quello che farete questa sera? > domandò Robert appoggiato al mio petto mentre mi accarezzava dolcemente un fianco.
Scossi la testa, conscia che non mi potesse vedere, e accarezzai quella massa di capelli spettinati.
< Zero totale > replicai e sorrisi quando incastrò la sua gamba con la mia < e tu? >
< Zero totale > rispose alzando la testa per guardarmi, ma la sua vista si fermò al mio seno nudo.
< Quelli non sono i miei occhi > gli feci notare divertita.
< Lo so bene > mi disse e quando mi sentì borbottare “pervertito” scoppiò a ridere.
Tornò ad appoggiarsi al mio ventre e lo sentii sospirare.
< Rob? >
< Mh? >
< Mi prometti una cosa? >
< Quello che vuoi >
< Promettimi che non cambierà niente. Che l'unica novità tra di noi sarà portare uno stesso anello al dito >
Robert si alzò e si rigirò per guardarmi negli occhi.
< Vuoi sapere se continueremo a litigare, a fare pace e a litigare ancora? >
< Esattamente >
< Te lo prometto, Mitchie, non cambierà niente. Continuerai ad essere la stessa rompiscatole che ho conosciuto e di cui mi sono perdutamente innamorato >
Risi e mi aggrappai al suo collo.
< E tu sarai sempre lo stesso stronzo che si farà perdonare grazie al suo sorriso e ai suoi occhi meravigliosi >
< E tu resterai sempre la solita permalosa che… >
Non gli feci terminare la frase perché mi attaccai alle sue labbra e lo baciai con tutta la passione che avevo. Rispose immediatamente al bacio e riprendemmo il discorso interrotto mezz'ora prima.
Il suono del citofono e l'abbaiare di Bear mi trascinarono via a malincuore dal mondo dei sogni e siccome il mio fidanzato sembrava non aver sentito niente dovetti alzarmi io per andare ad aprire. Mi coprii il corpo col lenzuolo e mi incamminai scalza verso la porta, guardai nello spioncino e vidi Tom impalato che attendeva che gli aprissimo.
Nel momento in cui mi vide con praticamente nulla addosso mi guardò malizioso e inevitabilmente arrossii. Gli indicai con un cenno del capo la camera da letto e dopo avermi stampato un bacio sulla guancia e dopo aver fatto una carezza a Bear entrò nella stanza dove Robert, che grazie al cielo si era voltato a pancia in giù verso il materasso e mostrava solamente il suo sedere, ancora dormiva.
Fece la gimcana tra i vari vestiti e dopo essersi abbassato all'altezza del suo migliore amico avvicinò le labbra al suo orecchio.
< Al fuoco! > urlò dopo aver fatto un lungo respiro e Robert si svegliò spaventato.
< Ma cosa…? > borbottò il mio quasi marito e quando vide Tom ridere lo spinse via in malo modo < Fottiti, Thomas >
< Pattinson, sei una sagoma > disse tenendosi la pancia dalle risate < avresti dovuto vedere la tua faccia >
Robert, visibilmente incazzato, spinse ancora una volta Tom, si alzò dal letto, recuperò i boxer e poi si avvicinò a me.
< Fammi capire…tu apri così alla gente? > domandò irritato e sorrisi.
< Amore, è Tom…lui rappresenta per me la sorella che non ho mai avuto > risposi e ottenni le reazioni che speravo: Robert si mise a ridere, Tom uscì dalla stanza.
Una volta rimasti soli, venni avvolta dalle sue braccia.
< La tua era una scusa per restare soli, ammettilo > sussurrò al mio orecchio e risi.
< Touche >
< Cinque minuti, poi entro e mi trascino via quell'ingrato del mio migliore amico! > urlò Tom dall'altra parte della porta.
Robert mi guardò e sorrise, si abbassò quel tanto che bastava per arrivare alle mie labbra e mi baciò.
< Fai la brava questa sera >
< Anche tu > risposi col fiatone, mentre la sua mano si era fatta strada tra il lenzuolo per toccarmi il seno.
Gemetti sulle sue labbra e mi strinsi di più a lui, ma in quell'esatto momento qualcuno aprì la porta e ci beccò in flagranti.
< Bene, è nuda > disse una voce femminile: Victoria.
< Grande, così abbiamo metà del lavoro già fatto! > esclamò un'altra voce: Kelly.
< Perché non ci lasciate un po' di privacy? > domandai sull'orlo dell'esasperazione.
< E per cosa? > intervenne Tom < Due minuti fa mi sei venuta ad aprire avvolta da un lenzuolo, lo stesso che copre la mano birichina di Robert > aggiunse malizioso.
Scossi la testa e a malincuore mi allontanai dal mio compagno.
< Fine dei giochi > sussurrai guardandolo e lui ricambiò il mio sorriso dispiaciuto.
< Tom, noi portiamo Michelle a farsi una doccia, tu fai vestire Robert e poi portalo lontano da qui >
< Anche io ho bisogno di una doccia > intervenne Robert e risi.
< Beh, dovevi pensarci prima di molestare la mia amica > ribatté Kelly e sia lei che Victoria mi spinsero fuori dalla stanza in direzione del bagno.
Mi lavai e ritornai dieci minuti dopo in camera, ma di lui nessuna traccia. La cosa mi dispiaceva, avrei voluto salutarlo e fargli tutte quelle raccomandazioni che generalmente le future spose facevano ai loro futuri mariti, ma non mi era stato possibile per colpa di due pazze che consideravo sorelle, oltretutto.
Jenny ci raggiunse cinque minuti dopo con due vestiti tra le mani e uno sguardo di scuse per me.
< Ho cercato di dissuaderle, ma non c'è stato verso >
< Non preoccuparti > replicai scoccandole un bacio sulla guancia.
Mi sorrise, assunse una finta aria dittatoriale e mi obbligò a sedermi.
< Indossa questo, poi torna a sederti qui che ci pensiamo noi a te >
< Agli ordini > risposi togliendomi la vestaglia e sfilai il vestito dalla mantellina: era un vestito corto, ma grazie al cielo non era attillato, grigio perla e dalla profonda scollatura.
Mi rimirai allo specchio e poi mi misi a sedere sulla sedia, dove mi stavano aspettando per acconciarmi i capelli e truccarmi.
< Immagino che la mia idea del pigiama party l'abbiate bocciata, vero? >
< Non l'avevamo nemmeno presa in considerazione > rispose Kelly mentre apriva la sua valigetta dei trucchi, la stessa che le avevo regalato lo scorso Natale.
< Kel > la chiamai bloccandole il polso < niente trucco volgare >
< Tranquilla, sarà appena accennato >
Le sorrisi e mi lasciai coccolare, mentre a turno si preparavano per uscire.
< Dai, muoviamoci che siamo in ritardo > disse Jenny diverso tempo dopo.
< Per fare cosa? >
< Ci aspettano al Brozen >
< Cosa andiamo a fare lì? > domandai confusa.
< Andiamo a festeggiare il tuo addio al nubilato >
Il Brozen era un locale che aveva aperto da poco, famoso per i vari spogliarelli di chi ci lavorava.
< Ragazze, vi avevo detto di… >
< E noi non ti abbiamo ascoltata, come sempre > intervenne Jenny liquidando il discorso.
< Traditrice! > esclamai puntandole il dito contro < Proprio tu che hai due bambini! >
< È inutile che cerchi di far leva sui miei sensi di colpa, il mio addio al nubilato è stato anche peggio >
< Che vuoi dire? >
< Che mia sorella e le mie amiche mi hanno portato in un locale a fare uno strip…ed io non mi sono potuta rifiutare > rispose arrossendo e da brave amiche quali eravamo le scoppiammo a ridere in faccia.
Alle nove in punto eravamo davanti al locale già brille. Eravamo uscite da casa dopo aver bevuto tutte e quattro una intera bottiglia di champagne che Jenny aveva comprato per l'occasione.
< Aspetta! > esclamò Kelly aprendo la sua borsa e vi tirò fuori un piccolo velo da sposa < Ti tocca indossarlo, carina > mi disse ridendo e senza obiettare lo feci.
Di certo non potevo sapere che quel velo sarebbe stata la mia rovina.
Grazie al mio imminente matrimonio il buttafuori ci fece saltare la fila e nel giro di trenta secondi ci eravamo ritrovate dentro al locale a bere un cocktail dal nome sconosciuto.
Speravo di trascorrere una serata in tranquillità, ma mi sbagliavo di grosso. Cinque minuti dopo il nostro arrivo, due bellissimi uomini vestiti da poliziotti si presentarono sul palco e una musica tutt'altro che soft li accompagnò nei loro seducenti movimenti.
Uno di loro incrociò il mio sguardo, vide il velo e per me fu la fine: scese dal palco, mi afferrò la mano e mi fece salire con lui, poi insieme al suo collega si spogliarono e mi si strusciarono addosso. Per l'imbarazzo nascosi il viso tra le mani, mentre quelle stronze delle mie amiche se la ridevano a crepapelle.
Quaranta minuti dopo avevamo saltato la fila al locale Eveline.
Quarantun minuti dopo sedute a quello che sarebbe stato il nostro tavolo c'erano loro, le ex Clovers: Megan, Sarah, Amanda, Charlotte, Vanessa, Emily, Hilary, Kate e Mary.
< Ragazze! > esclamai abbracciandole con tutta la forza che avevo.
< Michelle > disse Sarah guardandomi con le lacrime agli occhi < sei bellissima >
< Lasciala perdere > intervenne Megan prendendo Sarah per le spalle < è tutt'oggi che va avanti così >
Ci mettemmo tutte a sedere e facemmo un giro di drink, finché ad un certo punto Victoria non fermò un ragazzo e gli diede in mano una banconota da cinquanta dollari per fare uno spogliarello. Le urlai dietro, ma il ragazzo ammiccò nella mia direzione e lo fece.
Con quei cinquanta dollari ci offrì da bere.
Il locale successivo fu il Portobello Pub e anche qui bevemmo e Megan pagò il barista affinché si spogliasse. Era sorprendente come un misero velo facesse inginocchiare così tanti uomini. La nostra presenza lì fu relativamente breve perché un ragazzo che era lì per festeggiare il suo addio al celibato aveva tentato di molestarmi.
L'ultimo posto in cui mi ricordai di essere finita fu il Dolce Vita. Quel posto l'avrei ricordato in eterno, perché in quel posto mi imbucai per la prima volta ad un addio al celibato.
< Buonasera! > esclamò Kelly aprendo improvvisamente la porta della saletta riservata per l'occasione di quel ragazzo che stava festeggiando la sua ultima notte da scapolo < Qui abbiamo una futura sposa, che ne dite di festeggiare insieme? > domandò e pochi attimi dopo rise di gusto < Michelleeeee! > esclamò piegata in due dal ridere < Guarda un po' chi c'è? >
Con la poca grazia che mi era rimasta, camminare sui tacchi e per di più ubriaca era un'impresa, mi affacciai alla porta. Scrutai un attimo le facce e quando lo vidi scoppiammo entrambi a ridere: ci eravamo imbucate alla festa di addio al celibato di Robert.
< Quella è la mia donna! > esclamò ridendo e mi venne a prendere barcollando.
Mi portò dentro la stanza, ma ad un certo punto perse l'equilibrio e cascammo sul divanetto, io sopra di lui.

Mi risvegliai chissà quanto tempo dopo e senza ricordare nulla; da dopo la caduta sul divano al Dolce Vita avevo un buco nero in testa.
Ero stesa sul divano di casa con ancora il mio abito addosso, ma ero senza scarpe. Pregai che fossero da qualche parte in casa, perché mi piacevano sul serio.
Mi tirai su coi gomiti, l'alito sapeva di alcol e mi sentivo come se mi stessero trapanando il cervello. Impiegai cinque minuti prima di rendermi conto di essere sola in casa. Dove diavolo era Robert? Come facevo ad essere io nel nostro appartamento, ma non lui?
Afferrai il cellulare da dentro la borsa e provai a chiamarlo. Il suo telefonino squillò da fuori la porta di casa.
Stranita mi alzai e mi incamminai verso la porta, la aprì e lo vidi dormire con la schiena appoggiata al muro.
Mi misi a ridere e mi accovacciai accanto a lui, posai la testa sulla sua spalla e mi addormentai nuovamente.
Anche lui era senza scarpe.

 

La cena di prova

< Rob, sei pronto? > domandai mentre, davanti allo specchio, mi agganciavo gli orecchini a goccia che avevo comprato per l'occasione.
< Dannata cravatta > lo sentii borbottare dall'altra stanza e in men che non si dica me lo trovai davanti con una faccia disperato.
< Possibile che in questi anni tu non abbia ancora imparato a farti un nodo? Voglio proprio vedere come farai sabato > dissi ridendo mentre mi prodigavo a salvarlo.
< È colpa tua > ribatté additandomi < dopo la nostra rottura avevo imparato a farmelo, poi sei tornata e…puff! Ho dimenticato tutto >
< Ma certo, dai la colpa alla povera ragazza dal cuore spezzato! > risposi sarcastica e lui mi pizzicò un fianco.
< Cerchi di farmi sentire in colpa, per caso? >
< Sia mai! > replicai baciandolo.
< Sei bellissima > mi disse Robert guardandomi e arrossii: indossavo un semplice tubino beige con lo scollo a barca, un paio di decoltè dello stesso colore e avevo lasciato i capelli sciolti…non mi sentivo poi così bella, a differenza di quello che lui diceva e di ciò che si intuiva dall'espressione dei suoi occhi.
Afferrai la borsa ed uscimmo dal nostro appartamento mano nella mano, diretti al Gustav, dove ci aspettavano i nostri parenti e amici più stretti per la cena di prova: i genitori e le sorelle di Robert con i rispettivi compagni erano partiti da Londra, mio padre e la sua famiglia da Newark, Jenny e Walter da New York, all'appello c'erano anche Jeremy e Kelly, Marcus, Andrew e Bobby. E sarebbero rimasti fino al matrimonio.
Erano le otto quando Robert parcheggiò la macchina nel parcheggio sotterraneo come era sempre solito fare e quando raggiungemmo il ristorante Oliver in persona ci scortò al nostro tavolo, situato in una stanza privata.
I nostri ospiti sarebbero arrivati nel giro di mezz'ora e non stavo più nella pelle.
Non appena ci mostrò la stanza Oliver ci ricordò che la cena per noi due era gratuita e in quel momento mi tornò in mente la litigata che avevo avuto con mio padre a riguardo: non gli bastava aver pagato la cerimonia, voleva a tutti i costi pagare metà della cena, così come i genitori di Robert. “Tesoro, è la tradizione” mi aveva detto liquidando il discorso, ma sotto sotto sospettavo che fosse una scusa per avere almeno per un'ultima volta nella mia vita il controllo di qualcosa.
< Sei nervosa? > domandò Robert abbracciandomi da dietro.
Sorrisi e intrecciai le nostre mani.
< Un po' > ammisi.
< Non esserlo > rispose baciandomi il collo < vedila come se fosse una semplice cena >
Sorrisi e fissai le luci di Beverly Hills fuori dalla finestra.
< Vorrei tanto fosse qui questa sera > sussurrai. Non disse niente, ma aumentò la stretta e di questo gliene fui grata. < Anche se sono sicura sarà più dura sabato… >
< Ci sarò io accanto a te > rispose facendomi voltare e prese il mi viso tra le sue mani, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime.
< Grazie al cielo ho te >
Si abbassò quel tanto che bastava per raggiungere il mio viso e ci baciammo, finché un flash non ci interruppe.
< Come siete carini! > esclamò Victoria sorridendo.
Le sorrisi e le corsi incontro.
< Vic! > esclamai buttandole le braccia al collo.
< Ciao, Michelle, sei uno splendore > disse ricambiando l'abbraccio e la ringraziai con un bacio sulla guancia.
Salutai Lizzy, che si scusò per la centesima volta di essere mancata al mio addio al nubilato, il suo compagno Trevor, famoso discografico, i miei futuri suoceri, con Claire che mi già guardava emozionata, e quando Robert si allontanò da Tom, mi gettai su quest'ultimo.
< Sei radiosa > mi sussurrò all'orecchio e arrossii, lo baciai sulla guancia e quando il mio quasi sposo ebbe finito di salutare la sua famiglia tornai tra le sue braccia.
Alle otto e venti mio padre, Katia, Hannah e i bambini ci raggiunsero, poco dopo arrivarono anche Jenny, Walter, Andrew, Marcus e Bobby e alle nove, con ben mezz'ora di ritardo, Kelly e Jeremy fecero il loro grande ingresso.
< Finalmente! > esclamò Victoria mentre pestava un piede < Ero sul punto di mangiare un braccio di mio fratello >
< Sei sempre gentile, Vic > ribatté Robert facendole la linguaccia, dopodiché ci sedemmo attorno al tavolo.
La cena fu a dir poco perfetta: cucinarono un sacco di cose spettacolari e Robert aveva ragione: nel cucinare la carne erano dei maghi. Inoltre la compagnia era perfetta, mi stavo divertendo davvero tanto, specialmente quando Claire iniziò a raccontare un sacco di aneddoti divertenti sull'infanzia del suo unico figlio maschio. Fu, invece, piuttosto imbarazzante quando mio padre cominciò a raccontare qualcosa sulla mia infanzia, o per lo meno per quel tempo che l'aveva vissuta appieno.
Dopo averci riempito la pancia con ogni prelibatezza dallo chef cucinata, i camerieri ci portarono il dolce, un millefoglie dall'aspetto davvero invitante. Stavo per fiondarmi a mangiarlo quando Tom si alzò dal tavolo e fece tintinnare la forchetta al bicchiere con dentro lo spumante per richiamare la nostra attenzione, ma fu talmente forte da rompere il bicchiere e far cadere sulla tavola il liquido.
< Merda > disse allontanando il bicchiere per non sporcarsi e tutti ridemmo < ehm…salve a tutti. Per chi di voi non mi conosce io sono Tom, il testimone dello sposo > spiegò indicando Robert < è la prima volta che mi trovo a ricoprire questo ruolo, ma penso lo abbiate intuito dal casino che ho combinato con il bicchiere, quindi non so bene come devo comportarmi…sono stato sveglio tutta la notte per inventarmi qualcosa da dire e Victoria può confermarlo. Voglio fare un brindisi: Robert, tu ed io siamo cresciuti insieme, sei la persona che più si avvicina ad un fratello per me e voglio augurarti tutta la fortuna del mondo > gli disse guardandolo < Michelle… > continuò rivolgendosi a me < …io non so bene che ruolo attribuirti > disse e lo guardai interrogativa < lascia che mi spieghi meglio. Sei mia amica e ti voglio bene, ma non so se odiarti o meno perché mi stai per portare via il mio migliore amico. Ho provato a cercare qualcosa a questo riguardo su internet, ma non ho trovato niente > spiegò e tutti scoppiarono a ridere < di una cosa però sono certo: so che ti prenderai cura di lui, sempre, e che lo renderai felice > continuò e prese in mano il nuovo bicchiere che un cameriere gli aveva portato < brindo ai futuri sposi >
< Agli sposi! > esclamarono tutti e immediatamente mi alzai dalla sedia per andare ad abbracciare Tom, stessa cosa che fece anche Robert.
Non appena il testimone si fu seduto, toccò a Jenny alzarsi in piedi. La guardai con uno sguardo interrogativo, il brindisi era l'ultima cosa che mi aspettavo dopo tutti i casini che le erano successi.
< Il mio brindisi di stasera non sarà mai bello come quello di Tom. Mi sono concentrata sul discorso da fare sabato >
Al sentire quelle parole vidi Tom sbiancare.
< Sabato? Nessuno mi aveva parlato di fare un discorso anche sabato! > esclamò e per l'ennesima volta ridemmo tutti.
< Michelle…sei la mia migliore amica e ti voglio un mondo di bene. So per certa che sposando Robert stai facendo la scelta giusta, da quando lui è entrato nella tua vita tu sei rinata > disse e sentii le lacrime premermi gli occhi < Rob… > continuò prestando attenzione all'uomo che amavo tanto che era accanto a me < so che sarà in buone mani con te. Vi voglio bene. A futuri sposi! >
Brindai assieme agli altri e non appena svuotai il bicchiere mi avvicinai alla mia migliore amica per abbracciarla mentre mi mordevo il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.
A fine serata i nostri rispettivi genitori saldarono il conto e dopo esserci salutati rientrammo a casa.
Non appena misi piede in macchina mi tolsi le scarpe, poi mi appoggiai allo schienale e, rilassata, mi voltai per guardare Robert concentrato nella guida. Senza distogliere lo sguardo dalla strada intrecciò la sua mano con la mia e restammo così per tutto il viaggio di ritorno.
Arrivati davanti alla palazzina parcheggiò, mi disse di non muovermi, venne ad aprirmi la portiera e mi prese in braccio.
Risi e lo pregai di mettermi giù, ma parlare con lui era come parlare ad un mulo. Mi aveva risposto dicendo che doveva impratichirsi per sabato e che non mi avrebbe lasciato camminare per nulla al mondo.
< Allora? > domandò dopo aver aperto casa.
< Allora direi che sei bravo a portarmi in braccio > risposi mentre mi faceva sedere sul divano.
< Io mi riferivo alla cena >
< Cosa vuoi che ti dica? > domandai sorridendo < È stata perfetta >
Alla mia risposta sorrise e si abbassò per baciarmi, poi si sedette accanto a me e guardammo un po' di televisione, finché non si alzò, si incamminò verso lo stereo, trafficò con qualcosa e infine premette play.
< Cosa combini? >
Ignorò la mia domanda e mi si avvicinò, tendendomi la mano.
< Michelle, ma belle. These are words that go together well, my Michelle… >
Iniziò a cantare aiutato dalla voce di Paul McCartney in sottofondo. Risi di cuore e afferrai la sua mano, alzandomi così dal divano. Posò la sua mano sul mio fianco e mi strinse a sé, mentre l'altra mano l'aveva presa tra la sua e mi ritrovai improvvisamente a volteggiare.
< Michelle, ma belle. Sont des mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble… > continuò e mi beai della sua voce, mentre sentivo le guance andarmi a fuoco < I love you, I love you, I love you. That's all I want to say > disse quasi con un sussurro e in quell'istante i suoi occhi erano fissi suoi miei < until I find a way I will say the only words I know that you'll understand. Michelle, ma belle. Sont des mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble. I need to, I need to, I need to. I need to make you see, oh what you mean to me > cantò al mio orecchio e chiusi gli occhi, mentre il mio corpo veniva scosso da una scarica di brividi < until I do I'm hoping you will know what I mean > sussurrò guardandomi ancora negli occhi e ricambiai il suo sguardo, cercando di non piangere per la commozione < I love you… > cantò e mi fece fare una giravolta, non appena tornai tra le sue braccia gli circondai il collo, mentre le sue mani mi accarezzavano dolcemente i fianchi < I want you, I want you, I want you. I think you know by now. I'll get to you somehow until I do I'm telling you, so you'll understand…Michelle, ma belle. Sont des mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble. I will say the only words I know that you'll understand, my Michelle >
Non appena la canzone terminò guardai Robert con gli occhi lucidi.
< Era da tutta la sera che volevo farlo. Ero tentato di cantartela al ristorante, ma poi ho pensato avessi preferito questa serenata una volta sola in casa >
< Posso chiederti una cosa? >
Mi sorrise mi baciò sulla punta del naso.
< Quello che vuoi >
< Non voglio questa canzone al matrimonio > gli chiesi con gli occhi lucidi.
< Come vuoi tu > rispose, ma sulla sua espressione sembrava ci fosse stampato sopra un enorme punto interrogativo.
< Per una volta voglio essere egoista e voglio tenere questo momento solo per noi, canzone inclusa > gli spiegai e pochi attimi dopo sul suo volto apparì un sorriso a dir poco radioso.
< Queste parole suonano così bene insieme > sussurrò al mio orecchio e mi strinse a sé.

 

Salve, gente, come state?
Finalmente l'occhio ha smesso di farmi male, così ora aggiorno la storia, che – ahimè – è agli sgoccioli. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e sono indecisa se scrivere o meno l'epilogo...diciamo che la cosa dipende molto dai miei impegni universitari! >.<
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ho pensato di fare una cosa diversa dividendolo in più tematiche.
Un mega abbraccio a tutte voi che leggete questa storia, perché mi date la forza di continuare a scrivere.

 

Giulls

P.S. Anche il titolo di questa canzone è preso da una canzone dei Paramore, precisamente Looking up (canzone che io amo perché mi ricorda il giorno in cui ho preso la patente!), mentre la canzone che Robert canta alla fine è Michelle dei Beatles (è dal primo capitolo che aspettavo di inserirla da qualche parte, giuro!)
Questo è il mio contatto di facebook, se avete voglia di fare due chiacchiere ;) http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791&ref=tn_tnmn

   
 
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