A new home, a new family
“ Sicuro che a te stia bene? … Insomma, forse è troppo presto.
Tu hai bisogno di tempo, te l’ho detto solo due settimane fa. Non credo sia
corretto nei tuoi confronti ed in quelli della mamma! “ soffiò a raffica mio
padre mentre mi aiutava a sistemare le valigie nella macchina. Era nervoso, era
molto evidente.
“ Ma smettila, a me sta più che bene che tu frequenti
un’altra persona. Non devi niente alla mamma. E se te lo stai chiedendo … no,
non trovo che sia troppo presto per trasferirci da Arlene. Lo sai che a me lei
piace, e tanto. “ lo rassicurai sorridendogli a trentadue denti, forse un po’
forzatamente. Gli passai la mia ultima borsa consigliandogli di fare attenzione
dato che conteneva i miei pochi oggetti personali tra cui qualche foto
incorniciata di me, delle mie amiche e della mamma.
Non mi piaceva che lui avesse mille dubbi. Dopo
cinque anni di divorzio, era innamorato e voleva finalmente ricostruirsi una
vita insieme alla sua nuova fidanzata che gli aveva chiesto di andare a vivere
a casa sua che era decisamente più spaziosa della nostra.
Quando lo seppe mia madre la sua salute peggiorò. Non le
interessava tanto che mio padre avesse trovato un’altra, ma quanto il fatto che
io andassi con lui. Infondo papà aveva avuto la mia custodia cinque anni fa,
perché ha un lavoro che può aiutare molto sul fondo economico e perché mia
madre aveva già problemi di natura psicologica, infatti prendeva degli
anti-depressivi. Però il mio allontanamento decisivo l’aveva maggiormente
sconvolta peggiorando la sua salute.
Mi dispiaceva tanto per lei ma non avevamo mai legato
veramente in tutti quegli anni, la sentivo sempre distante. L’unico che mi
stava accanto davvero era papà. Era stato a lui che avevo raccontato della mia
prima cotta, delle mie amiche e dell’università che l’anno prossimo avrei
voluto frequentare. Lui era tutto per me e lo volevo vedere felice anche se
questo significava andare ad abitare nella casa della sua compagna assieme ai
suoi due figli.
Mi sorrise incerto mentre accendeva il motore, mi allacciai
la cintura ed accesi la radio sperando che il discorso morisse lì. Ma il
viaggio fu molto imbarazzante e silenzioso come rare volte era capitato. Di
solito parlavamo sempre e chiassosamente. Sperai che la situazione si risollevasse.
Dopo un quarto d’ora arrivammo. C’ero già stata, un paio di
volte, a cena da Arlene e sapevo quanto era grande e accogliente la sua casa,
mi ci sarei abituata con piacere e non avrei sentito la mancanza di casa mia,
infondo non avevo lasciato niente, nemmeno i ricordi importanti. Quelli li
avevo lasciati a casa dalla mamma. Ma adesso lei si era trasferita da qualche
anno dai miei nonni, ovvero i suoi genitori.
Con la coda
dell’occhio vidi mio padre prendere un respiro e aprire la bocca. Stava
per chiedermi ancora se volessi
veramente stare da loro, ma lo precedetti quasi esasperata. Mi stava facendo
innervosire.
“ Papà o la smetti o racconterò ad Arlene delle tue puzzette
quando mangi i sottaceti! “ lo minacciai. Sapevo quanto lo imbarazzasse far
sapere in giro cosa i sottaceti gli causavano al suo stomaco.
Mi guardò spalancando gli occhi e boccheggiando per un
attimo, preso in contropiede.
“ Non oseresti … “
sussurrò cercando di sembrare minaccioso ma la sua voce
incrinata la diceva diversamente.
“ Vuoi mettermi alla prova? “ lo sfidai alzando le
sopracciglia. Incrociai le braccia e ghignai malefica.
Stava per ribattere quando la porta di casa Baker si aprì
rivelando una figura femminile sorridente. Uscii dall’auto seguita da mio
padre.
“ Ho sentito la macchina nel vialetto. “ disse venendoci
incontro con la sua cascata di capelli color mogano. Li avevo sempre ammirati,
sia per i ricci impeccabili che per il colore assolutamente naturale quanto
bellissimo.
Mi venne incontro stringendomi forte e potei sentire il suo
cuore accelerato. Doveva essere nervosa anche lei, solo che riusciva molto bene
a nasconderlo.
“ Sono davvero felice di rivederti piccola Cassie! “ mi
disse all’orecchio chiamandomi con il diminutivo di Cassidy. Solo una persona
mi chiama in quel modo ed è la mia adorata nonna materna. L’unica che riuscivo
a sopportare della famiglia dalla parte di mia madre, anche perché era l’unica
nonna che conoscevo dato che mio padre era rimasto orfano in tenera età.
“ Anch’io Arlene! “ le dissi di rimando sorridendole un po’
fiacca. Non mi ero mai sentita a disagio abbracciandola ma quella volta ero
tesa. Sperai non lo interpretasse come
un sorriso falso, ma lo notò e ci rimase un po’ male ma lo nascose
subito andando a salutare mio padre con un bacio a fior di labbra.
“ Ciao Ted … “
Mi piaceva guardarli, così innamorati persi l’uno
dell’altra. Come i loro occhi si illuminavano quando si incontravano. Era tutto
quello che in quel momento avrei voluto desiderare anch’io. Stare attorno a
loro ti demoralizzava e ti metteva in testa idee stupide come l’ossessione di
trovare l’anima gemella.
“ Ciao, Arlene. “
Ok, adesso stavo rischiando il diabete. Meglio finirla con
questa visione troppo zuccherosa. Arlene sembrò leggermi nel pensiero, si voltò
verso di me sorridendomi ancora.
“ Vieni dentro.
Chiedo a Joshua e Daniel di aiutare tuo padre con le valigie. “ fece lei
accompagnandomi dentro mentre papà apriva il portabagagli. “ Sono così eccitata
di farti vedere la tua nuova cameretta. Spero ti piaccia, l’ho arredata nel mio
stile. “ disse e mi sembrò davvero entusiasta. “ Però se non è di tuo gusto
puoi sempre cambiarla, non farti remore. “ si affrettò a continuare.
“ Nah, a me piace il tuo stile. Lo trovo … fico! “ risposi
facendola ridere.
“ Parli come Daniel. “ ammise sovrappensiero. Sperai parlasse
del figlio simpatico e timido, non di quello arrogante e fastidioso. Benché mi
furono presentanti entrambi i suoi figli in una cena non ricordavo più i loro nomi.
Non ne avevo il motivo fino ad oggi.
Entrammo e l’aria fresca del condizionatore mi avvolse.
Attraversammo l’ingresso che portava all’enorme soggiorno. Enorme rispetto al
mio, ovvio. Per questo ci eravamo trasferiti da lei e non viceversa. La nostra
casetta era troppo piccola per viverci in cinque.
Parlando del diavolo, dalla cucina sbucò un ragazzo. Era sui
vent’anni, capelli un po’ lunghi, lisci e castani. Occhi di ghiaccio come il
carattere. Sperai fosse lui Joshua, non vorrei che mi avesse appena paragonato
a … questo qui!
“ Oh, Danny. – E che cavolo! – Chiama tuo fratello e aiutate
Ted con le valigie. “ gli disse la madre.
Il tipo sembrava tutt’altro che entusiasta. Le riservò
un’occhiata molto scocciata ma non disse niente. Svanì dietro una porta
percorrendo un altro corridoio senza concedermi nemmeno un’occhiata. Come
l’ultima volta non ci eravamo per niente palesati. Al contrario, il fratello,
era molto socievole anche se un po’ timido. Ma scambiandoci qualche parola
avevo da subito intuito che era intelligente pur essendo ingenuo.
“ Non farci caso a lui, è strano. Se non gli darai fastidio
lui non te ne darà a te! “ mi fece osservando la mia smorfia che si era formata
dopo averlo rivisto. Che modo bizzarro di descrivere il proprio figlio. Ma non
mi feci domande, infondo aveva ragione. Quello era tutto strano.
“ Ricevuto. “ soffiai non pensandoci più.
Mi spinse piano verso una porta che si affacciava nello
stesso corridoio, proprio accanto a quella da cui era sparito il figlio
maggiore e mi invitò ad aprirla. L’interno era bellissimo. Le pareti erano di
un giallo pastello ed i mobili scuri che ne facevano contrasto. Il letto era di
una piazza e mezza con un piumone rosso
accesso. C’era una porta, forse il bagno.
Fantastico! Finalmente avevo un bagno tutto per me.
Una scrivania ed un computer erano affiancati da una
libreria che attirò subito la mia attenzione.
“ Tuo padre mi aveva detto che ti piace leggere, così ti ho
costruito una piccola libreria personale. Naturalmente puoi cambiare la
lettura. “ disse un po’ nervosa.
Mi voltai a sorriderle. “ Grazie, apprezzo davvero tanto il
tuo gesto.” La rassicurai. Nessuno, a parte papà, si era premurato in questo
modo per me.
Mi sorrise di rimando. “ Sai ho sempre desiderato una
figlia, ma purtroppo ho avuto solo due testoni prima che divorziassi da
Nathaniel. “ mi confidò.
Risi con lei.
“ Vieni, ti faccio vedere il resto della casa. “
Non c’era molto altro da vedere, solo la camera da letto in
fondo al corridoio che era molto più spaziosa della mia.
In quel momento rientrarono
tutti e tre gli uomini. Joshua mi riconobbe e mi salutò con un gran sorriso che
ricambiai un po’ impacciata. Volevo aiutarli ma mi sentivo un’idiota.
“ Ciao Cassidy. Come stai? “ mi chiese sistemandosi gli
occhiali sul naso col la mano libera.
“ B-bene! “ Già, ero proprio un’idiota. Balbettavo per il
nervoso ed arrossivo per quello rendendomi ancora più ridicola ai loro occhi.
Un tonfo fece voltare le nostre teste verso il fratello più
alto che aveva fatto cadere a terra una borsa.
Cazzo, quella era la mia borsa! Mi precipitai a
sollevarla tastando se all’interno fosse tutto integro.
“ Ma sei scemo?! Non puoi fare attenzione? Ci sono le mie
cose lì dentro e sono fragili, avrai rotto di sicuro qualcosa! “ esclamai tutto
d’un fiato senza nemmeno rendermene conto. Quando non sentii nessuno ribattere
ricordai dov’ero e soprattutto con chi ero.
Oh, merda! Ma che figura, chissà adesso che idee si stavano
facendo di me. La povera piccola e timida Cassie che diventa una belva feroce
per un non nulla. Una pazza!
Mi sentii le guance ardere e mi affrettai a scusarmi con
Arlene e con Joshua. Non di certo con quel cretino di un David o Daniel o come
cavolo si chiamava. Ma il diretto interessato mi interruppe.
“ E perché non te le porti tu, le tue cose?! Cos’è, hai
paura di spezzarti un’unghia?” mi disse con tono sprezzante facendomi rimanere
a boccheggiare da sola per qualche secondo prima di riprendermi infuriata più
che mai.
“ TU … “ incominciai puntandogli un dito contro il suo
petto. Ma per chi mi aveva preso, per una delicata scansafatiche? Anche se era
il figlio di Arlene non volevo dargli la soddisfazione di mettermi sotto. Non
me ne sarei stata buona e zitta.
“ Smettila Cass, non farti già riconoscere dopo mezzo minuto
che siamo qui. “ mi rimproverò mio padre e mio malgrado dovetti dargli ragione.
Abbassai il dito ma non lo sguardo che ardeva e che continuava ad essere
provocato dai suoi irritati e derisori.
“ E chiedi scusa! “ aggiunse subito dopo.
Sospirai e mi voltai verso la donna che … cercava di trattenersi dal ridere? Ma
chi era la pazza tra noi due?
“ Mi scuso per aver urlato in casa tua … “ le dissi.
“ Non solo con lei. “ interferì mio padre. Mi girai di
scatto per guardarlo, aggrottando la fronte. A chi si riferiva? Poi capii …
“ Ma papà … “ iniziai a piagnucolare dando corda alla teoria
del cretino che mi considerava una bambina viziata. Manco mi conosceva nemmeno.
“ Cassidy! “ tuonò incrociando le braccia. Non voleva far
brutte figure davanti alla sua donna e ad i suoi figli.
“ Su, avanti. Chiedimi scusa. “ e quell’altro sfotteva pure.
Quanto avrei voluto strozzarlo!
“ Ma no, non ce n’è bisogno Ted. Cassie ha fatto benissimo a
reagire, Daniel avrebbe dovuto fare attenzione. “ intervenne a mio favore
quell’angelo di Arlene. Nell’ultima frase usò un tono duro riferito a lui, per
sgridarlo un po’ della sua maleducazione.
Quando fui nella mia nuova camera tirai un sospiro di
sollievo e mi buttai a peso morto sul letto. Era così morbido e comodo che mi
fece passare del tutto la voglia di disfare le valigie. Magari potevo farmi un
pisolino prima, svegliandomi poi per la cena. Le mie robe le avrei aggiustate
il giorno dopo. Tanto non avevo nessuna fretta.
Dopo due minuti sentii la porta della mia nuova stanza
aprirsi. Mi drizzai a sedere cercando di farmi trovare più presentabile.
La riccia mi sorrise richiudendosi la porta alle spalle e si
sedette accanto a me.
“ Senti … mi dispiace per prima. Non avrei dovuto urlare in
quel modo contro tuo figlio. E’ che, a volte, sono davvero intrattabile e mi
irrito facilmente. “ iniziai con le mie scuse prima che lei mi spiegasse il
motivo per cui era venuta qui.
“ Ma non ti preoccupare. Anzi, ti ho ammirata tantissimo in
quel momento. So quant’è prepotente Danny e so come la gente reagisce. E la
maggior parte delle volte la gente ne è intimorito, mentre tu … beh, sei stata
così sorprendente. Gli hai tenuto testa, e credimi, tu sei stata l’unica. A
parte me, ovviamente! “ mi spiegò ammirata.
“ Cioè … aspetta, fammi capire … le persone hanno paura di
lui? “ chiesi scettica e sentii il mio sopracciglio destro alzarsi.
“ So che può sembrare assurdo detto così, ma è vero. Persino
Josh non riesce a tenergli testa. Ma io credo di aver capito perché tu ce l’hai
fatta … “ continuò quasi sovrappensiero.
La incitai ad andare avanti, a questo punto mi aveva incuriosita
anche se non credevo che gli altri, persino suo fratello, si facessero mettere
i piedi in testa da quel cretino. Si, insomma, era un po’ spaventoso ma in
fondo can che abbaia non morde, no? O almeno lo speravo …
“ I vostri caratteri si assomigliano. No, aspetta, so cosa
vorresti dire, ma conosco Daniel e sto conoscendo te. Siete due testardi e un
po’ impulsivi. “ finì lei soddisfatta della sua teoria assurda.
“ Non credo proprio di assomigliargli. Senza offesa ma lui è
… “ non mi veniva la parola.
“ Idiota? … Rozzo? … Scorbutico?” concluse per me facendomi
sorridere divertita. Si unì alla mia risata con gusto. Era davvero una mamma
stramba ma simpatica.
“ Comunque dovevi dirmi qualcosa? Non ti ho lasciata
parlare, scusa, sono proprio maleducata. “ feci poi ricordandomi che doveva
essersi un motivo se era entrata.
“ Oh giusto. Volevo avvisarti che ceniamo alle sette e
mezza, così hai tutto il tempo per un pisolino o per un bagno… “ annuii ma
capii che aveva lasciato in sospeso la frase perciò attesi che finisse.
Infilò una mano nella tasca dei suoi pantaloni e ne estrasse
una chiave che mi porse. Reclinai il capo confusa. A che serviva? Quella della
stanza già ce l’avevo …
“ Questa è per il bagno. Purtroppo comunica con la stanza
dei ragazzi, perciò puoi chiuderti con questa per la tua privacy. Sai, prima
non ne avevano bisogno … insomma, sono fratelli non si vergognano a … “
Cosa, cosa, cosa???
Ormai non la sentivo più. Ero rimasta pietrificata dalla sua
rivelazione.
Avrei dovuto condividere il bagno con quei … quei … maschi?
Un conto era se lo condividevo con mio padre, non che mi avesse mai visto fare
i miei bisogni, ma un altro conto era sapere che le nostre stanze, la mia e
quella dei miei fratellastri, comunicavano attraverso il bagno. E se per caso
avessi dimenticato di chiudere la porta? Loro avrebbero, inconsapevolmente,
violato la mia intimità.
L’idea di vivere in questa casa ormai mi sembrava davvero
molto orrenda. Ma avrei dovuto conviverci. Per mio padre.
“ Cassie? “ mi chiamò Arlene aggrottando la fronte.
“ Ehm, scusami, dicevi? “
Alla fine optai per una doccia che sperai mi aiutasse a
rilassare i nervi. Ma prima mi rassicurai di chiudere bene la porta. Mi diedi
una piccola occhiata in giro, prima non l’avevo visto nel giro turistico per la
casa con Arlene. Era più lungo che spazioso ed era munito sia di una cabina
doccia che di una vasca. E codarda com’ero preferii essere protetta da una
vetrata opaca.
Raccolsi i capelli in una crocchia alta ed incominciai a
svestirmi entrando subito nella cabina. Purtroppo la doccia durò poco. Invece
di rilassarmi mi faceva innervosire. Stupido bagno!
Mi avvolsi in un grande asciugamano che trovai in uno
stipetto, non mi preoccupai che potesse appartenere a qualcuno in particolare.
Ripresi la chiave e ritornai in camera, adesso più
tranquilla. Lanciai un’occhiata
all’orologio sul comodino vicino al letto: segnava le cinque e mezza. Avevo un’ora e mezza circa da riempire prima
di cena.
Per prima cosa aprii il borsone estraendo la biancheria
intima. Poi dalla valigia presi una maglietta a tre quarti e dei pantaloni
comodi e me l’infilai.
Presi la piccola sacca, che prima quel carissimo fratello
acquisito mi aveva fatto cadere, e ne ispezionai il contenuto.
Le foto con le cornici erano intatte così come la palla di
vetro. Quella dove dentro si scorgeva una New York in miniatura. Un regalo
della mia migliore amica a cui tenevo molto. Misi tutto sul comodino accanto
alla lampada posizionandole come meglio apparivano.
Poi raccolsi lo zaino e con un grugnito iniziai a fare i
compiti per il giorno dopo. Mi sarei dovuta alzare presto la mattina. Purtroppo
la scuola da casa di Arlene era a un quarto d’ora di distanza ed il tragitto
l’avrei dovuto fare interamente a piedi dato che non c’erano fermate d’autobus
da queste parti. Domani sarebbe stata un eccezione, mi avrebbe dato uno strappo
papà dato che aveva preso un giorno di ferie dal lavoro.
Il profumo dell’arrosto si infiltrò sotto la porta della
stanza facendomi sorridere al pensiero che d’ora in avanti niente più pasticci
in cucina e cibi preconfezionati. Sperai che Arlene sapesse cucinare, almeno
più di mio padre. Lui sì che era negato come cuoco.
Mi alzai ed andai a sbirciare fuori. Vidi Joshua
apparecchiare la tavola mentre Daniel, sul divano, giocava alla play station.
Mi avvicinai e il fratello minore alzò lo sguardo sorridendomi.
“ Come va? “ mi chiese gentile.
“ Bene! “ sperai non avesse notato la voce incrinata e lo
aiutai a sistemare le posate.
Con la coda dell’occhio vidi che Daniel non si era mosso di un
millimetro alla mia presenza e continuava a giocare indifferente. Delle risate
provenienti dalla mia destra attirarono la mia attenzione. Papà doveva essere con Arlene in cucina.
“ Sembrano affiatati, eh? “ fece Joshua ridacchiando.
Stavo per concordare quando “ l’idiota “ sul divano decise di
commentare in modo sprezzante.
“ Sembra che qualcuno li abbia incollati con la colla, spero
almeno che stanotte non facciano troppo casino! “
Lo incenerii con lo sguardo ma purtroppo continuava a
fissare lo schermo della tele come se nulla fosse.
Qualcosa mi diceva che non era tanto contento della
relazione tra quei due. Come poteva non gioire per la felicità della madre?
Forse teneva molto a suo padre e non gli piaceva l’idea di un rimpiazzo? Potevo
capirlo in un certo senso ma poteva anche lui sforzarsi di appoggiare la scelta
di Arlene.
Evitai di ribattere o avremmo litigato ancora e di certo non
volevo rovinare la nostra cena.
Joshua doveva averla pensata come me, fece una smorfia ma
non parlò.
Mangiammo con un’atmosfera un po’ imbarazzante in cui mio
padre cercava di rompere il ghiaccio con battute alquanto sceme. Di solito era
un buffone davvero provetto ma quando era nervoso incominciava a balbettare e a
dire cose senza senso, forse era da lui che avevo ereditato questo difetto
imbarazzante. Grazie tante papà!
In compenso finì prima quella tortura, l’unici che parlavano
erano papà e Arlene. Quest’ultima sembrava non essersi per niente accorta
dell’atmosfera o forse fingeva e continuava a rivolgermi domande in generale, su
come andava la scuola, sulla mia migliore amica e di cosa mi sarebbe piaciuto
fare da grande. Ovviamente su quest’ultima domanda non le avevo saputo
rispondere, ancora non lo sapevo nemmeno io.
Joshua e quell’altro, si perché mi infastidiva pensare il suo
nome, non spiccicavano parola. Il primo perché troppo timido e non sapeva come iniziare
un argomento, mentre il secondo se ne infischiava totalmente, ignorando persino
le domande che ogni tanto mio padre gli rivolgeva per educazione.
Ma dov’è che io e lui ci assomigliamo? Arlene doveva aver
preso un abbaglio, di sicuro!
Dopo cenato la riccia volle aiutarmi a sistemare i vestiti
nell’armadio. Ridemmo e scherzammo per tutto il tempo. E mi azzardai a farle
una domanda un po’ personale.
“ Come vi siete conosciuti tu e papà? “ chiesi incerta, non
volevo farmi gli affari loro ma ero un po’ curiosa.
Lei si fermò e mi guardò accigliata. “ Ma non te l’ha
raccontato Ted? “
Scossi la testa. “ Gliel’ho chiesto una volta, ma sai com’è.
Era diventato tutto rosso e ha cominciato a balbettare parole sconnesse, perciò
ho lasciato perdere. “ le spiegai un po’ afflitta pensando a quel pomeriggio.
Arlene ridacchiò e si sedette sul letto dopo aver spostato dei jeans per farsi posto. Mi indicò di venirle vicino.
“ Ted è un casinista quando si emoziona ma è così tenero … “
disse illuminandosi.
Sorrisi divertita e aspettai che mi raccontasse la storia
del loro incontro.
“ Guarda capitò proprio in questa casa e grazie al suo
lavoro. Mi si erano rotti dei tubi in cantina e così chiamai l’idraulico, che
per l’appunto era tuo padre. “ mi ammiccò. “ La prima volta che venne qui io
non potevo esserci perché avevo una riunione importante all’azienda e così
chiesi a Danny di riceverlo. Non l’avessi mai chiesto … “ sospirò quasi
divertita.
“ Perché? “ domandai trasudando curiosità da tutti i pori.
“ Beh, quel testone di mio figlio, antipatico com’è, gliene
ha fatte passare tante in quel pomeriggio. Non so bene cosa fosse successo ma
me lo ritrovai in casa con la faccia da cucciolo bastonato e tutto macchiato di
nero. “ concluse ridendo al pensiero.
“ Avrei dovuto chiedere a Josh di rimanere con Ted ma lui
era andato a lavoro. Però grazie a quel testone mi ero subito innamorata di
lui. Neanche a farlo apposta … “ sospirò sorridendo. “ Dopo una bella
strigliata per Danny, insistetti perché Ted si ripulisse con una doccia. “ finì
guardandomi.
“ E poi come andò? “
“ Niente, lo pagai per il lavoro e se ne andò a casa. “
Inclinai il capo aggrottando la fronte. “ Ok, questo è stato
il vostro primo incontro ma … come vi siete frequentati? “.
“ La mia amica Julie mi stava pressando da settimane perché
voleva che frequentassi finalmente qualcuno e alla fine non potendola più
sopportare le dissi che da un po’ mi stavo vedendo con qualcuno. Ma era una
bugia con cui speravo, invano, che lei mi lasciasse stare. Ma mi chiese di
presentarglielo e nel panico chiamai l’unico numero della mia rubrica che
comprendesse un uomo a parte il mio ex marito, di certo non potevo andare dal
primo che capitava e chiedergli di conoscermi. “
“ Ed era mio padre? “ domandai ridacchiando. Logico che
doveva essere lui.
“ Beh, si. Conservavo ancora il suo numero quando chiamai
l’idraulico su pagine gialle. “
Iniziai a ridere come una matta e lei non si fece pregare
due volte per unirsi a me.
“ E cosa gli hai detto? Ho un altro tubo da riparare ma non
è quello di casa? “ la presi in giro amichevolmente. Ormai eravamo entrate in
confidenza e lei non mi sembrava un tipo permaloso.
Mi diede un buffetto sulla spalla e si finse offesa ma rise
anche lei.
“ No, gli ho detto dopo un miliardo di giri di parole che mi
piaceva e che volevo uscirci insieme una volta. E lui sai che mi ha detto dopo
un minuto buono di silenzio? “
Scossi la testa. Potevo solo immaginarlo.