Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Frytty    25/04/2012    2 recensioni
Candice e Robert. Due vite e due sogni diversi, incompatibili con la loro voglia di amarsi. Candice parte per New York per frequentare la Julliard e coronare il suo sogno di danza; Robert rimane in Inghilterra con la speranza di riuscire a diventare un attore. E se, entrambi famosi, si incontrassero proprio a New York? E se non fosse tutto semplice? Potrebbero amarsi di nuovo?
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, salvino!

Vi ho fatto penare per questo primo capitolo, vero? Forgive me! ç.ç *bacchetta la Telecom che, vanamente, si lamenta*

Non voglio farvi attendere oltre, per cui sarò breve e concisa (spero); innanzitutto, mi sono ricordata di aver omesso alcune spiegazioni circa la Ff, precisamente due, ovvero:

1) Il titolo della Ff "C'era una stella che danzava, e sotto quella sono nata", deriva da una citazione di Shakespeare; me tapina, ignoranta come sono, non saprei dirvi se si tratti di un sonetto o simile, perché l'ho rintracciata su un sito Internet di citazioni sulla danza e non mi sono presa la briga di indagare;

2) Ogni capitolo della Ff (escluso il Prologo e l'Epilogo) avranno un tema musicale, ovvero inserirò, all'inizio di ogni capitolo, una canzone che credo possa rappresentare l'atmosfera del capitolo stesso e che voi potrete scegliere di ascoltare mentre, prima o dopo la lettura :)

Detto questo, una piccola precisazione sul primo capitolo: so che vi sembrerà che Candice voglia atteggiarsi a vittima, essere compatita o cose del genere, ma, credetemi, non è assolutamente così, anzi. Pensare troppo fa male, lo sappiamo tutti ;) Il carattere di ogni personaggio andrà delineandosi nel corso della Ff, ma mi auguro che quelli che appariranno in questo primo capitolo, vi facciano una buona prima impressione *.*

Ho detto tutto *fiù!* Concludo ringraziando tutte le persone che hanno letto, commentato, inserito la Ff tra le seguite/preferite/da ricordare *.* GRAZIE! <3 Avere così tanta fiducia sin dall'inizio, mi commuove ç.ç e mi fa venir voglia di abbracciarvi tutte *.*

Buona continuazione di settimana e...

 

 

Buona Lettura! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

1. Too much

 

Fairytale Gone Bad-Sunrise Avenue

 

 

 

 

< E' così difficile capire che non voglio accompagnarvi? > Ero stanca, sudata e avevo bisogno di una doccia e la mia migliore amica Sophia non faceva altro che illustrarmi il programma del giorno dopo: colazione al bar tra la quinta e la sesta strada, passeggiata rilassante a Central Park, premier di Remember Me.

La sua nuova fiamma lavorava al Paris Theatre e, chissà come, era riuscita ad accaparrarsi quattro biglietti per assistere all'evento.

Quando Sophia me l'aveva comunicato con la sua aria baldanzosa e il suo sorriso spontaneo e divertito, non ero stata in grado di fare altro se non arrossire vistosamente.

Sapeva bene cosa avrebbe comportato.

Sapeva bene quanto, in tre anni, avessi cercato di buttarmi tutto alle spalle, concentrandomi sulla danza, l'unica cosa che mi evitava di pensare.

< Ci accompagnerai eccome, invece! Vorresti lasciarci da sole, noi, povere fanciulle, in una metropoli come New York? > Mi osservò con la sua aria da cucciolo bastonato, cercando di convincermi.

< Perché non chiedete ad Arthur di accompagnarvi, se siete così indifese? > Sbottai, lanciando l'asciugamano sulla panca e liberandomi del tutù.

< Ha già un impegno; Miss Parker gli ha chiesto di farle compagnia durante la lezione di benvenuto alle nuove reclute della Julliard. > Rovesciò gli occhi all'indietro, come se stesse per svenire e poi sbuffò, liberando i capelli dallo chignon.

< Che tempismo... > Sbuffai, infilando la tuta e preparandomi ad affrontare il gelo primaverile della Grande Mela per raggiungere il residence.

< E dai! Sarai in nostra compagnia, non ti lasceremo sola neanche per un secondo e prometto solennemente che ti divertirai! > Si appese al mio braccio, gli occhi azzurri sfavillanti.

Avrei ceduto e lei ne era perfettamente consapevole.

Non sarebbe stato un problema se si fosse trattato di un altro film: avremmo riso e scherzato come al solito e avremmo lanciato i pop-corn a ragazzi ignari della fila davanti alla nostra, scivolando lungo le poltrone non appena uno di loro si fosse girato, ma quella volta era diverso.

Si trattava di un suo film, del suo viso su uno schermo gigante, della sua voce, dei suoi gesti, dei suoi occhi, delle sue labbra, delle sue mani; si trattava di Robert e, mi conoscevo, non avrei fatto altro che piangere per tutto il tempo, perché lui era il mio rimpianto più grande, l'occasione che mi ero lasciata scivolare via dalle mani, la vita che avevo deciso di non prendere in considerazione e poco importava se erano trascorsi tre anni, poco importava se lui era cambiato, se non era più il ragazzino che avevo conosciuto a Londra e di cui mi ero innamorata, poco importava se neanche io ero più la stessa, se non ero riuscita ad affrontare una singola giornata senza pensare a lui appena sveglia, durante le pause dalle lezioni, prima di andare a letto; poco importava se i miei sogni erano popolati delle immagini che conservavo di lui all'aeroporto, quando gli avevo detto addio, quando avevo cercato di convincerlo che mi avrebbe dimenticata; poco importava se lui, forse, l'aveva fatto davvero.

Era andato avanti, come me, del resto; aveva inseguito il suo sogno di diventare un attore, aveva fama, successo, fortuna, belle donne; forse, non ero diventata altro che una fotografia sbiadita nella sua mente.

< Ci devo pensare, d'accordo? Non sono in grado di deciderlo adesso. > Risposi, liberandomi della sua presa e avviandomi verso il portone d'ingresso che mi avrebbe condotto nel corridoio semi-deserto.

Le lezioni erano riprese, ma noi avevamo ancora un'ora libera prima della cena ed io volevo solo rintanarmi in camera a riflettere.

< Candice! Candice! > Mi voltai alla voce di Arthur. Aveva i capelli scompigliati dopo la fine della lezione, i suoi soliti shorts, la sua solita canotta azzurra che utilizzava per allenarsi, il suo solito sorriso gentile.

< Vai via? > Mi domandò, riprendendo fiato.

< Pensavo di andare a rilassarmi un po' prima di cena, perché? > Risposi, aggrottando le sopracciglia.

< Miss Stevens ti sta cercando, credo si tratti di qualcosa di importante, perché sembrava avere una certa fretta. > Mi spiegò, aggrottando le sopracciglia spesse e bionde.

< Oh, ok, ci vado subito, grazie. > Gli sorrisi, come sempre, riprendendo la direzione opposta.

< Ti accompagno; ha convocato anche me. > Fece spallucce, anche se riuscivo a capire dalla sua espressione concentrata e aggrottata, che temeva quell'incontro, che ne era spaventato, come se si trattasse di una sospensione; ma non avevamo infranto il regolamento dell'Accademia, né avevamo dato adito a sospetti, perciò, probabilmente, doveva trattarsi di qualcosa legato esclusivamente alle nostre lezioni.

< Ho sentito che avete intenzione di partecipare alla premier di Remember Me, domani... > Iniziò, portandosi una mano a carezzarsi i capelli corti della nuca, un gesto per lui spontaneo quando era in imbarazzo.

Conoscevo Arthur da tre anni, da quando ero entrata a far parte della Julliard, ma, nonostante questo, sembrava non sentirsi mai particolarmente a suo agio in mia compagnia. Sam sosteneva che fosse per il semplice fatto che aveva una cotta segreta per me, ma io, più semplicemente, credevo che la colpa fosse da attribuire, in parte, anche a me: dopo Robert non avevo fatto altro che mantenere a distanza qualsiasi soggetto di sesso maschile, ripetendomi che non avevo bisogno di distrazioni, che dovevo concentrarmi sulla danza e che ci sarebbe stato tempo per l'amore. Non che facessi molto per non essere infastidita: solitamente bastava un'occhiata, oppure un gesto per farli desistere. Non era qualcosa che programmavo, non era un atteggiamento che mi imponevo, semplicemente era più forte di me: assumevo un cipiglio severo e squadravo tutti dall'alto in basso come una perfetta snob.

< Sophia ha avuto la brillante idea... > Commentai con sarcasmo, alzando gli occhi al cielo.

< Jason le ha procurato i biglietti e sarebbe stato un peccato rifiutarli. > Sorrise ed io lo osservai scettica.

Era invischiato anche lui nell'operazione facciamo incontrare a Candice il suo ex ragazzo?

< Verrai con noi? > Gli domandai, piuttosto perplessa.

Sophia, al solito, aveva mentito! Insomma, perché dire che Arthur sarebbe stato impegnato con Miss Parker quando, evidentemente, non era vero?

Annuì con vigore e continuò a sorridere.

< Oh, splendido! Quindi, se io dovessi accidentalmente rifiutare, potresti fare da guardiano per tutte. > Soppesai ad alta voce, ritrovando il mio buon umore.

< Ehm... Sophia mi aveva assicurato... insomma, diceva che sarebbe stata una buona idea per te rivedere... insomma, sai-chi... > Ufficialmente anche lui conosceva della mia relazione pre-notorietà con Robert. Non mi aveva mai infastidito che gran parte della scuola fosse a conoscenza delle mie precedenti frequentazioni; insomma, erano passate e al passato non si sarebbe dovuto dare importanza; peccato, però, che Robert rientrasse esattamente nella categoria di personaggi che, volenti o nolenti, una volta consacrati divi delle ragazzine, vengono spogliati di ogni segreto, perciò, un conto era quando le tue compagne di corso ti facevano domande sulle tue esperienze amorose, un altro era quando le vedevi passeggiare nei corridoi e bisbigliare alle tue spalle sul fatto che ti fossi lasciata sfuggire un'occasione del genere: neanche un ragazzo fosse un flacone di detersivo al supermercato.

In un'intervista Robert aveva fatto il mio nome e, non solo sulla rivista in questione il mio nome era stato cerchiato e collegato ad una freccia con tanto di occhiello con foto recente di una mia esibizione a New York, compresa qualche informazione personale, ma mi ero ritrovata, per ben due settimane, paparazzi e giornalisti pronti a farmi confessare il segreto di Robert Pattinson, nonché vita, morte e atti sessuali della nostra relazione. Non potevo negare di essermi sentita vagamente angosciata al pensiero di poter essere ancora la sua fidanzata. Insomma, la notorietà non era un problema, ci avrei fatto l'abitudine, così come mi sarei abituata agli assalti delle fan, a quello dei paparazzi e dei giornalisti, ma come mi sarei abituata ad una vita totalmente differente rispetto a quella che avevo diviso con lui a Londra?

Camminare in tutta tranquillità per le strade, baciarsi senza bisogno di controllare ad ogni angolo che ci fosse qualcuno pronto a scattare una foto, andare a casa di un'amica senza che i giornali insinuassero che avessi un altro... che fine avrebbero fatto tutte le nostre abitudini?

Mi mancava, mi mancava immensamente, ma forse, tutto sommato, era stato meglio così; non eravamo destinati a stare insieme e, forse, non lo saremmo mai stati, forse le nostre strade avrebbero anche potuto incrociarsi, ma poi ognuno avrebbe proseguito nella sua direzione, senza intoppi e poi si mormorava fosse felicemente fidanzato con la sua co-star di Twilight, quindi perché intromettermi?

< Non credo mi farebbe bene un incontro simile e Sophia si sbaglia. > Risposi, abbassando lo sguardo, colpita dalle considerazioni che la mia mente aveva partorito in quei pochi istanti.

< Vieni comunque; non devi parlargli, non devi neanche guardarlo, se non vuoi. E' tantissimo tempo che non trascorri una giornata fuori da questa scuola, vedilo come un modo per staccare la spina dalla danza e pensare a qualcos'altro. > Tentò di convincermi, fermandosi dinanzi all'ufficio di Miss Stevens.

< Peccato che finirei per pensare esattamente a quello che ho cercato di dimenticare con la danza. > Osservai con un sospiro.

< Non è mai stato un capitolo chiuso per te ed è difficile, specie quando, se fosse andata diversamente, ci sarebbero stati tutti i presupposti per una relazione stabile, ma cosa puoi fare? Rimuginare sul passato e buttare all'aria ogni possibilità? Non vai lì per lui, non stai andando a vedere un suo film perché vuoi illuderti che sia ancora con te; ci stai venendo perché noi te l'abbiamo chiesto, perché la cosa migliore per dimenticarlo, forse, è soltanto incontrare i suoi occhi. > Continuò a sorridere, mentre io non riuscii a fare altro che osservarlo con un misto di ammirazione e sorpresa. Da quando Arthur elargiva consigli su come superare una delusione d'amore?

< Ho sofferto anch'io. > Fu la sua unica risposta alla mia espressione stupita, corredata da un'alzata di spalle.

Non ebbi il tempo di pensare ad altro, perché la voce di Miss Stevens risuonò nel corridoio, invitandoci ad entrare, dopo il bussare discreto di Arthur alla sua porta di legno chiaro.

< Voleva vederci? > Chiesi, entrando nell'ufficio e lasciando ad Arthur il compito di richiudere la porta.

< Prego, accomodatevi. > Ci invitò, indicando con un gesto della mano le due sedie di fronte alla sua scrivania.

Ci sedemmo e ci scambiammo un'occhiata piuttosto preoccupata.

Miss Stevens era stata una brillante ballerina di danza classica e un'ottima insegnante, fin quando un infortunio non le aveva più permesso di esercitare la sua passione e lei, delusa, non aveva potuto far altro che rinchiudersi in uno degli uffici vuoti a svolgere noiosi compiti burocratici.

< Sapete certo dell'iniziativa di quest'anno indetta dalla Julliard, immagino. > Cominciò, poggiando gli avambracci sulla scrivania e congiungendo le mani, osservandoci attenta.

Arthur mi lanciò un'occhiata.

< Quella del balletto di fine anno organizzato con la collaborazione di Amnesty International. > Risposi, aggrottando le sopracciglia. Era impossibile che qualcuno della scuola non ne fosse al corrente; gli insegnanti non facevano che ripeterlo ad ogni lezione, erano stati affissi centinaia di manifesti nella scuola e altrettante migliaia per la città; sembrava non si parlasse d'altro, nonostante mancassero ancora sei mesi.

Era la prima volta che la Julliard univa le sue forze con un'associazione come Amnesty International e, nonostante il saggio fosse aperto a tutti, le selezioni erano piuttosto severe: non potevi permetterti di fallire.

Ero stata entusiasta dell'idea all'inizio, ma non avevo nessuna voglia di competere, non ero nello spirito giusto e non avrei fatto altro che ridurre la mia autostima.

< Esatto. E' una grande responsabilità prendere parte ad un evento di così vasta portata e ci rendiamo anche conto che le selezioni difficili ed impegnative possano essere un ostacolo, specialmente per gli allievi migliori, già sotto stress per via delle lezioni quotidiane, perciò abbiamo deciso di radunare i migliori allievi della scuola e di permettere loro di accedere al saggio senza dover superare l'esame di sbarramento. > Continuò con un sorriso.

< Lei vuole dire che... che siamo ammessi all'evento? > Arthur era piuttosto incredulo e anch'io; non perché credevo di non possedere i requisiti, o di non esserne all'altezza, semplicemente perché, forse, era troppo.

La premier di Remember Me, rivedere Robert, cercare di reprimere i miei sentimenti contrastanti, impegnarmi costantemente per raggiungere il mio obiettivo ed ora questo. Ne ero lusingata, certo, come lo sarebbe stato chiunque al mio posto, ma, dovevo ammetterlo, avevo paura di fallire miseramente, di sentirmi inadeguata, di far finta di essere qualcuno che in realtà non ero e non sarei mai stata.

Conoscevo i miei limiti ed era troppo, tutto quello che mi stava succedendo.

< Precisamente, signor James. Siete stati i primi a cui abbiamo pensato e avete sempre dimostrato dedizione, disciplina, impegno e un ottimo livello di preparazione, direi eccellente e non vedo il motivo per tenervi in disparte. > Miss Stevens si alzò, dirigendosi all'enorme finestra che le consentiva la completa visuale della strada mediamente trafficata e dei grattacieli illuminati in lontananza.

L'espressione di Arthur si tramutò in gioia e allungò una mano verso la mia per stringermela. Non gli negai il contatto, ma quello che riuscii a produrre fu una insignificante smorfia con la bocca che non avrebbe mai avuto le sembianze di un sorriso.

< Le siamo riconoscenti dell'opportunità concessaci, Miss Stevens, davvero. > Aveva diamanti al posto degli occhi e già me lo figuravo discuterne con i suoi genitori a telefono, le parole che non avevano freno, come un fiume in piena.

< Sono convinta che non mi deluderete. Potete andare adesso. > Ci congedò con un altro sorriso sincero e noi abbandonammo il suo ufficio, augurandole una buona serata.

< Non ci posso credere! Ci pensi? Noi all'evento più importante dell'anno! E' un sogno che si avvera! > Esplose Arthur a distanza di sicurezza dall'ufficio.

< Sì, fantastico. > Borbottai, lo sguardo basso e la mente già impegnata in altri pensieri.

< Non vedo l'ora di dirlo a John! Ci vediamo domani, allora, d'accordo? > Non mi diede neanche il tempo di rispondere, che si era già allontanato di corsa fuori dall'edificio verso i dormitori.

Io, invece, non avevo fretta.

Respirai l'aria fredda della metropoli e infilai le mani in tasca in cerca di calore.

Avevo fantasticato così tante volte circa i miei sogni di diventare una ballerina di danza classica, circa la Julliard, circa New York, che non mi sembrava quasi vero di esserci arrivata, di aver già trascorso tre anni lontano da casa, di aver già quasi rimosso tutti i ricordi che avevo della mia casa a Londra.

Sorrisi, pensando a quanto la vita di Robert fosse simile alla mia: non avevo successo e fama, ma eravamo entrambi lontani dall'Inghilterra, avevamo entrambi realizzato i nostri sogni, eravamo entrambi cambiati e probabilmente non ci saremmo riconosciuti; non nell'anima, perlomeno.

L'unica cosa che non avevamo in comune, era che mi mancava, più dell'aria, mentre per lui, probabilmente, ero solo la pagina strappata di un libro di favole.

 

   
 
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