Causa scuola dovrò aggiornare ogni due-tre giorni, a meno che non avrò un lampo di genio creativo e mi porterò avanti con i capitoli. Se volete leggere qualcos' altro di mio, ho scritto How could I not love you, Damon? sempre su TVD.
Comunque, un bacio e buona lettura! :)
Pov
Elena
Lessi
il cartello Benvenuti a Mystic Falls,
trattenendo un moto di sollievo: la pioggia e il vento continuavano a
sferzare l'asfalto, mentre cercavo in tutti i modi di guardare fuori
dal finestrino, e non verso
lo sguardo
color ghiaccio che
sentivo trafiggermi da molto, da quando eravamo saliti in macchina.
Damon guidava in silenzio accanto a me, stringendo forte, troppo
forte, il volante e Jeremy forse si era addormentato, o forse no, non
mi arrischiavo a controllare. La tensione nell'abitacolo era
così
palpabile, che mi sembrò di tornare a respirare quando
finalmente
l'auto accostò davanti casa nostra: Jeremy scese
sbadigliando, io
esitai, ancora seduta.
- Fate pure con comodo.- disse mio fratello, piccato, mentre in un
attimo percorreva il vialetto di casa e si fiondava dentro, lasciandoci
inevitabilmente soli.
Arrossii,
pensando di incrociare finalmente quegli occhi che per così
tanto
tempo mi ero così preoccupata di evitare: Damon
però guardava
dritto davanti a sé, immobile. Non faceva freddo, perlomeno
non lì
dentro, ma sentii comunque un brivido attraversarmi la schiena.
- Scendi dalla macchina e vattene, Elena.
Sussultai,
nel sentire la sua voce fredda colpirmi come uno schiaffo. Sbattei le
palpebre più volte, incredula.
- Che cosa?
- Ho detto scendi dalla macchina e vattene. Andare via,
lasciare un luogo, prendere un'altra strada. Sparisci.
Cercai
invano il suo sguardo, ma non lo trovai.
- Damon...
Non
rispose: presa da un impeto improvviso poggiai la mia mano sulla sua,
fermamente ancorata al volante. Si voltò di scatto, puntando
i suoi
occhi nei miei, e rabbrividii: una luce folle, pericolosa, furiosa li
illuminava, mentre si sottraeva con rabbia al contatto, lasciandomi
con la mano a mezz'aria dallo stupore.
- Hai avuto un bel viaggetto, recuperato tuo fratello sano e salvo e
passato un po' di tempo con il vampiro cattivo, ora puoi andartene e
lasciarmi in pace. Contenta, piccola
Katherine? - sibilò, con il tono di voce
più crudele che gli avessi mai sentito, perforandomi con lo
sguardo.
Piccola
Katherine. Quelle
due parole mi
trafissero l'anima, mentre sentivo già lacrime bollenti
formarsi
inesorabilmente tra le ciglia. Tremai.
- Sparisci.- ribadì, avviando già la macchina.
- Damon...- sussurrai, ingoiando le lacrime.
- Sparisci!- gridò,
sporgendosi ed aprendomi seccamente la portiera con una spinta della
mano.
Corsi
fuori dalla macchina, mentre lo sentivo già ingranare la
marcia e
partire al massimo della velocità: le ruote stridettero
sulla ghiaia
mentre in meno di un secondo scomparve dalla mia vista appannata
dalle lacrime.
Caddi
seduta sullo scalino del portico, notando solo in quel momento che
ero fradicia dalla testa ai piedi, ma non me ne curai: mi presi il
viso tra le mani e chiusi gli occhi, lasciando che i ricordi mi
inondassero la mente. Mi pareva di sentire ancora le sue mani
accarezzarmi con dolcezza e bramosia crescente mentre le nostre
labbra combaciavano e lo stringevo a me, per un momento beatamente
incurante di tutto e di tutti: avevo dimenticato chi ero, la mia
storia, sentivo solo il suo calore e il suo profumo fondersi con il
mio e non volevo che finisse.
Ma
era finito. Era finito tutto.
Non
lo so.
Quanta
sincerità, e quanta meschinità allo stesso tempo
era celata in
quelle tre parole?
Non
toccarla! L'eco
della sua voce
continuava a risuonarmi nelle orecchie, mentre per l'ennesima volta
mi proteggeva, nonostante tutto.
Ma
era vero? Non lo sapevo, o non volevo saperlo?
Avevo paura. Paura delle conseguenze, dei giudizi degli altri, dei
cambiamenti, di tutto. Non lo so.
Piccola
Katherine. Un
altro singhiozzo
mi scosse, mentre le lacrime continuavano a cadere, lente e
inesorabili. Sentivo uno squarcio irreparabile nel petto continuare a
pulsare, una ferita profonda: non avevo mai pianto così, non
avevo
mai sentito il cuore così straziato, e me ne sorpresi. Avevo
perso i
miei genitori, ero stata vittima di rapimenti, sacrifici, spettatrice
di innumerevoli omicidi, eppure non ero mai crollata così, e
soprattutto non avevo mai sentito quella strisciante sensazione di
senso di colpa e vergogna che
mi attanagliava lo stomaco. Di solito era colpa degli altri se stavo
male, dell'ibrido, della morte o del vampiro di turno, non mia.
Questa volta era diverso.
Era
tutta colpa mia.
E'
finita. Non voglio vederti, non voglio stare con te. Queste
erano le parole con cui Stefan mi aveva lasciata, non le avevo
dimenticate, ma ciò che avevo provato in seguito non era
neanche
paragonabile alla sofferenza che sentivo in quel momento.
Damon
mi aveva fatto dimenticare tutto.
Ma
ora non avrei avuto più nessuno.
- Entra, Elena. Sei fradicia, ti prenderà qualcosa.- Jeremy
esitava alla porta, guardandomi preoccupato. Mi alzai di scatto ed
entrai in casa e, senza dire una parola, lo abbracciai, singhiozzando.
- E' per Damon, vero?
Non
c'era irritazione o rabbia nella sua voce, solo rassegnazione e
dispiacere. Mi scostai e mi asciugai le lacrime.
-
Sì.- risposi, voltandogli le spalle e salendo
piano le scale.
Pov
Stefan
Sentii
la porta di casa aprirsi e il passo lento e familiare di mio fratello
varcare la soglia. Alzai lo sguardo da Moby Dick per
incontrare il suo: sembrava stravolto, completamente prosciugato. In
un attimo mi alzai e gli fui davanti.
- Cos'è successo?- domandai.
- Piano fallito, come al solito, viaggio tranquillo e poco traffico.
Niente da evidenziare.- rispose, con il solito tono sarcastico che
stonava completamente con la sua espressione afflitta. Fece per
scansarmi ma lo bloccai.
- Elena?- continuai, cercando invano di catturare il suo sguardo
sfuggente.
- Intendi la doppelganger di Katherine? Oh, sta
bene, magari un po' stanca, ma che vuoi farci. -
In
quel momento mi avvicinai, e sentii stranamente un altro profumo che
conoscevo benissimo mescolato a quello secolarmente familiare di mio
fratello.
Capii
tutto, e in meno di un secondo lo sbattei con forza contro il muro,
bloccandolo: alcuni quadri appesi alla parete caddero per l'impatto.
- Dimmi cos'è successo. Ora!- gridai, a pochi centimetri dal
suo viso.
- Quello che succede sempre, solo che stranamente ha preso lei
l'iniziativa. Comunque puoi stare tranquillo, il suo essere Petrova si
fa avanti sempre nei momenti sbagliati. Ora è il tuo turno,
immagino, non so se ha una lista. -
Si
liberò dalla mia presa e mi guardò, fulminandomi.
- Non può andare avanti così.- dissi, prendendo a
camminare avanti e indietro al centro del grande soggiorno.
- Chissà perchè, ho come un deja
vu.
- Sono serio, Damon.
- Anch'io.
Ci
scrutammo per quella che parve un'eternità.
- Comunque, ho preso una decisione.- disse poi, ad un tratto. Si
avvicinò alla vetrina e ne afferrò una bottiglia
di cristallo colma di liquido ambrato: versò il
contenuto in un bicchiere e se lo portò alle labbra, prima
di continuare.
- Me ne vado, Stefan. Non ho più motivi per restare
quì, dopo stasera.
Spalancai
gli occhi. - Che cosa?- domandai, incredulo.
Bevve
l'ultimo sorso e posò il bicchiere, guardandomi.
- Mi riconosci, Stefan? Puoi leggere almeno parte di quello che provo
nei miei occhi? Non posso continuare a ridurmi così. E'
diventato un gioco che mi sta uccidendo.
- E cosa concluderai, andandotene?
Alzò
le spalle, appoggiandosi alla parete.
- Magari apprezzerà l'assenza, visto che la presenza non le
piace abbastanza.
Esitai.
- Non puoi andartene... sei importante per lei. Crollerebbe.- ammisi,
amareggiato.
Mi
trafisse con lo sguardo. - Non è questo che vuoi? Averla
tutta per
te e poterla riconquistare? Al posto tuo non mi
lamenterei. -
Rimasi
in silenzio per un po', punto nel vivo.
- Dove hai intenzione di andare?
Si
concesse un altro bicchiere di bourbon prima di rispondere. - Non lo
so. Lontano da quì.-
Detto
questo afferrò la giacca di pelle dal divano e mi fece un
cenno con
la mano.
- Ci si vede, fratellino.
- Lei ti ama.
Rimase fermo alla porta.
- Non abbastanza.- rispose, la voce completamente spezzata.
- Sì, invece. E non sai quanto mi costa ammetterlo, ma
è la verità. Se te ne vai ora... a cosa
sarà valso tutto ciò? - fissai il fuoco che
ardeva nel caminetto.
Si voltò di scatto e fu di nuovo davanti a me. - Come mai
tutto questo spirito di sacrificio? Che c'è, hai
pietà per il tuo povero fratello respinto?
Lo
guardai negli occhi. - Mi sto solo comportando da uomo, cosa che non
ho fatto nel 1864, con Katherine.-
Sembrò
colpito da quella affermazione, ma non reagì come mi
aspettavo.
-
Mi dispiace, Stefan. Almeno tu
non le farai del male.- disse,
affranto, lanciandomi un ultimo sguardo, prima di sparire.