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Autore: Ciajka    25/04/2012    6 recensioni
Dal diario di John Watson,Grifondoro.
Le sue giornate alla scuola di magia risulteranno essere più avventurose e interessanti dopo la conoscenza di Sherlock Holmes, Serpeverde.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa mattina mi sono svegliato con un immenso dubbio in mente: cosa fare?
 Oh, no, non è il “cosa fare” di quando sei a letto e non vuoi alzarti.. Ma è il “cosa fare” con Sherlock. 
Ieri sera aveva detto alla Adler che si sarebbe presentato all’appuntamento/trappola di Moriarty. E sembrava molto determinato. 
Ovviamente io non voglio che ci vada. Ma cosa posso fare? Dirgli apertamente di stare calmo e abbandonare questa pazzia che si è messo in testa? Così vorrebbe dire ammettere di averlo spiato.. Ma allora? Lasciarlo andare senza fare nulla? Negativo. O aspettare che mi chieda di partecipare a quell’avventura? Conoscendolo, non vorrà neanche parlarmene.. 
Dio, mi sbatterei la testa contro il muro! 
Non sono riuscito ad affrontare l’argomento nemmeno durante il pomeriggio.. E manca sempre meno all’ora fatale.
 
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Ok, c’era da aspettarsela questa reazione… Ma va bene, adesso spiegherò cosa è accaduto.
 
Era quasi ora di cena, mi stavo avviando con passo mogio verso la Sala Grande quando vidi Sherlock scavalcare a gran passi i gradini della scalinata principale, diretto ai piani superiori.
 Lo chiamai, chiedendogli il perché di questa sua fretta.
“John, è meglio che non ti intrometti.” fu la sua lapidaria risposta.
Io, ovviamente, mi innervosii non da poco. Anzi, a dire il vero, esplosi: “Non mi dovrei intromettere? Oh, grazie tante, Sherlock Holmes! Non mi consideri forse al tuo livello per caso?”
Lui arrestò la sua corsa e, senza girarsi per guardarmi in faccia, mi disse, con voce leggermente instabile: “No, non pensarlo neanche.”
“E allora cos’è che mi fa escludere da… da quello che stai facendo?”
Sherlock non aprì bocca immediatamente, ma parve pensarci su. “Lo so che mi hai spiato ieri sera.”
Mi irrigidii: non pensavo mi avesse scoperto!  “Come…?”
“Certo, John. Sapevo che qualcuno ci stava osservando. Un’orecchia oblunga non è uno strumento invisibile. Inoltre oggi non mi hai fatto nessuna domanda su come si è svolta la lezione. Cosa piuttosto strana da parte tua. Soprattutto se precedentemente ti avevo informato che sarebbe stata l’ultima. Quindi ho solamente  fatto due più due.”
Abbassai gli occhi con vergogna, mormorando:“Si, non vale la pena affermare il contrario.”
Poi aggiunsi, con più calore: “Non ti permetto di andare da Moriarty questa notte!”
Sherlock espirò di getto: “Lo sai che ci andrò.”
“Almeno non da solo!”
Il mio amico mi osservò, i suoi occhi azzurro ghiaccio sorrisero nel profondo dell’anima, probabilmente compiaciuti dalla mia determinazione. Ma mi disse: “No, tu non ti muoverai da qui.”
“E come fai a essere così sicuro che ubbidirò?” gli dissi, con un sorrisetto sghembo.
Sherlock accennò ad un sorriso, ma si spense quasi subito. “No.” 
Questa semplice parola la disse con voce tremolante, come se fosse stato obbligato.
Allora gli urlai, intenzionato a fargli cambiare idea: “Perché no? Vuoi andare da solo e farti ammazzare per caso?”
“John.” iniziò, con voce un po’ rotta, per poi aggiungere con modo più sicuro: “Non obbligarmi a lanciarti un incantesimo di pietrificazione.”
Rimasi spiazzato: “Non lo farai…”
“Lo sai che ne sarei capace.”
Rimanemmo a studiarci per qualche secondo, poi lui aggiunse con un sussurro: “Per piacere.”
Deglutii piano e l’unica cosa che riuscii a fare è stata guardarlo andare via.
 
Ovviamente non lo lascerò andare da solo. Non mi vuole con se? Non mi importa niente. Ci sarò anch’io li, mi apposterò nelle vicinanze e interverrò quando sarà il momento giusto. 
L’appuntamento sarà a mezzanotte, quindi io mi nasconderò tra gli alberi attorno al Platano Picchiatore mezz’ora prima di quell’orario. 
Spero di ritornare tutto intero. 
E non da solo.
 
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Sto scrivendo dall’infermeria.  
Non so se essere sconvolto, distrutto, confuso o cosa. Forse sono tutte e tre le cose messe insieme… 
Vorrei che quello che è successo sta notte non fosse mai accaduto.
 
Attraversai i corridoi del castello senza fare il minimo rumore. 
È stato facile eludere gli insegnanti di sorveglianza: ormai mi sono abituato a queste “uscite notturne”. Speravo intensamente di non incontrare improvvisamente Sherlock. Non sarebbe stata una bella esperienza ritrovarsi paralizzato proprio grazie all’amico che volevo proteggere.. Ma per fortuna di lui neanche l’ombra. 
Appena sono arrivato ai pressi del platano, mi accorsi che non c’era anima viva. 
Tirai un sospiro di sollievo. Chissà cosa sarebbe accaduto se avessi trovato davanti a me Moriarty in persona..
Mi nascosi tra alcuni folti arbusti, rendendomi così invisibile. 
Mancava poco più di mezz’ora all’appuntamento. 
Non mi restava che aspettare.
 
Stavo congelando, il vento aveva cominciato a sibilare sinistramente e le foglie smosse continuavano a colpirmi la faccia, dandomi un immenso fastidio e prurito. Le avrei staccate a morsi. Ma questo voleva dire rovinare il mio nascondiglio. Così mi morsi le labbra e sopportai.
 
Mancavano dieci minuti a mezzanotte e vidi una figura avanzare verso il Platano Picchiatore. Mi accorsi subito dopo che era accompagnata da un’altra persona. Quindi non si trattava di Sherlock, ma di Moriarty. 
Infatti, appena riuscii a distinguere i loro contorni, individuai immediatamente Jim. L’altro ragazzo in sua compagnia, invece, non l’avevo mai visto. Inoltre il suo viso era mezzo coperto dal cappuccio del mantello, cosa che non facilitava la sua identificazione.
Moriarty si appostò vicino al Platano, il quale oscillava i suoi rami in modo tranquillo, come se fosse addormentato. La sua posizione non era visibile per chi fosse arrivato dal castello, mentre lui sarebbe stato in grado di scorgerlo con molto anticipo. 
Il collaboratore di Jim, invece, si era nascosto anch’egli tra la boscaglia, ma per fortuna si trovava piuttosto lontano dalla mia postazione. 
Per precauzione sfilai la mia bacchetta e aspettai insieme a loro il mio amico.
 
Intravidi finalmente una persona in lontananza, che proveniva da Hogwarts. Mi irrigidii e strinsi con più foga la mia bacchetta. 
Sherlock sapeva che era una trappola, ma ha voluto venire lo stesso.  Certe volte si comporta veramente da stupido.
Appena fu vicino all’albero, Moriarty scivolò fuori, apparendo improvvisamente davanti ai suoi occhi. 
“Ciao, Sherlock.”
Il mio amico non si fece impressionare e rispose semplicemente “Ciao, Jim.”
Moriarty si mise a sghignazzare: “Sapevo che saresti venuto!”
Sherlock gli puntò contro la sua bacchetta, pronto a combattere. 
“Uh,uh! Si mette male per me!” disse beffardo Jim, alzando contemporaneamente la sua bacchetta contro di lui.
“Sai, Sherlock” cominciò Jim “lo sapevo che non avresti ceduto alle avance di Irene, ma che comunque ti saresti presentato lo stesso. Sei prevedibile.”
Il mio amico fece una smorfia di dissenso. 
Moriarty continuò: “Ti chiederai: perché questo simpatico ragazzo è così sicuro di quel che dice? La professoressa Adler riuscirebbe a far innamorare chiunque. Ha dei metodi.. molto efficaci.” sorrise “Ma tu sei incolume. E lo so il motivo. Ne ho avuto la conferma.” 
A questo punto Sherlock sgranò gli occhi, senza però abbassare la sua bacchetta, sempre rivolta al petto del nemico.
“Oh si, mio caro. Sai com’è!” disse alzando le spalle “Ti sono piaciuti i cioccolatini di San Valentino?”
Sherlock socchiuse gli occhi: “Di cosa stai parlando?”
Jim rispose, con voce suadente: “Sai, mi è sembrato strano non vederti mutare di una virgola anche se ne hai mangiati un bel po’.”
Il mio amico rimase in silenzio per qualche secondo, per poi mormorare: “No..”
“Oh, si, Sherlock. Ormai era troppo tardi per dire a Irene di cambiare tattica. In più ho pensato che mi sarei divertito di più vedendo come si sarebbe evoluta la cosa.”
Mi sembrava che stessero parlando in un linguaggio criptato: non comprendevo affatto cosa centrassero i cioccolatini con la Adler.  Eppure Sherlock sembrava aver capito a cosa Jim stava alludendo. 
“A proposito “ continuò Moriarty con un sorriso“Che fine ha fatto il tuo animaletto domestico?”
Il mio amico parve offeso: “Non è qui.”
Jim alzò gli occhi al cielo e disse con una vocina stridula “Che brutto affezionarsi troppo ai propri cuccioli! Si arriva al punto tale che li si vuole proteggere a tutti i costi!”
Expelliarmus!” gridò Sherlock con rabbia, colpendo la bacchetta nemica che volò a vari metri di distanza.
“Vedo che ho fatto centro.” lo beffeggiò Moriarty. “Hai risposto alla mia provocazione.”
Sherlock non disse nulla, ma puntò la bacchetta alla gola di Jim.
In quel momento il ragazzo nascosto tra la boscaglia uscì allo scoperto, lanciando immediatamente uno schiantesimo diretto alla testa del mio amico. Sherlock, purtroppo, si accorse troppo tardi della comparsa del ragazzo che si trovava alle sue spalle.
Se non fosse stato per il mio incantesimo che colpì la traiettoria della fattura nemica, deviandola, Sherlock sarebbe probabilmente caduto privo di sensi. 
La scena che mi si presentava davanti ai miei occhi mi risultava stranamente comica. 
Moriarty, che inizialmente aveva cominciato a ridere appena ha visto il suo collaboratore intervenire, mi stava guardando con la bocca spalancata, con curiosità.
L’altro ragazzo aveva la fronte aggrottata e mi studiava con odio puro negli occhi. 
Sherlock, il quale immediatamente mi aveva lanciato un’occhiata sbalordita, ora aveva gli angoli della bocca inarcati in un sorriso compiaciuto.
“Bene bene!” si complimentò Moriarty “Questa si che è una sorpresa!” 
“Prova anche solo a torcergli un capello..” gli sibilai.
“Oh, che paura!” gridò lui, portandosi le mani alla bocca, con finta agitazione. “Hey! Inoltre siete così sleali! Due contro uno!”
Sherlock allora disse: “Prendi la tua bacchetta e sfidiamoci in un duello alla pari.”
“Perché?” gli domandai.
“Perché Sherlock Holmes è un bravo ragazzo. Leale. Giusto. Un eroe da romanzo.” rispose Moriarty.
Sherlock lo incenerì con lo sguardo “Non pensarlo neanche. Il motivo è che voglio batterti senza partire avvantaggiato. Così quando vincerò sarà una vittoria a tutti gli effetti.”
Jim allora raccolse la sua bacchetta, ridacchiando per tutto il tempo. Poi si sistemò il mantello, roteò la bacchetta e la puntò contro di noi. “Allora, io e Sebastian contro voi due. Sarà uno scontro interessante. Vi devo ricordare le regole del duello tra maghi? Allora..”
“Puoi saltarle, tutti noi le sappiamo.” lo bloccò il mio amico.
“Bene. Tanto lo sai che le infrangerò! Incendio!” 
Dalla bacchetta di Moriarty apparvero delle fiamme che si diressero verso i nostro piedi, costringendoci ad indietreggiare. 
“Brutto schifoso.. “ sputai.
“Era ovvio che avrebbe giocato sporco.” mi disse Sherlock.
Intanto il ragazzo, che da quel che avevo capito si chiamava Sebastian, aveva lanciato verso di me un altro potente schiantesimo,che io evitai per un soffio.
“Allora perché gli hai permesso di riprendersi la sua bacchetta?!” gridai a Sherlock.
Stupeficium!” l’incantesimo fu intercettato da un’altra fattura proveniente da Moriarty. Poi si rivolse a me: “Mi sembra di aver già detto il motivo.”
“Allora sei proprio un idiota! Protego!” l’incantesimo nemico si dissolvette al contatto con lo scudo magico che mi ero appena creato.
Sherlock sorrise impercettibilmente, mentre lanciava un incantesimo di disarmo, che fu neutralizzato facilmente da Sebastian. 
“Se continuiamo a lanciare incantesimi a caso qui non risolveremo nulla! Stupeficium!” incominciai “Tu concentrati su Moriarty, io invece sull’altro.”
“Perfetto. Flipendo!” Dalla punta della bacchetta di Sherlock si creò un vortice d’aria che colpì Jim in pieno petto. Quest’ultimo sembrò quasi che stesse perdendo l’equilibrio, ma si riprese immediatamente e rispose lanciando un incantesimo Cruciatus.
Sherlock lo deviò con protego
“Cosa? Ma non è illegale lanciare quel tipo di incantesimi?!” urlai a Morairty.
Questi si mise a ridere “Illegali? Voglio vincere e lo farò con ogni mezzo disponibile! Hai paura Watson?”
Intanto Sebastian mi aveva lanciato un altro incantesimo che io parai senza difficoltà. 
“Va bene, qui si gioca veramente sporco. Ma non mi tirerò sicuramente indietro.”risposi, più a me stesso che a altri.
Intanto io mi ero focalizzato contro Sebastian, che aveva incominciato pure lui a usare incantesimi proibiti. Ben presto mi resi conto che ci stavamo avvicinando sempre di più al Platano Picchiatore, il quale aveva iniziato ad agitarsi, probabilmente infastidito dalla luce dei nostri incantesimi.
Sherlock e Moriarty, invece, stavano combattendo quasi immobili, lanciando e parando gli attacchi dell’altro con estrema eleganza. Sembrava quasi che si studiassero. 
Ma non feci più attenzione a loro due: quel Sebastian continuava a lanciare fatture una di seguito all’altra, come una mitragliatrice impazzita. Ben presto mi ritrovai in difficoltà. Non riuscivo ad attaccare, mi limitavo solamente a difendermi. 
Poi mi venne un colpo di genio. 
Il Platano Picchiatore era sempre più nervoso, agitava i suoi rami con foga, pronto a colpire chiunque gli venisse a tiro. Cercai di spostarmi verso di esso, facendomi inseguire da Sebastian. 
Non fu una cosa molto semplice. Siccome continuava a lanciarmi incantesimi, era complicato muoversi verso una meta prestabilita. Ma alla fine riuscii ad avvicinarmi abbastanza. Mi buttai a terra schivando un suo incantesimo. Quest’ultimo colpì in pieno il tronco del Platano Picchiatore che, senza pensarci un secondo, mandò uno dei suoi rami contro il mago. 
Sebastian rimase sconvolto alla vista di quell’enorme braccio di legno che si stava avvicinando sempre di più con velocità crescente. Quindi smise di lanciarmi fatture e incominciò a correre per schivare l’attacco dell’albero. 
Ma ormai era troppo tardi. 
Lo colpì dritto dritto sullo stomaco, facendogli perdere i sensi immediatamente. 
Purtroppo non avevo tenuto conto che c’ero anch’io sulla sua traiettoria. 
Siccome ero a terra cercai di strisciare più lontano possibile, ma comunque l’immenso ramo riuscì a colpire la mia gamba. 
Sentii la carne bruciare.
 Uno dei rametti più piccoli si era incastrato nella mia coscia.
 Continuai a strisciare in modo da uscire dallo spettro d’azione del Platano, sforzandomi con tutto me stesso di non svenire dal dolore. 
Appena fui salvo guardai la ferita. Dio mio… Il ramo aveva procurato un taglio lungo almeno dieci centimetri sulla mia coscia destra. Era ancora incastrato, e non avevo nessuna intenzione di spostarlo da li. Toglierlo voleva dire solo fare peggio, avrei come minimo distrutto i miei tessuti muscolari. Inoltre non ne avrei avuto la forza: avevo il fiatone e tremavo dal dolore. Intanto il sangue aveva bagnato il tessuto dei miei pantaloni, rendendoli appiccicaticci e umidi al contatto con la mia pelle.
Guardai Sebastian, che si trovava svenuto a terra, circondato da una pozza di sangue. Era vivo? Non ne avevo idea.. 
Spostai poi lo sguardo verso gli altri due combattenti. 
Non si stavano più studiando, ora la lotta si era fatta più brutale. 
Vidi che Moriarty non si risparmiava a lanciare incantesimi sempre più pericolosi. 
Sussultai quando lo vidi pronunciare un Avada Kedavra.
 L’incantesimo senza perdono stava per raggiungere Sherlock quando questi pronunciò un Protego Horribilis, proprio qualche secondo prima di essere colpito.
Ci fu un'esplosione e una nube di polvere e terra si levò, comprendo interamente la visuale. 
Sentii delle urla provenire dai due studenti, poi un tonfo, seguito subito dopo da un altro.
Quando la nube fu diramata, riuscii a scorgere i due corpi che si trovavano entrambi a terra. Erano parecchio distanti l’uno dall’altro, probabilmente l’esplosione li aveva scaraventati a distanze opposte. 
Nessuno dei due si muoveva. 
Erano immobili, come statue. 
Sembravano morti.
Morti.
Sherlock. 
No. Non ci credevo. Non lui. Perché lui? 
Non riuscivo a respirare, il bruciore della ferita era scomparso: c’era un altro dolore, ancora più grande, che mi stava squarciando il petto. Strinsi i fili d’erba che si trovavano sotto la mia mano, li rigirai tra le dita fino a strapparli. 
No.
Chiusi gli occhi, cercando di liberare la mia mente. "E' un incubo, solo un maledetto incubo. Ora mi risveglierò, non ci sarà più un Moriarty, non ci sarà nessun combattimento, Sherlock.. Sherlock sarà ancora vivo, mi aspetterà alla Sala Grande. Con il suo modo così irritante accetterà un caso proposto da qualche idiota.. Dio, no.. Perché non mi sveglio? 
Perché quel brutto figlio di pu…"
“John…”
Aprii gli occhi. Ero ancora disteso per terra, tra l’umida erba, con il sangue che mi usciva dalla coscia, con il vento gelido che mi scompigliava i capelli. Eppure avevo sentito qualcuno che mi chiamava..
“John…” Sherlock allungò una mano verso il terreno e con quella si diede forza per alzare il busto. 
“Sherlock..” pronunciai, anche se non sentii nessun suono uscire dalla mia bocca.
Si alzò da terra. Poi mi vide. Traballando, mi raggiunse, poi si accovacciò di fianco a me.
“John! John! Stai bene?!” mi domando, allarmato. Mi venne in mente l’avventura della Stamberga Strillante. Anche allora si era preoccupato per la mia salute. Ma adesso, più che preoccupato, sembrava letteralmente fuori di sé.
“Stai sanguinando, John! Cazzo rispondi! John!”
“Non ti preoccupare..” mormorai “ È solo un graffio..”
Mi prese il viso tra le mani, poi mi guardò dritto negli occhi. “Non è solo un graffio. Hai un ramo impiantato nella coscia, stai sanguinando, sei gelato..”
Non riuscii a cogliere il seguito, ero troppo distratto dalla sua voce. Distratto da quegli occhi. Distratto dalle sue mani calde che mi scaldavano le guance. 
Era vivo. Questo mi bastava. 
“Scusami..” pronunciò infine lui.
“Di cosa?” sorrisi.
“Potevo farti evitare.. questa cosa. Non dovevi venire.” 
Non mi staccava gli occhi di dosso. Ma non ero infastidito, no. Anzi, volevo che questo contatto non finisse mai.
“E lasciarti morire da solo? Sebastian ti avrebbe fatto secco prima.” 
Mi veniva stranamente da ridere. Ridere a crepapelle. Eppure non c’era nulla di divertente in tutto questo.
Sherlock rimase in silenzio per qualche secondo poi disse: “Sapevo che saresti venuto.”
“Ti avevo avvertito che non ti avrei lasciato solo.” gli dissi.
Sherlock sorrise a quella risposta. “Grazie.”
Poi non so cosa è accaduto. Cioè, sì, lo so, ma a mente fredda ora non riesco a collegare i fatti in modo appropriato. 
Non avevamo troncato in nessun modo il contatto visivo e, per qualche strana ragione, mi ritrovai sempre di più vicino al suo viso. Non ho idea se ero io a muovermi o lui. O forse tutti e due. Era come se ci fosse una qualche calamita che ci attirasse l’uno con l’altro. Ben presto le nostre labbra si ritrovarono a sfiorarsi, per poi adagiarsi tremanti l’una sull’altra.
Sentii una stretta allo stomaco e i miei battiti cardiaci accelerarono notevolmente. 
Il sangue pompava impazzito nella mia testa, rendendo tutto sfuocato. In quel momento di panico mi ritrovai a spingere con più forza contro le labbra di Sherlock, socchiudendole. 
Le labbra di Sherlock. Le labbra di Sherlock. Del mio amico Sherlock. Oh,cazzo. 
Riemersi da quella situazione, staccando brutalmente le mie labbra dalle sue e esclamando: “Non sono gay!”
Mi guardò come se mi fossi trasformato improvvisamente in un porcospino gigante. Staccò immediatamente le sue mani dalle mie guance, come se fosse stato punto da dei pungiglioni, anzi, continuando con la metafora di prima, da degli aculei. 
Io mi allontanai bruscamente da lui, dal suo viso, dai suoi occhi, da tutto, sbilanciandomi e cadendo all‘indietro con il torace. Questo movimento improvviso non fece altro che contrarre la ferita, che incominciò a bruciare impazzita. “Merda!” gridai. 
Incredibile come prima mi ero dimenticato di avere un ramo impiantato nella coscia.. 
“Dobbiamo andare in infermeria.” constatò Sherlock, che si era ripreso dalla mia uscita di prima. 
“Non riuscirò mai ad arrivare in infermeria.” dissi, mordendomi le labbra dal dolore.
Le labbra che precedentemente lui aveva baciato. Scacciai immediatamente questo pensiero.
“Ti porto io.” disse, con tono deciso.
“Co-cosa? E come, di grazia?” ero spaventato, non posso nasconderlo. 
Mi afferrò le braccia e, spingendomi verso l‘alto, mi mise in piedi. Il dolore era insopportabile, ma riuscii a reggermi sulle gambe. Mi afferrò poi sulla vita e mi disse “Appoggiati a me, mantieni la gamba ferita rigida e usa l’altra per saltare.” 
Obbedii. Mi avvinghiai a lui, cercando di non pensare a nulla. Ne al dolore, ne a quanto eravamo vicini. Maledettamente vicini. Non dovevo pensare alla sua mano sul mio fianco, no. Non dovevo pensare al suo viso che si trovava solo a qualche paia di centimetri dal mio. Non dovevo pensare alle sue labbra.. 
Non sono gay, ne sono sicuro. 
Allora perché…
“Non pensare, John.” mi ammonì Sherlock “Concentrati col passo, dobbiamo coordinarci.”
Feci come disse lui, spensi la mia mente mi concentrai.
 
Appena salimmo le scale del piano terra, ci trovammo a faccia a faccia con l’insegnante di trasfigurazione, che era di sorveglianza. 
“Cosa è successo?!” esclamò, appena ci vide “Watson, Holmes? Cosa..”
“La prego professoressa.” Incomincio Sherlock  “È ferito. Devo portarlo in infermeria.Vicino al Platano Picchiatore troverà altri due studenti, uno dei quali sarà sicuramente morto. Le consiglio di sbrigarsi, non vorrei che anche l’altro ci lasci.” 
L’insegnante fece una faccia stravolta, poi aprì la bocca come per dire qualcosa, probabilmente qualcosa di non molto carino, ma poi cambiò idea e la richiuse. Ci superò semplicemente e si diresse correndo verso l’esterno del castello.
 
Madama Chips rimase scioccata quando ci vide varcare la porta dell’infermeria. 
Tenendo conto che, a causa dell’orario tardo, inizialmente aveva creduto che fossimo dei ladri, ci puntò immediatamente contro la sua bacchetta ordinando di non muoverci, poi, appena si rese conto che si era sbagliata, si scusò e mi fece distendere in un letto. 
Senza fare domande cominciò a medicare la ferita. 
Sherlock rimase sempre li, immobile, per tutto il tempo. 
 
La professoressa di trasfigurazione entrò poco dopo con affianco a se i due corpi che fluttuavano. 
Non capii in che condizione erano messi. So solo che li portarono in un’altra stanza dell’infermeria. 
L’insegnante ci raggiunse subito dopo e ci disse: “Non so cosa è accaduto questa notte. So solo che una tragedia ha colpito la nostra scuola. Sarebbe da sciocchi tartassarvi di domande adesso, soprattutto vedendo la condizione di Watson. Ma non possiamo fare finta che non sia accaduto nulla.”
Sherlock abbassò gli occhi verso il pavimento.
La donna continuò: “Domani ci spiegherete meglio cosa è successo.” 
Si avviò dunque verso l’uscita dell’infermeria “Ah, le lezioni per voi due sono sospese.” ci disse, chiudendo la porta.
 
Sherlock rimase a farmi compagnia anche dopo che Madama Chips ebbe finito di curarmi. 
Avevo la coscia avvolta da garze incantate che, a contatto con la pelle, facevano un leggero pizzicore.
Non aprimmo bocca. Non avevamo nulla da dire. O forse avevamo troppo da dire.
Dopo non so quanto tempo Sherlock si decise: “Immagino che vuoi immortalare quest’avventura sul tuo diario.”
Io lo guardai. “Beh.. Si, certo, ma non..”
Lui mi zittì, alzando la bacchetta in aria e mormorando “Accio diario di John.”
Passarono pochi secondi, poi la vetrata dell’infermeria si frantumò a causa di un oggetto che volava a velocità inaudita.
Il mio diario.
Sherlock lo raccolse e me lo diede. 
“Ora ti lascio, immagino che vuoi rimanere solo.” sussurrò, avviandosi verso l’uscita della stanza “Reparo.”
I cocci di vetro tintinnarono, per poi ricomporsi di nuovo nella loro forma originaria.
 
E ora sono qui, in infermeria,  stravolto, confuso, distrutto. 
Forse Moriarty e Sebastian sono morti. Sono morti a causa nostra. 
È immensamente probabile che verremo espulsi da Hogwarts. 
Finiremo in prigione? Oddio…
 
Quanto vorrei che non fosse accaduto nulla.. 
  
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