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Autore: Minority    24/04/2012    5 recensioni
-Non esattamente- sussurro ai suoi capelli, riprendendomi da quello stato catatonico. –Mi piace qualcuno.- preciso. –Ha gli occhi più belli del mondo, la voce cristallina ed i capelli pieni di riccioli. E’ la perfezione: non perché lo vedono così i miei occhi innamorati, è oggettivo.- faccio una pausa, ha ancora il volto premuto sul mio petto. Vorrei vedere i suoi occhi. –Ed è il mio chitarrista preferito.-
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He's my favourite guitarist




Le stelle pizzicano il cielo di luce, come fai tu con le corde della tua chitarra: affiorano come luce dai buchi di una vecchia scatola, la tua pelle candida sotto la maglia massacrata di tuo fratello.
Fa un gran freddo, stasera, sotto le stelle.
Ollie ti ha detto di coprirti, ma tu non ne hai voluto sapere: da quando Andy “è andato a suonare il jazz tra gli angeli”, come ha detto Anna, non vuoi più saperne di nulla. Getti il naso all’insù, largheggiando nella maglia nera e di seconda mano che hai pescato da qualche cassetto, giù, in camera dei tuoi fratelli, i capelli ricci scompigliati che profumano ancora di shampoo, le braccia appoggiate al terrazzo.
 
Eravamo qui quando hanno chiamato dall’ospedale per dirti di tuo padre, tu torturavi Blue e io ti prendevo in giro.
Poi squillò il telefono.
Potei vedere i tuoi grandi occhi verdi scomporsi, arrossati e gonfi, nel preciso istante in cui il tuo cuore inizio a battere un po’ più piano, con un po’ meno forza. Eri accanto al telefono, e lo lasciasti cadere verso terra mentre si continuava a sentire la voce di tua madre che continuava a pronunciare il tuo nome come un nastro inceppato. Ti vidi tremare come una foglia al vento e, poi, scivolasti a terra come un fantasma. Il fantasma del mio Billie Joe.
Ed allora capì, capì fin troppe cose.
Corsi verso di te e mi gettai a terra, accanto a te, specchiandomi nei tuoi occhi lucidi. Mi guardasti ed iniziasti a ripetere il mio nome alternato ai singhiozzi, come poco prima tua madre aveva fatto con te. Mike. Mike. Mike. Mike. Mike. Posso ancora sentire la tua voce. E per la prima volta lo pensai: pensai tu fossi bello, quanto di più bello avessi mai visto.
Ti gettai le braccia al collo e ti strinsi a me. Ti strinsi cercando di scacciare i fantasmi della paura che ti stavano correndo incontro, tentando di farti sentire un po’ meno solo.
 - Mike – guaisti tra i singhiozzi, come un cane abbandonato sul ciglio di una strada innevata –Mike, non lasciarmi-. Ti arpionasti alla mia alla mia maglietta e mi stringesti goffo. 
 –Mike. - ripetesti quasi a saggiare il mio nome, a provare come stavo sulle tue labbra –Mike, se te ne vai vengo con te,– spiegò –ma io non me ne voglio andare, quindi, ti prego, non farlo neanche tu. –
In risposta, lo strinsi contro il mio petto in un goffo intrigo di braccia.
Fu il nostro primo abbraccio, lo ricordo bene. La prima vola che pensai di valere qualcosa per qualcuno, valere qualcosa per lui: l’unico che valeva qualcosa per me.
 
Mi avvicino a Billie, fissa estatico il cielo, la grande coltre nera che ci avvolge entrambi in un abbraccio cosmico. Stasera la luna è color formaggio, gialla come nei cartoni. Stasera c’è qualcosa nell’aria per cui sembra di essere dentro una favola; forse sono le luci tenui della città, o forse è che siamo qui e siamo noi due, siamo Bill e Mikey.
Mi avvicino e ti stringo tra le mie braccia, congiungo le mie mani davanti a te, all’altezza della vita; sento le tue dita imbarazzate che cercano di arraffare qualcosa, carezzano con quella tenerezza che è frutto della timidezza. Sorrido compiaciuto ed appoggio la testa nell’incavo del tuo collo; stai tremando, posso sentire il tuo respiro farsi più veloce, il battito del tuo cuore aumentare dalla vena sul collo che sobbalza.
Fai per farmi allentare la presa in modo da poterti voltare verso di me e gettarmi le braccia al collo, ma non mi smuovo.
 -Aspetta- sussurro contro il tuo orecchio. Non voglio vederti sciogliere nel solito abbraccio di quando ci abbandoniamo ai soliti momenti di dolcezza: voglio tenerti nel mio pugno, sentirti tremare ancora un po’ tra le mie braccia.
 -Aspetta cosa, Mikey?- ruoti di pochi centesimi di grado la tua testa verso di me, abbozzando un sorriso con le tue labbra. Quelle labbra che, per la prima volta, sto sinceramente bramando. Tutta questa situazione (la luna, le stelle, tu strinto nel mo abbraccio, le tue labbra, il tuo collo candido, la tua voce leggera che, adesso, ha fatto sobbalzare me) mi sta dando alla testa, mi fa sentire un stupido.
Non gli rispondo, non subito. Aspetto che il suo volto sia tornato a contemplare le stelle, ammiro il suo profilo perfetto. E mi sento uno stupido, un fottuto stupido; una ragazzina innamorata con gli ormoni in subbuglio ed un principe azzurro che coccola la sua principessa. Nella realtà sono solo un totale impiastro, un ritardato innamorato del suo migliore amico.
 Esito ancora un po’, l’aria si fa testa, poi decido. Decido ed avvicino le labbra al tuo collo marmoreo mentre i nostri respiri di fanno più veloci. Se ripenso che tre anni fa non sapevo neanche chi eri mi vengono i brividi. Appoggio le labbra sul tuo collo e rimango lì, interdetto per qualche istante. Interdetto per colpa della paura, di questa dannata paura; interdetto perché ho il terrore che tu mi stia dando del pazzo dentro la tua testolina, perché ho paura che stanotte sia la nostra ultima serata insieme a guardare le stelle.
 Dio, Armstrong! Un cenno: dammi solo un cenno. Non posso rimanere qui per sempre così.
Lasci la tua testa rotolare all’indietro, allunghi il collo sotto le mie labbra e sorridi. Non ti vedo ma lo percepisco, dio quant’è bello percepire i tuoi sorrisi –dio quanto sei bello tu.
Trasformo quelle labbra appoggiate in qualcosa che assomiglia di più ad un bacio, mi faccio coraggio e lambisco appena la tua pelle bollente con la punta dei denti (sono un coglione, scusami), poi sollevo le labbra e spennello dolcemente quella sorta di bacio con la lingua.
Hai tenuto per tutto il tempo la testa rivolta all’indietro, le labbra dischiuse e gli occhi serrati.
Scusami, scusami, scusami. Non volevo rovinare tutto.
Allento l’abbraccio per darti la possibilità di reagire: scappare, attaccare a parlar d’altro, guardarmi schifato; tutto quello che vuoi.
E tu mi scivoli tra le braccia: ruoti su te stesso fino a ritrovarti faccia a faccia con me, con questa testa di cazzo che voleva farti sentire importante, poi affondi la testa nel mio petto ed io ti infilo una mano tra i capelli arruffati tenendoti premuto contro di me: non voglio che tu te ne vada, e tu ti sistemi contro di me per stare più comodo, continuo a cingerti la vita.
 
 -Ieri Anna mi ha chiesto se mi piace qualcuna…- inizi imbarazzato.
Lo stringo a me un po’ più forte. –E tu che hai risposto?-
 -Lei ha continuato chiedendo se mi piaceva qualche ragazza. L’altro giorni mi ha visto parlare con Ellen: ha detto che secondo lei è carina.-
Eccoti, Mike: il solito coglione. Che ti aspettavi? Suvvia, non dirmi che per qualche istante hai pensato davvero che questo è andato a raccontare ad Anna che è innamorato di te?
 -E tu che hai risposto?- esce come un sussurro, quasi una voce stroncata dai singhiozzi.
 -Io…- lascia quel “io” avvolto hai puntini di sospensione, come in un libro.
Tu? Tu cosa? Tu sei innamorato di quella Ellen, puoi dirlo se vuoi; vi ho visti insieme l’altro giorno e sembravate una bella coppia. Dai, Mike: chi vuoi prendere in giro?
 -…io ho detto che mi piaceva Michael Pritchard.-
 
Io ho detto che mi piaceva Michael Pritchard.
Cala il silenzio, un silenzio assordate, un silenzio in cui quelle otto parole si amplificano.
Io ho detto che mi piaceva Michael Pritchard.
Continuo a rigirarmi quelle parole in testa.
Io ho detto che mi piaceva Michael Pritchard.
Mi sta prendendo in giro.
Io ho detto che mi piaceva Michael Pritchard.
 
 - Mike?- la sua voce esce dalla testa e diventa reale. Stupendamente reale. Inimmaginabilmente reale.
Lo amo.
Non gli rispondo: che senso ha rispondere, adesso che so che gli piace Michael Pritchard?
 - Mike, e a te piace qualcuna?- e sottolinea quella “a” finale.
Rimango in silenzio: non può essere vero, non può piacergli davvero quel Michael Pritchard, non può piacergli il sottoscritto! Troppo pelle, ossa e timidezza per uno come lui. Vada che gli opposti si attraggono, ma uno come lui non può volersi accontentare di un tale schifo.
 -Non esattamente- sussurro ai suoi capelli, riprendendomi da quello stato catatonico. –Mi piace qualcuno.- preciso. –Ha gli occhi più belli del mondo, la voce cristallina ed i capelli pieni di riccioli. E’ la perfezione: non perché lo vedono così i miei occhi innamorati, è oggettivo.- faccio una pausa, ha ancora il volto premuto sul mio petto. Vorrei vedere i suoi occhi. –Ed è il mio chitarrista preferito.-
 -Mi puoi dire come si chiama?- il suo volto riaffiora sotto la foresta di capelli con un paio di occhi da cerbiatto.
 -Prometti che non lo dici a nessuno?- e scivolo fino a portare la bocca accanto al suo orecchio, dal quale scanso i capelli. Faccio una lunga pausa.
 -Si chiama- e poi tutto d’un fiato –Billie Joe Arms…-
 
Dio. Dio. Dio. Dio. Dio. Dio. Si, insomma, questo Dio deve essere ampliamente lodato.
 
Dio deve essere ampliamente lodato per queste labbra che stanno massacrando le mie, per quest’attacco di dolcezza così piena d’ingenua timidezza.
 
Dodici anni, il nostro primo bacio.
Il nostro primo bacio, di noi due.
 
 -Ciao, Michael,- sussurra a fior di labbra –mi piaci tanto. Tantissimo.-
 -Ciao, Bill,- un altro bacio, più tenero, il tempo di sfiorarlo ed è finito –mi piaci anche tu.-










Minority's corner (?)
Macciao a tutti quanti C:
Se ve lo state chiedendo si, avevo già pubblicato questa fanfic, ma a quanto pare l'html mi ha tirato un abbocco clamoroso ed ha deciso che era meglio se rimaneva nel mio computer. Ebbene, io (non) sono testarda (in questo caso si) ed ho deciso di riprovarci.

Questa fanfic è nata per sostituire un biglietto di compleanno, poi l'ho raccontata alla proprietaria dello pseudobiglietto e quindi il progetto tantiaugurisuefp è andato, come si suol dire, allegramnte a puttane.
Visto e considerato che stasera sono molto istera e (dicono) anche intrattabile, non sono particolarmente in vena di continuare a sproloquiare.

peaceandlove
minority.
   
 
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