Capitolo 1
Innanzi tutto, devo avvertirvi.
La storia che vi sto per raccontare andrà oltre i limiti
dell'ordinario. Probabilmente molti di voi non crederanno alle mie parole, e
penso che sia più che giusto. Ognuno ha il diritto di credere a ciò che
preferisce.
Comunque, io vi ho avvertito.
Dovrei precisare che io non sono una persona come le altre.
Anzi, io sono unica.
Lo so, dicendo questo perdo già parecchi punti in partenza,
perché ora penserete che sono una di quelle ragazze che si sentono delle fighe
assurde e cose del genere. In mia difesa, posso dirvi che non è così. Non sono
affatto una figa assurda, se è quello che vi state chiedendo. Cioè, non sono
nemmeno il tipo di ragazza abbastanza bella da causare tamponamenti a catena
quando attraversa la strada, per dirne una. Nessun automobilista ha avuto mai
alcun incidente perché distratto dalla mia bellezza.
Quando dico che sono unica, intendo tutt'altra cosa. Non ho
nemmeno tre teste, comunque, se è quello che vi state chiedendo.
E poi, dovrei spiegarmi meglio: non sono proprio unica,
diciamo che sono unica nel mio genere.
Ora, avendo fatto le mie premesse, dovrei cominciare col
raccontare che questa storia iniziò con un'esplosione, anche se, sinceramente,
non è andata proprio così, ma giuro che ci arriveremo presto.
Comunque, la prima esplosione è il motivo per cui le cose che sto per
raccontarvi cominciarono a prendere vita.
O, per dirla a modo mio, il motivo per cui la mia vita cominciò a prendere una
piega decisamente pietosa.
Ora, non mi piace fare la vittima, né niente del genere,
quindi non starò qui a piangermi addosso, non ora che so perché stava
succedendo tutto quel che stava succedendo.
Comunque, dico sul serio, la mia vita era diventata una cosa
pietosa.
Bene, tornando all'esplosione, avvenne nella zona industriale
di Belleville, poco lontano da casa mia - ovviamente, se non conoscete
Belleville, è giusto informarvi che tutto è poco lontano da tutto, visto che è
una cittadina grande quanto la mano di un neonato.
Dicevo, l'esplosione avvenne nella zona industriale. Fu una
fabbrica di saponi o qualcosa del genere, a saltare in aria. I telegiornali ne
parlarono per un'infinità di giorni, e sembrava che tutti a Belleville
soffrissero per l'incidente.
Il che, direte voi, era comprensibile, giusto?
Insomma, chissà quanti lavoratori erano morti, in
quell'incidente. Chissà quanti danni aveva arrecato alla nostra povera
popolazione, quell'incidente...
Beh, ve lo dico io: nessuno avrebbe dovuto preoccuparsi, e
nessuno avrebbe dovuto essere triste. E non perché siamo un popolo di
insensibili, sia chiaro. Ma perché - e non ditemi che non vi avevo avvertito! -
quella fabbrica non era mai esistita. Quindi, non c'era nessun lavoratore
dentro. Ovvero, nessun morto. Niente di niente, lo giuro.
Lo so, è assurdo credermi, ma vi assicuro che non c'era
nessuna fabbrica di saponi lì, nonostante tutti fossero convinti che ci fosse. E
tutti erano convinti che fosse saltata in aria, e che fossero morti un sacco di
uomini innocenti.
Dunque, io comunque sapevo che non era così, lo sapevo io e
lo sapevano anche altre persone, ma per ovvi motivi non potevamo dirlo.
Innanzitutto, è bene avvertirvi che io ho sempre vissuto un
lato della mia vita in modo segreto. Cioè, è chiaro che ci sono delle cose che
non potevo mostrare al mondo intero, ok? Ecco, una di queste cose era che quella
dannata fabbrica di saponi non era mai esistita. E comunque, la maggioranza
della popolazione ci credeva, quindi provare ad affermare il contrario sarebbe
stato inutile.
Ora, dovete comprendere che di fronte a certe situazioni, e a
certe persone, alcuni comportamenti sarebbero stati totalmente inutili.
Comunque, dato che non piangevo la perdita di alcun
lavoratore-mai-esistito o cose simili, vi starete chiedendo perché mai
quell'esplosione fu così importante. Ecco, quel giorno, il giorno
dell'esplosione intendo, fu anche il giorno in cui venni mollata, di punto in
bianco, dal mio ragazzo.
Oh, per dire le cose come stavano, non è che venni "mollata".
Venni proprio abbandonata.
Mi lasciò un biglietto scritto in tutta fretta, su un dannato
post-it giallo. Lo aveva appiccicato al frigorifero, e c'era scritto "Giuro
che potrò spiegarti tutto, spero di tornare presto. XO, Frank".
Sorvolando lo stato d'ansia che prese il sopravvento in quel
momento, comunque, pensai di aver bisogno di parlarne con qualcuno. Insomma, non
ero un geniaccio, ovviamente, ma non ero nemmeno stupida, e potevo affermare con
certezza che quella finta esplosione e la sparizione di Frank fossero due eventi
ben collegati tra loro.
E' giusto, nonostante non sia una cosa facile, parlarvi di
Frank, a questo punto.
Bene, anche lui era speciale. Cioè, per speciale intendo
proprio speciale. Come lo ero io, insomma.
Comunque, io definivo Frank il "figlio di tutti". E non
perché sua madre fosse una di quelle delle quali non potevi dire con certezza di
chi fosse il bambino che portava in grembo, sia chiaro. Lo definivo il figlio di
tutti perché tutti gli volevano un bene dell'anima. Giuro, eh, non sto
esagerando. Anche mio padre, a volte mi stupiva, per quanto si dimostrasse
affezionato a Frank. Cioè, non era una cosa normale, a volte mi faceva venire il
sangue al cervello tutto quel suo modo di fare nei confronti di Frank.
Ma riuscivo a comprenderlo, perché insomma, Frank era Frank,
e nessuno poteva resistergli, nemmeno io.
Nemmeno voi, ne sono certa. Anche se devo ammettere che non è
che mi innamorai di lui perché era il tipo di persona che aiutava una vecchietta
ad attraversare la strada. Cominciai a legarmi a lui quando entrambi scoprimmo
di avere tante cose in comune. O solo una, in realtà, ma dato che questa cosa
ricopriva gran parte della nostra essenza ed esistenza, dire tante sarebbe lo
stesso.
Ora, come ho detto, Belleville è piccolissima, quindi non c'è
da stupirsi se dico che c'era una sola scuola pubblica, che sia io che Frank
frequentavamo.
Nonostante questo, comunque, non è che io e Frank fossimo
amici, ai tempi, né niente del genere. Cioè, le nostre vite non si incrociavano
mai, fatta eccezione per i momenti in cui era ovvio che si incrociassero, tipo
quando avevamo lezione insieme e cose del genere. Insomma, se Belleville era una
cittadina piccolissima, potete immaginare quanto ancor più piccolo fosse il suo
unico liceo.
Insomma, come ho detto, ci sono delle cose che non puoi
prendere e raccontare al mondo intero, e fortunatamente ho ricevuto - al
riguardo - un'educazione alquanto chiara da mio padre. Si, giusto, mio padre
sapeva tutto. E quando dico tutto, intendo proprio tutto, anche le cose che
io non sapevo!
Dunque, mi aveva insegnato a tenere per me le mie abilità.
Ogni tanto era frustrante, ma lui riusciva a tenere la situazione sotto
controllo, ad esempio ricordandomi quanto fosse più divertente manipolare la
mente della gente, se la gente non sapeva che riuscivo a farlo. E comunque, come
ho detto, non sono mica una stupida, non avevo certo intenzione di correre per
Belleville urlando "Ehi! Ho dei superpoteri!", ci mancherebbe. Quindi,
anche se mio padre preferiva che non facessi uso delle mie abilità, sapeva che
comunque non gli avrei dato retta. Dai, vorrei vedere voi, da adolescenti, con
il mio potere, cosa avreste fatto. Anzi, secondo me sono stata anche fin troppo
brava a mantenermi nei limiti. Ah, per la cronaca, appunto - e giuro che nemmeno
ora voglio vantarmi né niente del genere! - mio padre mi diceva sempre che avrei
potuto conquistare il mondo. Me lo diceva sin da quando ero bambina, e beh, è
ovvio che inizialmente credevo che me lo dicesse solo per aumentare la mia
autostima - almeno, fin quando non venni alla scoperta del fatto che aveva
dannatamente ragione. Ma quel momento arrivò molto più tardi.
Per chiarirvi le idee, io ho il potere di manipolare la mente
della gente. Anzi, io ho più poteri mentali, in realtà, ma il primo di cui venni
a conosceza era proprio quello di manipolare le menti.
Successe per caso, in realtà, e ai tempi ero solo una
ragazzina.
Comunque, torniamo a Frank. La sua abilità era quella di
potersi rendere invisibile. Dico sul serio, proprio invisibile.
Anche lui, come me - certo, non era mica uno stupido, Frank -
teneva la cosa per sé, ma poi arrivò il giorno in cui entrambi dovemmo uscire
allo scoperto. E posso ammettere che quello rientra tra uno dei giorni più belli
della mia vita.
Ora, è chiaro che avere uno strano potere non è propriamente
normale, o almeno, per me non lo era, quindi mi sentivo davvero strana. Come ho
detto, mio padre sapeva sempre tantissime cose - davvero tantissime! -
quindi mi parlava sempre di altre persone con delle strane e quasi assurde
capacità, ma io non ne avevo mai conosciuta una, e a volte mi ero ritrovata a
chiedermi se mi parlasse di altre persone come me solo per non farmi sentire
un'aliena sola al mondo. Comunque, nonostante mio padre fosse stato sempre
chiaro sul fatto che non dovessi parlare a nessuno dei miei poteri, non posso
negare che quando Frank mi scoprì una parte di me si sentì immediatamente
sollevata.
Avevo 15 anni ed ero nell'ufficio del Preside, perché quella
stronza di Kitty mi aveva presa a parolacce ancora una volta, ed io le avevo
letteralmente strappato una ciocca di quei suoi lunghi capelli color nocciola
dalla testa, nell'intento di... beh, si, non ne potevo più e volevo appunto
farle del male.
Comunque, per chiarire, non è che io sia un tipo aggressivo,
in genere. Ma quella Kitty mi tormentava da sempre.
Ecco, c'è da dire anche che io non ero simpatica quasi a
nessuno. Per essere chiari, tutti avevano un'idea sbagliata di me. Ora, io
riuscivo anche a comprenderlo, ma non potevo farci nulla.
In pratica, mio padre era sempre stato iperprotettivo nei
miei confronti, anche se ai tempi non riuscivo a capire il perché. Era così
protettivo che io avevo una guardia del corpo.
Dico sul serio, un omone alto e robusto che mi accompagnava a
scuola in una macchina stracostosa con i vetri antiproiettile. Nemmeno fossi
stata la figlia del Presidente!
E' chiaro che per me, essendo cresciuta in quel modo -
intendo, sempre protetta e tutto il resto - era quasi normale, ma per i miei
compagni di scuola non lo era affatto. Insomma, ovviamente pensavano che fossi
una cazzo di principessina con la puzza sotto il naso, perché l'accostamento di
una guardia del corpo, unito al fatto che per essere sicura che nessuno
scoprisse le mie capacità preferivo starmene sulle mie, aggiunto alla mia
capacità di ottenere tutto quello che volevo - e dico, tutto! - da chiunque mi
faceva sembrare davvero una ragazzina spocchiosa e viziata. E Kitty mi detestava
per questo. E quel giorno, non lo so, non la sopportavo più e così le saltai
addosso e le strappai via una ciocca di capelli, guadagnandomi un richiamo dal
Preside della scuola.
Il punto è che io avevo la capacità di manipolare la mente di
chiunque - o beh, quasi, visto che mio padre per esempio non rientrava in quella
lista - e beh, mi bastò dire "Non credo di meritare una punizione", che
il Preside mi congedò dicendomi che non credeva meritassi una punizione.
Si, era così semplice, davvero.
Quando uscii dall'ufficio del Preside - dopo averlo convinto
anche a lasciarmi uscire prima saltando così le successive ore di educazione
fisica - mi incamminai verso la zona industriale di Belleville, perché in quel
posto c'erano solo fabbriche e non ci incontravi mai nessuno che stava lì a
passeggiare e cose simili, quindi potevi farti gli affari tuoi e tutto il resto.
Era - tristemente - uno dei miei posti preferiti della città.
Ovviamente, non ero completamente sola, e il punto è che
cominciai a svilluppare i miei poteri solo dopo, quindi in quel momento non
riuscivo a sentire la presenza di nessun altro. Quindi potete immaginare come
saltai letteralmente dallo spavento, quando sentii una mano afferrarmi la
spalla, dietro di me.
Giuro che me la feci sotto, sopratutto perché più andavo
avanti con gli anni, più mi rendevo conto che se mio padre non era il Presidente
degli Stati Uniti, ed io ero l'unica persona in tutta Belleville a girare con
una guardia del corpo, significava che avevo qualcosa di cui preoccuparmi
seriamente.
Pietrificata, mi voltai quasi contro voglia. Insomma, andavo
in giro con una macchina con i vetri antiproiettile! E se voltandomi mi sarei
trovata davanti qualcuno con una pistola puntata contro la mia testa? Si, potevo
manipolarlo e fargli gettare l'arma, direte voi, ma è ovvio che anche la mia
mente fosse pietrificata, in quel momento.
Comunque, trassi un respiro di sollievo quando mi trovai di
fronte a Frank Iero, che quasi mortificato lasciò andare la presa.
«Scusa... non volevo spaventarti...» disse cercando di
sembrare calmo e rilassato.
Ora, è inutile che vi dica che Frank era dannatamente carino,
comunque.
Cercai di calmarmi, riprendendo fiato ed aspettando che i
battiti del mio cuore si regolarizzassero. Ok, da una parte mi dispiaceva di non
avere una pistola puntata alla testa, ma non perché mi piacesse rischiare la
vita, è solo che almeno avrei avuto la conferma che le paranoie di mio padre
sulla mia vita in pericolo fossero almeno giustificate. Oh, non avevo idea. L'ho
detto che mio padre sa un sacco di cose, giusto?
Comunque, Frank mi sorrise, quando vide che finalmente ero
tornata in me. Poi inarcò le sopracciglia, e infine con espressione seria
incrociò le braccia sul petto.
«Come fai?» mi chiede scrutandomi, dopo un pò.
Io sollevai un sopracciglio guardandolo confusa «Come faccio
cosa?» chiesi scrutandolo anche io, per cercare di capire se si riferisse
davvero al mio potere o qualcosa del genere.
Lui fece una specie di risatina, ma non sembrava divertito
«Come fai ad ottenere sempre quello che desideri?» specificò.
Appunto, si riferiva proprio a quello.
Con nonchalance scrollai le spalle, riprendendo a camminare.
Lui mi affiancò e prese a camminare al mio fianco.
«Non fare finta di niente, Candice!» mi disse dopo un pò,
guardandomi. Io continuavo a tenere lo sguardo fisso al suolo, perché non sapevo
cosa dovevo dire. Conoscevo a mala pena Frank, sapevo che era un bravo ragazzo,
che tutti gli volevano bene e che si faceva i fatti suoi. Ma non capivo perché
volesse tanto sapere della mia abilità.
«...non faccio nulla, ok? Chiedo, e la gente mi da quello che
voglio. Non è niente di speciale. Forse sono simpatica...» dissi sforzandomi di
non ridere alla mia ultima frase.
Frank fece una smorfia «Se te lo sto domandando è perché ho
le prove che tu sia... tu...» si bloccò, d'un tratto, come se stesse cercando il
termine giusto.
«Io?» feci, perché una parte di me voleva che continuasse a
spiegare la sua teoria, qualsiasi essa fosse. Beh, in realtà, ne avevo bisogno,
perché ok, mio padre sapeva tutto, ma ciò non significava che fosse lo stesso
per me. Assolutamente.
Frank sospirò «Bene.» disse secco, facendo qualche passo
davanti a me, camminando all'indietro, per tenere lo sguardo nel mio
«Guardami...».
Io lo guardai, inizialmente curiosa di cosa avesse intenzione
di fare. Lo vidi sorridere e poi BAM!, sparì nel nulla. Giuro.
Così come era apparso, Frank sparì. Ma non è che si fosse
messo a correre o cose simili. Era semplicemente sparito. Era diventato
invisibile. Giuro che restai a bocca aperta. Letteralmente.
Sentii la sua voce alle mie spalle «Ora dimmi come fai tu...»
mormorò, parlandomi quasi nell'orecchio «Ti prego.» aggiunse.
Beh, non so come spiegarlo, ma quello era davvero il giorno
più bello della mia vita. Finalmente avevo incontrato qualcuno di diverso! Cioè,
qualcuno strano come me! No, non posso descrivere la gioia che provai.
«Io... non lo so. Non so spiegare come funziona...» ammisi,
dopo un pò, ritrovandomi di nuovo di fronte a Frank. Notando il suo sguardo
quasi deluso dalla mia ignoranza, mi sforzai di provare a spiegargli come
funzionava il mio potere - per quanto ne sapevo, comunque.
«Ok... credo che...» pensai bene a come spiegarlo. Cioè, non
era mica facile «Beh, non è complicato. Guardo una persona e gli dico quello che
vorrei e boh, improvvisamente sembrano che lo vogliano anche loro.».
Frank sorrise. Probabilmente nemmeno lui avrebbe saputo
spiegare il meccanismo in base a cui riusciva a diventare invisibile.
«Puoi farlo con me?» mi chiese, ed io lo guardai confusa.
Insomma, nessuno mi aveva mai chiesto prima di manipolargli la mente, era ovvio.
Comunque mi piaceva l'idea, perché, come ho detto, ero
contenta di poter condividere quel dannato segreto con qualcuno. Quindi
sospirai, pensando a qualcosa da fargli fare.
Mi venne istintivo sorridere «Ok.» lo guardai negli occhi,
cercando di sembrare seria «...credo che tu abbia voglia di saltellare sul
posto...» dissi, rendendomi conto di quanto suonasse stupida quella richiesta.
Sul serio, lo giuro, non avevo mai fatto fare a nessuno una cosa del genere.
Frank inizialmente mi guardò quasi come se pensasse che lo
stessi prendendo in giro, ma dopo mezzo secondo, ecco che cominciò a saltellare
lì di fronte a me.
Comunque, si, la nostra storia iniziò così, con lui che mi
saltellava davanti come una di quelle palline di gomma che rimbalzavano senza
sosta.
Non è la cosa più romantica del mondo, lo so. Non ho mica
detto che questo sarebbe stato un romanzo d'amore, comunque.
Anzi, alla fine, appunto, Frank era sparito nel nulla. Dopo
anni di fidanzamento, ok? Vivevamo insieme, cazzo. E lui era sparito nel nulla,
dopo quella prima esplosione in quella dannata fabbrica inesistente.
Non sapevo quale fosse il legame tra le due cose, ma doveva
esserci. Ne ero sicura.
- - -
Non so davvero che scrivere, quindi spero vi piaccia e basta, fatemi sapere, ci tengo più del solito con questa nuova FF, davvero. Ogni commento, apprezzamento, parere, consiglio, è più che ben accetto. xoxo