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Autore: rukiachan15    25/04/2012    1 recensioni
Questa storia è scritta dal punto di vista di Elena. Ho sempre immaginato come si sentisse Elena per tutto ciò che le è capitato e anche alle persone a cui voleva bene. Perciò eccola :D Spero sia di vostro gradimento ^^
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ero solita svegliarmi all’alba, ma quella notte per me era stata da incubo. L’avevo passata a pensare, riflettere, chiarire con me stessa. Lasciai il letto disfatto per sedermi sul davanzale della finestra della mia camera da letto. Mi rannicchiai sui cuscini freddi proprio come facevo da piccola quando qualcosa non andava. Allungai le gambe e i miei piedi vennero a contatto con la parte ghiacciata provocandomi un leggero brivido di freddo. Li ritirai subito e cinsi le ginocchia con le braccia, volgendo lo sguardo fuori da vetro. Alberi dalle foglie secche e ingiallite si scorgevano da tutta la strada. Una forte folata di vento scosse le chiome degli alberi. Le foglie quasi come in una danza si innalzavano nell’aria accompagnate da una scia intensa di vento autunnale che le faceva volteggiare come fossero ballerine. Erano così leggere e semplici. Per loro nulla era un problema. Avevano una vita breve ma tranquilla e poi regalavano uno spettacolo meraviglioso a tutti gli osservatori attenti. Accennai un minimo sorriso.
Ma come facevo e pensare alle foglie in questo momento? Come potevo ignorare, essere indifferente alla mia coscienza e a tutto ciò che sapevo?

Il mio viso si incupì ricordando sprazzi di immagini che avevo visto sfocatamente grazie a quella strega. Non sapevo nemmeno perché lo avessi fatto. Curiosità, stupidità, brama di sapere, qualcosa mi aveva spinto a conoscere il futuro, il mio futuro. Ma quella immagini che mi erano apparse così velocemente, così sfocate, confusionarie, assordanti non riguardavano solo me. Damon, Stefan, Bonnie,Caroline,Tyler,zia Jenna,mio fratello Jeremy..a tutte le persone che erano legate a me, a cui volevo bene, succedeva qualcosa che dipendeva da me. Io ero la causa dei loro mali, morti, trasformazioni, infelicità, perdite. La mia vita, la mia stupida e fragile vita, il mio semplice respirare avrebbe causato una quantità insormontabile di dolore, sofferenza, tristezza e conseguenze irreversibili. Chiusi gli occhi, strizzandoli.
Come avrei potuto continuare a vivere con questo peso, con questa consapevolezza? Come avrei potuto permettere che i miei amici e le persona e me care si sacrificassero per me? Chi ero io in fondo perché tutti mi dovessero salvare la vita?
Non ero nessuno. Soltanto una piccola goccia in un grande e sconfinato oceano di esistenze. Stavo tremando e a quanto pare piangevo. Sentivo le lacrime che silenziosa mi rigavano le guance. Nascosi la testa fra le gambe. Cosa potevo fare? Come potevo impedire tutto quello che avevo visto? Per cambiare il futuro, occorre cambiare il presente.
Forse potevo lasciare Stefan. Gli avrei detto che non l’amavo e che doveva uscire dalla mia vita, per sempre. Quelle parole, anche se le avevo soltanto pensate, mi strinsero il cuore come fossero una cintura di spine. Era per il suo bene, per la sua vita. Mi aveva salvata tante volte, anzi dovevo la mia vita a lui. E poi..lo amavo. Forzatamente si presentò nella mia mente la sua immagine, quella di Damon. Le cose che avevo visto su di lui erano terribili e l’ultima scena…Iniziai a singhiozzare. Lo vedevo disteso sul letto ed io accanto a lui. Era pallido e dolorante. Le immagini erano accompagnate da urla strazianti. Era in punto di morte e io..Io ero lì, impotente ad osservarlo mentre lasciava tutto, mentre mi lasciava. Una lacrima zampillò sul mio ginocchio. Piansi a dirotto ricordando quelle immagini strazianti. Non volevo che accadesse una cosa del genere! Non potevo permettere che loro morissero. Erano le perosne che si erano legate a me dopo la morte dei miei genitori e..Il pensiero venne bloccato dal dolore. E poi i miei amici e mia zia e mio fratello. Non potevo essere così egoista. Li avrei allontanati tutti dalla mia vita, me ne sarei andata da quella città e avrei iniziato una nuova vita. O magari sarei semplicemente esistita facendomi scorrere la vita tra le mani senza agire o reagire. Mai avrebbero dovuto sapere il motivo del mio allontanamento. L’amore, l’amicizia, gli affetti, avrei lasciato tutto lì.
MI asciugai le lacrime cercando di calmarmi. Li conoscevo bene e sapevo che non si sarebbero arresi. E poi non ero una grande bugiarda, a stento riuscivo a mentire sulla colazione a mia zia, di sicuro non avrei saputo reggere il gioco. Era troppo dura, pesante, dolorosa la posta in gioco. Me o loro. Quindi dovevo raccogliere le mie ultime forze, il coraggio e andare avanti. Il pensiero di vedere Stefan soffrire, Damon fare stupidaggini e i miei amici disperati e delusi, faceva crollare ogni piccolo mattoncino che avevo accuratamente impilato per costruire la mia decisione e la mia forza. Con che coraggio li avrei affrontati? Con che discorsi, parole, frasi, avrei sostenuto le mie ragione? Sarebbe bastata una parola, un abbraccio, per farmi crollare. Quel piano era destinato a fallire. Voltai la testa verso la finestra e puntai il mio sguardo su una foglia ingiallita attaccata ad un ramoscello. Nonostante le sferzate di vento, riusciva a resistere imperterrita. Era forte e tenace, sebbene non fosse giovane e vigorosa. Il vento ad un tratto si calmò, ma io continuai a guardare la foglia che adesso giaceva immobile davanti ai miei occhi. Aveva combattuto e ce l’aveva fatta. Mi venne quasi da sorridere.
Tutto d’un colpo sentii la finestra tremare e la foglia staccarsi e volteggiare verso il suolo. Il vento era troppo forte. Deglutii. Fu in quel momento che ebbi una soluzione definitiva a tutto. Avrei evitato i loro sguardi tristi, il loro dolore e avrei evitato a me stessa sofferenze che avrebbero consumato lentamente il mio animo. Sarei morta. Quel termine rievocava in me tanti ricordi, tante sensazione, ma non era questo il momento. Avevo preso una decisione.
Egoista, altruista, stupida, poco importava. Non sarei stata la causa di dolore delle persone che amavo. La mia morte avrebbe reso tutto più facile. MI guardai attorno, cercando con gli occhi il diario e la penna. Li focalizzai presto e mi sedetti sul letto per scrivere la mia ultima pagina di quel diario, le mie ultime parole. Accarezzai la copertina di pelle blu e il diario al naso per annusare ancora una volta l’odore di lavanda che mia madre metteva sempre nell’armadio. Sorrisi. Presi l’ultima pagina bianca e iniziai a scrivere. Le parole vennero sole e spontanee.Sensazioni,immagini, suoni, emozioni, sentimenti. Riportavo parola per parola le mie motivazioni e soprattutto tenevo molto a fare sapere quanto gli volessi bene e che non avrebbero dovuto preoccuparsi della mia assenza. Non ci sarebbe stato altro modo per risolvere questa situazione. Lo avevo fatto con il cuore, perché volevo e avevo deciso così.
Nessuno mi aveva costretto. Erano state le circostanze, il Fato ,qualunque cosa fosse stata adesso non aveva alcuna importanza. Firmai, senza rileggere il foglio sbiadito e stropicciato dalle lacrime che cadevano dal mio viso. Alla fine dellapagina scrissi una dedica speciale per Stefan e Damon. Volevo che fossero unito, che lo facessero per me perché li amavo. Richiusi il diario lentamente e allegai la penna alla copertina rigida. Caddi inerme sul letto con gli occhi fissi al soffitto. Adesso non rimaneva che prepararmi. Sapevo già dove tutto sarebbe accaduto, su questo non avevo dubbi. MI vestii con calma prendendo indumenti a casa dall’armadio. MI guardai allo specchio. Dovevo riuscire a fingere di essere felice. Aprii la bocca in sorriso apparentemente smagliante. Cercai di cancellare ogni cosa dalla mia mente. Chi mi conosceva,guardandomi negli occhi avrebbe subito intuito che qualcosa non andava. Disinvolta e normale. Presi la borsa e mi fermai sulla soglia della porta. MI guardai indietro scrutando la mia stanza. Presi un bel respiro e scesi le scale. Sentii zia Jenna che parlava con jeremy.

. Un buon profumo proveniva dalla cucina. Scesi l’ultimo gradino e mi diressi in quella direzione. Tutto doveva sembrare normale. Non avevo la forza per parlare, feci il sorriso che mi ero preparata qualche minuto fa davanti allo specchio. Entrambi ricambiarono con un buongiorno sereno e allegro.Guardai la tavola imbandita di prelibatezze da prima colazione. Assaporai il profumo invitante di ognuno di quelle gustose pietanze. Carpii ogni dettaglio di quella stanza, della tavola, di zia Jenna e di Jeremy. E poi all’improvviso qualcosa mi spinse ad abbracciare zia Jenna. La strinsi forse, affondando la mia testa fra i suoi boccoli color carota. Lei non esitò a ricambiare e a stringermi a sua volta. Rideva. Forse era la prima volta che le dimostravo un tale affetto. Quell’abbraccio sembrava non finire più. Ma proprio con quell’istintivo e semplice gesto volevo ringraziarla per tutto quello che aveva fatto e per tutto quello che avrebbe fatto per Jeremy. La lasciai,dovetti sciogliere l’abbraccio. Le sorrisi lievemente. Vedevo che  la sua espressione mostrava entusiasmo e sgomento. MI incamminai verso la porta. Con la coda dell’occhio vidi Jeremy. L’istinto fu più forte di me, attraversai il tavolo della cucina e lo abbracciai. Gli diedi un grosso bacio sulla guancia e gli sorrisi. Questo mio comportamento stava destando stupore e meraviglia
. Sorrisi,vedendo l’espressione sconvolta sul suo volto. Raccolsi la borsa e finalmente uscii. Mentre attraversavo il vialetto ciottolato,mi guardavo indietro titubante. Aprii la portiera della macchina e salii,incamminandomi verso casa di Stefan
. Non potevo non toccarlo,baciarlo,abbracciarlo,un’ultima volta.Schiacciai il piede sull’acceleratore e in pochi minuti fui lì. Tenevo ancora le mani strette al volante, anche se avevo parcheggiato. Il cuore batteva all’impazzata. Avevo paura. Mi feci forza e scesi dall’auto. Il breve tratto dalla macchina alla porta fu quasi una fuga da un mostro invisibile
. Arrivai con il respiro affannato. Bussai. Speravo di trovare anche Damon. Non potevo lasciarlo così. Subito la porta si spalancò e ad accogliermi fu lui.
*Damon..*dissi sospirando
. Una preoccupazione era passata. Mi sorrise,guardandomi stranamente. Sorrisi di rimando. MI fece accomodare e iniziò a lanciare frecciatine su Stefan. Mi sarebbero mancate. Mi sarebbe mancato tutto di lui. Vidi comparire da una parte Stefan. Ancora una volta non seppi controllare le emozioni e l’istinto e gli andai incontro,gettandogli le braccia al collo. Appoggiai la testa sulla sua maglietta,inspirando profondamente il suo odore. Mi teneva la testa stretta,quasi mi confortasse.
Alzai il viso verso di lui e lo avvicinai al suo viso.Sentii la porta sbattere. Era stato Damon sicuramente. In quel momento però Stefan era importante,il centro della mia attenzione. Lo guardai negli occhi cercando di trasmettergli con il solo sguardo tutto l’amore che provavo per lui.* Ti amo..*sussurrai sulle sue labbra. Lo baciai intensamente. MI distaccai presto da quel bacio. Guardai l’orologio
.*E’ tardi..*dissi usando la scuola come misera scusante.
Mi sorrise e restò lì a guardarmi uscire, inconsapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta. Chiusi la porta dietro di me e poco più in là,appoggiato alla mia macchina stava Damon. Presi un respiro e mi incamminai verso di lui. Non sapevo come avrei reagito, cosa avrei fatto una volta a pochi centimetri da lui ma mi sarei affidata all’istinto. Ero a poca distanza dalla macchina quando mi venne incontro con passo felino ed elegante. Il suo volto era serio quasi preoccupato. Aveva capito qualcosa? Impossibile! Lo guardai negli occhi. MI sbarrava la strada. Feci un passo avanti,venendo a contatto con il suo corpo
.*Damon,per favore..*lo pregai con tono flebile
. La sua espressione mutò e si scostò per lasciarmi passare. Lo guardai stupita. Non me lo aspettavo da lui. Deglutii e andai ad aprire la macchina. Sentivo i suoi occhi fissi su di me. Qualcosa dentro si stava sgretolando. Non potevo,non dovevo cedere adesso. Aprii la portiera e gettai la borsa sul sedile. Nei miei occhi iniziavano ad affiorare le prime lacrime. Le ricacciai a forza dentro di me. MI voltai e lo abbracciai,stringendolo forte.
Le lacrime stavano per scendere,per cedere ma..no! Non glielo avrei permesso.
Sentii le sue braccia cingermi la vita. Chiusi gli occhi,godendomi quel momento. Alzai la tesa e , non sapevo cosa o perché ma,avvicinai il suo viso al mio con le mani e lo baciai. UN semplice bacio innocente. Un bacio d’addio. Speravo che potesse capire tutto quello che non gli avevo detto e trasmesso in   quel periodo.
MI distaccai dalla presa e salii in macchina senza voltarmi indietro. Accesi il motore e partii per il lago. Le lacrime che avevo trattenuto sgorgavano come fiumi in piena nella stagione delle piogge. Le lasciavo scorrere sul mio viso.
Pochi minuti e sarei arrivata.
Quella strada, quegli alberi,tutto mi ricordava momenti dolorosi e sofferenti. Accostai la macchina sul ciglio della strada e scesi lasciando tutto ciò che mi ero portata,dentro. MI incamminai attraverso il sentiero del bosco che portava al ponte sul lago.
Scansando qualche ramo,riuscii a trovare il luogo che non vedevo da tempo. Misi piede sulla prima asse di legno del ponte e un fremito mi percorse. Era la prima volta dopo l’incidente che tornavo lì. Non avevo avuto più il coraggio, la forza di tornare. Camminai fino a metà ponte. Le gambe tremavano in preda alla paura e al panico.
Stare lì mi costava un grande sforzo. UN ultimo sforzo. MI affacciai per guardare giù e sotto di me vidi soltanto acqua verdastra. Quel punto doveva essere abbastanza profondo. Con mani tremanti mi tolsi il giubbotto e lo lasciai andare ai miei piedi. Faceva freddo e credevo che quelle acque sarebbero state gelide. In cuor mio speravo che fosse una cosa breve,istantanea quasi come una foto. Guardai per l’ultima volta il mio riflesso nell’acqua. Ripensai a tutte le cose che avrei preso e che stavo perdendo.
Un magone mi salii su per la gola.
Ma pensando ai miei genitori,alla loro sorte,in fondo io sarei già dovuta essere con loro e invece ero qui. La mia morte sarebbe stata solo una realizzazione del destino,soltanto un ricongiungimento con le persone che amavo e che mi avevano cresciuta. Cercai di arrampicarmi sulla ringhiera di legno del ponte. Non ci misi molto per riuscire a mantenere l’equilibrio.
Alzai gli occhi al cielo.
UN piccolo spiraglio di luce si fece largo tra le nubi per illuminare e riscaldare il mio viso freddo. Chissà cosa avrei trovato.Strinsi i pugni. Basta indugiare e perdere tempo! Così avrei soltanto prolungato la pena. Agitai le braccia per farmi forza.
*Arrivo mamma,arrivo papà!*sussurrai al vento
.Staccai un piede dalla ringhiera e persi facilmente l’equilibrio arrivando in acqua. Quell’acqua era gelida e pesante quasi soffocante,oppressiva.
L’istinto mi avrebbe portato a risalire a galla a muovermi, ma questa volta la volontà fu più forte. Rimasi immobile,nell’oscurità ghiacciata di quelle acque solitarie.
Tenevo gli occhi aperti,abbandonadomi a tutto. Seetivo le mie forze venir meno, e la resistenza era divenuta nulla, ormai
. Alzai la testa.
Ero troppo in profondità per risalire. Li chiusi lentamente,mentre continuavo a sprofondare in quelle gelide acque scure. Il nulla mia avvolgeva.
Davanti a me le immagini dei miei genitori che mi salutavano sorridendo felici “Arrivo!” gridai nella mia mente.
“Aspettatemi!”.
Un sorriso fu l’ultima cosa che riuscii a fare mentre il mio corpo affondava in balìa dell’oscurità, mentre il mio cuore pulsava i suoi ultimi e lenti battiti. Aveva sofferto tanto,era stato messo a dura prova da tutto. Era il momento che si riposasse
.Tum,tum.
Finalmente era finita.*
 
 
  
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