Matteo, un nome un programma. Matteo è un ragazzo, un uomo
cresciuto troppo in fretta, ormai ventiduenne, vive in una viuzza accanto a
Piccadilly Line, un vicolo stretto, neanche le macchine riescono a farsi spazio
tra le mura che costituiscono due edifici imponenti. La sua non si può definire
casa, è uno scantinato che il suo amico Aldo gli ha affittato qualche anno
prima, dopo aver visto i suoi occhi chiari come il cielo, imploranti aiuto e un
tetto sulla testa. Come tutto ciò che finisce nelle mani di Matteo, quel
monolocale freddo e buio è diventato caldo e accogliente; purtroppo non è
riuscito ad aumentare le dimensioni della “casa”, anzi le ha rimpicciolite più
del necessario: al centro di un salotto improvvisato si trova una batteria, la
batteria di Luca che di tanto in tanto si diverte a suonare, facendo impazzire
la vecchina al piano di sopra che,spazientita inizia a battere una scopa sul
pavimento lucido che emana un odore di cera appena passata. Matteo ha
un’unica,sola ed eterna passione: la musica. La musica, la musica che per certa
gente è solamente la disposizione di tante note in un ordine sparso, “rumore”
la definiscono alcuni, sciocchezza per perditempo, altri, ma per Matteo, beh
per Matteo la musica è la sua unica ragione di vita. Non passa attimo della
giornata senza che la musica non lo accompagni, che stia lavorando come
meccanico nell’officina all’angolo della strada, un lavoro che, in realtà gli
sta un po’stretto, sia che stia facendo una passeggiata, come è solito fare,
sia che stia viaggiando a tutta velocità sulle strade londinesi, sia
addirittura che si stia facendo una doccia calda e rilassante, dopo una
giornata faticosa, fin troppo faticosa, la musica c’è. La musica c’è quando il
sole splende e si sveglia felice, c’è quando piove, ha dimenticato l’ombrello e
cammina sotto la pioggia, c’è quando perde una partita di football con i suoi
compagni o quando deve trattenersi dal tirare un pugno a Tyler, suo acerrimo
nemico, che non si è astenuto dal provocarlo. Quando
nessuno è li per lui la musica c’è, la musica c’è e ci sarà per sempre.
Condivide la sua più grande passione con tre amici e con loro ha formato una
band. “Alma” è il suo nome, un nome
formato dalla combinazione dei loro nomi: Alexander, Luca, Matteo, Ash. Questo
nome può sembrare banale, ma in realtà simboleggia la loro unione,
indissolubile,infinita, inspiegabile. Suonano musica rock, metal leggero,
soprattutto cover, ma da qualche tempo si sono avventurati nella realizzazione
di canzoni loro, nella creazione di testi che provengano dalle loro esperienze
e musiche del tutto nuove, a volte uscite da una semplice sequenza musicale
composta casualmente durante un momento di noia, di pausa dallo studio
intensivo o dal lavoro opprimente. Si esibiscono il sabato sera in alcuni
locali della città, e hanno sempre riscosso un gran successo, tanto da essere
considerati una band emergente proveniente dalla periferia di Londra.
Matteo è il cantante e chitarrista della band, ma chiunque
lo incontrasse per la strada, al supermercato, in officina, non direbbe mai che
adora la musica hard rock e metal, il suo aspetto è quello di un ragazzo che
frequenta i pub e le discoteche un giorno sì e l’altro pure; forse per il suo
aspetto possente, i suoi bicipiti pronunciati ricoperti di tatuaggi, la sua postura o i suoi capelli ai lati
rasati e al centro un po’ più lunghi, per poter fare una piccola cresta.
Quello che non si sa di lui è il suo passato, un passato
troppo duro, difficile e doloroso; neppure i componenti della band lo conoscono
e ogni volta gli chiedono della sua infanzia o del periodo prima che si
incontrassero, Matteo cerca sempre di cambiare argomento, senza dar loro una
vera risposta. A loro sembra non essere permesso aprire il cassettino con
scritto “passato” ma anche quello con “sogni”; naturalmente Matteo, come tutti
gli altri, desidera diventare famoso, suonare in luoghi con un pubblico più
vasto, aprire il concerto di un ”big” della musica, fare un cd di tutti i brani
che in questi tempi hanno sfornato, e chi lo sa, riuscire a fare un tour
mondiale, oltre che nazionale. Ma in realtà sogna anche di viaggiare. Viaggiare alla ricerca di suo padre, un padre che da
un giorno all’altro è sparito, quel padre che adorava, quel padre che gli ha
insegnato a giocare a football, le tabelline del 7 e dell’8, andare in
bicicletta, quella bicicletta che prende raramente in mano perché, in un modo o
nell’altro, gli ricorda lui. Non ha alcuna idea di dove sia finito quel padre
assente ma sente che se lo cercherà, presto o tardi, si troverà davanti il
volto di quell’uomo che probabilmente ora gli assomiglia, quegli occhi che ha
ereditato da lui, azzurri, cristallini come il mare tropicale.
E poi, beh poi c’è Ornella. Ornella, suo unico grande amore.
Conosciuta cinque anni prima al liceo, era in classe con lui, quella classe di
ventotto persone, e lui non riusciva a guardare che lei, lanciarle sguardi
pieni di sentimento, parole, e vedere che lei ricambiava con un timido sorriso,
per poi voltarsi di nuovo e continuare a seguire la lezione lasciandolo con
ancora un’espressione contemplativa in faccia. Avevano trascorso due anni pieni
di amore, a viversi semplicemente, con la semplicità di due adolescenti. Ornella
è l’unica che ha vissuto il passato di Matteo, quel passato che ancora lo
tormenta e certe volte non gli permette di dormire la notte. Anche Ornella lo
ha “abbandonato”. È volata negli States, e doveva rimanerci solo per
un anno, mentre Matteo sarebbe rimasto ad aspettarla, e tutt’ora l’aspetta
anche se non sa quando tornerà di nuovo da lui. Ornella ha deciso di viaggiare,
di spostarsi di città in città qualora ne avesse avuto la possibilità. Si
sentono ancora, ma raramente, e Matteo desidera poterla raggiungere in una
delle sue mete, per riabbracciarla, per poter assaporare di nuovo il profumo di
pesca e mandorla dei suoi biondi capelli, per sentire la sua risata cristallina
diffondersi nell’aria. Questi desideri sono e rimarranno nascosti, sepolti nel
suo cuore, con la speranza di poterli realizzare.
Matteo è straiato sul divano e segue un concerto dei Linkin
Park in tv, nonostante il volume sia sufficientemente alto, come se stesse
seguendo il concerto dal vivo, sente il suono del campanello, quel campanello
che aveva istallato con le sue mani, subito dopo il trasferimento in quello
scantinato. Qualche secondo dopo si alza e davanti a lui si trova una ragazza
dai capelli color castagna e gli occhi neri, di un nero profondo, e la sua attenzione viene attratta da un neo sopra il
labbro superiore. I suoi capelli setosi sono in parte coperti da un cappellino
rigido blu e con un sorriso gli porge una lettera. Matteo incuriosito, guarda
il mittente della lettera: Rosalinda Johnson. Prontamente le sue mani forti e
vigorose frantumano quel foglio in mille pezzi che volano leggeri toccando, poi,
il pavimento. La ragazza assiste alla scena incredula.
“Ehi, non ho fatto tutta questa fatica, sotto il diluvio universale, per portarti questa lettera e vederla sgretolata davanti ai miei occhi” esordisce in modo scherzoso lei.
Matteo alza lo sguardo incontrando gli occhi neri e accessi allo stesso tempo, della postina.
“Scusami, non reagisco così davanti a tutta la posta che ricevo” sorride il ragazzo
Lei gli sorride di rimando.
“Sono Nina” gli porge la mano destra, ancora un po’ umidiccia.
“Matteo” stringe quella mano così piccola, rispetto alla sua.
“Adesso devo andare, ho tutto il vicinato che mi aspetta, e
se poi si allarmano perché non arrivi alle
“Allora non ti trattengo”
Appena si chiude la porta il ragazzo si ritrova di nuovo solo, con la certezza che questa vicenda i suoi amici non la sapranno mai. E questo pensiero accompagna tutta la sua giornata.