Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: unbound    25/04/2012    0 recensioni
Avete presente la frase "dove passa Attila non cresce neanche pił l'erba"?
Bene, avevo incontrato Attila.
-------
amore adolescente post-apatia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Percorrendo un tratto della mia vita, improvvisamente, ho seriamente pensato di non trovarmi al posto giusto nel momento giusto. 
Ogni essere umano vive quei momenti un po' no, durante i quali si sente estraneo a tutto il resto del mondo e non riesce a ritagliare il proprio quadratino di spazio in quel grande fardello che chiamiamo comunemente societa'. Bhe, diciamo che per me non e' stato solo un momento, talmente quella sensazione era ricorrente che c'avevo praticamente fatto l'abitudine. 
Mi definivo apatica. 
Che significa? Patica, o pił in dettaglio patos, viene dal greco, credo, e significa sentimento.
Sembra proprio che me ne intenda davvero di greco, per questo credo che il mio caro voto insufficiente ormai fisso da tempo non sia meritato.
Ma torniamo a noi. Patos, accompagnato o meglio, preceduto dalla privativa indica mancanza, vuoto.
Bene, apatica, priva di ogni tipo di sentimento.
Esagerata? 
Odiavo cosi' tanto tutto cio' che mi circondava che non avevo trovato nessuna eccezione che confermasse la regola, ne' tanto meno qualcuno che eliminasse questi pregiudizi subdoli quanto scontati; la gente, nonostante tutto, non faceva niente per farmi cambiare idea nei suoi confronti, anzi, tutt'altro, mi trattava come se fossi un alieno venuto da chissa' quale strano mondo parallelo. Invece di far di tutto per smentire quei pensieri carini, amavo dargliene conferma: mi vestivo male, tingevo i capelli di colori inumani e mi truccavo tanto, un po' troppo, con lo scopo di nascondere il pił possibile i miei occhi gonfi ed inespressivi, che regalavano biglietti solo andata verso la parte pił profonda della mia anima, che avrebbe spaventato anche il pił impavido esploratore. 
Venivo squadrata dalla testa ai piedi praticamente sempre, sentivo occhiatacce addosso a me giorno e notte; in poche parole, mi ero semplicemente abituata a quella strana situazione tanto da non soffrirne neanche pił. 
Mentre tutte le ragazze si limitavano ad innamorarsi con la stessa facilita' con cui cambiavano calze, io mi definivo, oltre ad apatica, asessuata. Durante l'adolescenza, i ragazzi iniziano a definire i propri gusti, la propria sessualita', no? Decidono se preferire la carne o il pesce, oppure entrambi - a buon intenditore poche parole- facendo le prime piccole esperienze e roba varia. Riguardo a questo argomento, mi definivo asessuata. 
Asessuata, stesso discorso di prima. Senza sesso, munita del pił forte dei vaccini contro l'amore, attratta dal nulla, pronta ad amare soltanto la musica e il mio letto: al contrario del resto dell'umanita', non sentivo il bisogno di ricevere e donare affetto, e non credevo neanche nell'esistenza di qualsivoglia genere di questa grande e bella cosa di cui parlavano tutti. 
Mi limitavo a vivere la vita aspettando qualcosa che mi desse la voglia di trascorrerla, una ragione per alzarmi la mattina e dire "oh, oggi e' il grande giorno" al posto di "morissero tutti dopo le pił atroci sofferenze".

Poi, improvvisamente, la mia mente e' stata rasa al suolo.

Avete presente la frase "dove passa Attila non cresce neanche pił l'erba"?
Bene, avevo incontrato Attila.

Il mio Attila era un ragazzo complicato quanto stupido, la cui bellezza di certo non sovrastava le altre; non era il pił gettonato, ne' il pił popolare, non aveva gli occhi azzurri, ne' i capelli biondi. Era il tipo di ragazzo che aveva una piccola fila di ragazzine eccitate dietro e che si divertiva a scambiarle con gli amici come se fossero figurine. 
Ero per i corridoi fuori dalla mia classe; non ricordo se era orario d'entrata o d'uscita, ma c'era confusione, parecchia, tanta da mandarmi in pappa il cervello senza neanche troppi sforzi.
Stavo in quella scuola da quasi due anni e tutte le persone che avevo incontrato nel mio cammino fino a quel momento non avevo fatto altro che screditarle; 
la voglia di relazionarsi, insieme ai pensieri ottimisti, si era elegantemente cestinata senza provare a passarmi per la mente, dato che sapeva di aver soltanto tempo da perdere con me.
Anche quella volta stavo per mandare al diavolo cio' che avevo davanti gli occhi, ci sarei anche riuscita se non fosse successo quel piccolo inconveniente.

Dall'orizzonte, circondato dalla sua piccola compagnia, si portava avanti il caro Attila, con il solito fare beffardo e vanitoso che caratterizza ogni maschio dell'eta compresa tra i 10 e i 18 anni. Era sulle spalle del suo braccio destro per eccellenza.
Vediamo se ricordo bene, l'alleato di Attila si chiamava Ardarico, no?
Ardarico se l'era caricato sulla sua schiena dimostrandosi poco virile, forse per permettergli di apparire spiritoso e rimorchiare quale altra donzella; lui non ne era dispiaciuto, anzi ammiccava a tutte le persone che lo circondavano, avanzando lentamente come se si sentisse il pił desiderato tra la folla.
Il primo pensiero che mi salii in testa davanti a quello sconcertante spettacolo fu "la merda di sempre", quando, ad un certo punto, successe l'inconveniente.
Giro' la sua zucca vuota nella mia direzione Attila, incrociando i miei occhi indifferenti e schifati; sapevo che avrebbe di li a poco fatto quello che facevano tutti alla mia vista, ovvero squadrarmi con disprezzo, percio' decisi di reggergli il gioco e di non abbassare lo sguardo. 
Ecco cosa successe. 
Mi prenderete sicuramente per esagerata, ma... mi sorrise.
Non appena inarco' le labbra, sentii la mia testa in fiamme; in quel quasi impercettibile nanosecondo, aveva raso al suolo tutto, tutto, non aveva risparmiato niente. 
In quell'attimo dimenticai ogni cosa, soprattutto il significato della parola apatica, imbattendomi in una sensazione del tutto nuova, che sembrava piacevole. Rimasi immobile, cercando di tenere ordinata la testa, ma con scarsi risultati; la mia cara confusione aveva invaso anche lo stomaco e i polmoni, tagliandomi quasi il respiro e impedendomi di rimaner lucida.

Da quel momento, quando metto un piede fuori dal letto ogni mattina, penso ugualmente la frase "che morissero tutti dopo le pił atroci sofferenze", ma l'ho modificata aggiungendo una piccola parte, ovvero "ma, per favore, risparmiate Attila".
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: unbound