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Autore: xCyanide    25/04/2012    2 recensioni
E se Frank avesse un gemello? Gerard che casini combinerebbe? Come sarebbe? Scapperebbe via?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente l’avrebbe conosciuto. Gliene parlavano tutti, e finalmente anche lui avrebbe potuto vederlo con i propri occhi, controllare le loro uguaglianze e le loro differenze, nonostante credeva fossero davvero poche.
Non aveva ancora capito perché sua madre aveva deciso di tenerlo e di dare in adozione James, davvero, ma forse era meglio così. Aveva sempre sostenuto che se avesse avuto una persona identica a lui dentro casa, l’avrebbe sicuramente presa a pizze fino a dissanguarla.
Ma, comunque, in quel momento stava preparando del buon caffè per accogliere al meglio il suo gemello in casa. Se si assomigliavano davvero tanto, avrebbe dovuto piacere anche a lui.
Sistemò bene la tovaglia sul tavolo e si fiondò in camera per prendere le scarpe da ginnastica e infilarsele. Si sedette sul letto dove Gerard stava ancora dormendo mezzo svestito e con la bocca semiaperta. Il suo ragazzo era irremovibile quando si trattava di dormire. Non si alzava dal letto se non aveva poltrito almeno otto ore e non tollerava in nessun modo chi provava a svegliarlo facendogli attenti con dell’acqua o tirandogli le pantofole. Perché si, Frank ci aveva provato più di qualche volta a svegliarlo così, ma non era finita molto bene. Gee aveva annunciato lo sciopero del sesso per un mese intero e l’aveva mantenuto fino all’ultimo. Quel bastardo! Sbuffò, continuando a guardarlo e ricordando i brutti giorni in cui passava più tempo sotto la doccia fredda che fuori in giardino, giusto per calmare i bollenti spiriti.
Ma, nonostante tutto, lo amava. Cioè, qualsiasi difetto di Gee era perfetto per lui, anche gli scioperi che ogni tanto gli imponeva. Ma, da una parte, se li meritava. Sapeva essere un grande rompi coglioni quando voleva, e, guarda caso, lo voleva spesso!
Ritornò velocemente in cucina e tolse il caffè dal gas e lo spense. Posò la macchinetta sul tavolo e sistemò bene le tazzine.
Voleva fare una bella figura, nonostante il suo aspetto non facesse presagire niente del bravo ragazzo che in realtà era in lui. Sapeva di avere la faccia da cucciolo, gli occhi dolci e l’altezza di un puffo, ma sapeva anche che alle persone non piaceva un granché. Sarà stato per i capelli bicolore, per i piercing o i tatuaggi, per la musica che ascoltava o anche solo per come stuprava la sua Pansy ogni volta che la suonava, ma alla gente lui non piaceva. Ma, ehi, a lui bastava avere i suoi bellissimi amici e il suo fantastico ragazzo vicino e tutto il resto poteva anche andare a farsi fottere, no? E poi, avrebbe conosciuto il suo gemello e, sperava vivamente, ci sarebbe stata un’altra persona nella sua vita che l’avrebbe appoggiato in tutto e per tutto, no?
Si guardò bene intorno per controllare se effettivamente fosse tutto a posto. Il loro appartamento era piccolo, ma avere un’artista per casa non era assolutamente una cosa facile da gestire. Gerard lasciava i colori a seccare sul camino, le tele sul divano, le tavole sparpagliate sul tavolo e i pennelli buttati così, senza un senso, a terra. Ora, Frank era abituato a vivere nel disordine più totale, ma James cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe pensato vedendo quel buco di appartamento conciato a quel modo? Ma alla fine, chi se ne fotte?
Lasciò perdere il disordine e si diresse verso il bagno per controllare di nuovo se i suoi capelli fossero a posto e magari per controllare di aver messo i pantaloni.
Poi, un lampo nella sua testa. Non aveva contato un argomento che non voleva affrontare, non poteva affrontare con James. Come dire al tuo gemello appena conosciuto che dividi l’appartamento con un ragazzo, il tuo ragazzo, che prima o poi uscirà dalla camera da letto girovagando in mutande per la casa? Come minino, James sarebbe corso a gambe levate alla vista dei boxer di Gerard. Infatti, nonostante avesse appena compiuto venticinque anni, si ostinava a portare ancora l’intimo che gli comprava Donna, la madre. E non erano mutande normali, no! Lui portava quelle con il marchio di Superman!
Si diede una botta in testa dandosi mentalmente del deficiente per non aver contato che sicuramente James gli avrebbe fatto delle domande sul perché tanto disordine. E sicuramente non poteva rispondere che i quadri erano i suoi, date le sue scarse capacità grafiche. Era fottuto, irrimediabilmente, estremamente fottuto!
Si fermò un attimo al centro della stanza, intento a respirare lentamente. Pensa, Frankie, pensa. Non poteva nascondere Gee in un baule, non ci sarebbe entrato. Nemmeno farlo mimetizzare con le pareti era una buona idea, no. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dargli fuoco e poi nascondere le sue ceneri, non era un assassino, lui! Non come Gerard, che tutte le volte, gli faceva esplodere i pochi neuroni rimasti.
Sbuffò, spostando il peso da un piede all’altro in modo nervoso. Si sistemò per l’ennesima volta i capelli e si asciugò con una mano il sudore freddo che gli scendeva dalle tempie.
Il suo problema era il fatto di essere abituato dalla presenza continua di Gerard nella sua vita, ormai non ci faceva più caso, ma avrebbe dovuto pensarci, oh, se avrebbe dovuto pensarci.
Camminò di nuovo in salone, intento a dare almeno una parvenza d’ordine in quella stanza, senza successo, ovviamente.Sentì il trillare del campanello e si girò di scatto verso la porta. Lanciò a terra una tela ancora inusata e prese un respiro profondo, tirando la maglietta sgualcita.
Quando aprì la porta si ritrovò davanti… sé stesso! Cavolo, era lui, solo in modo diverso. Sgranò gli occhi e aprì la bocca per lo stupore e cercò di sorridere al nuovo arrivato.
Fisicamente era identico, ma non erano la stessa persona. Cioè, il ragazzo che aveva davanti, James, era tutto il contrario di lui. Occhiali appoggiati sul naso, gilet a quadri tipica dei professori d’università e pantaloni a righe con la piega al centro. I capelli tirati indietro con la gelatina e mocassini di pelle finta, sperò Frank.
Si fece leggermente da parte e con un gesto della mano invitò James, anch’esso stupito,  a entrare. Non avevano spiccicato parola, era un trauma per tutti e due, si vedeva.
Frank si fece coraggio. –E così… tu sei James.
-Già – sussurrò l’altro. –Mi fa molto piacere conoscerti, Franklyn..
-No – lo interruppe. –Chiamami Frank, per favore, mi fa schifo il mio nome per intero.
James annuì e lo seguì in cucina. Frankie aveva immaginato più volte come sarebbe stato il loro primo incontro, ma di certa secondo lui non sarebbe stato così freddo. L’avrebbe incontrato e si sarebbero resi conto di essere amici per la pelle già al primo sguardo, senza dirsi una parola. Ma non era così, James era freddo come il ghiaccio, con la voce bassa, il contrario della sua.
-Vuoi del caffè? – gli chiese, sperando vivamente che non…
-Sei un pittore? – come non detto.
-Oh, no, è che… - si decise che sarebbe stato meglio dirglielo subito, togliersi questo callo e non pensarci più. –Il mio… ragazzo, come dire, sta studiando per diventare un fumettista ed è un po’ disordinato – ammise.
-Oh, beh, è mooolto disordin… aspetta, cosa?! Il tuo ragazzo?
-Beh, si, il mio ragazzo, fidanzato, chiamalo come vuoi – gli fece cenno di sedersi su una delle sedie e l’altro, con gli occhi sempre più di fuori, obbedì.
-Dov’è ora? – non sembrava curioso, voleva solo impicciarsi. Una cosa che Frank non faceva mai, non gli interessava della vita degli altri, assolutamente.
-Sta dormendo. E’ molto stanco, ieri notte ha lavorato fino a tardi perché deve consegnare una tavola per un esame e non ha quasi chiuso occhio tutta la notte. Ma appena si accorgerà che c’è qualcuno si alzerò, garantito – gli sorrise, cercando una qualsiasi specie di conferma al fatto che il suo gemello non ce l’avesse con lui perché amava un altro uomo, se così si poteva definire Gee. –Vuoi del caffè? – domandò, di nuovo. Se era così uguale a lui fisicamente, perché non avrebbe dovuto piacergli il caffè?
James, che sedeva con la schiena dritta, come a prendere in giro la piccola gobba che aveva Frank, lo guardò negando. –Bevo solo thè, mi dispiace.
-Beh, potrei farlo, se vuoi. Cioè, non so nemmeno se ce l’ho il thè – osservò. –Aspetta, ora controllo – mormorò, alzandosi.
-No no, non ti scomodare. Spero perdonerai la mia insolenza, ma odia tutte le cose che possono eccitare – lo fermò, usando parole che Frank nemmeno sul dizionario aveva mai letto. Si sentiva così inetto.
Se odi tutte le cose che posso eccitare, caro fratello, odieresti anche il mio ragazzo, pensò Frankie, risistemandosi sulla sedia.
-Allora, cosa fai nella vita? – gli domandò.
Il ragazzo davanti a lui si sistemò il gilet e gli sorrise fiero. –Sono nel campo dell’insegnamento da poco tempo, mi sono appena laureato e mia moglie…
Frank quasi non sputò il caffè. –Tua… moglie? Sei sposato?
-Felicemente sposato, con due bellissimi bambini di due anni – disse vantandosi anche un po’. –E tu? Come vai avanti?
-Beh, io e Gerard abbiamo un gruppo e ogni tanto suoniamo in giro e guadagniamo qualcosa, ma do anche lezioni di chitarra e Gee lavora al negozio di fumetti quando non va all’università, quindi ci barcameniamo tra una bolletta e l’altra – sorrise, amaro. –Ma, sai com’è? Stiamo insieme da quando lui aveva diciassette anni, ormai è come se fossimo sposati, per cui non ci abbattiamo facilmente.
-E com’è Gerard? Hai detto che si chiama Gerard, non è così? – gli chiese, titubante.
-E’ un tipo un po’ particolare, parecchio strano. Sta sempre un po’ sulle nuvole, dorme parecchio e non gli piace sparecchiare, lavare i piatti. Ma è una cosa che odio fare anche io, quindi facciamo una sera per uno – cercare di descrivere Gee era complicato. Non sapeva che aggettivi doveva usare, anche perché per Frankie arrapante era l’aggettivo perfetto, ma non gli sembrava il caso di dire una cosa del genere. –Sai come sono fatti gli artisti, no? Lunatici, non stanno un attimo zitti, ancora un po’ bambini, nonostante l’età.
L’altro rise. –Mia moglie è un notaio – disse, con nonchalance. –Non sono abituato a vedere così tanta creatività in giro. Sono cresciuto tra formule matematiche e università, a me sembri parecchio strano anche tu.
-Per me è un complimento – disse Frank, passandosi una mano tra i capelli arruffati. –Cioè, sono cresciuto in un negozio di dischi, circondato da musicisti, pittori e chi più ne ha più ne metta, per cui per me è la normalità.
-Frankie? – sentirono una voce provenire dal salone. Era una voce roca, osservò James.
-Gee, vestiti se devi venire di qua – urlò con fare paterno Frankie.
-Sono già vestito – mormorò l’altro, entrando in cucina con passo assonnato.
Il problema era che la parola “vestito” per Gerard significava maglietta di Madonna e mutande di Superman.
-Eppure non mi ricordavo di aver preso una sbronza… - sussurrò, tenendosi la testa, coperta dai capelli neri scompigliati. –Ci credi che siete due?! – domandò a Frank. –Dio, non ho mai avuto visioni! – esclamò. -Solo che questo tuo clone – lo indicò, appoggiandosi al piano della cucina, -fattelo dire, non è venuto molto bene. Potresti cambiargli i vestiti, almeno. O mi sbaglio? – biascicò, per il sonno. –Quand’è che hai trovato la formula per clonare la gente? Almeno potevi perfezionarla prima di metterla in pratica!
James spalancò gli occhi, sentendosi criticare nel profondo. Quel ragazzo già non gli piaceva.
-Gee… emh, lui non è un clone – ringhiò Frank, cercando di rimediare al disastro. –Ti ricordi ieri mentre dipingevi ti ho detto che sarebbe venuto mio fratello qui? Beh, Gee, lui è mio fratello! – fece un urletto, non molto virile, e guardò il gemello, come a scusarsi.
-Oddio – disse soltanto Gerard, rendendosi conto di quello che aveva fatto. –Io… mi dispiace – cercò di sistemarsi i capelli alla bell’e meglio e porse la mano con le dita sporche di colore a James, che la strinse riluttante. –Non connetto molto bene di mattina, avrei dovuto accorgermene che non eri un clone! – esclamò. –E’ che, sai com’è, ho una fervida immaginazione, salto subito a conclusioni sbagliate – cercò di riprendersi, ma si lasciò cadere sulla sedia, puntando i gomiti sul tavolo e prendendosi la testa tra le mani. –Rovino sempre tutto, mi dispiace.
-No… emh, stai tranquillo – lo rassicurò James, non molto convinto. –Io non me la sono presa.
Gerard alzò la testa improvvisamente con lo sguardo allegro. –Oh, sono contento. Credevo di aver rovinato tutto, poi magari non avresti voluto rivedere Frankie per colpa mia e mi sarei maledetto per il resto della mia esistenza perché, dai, insomma, vi siete ritrovati solo ora, non vorrei essere io a divider…
-Gee, amore – lo fermò Frank, tappandogli la bocca. –Così lo farai scappare via.
-Oh, scusate di nuovo – si rabbuiò.
-Stavamo proprio parlando di te, prima che arrivassi – James cercò di fare conversazione.
-Che stavate dicendo? – chiese curioso. Frank l’aveva detto che era lunatico.
-Che non ti stai zitto un attimo – lo prese in giro Frank. –E che sei disordinato, non ti piace fare le faccende di casa e tante altre cose.
-Tutte brutte? Io ho anche pregi, sai? – si rivolse a James. –So… toccarmi il naso con la lingua! – esclamò, provando la sua bravura, dandosi una leccata sulla punta del nasino all’insù.
Frank sospirò, sorridendo. –Gee sei bravissimo – lo assecondò. –Ora.. che ne dici di andarti a vestire?
-Si, okay – con lo sguardo tornato torvo, Gerard si alzò dal tavolo, e ma venne subito fermato da Frank che gli volle dare il bacio del buongiorno, incurante dello sguardo che gli aveva mandato James.
Frankie si rese conto solo in quel momento che Gerard non era l’unico che si era appena alzato, se riuscite a capirlo e tossì per attirare l’attenzione su di lui e non sulla Torre Effeil che aveva il suo ragazzo nelle mutande. Altro che Superman!
Una volta che Gerard fu fuori dalla cucina, il gemello si alzò dalla sedia e si sistemò la piega dei pantaloni. –Devo andare! – esclamò, sbrigativo, come se volesse uscire da quella casa al più presto. Sarà geloso del “mini” Gerard? Pensò Frank, ma poi si diede mentalmente del matto per aver anche solo immaginato una cosa del genere. –La mia normalissima moglie mi aspetta nella mia normalissima casa con i miei normalissimi bambini. Ci vediamo, allora.
-Ma… non vuoi rimanere a pranzo? Magari chiami la tua famiglia, li fai venire qui – propose Frank, seguendolo fino alla porta, sperando che acconsentisse facilmente.
-No no, per car… grazie comunque, eh! – gli diede una pacca sulla spalla. –Ci vediamo, ciao – si chiuse la porta alle spalle, più che velocemente.
Frank rimase un attimo in silenzio davanti alla porta, un po’ deluso. Perché era andato via così velocemente? Perché lo evitavano tutti? Era sbagliato? Era lui quello sbagliato o il resto del mondo?
-L’ho fatto scappare? – domandò preoccupata una voce dietro di lui. Gerard si stava finendo di abbottonare i jeans. Sapete di quelli che non lasciano niente all’immaginazione?
-No, Gee, l’abbiamo fatto scappare – precisò. –Vieni qui.
Gerard lo abbracciò e lo strinse. –Dici che tornerà? – chiese, dandogli un piccolo bacio sulla testa.
-Secondo me no – rispose sinceramente il più basso, ridendo un poco.
-E ti dispiace? – Gerard lo guardò negli occhi e gli sorrise.
-E’ il prezzo da pagare per essere strani, no? Solo tra noi possiamo capirci.
-Ti amo, Frankie.
-Ti amo anche io, Gee.
Sarebbero stati bene anche senza James, si.



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xCyanide's Corner
Sono sempre io che vi rompo, si! :3 AnySassy,un'altra OS senza senso che spero vi piaccia. Lasciate una recensione mi raccomando <3
  
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