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Autore: formerly_known_as_A    26/04/2012    3 recensioni
A scanso di equivoci, c'è da dire che non tutto è vero sui Russi e neppure su chi porta il nome Russia nel proprio. Non è perché sono russi che sono estremamente bravi negli scacchi.
No, da quanto ne deduce dalla propria esperienza, il polacco pensa che non siano tutti bravi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono molte cose che Feliks ha imparato, in svariati secoli di esistenza. Ci sono cose molto piacevoli, come la sensazione provata nell'infilare la mano in un sacco di grano o il correre nelle estese campagne della propria nazione.

Lo spettacolo offerto da un tramonto nei Mazury, dove il sole riflette ogni minimo colore nelle infinite distese d'acqua si godono appieno solo se ci si concentra su ogni senso per amplificarlo, rendendo l'esperienza, con i suoni, i profumi, il calore che fugge via a via sempre di più.

Altre non le ha mai imparate, per quanto si vanti di esserne quasi l'inventore. Gli scacchi, ad esempio, lo fanno dormire.

Non proprio in senso stretto, diciamo più che non riesce a concentrarsi. Li trova noiosi. Ma una buona parte del mondo civilizzato pensa che sia qualcosa di estremamente intellettuale e, per questo, finge di essere un asso degli scacchi.

La cosa funziona quando c'è da affascinare qualcuno che non l'ha mai visto fissare i pezzi sulla scacchiera, quando vuole immediatamente mettersi in buona luce con il proprio interlocutore.

I risultati sono disastrosi con i suoi due vicini.

Lituania cerca di farlo vincere, preso da pietà, ma qualunque mossa faccia riesce a vincere fin troppo rapidamente. Omessa l'irritazione per la pietà dell'amico, non è niente di terribile.

Lo stesso non si può dire dell'altra vicina, Bielorussia.

A scanso di equivoci, c'è da dire che non tutto è vero sui Russi e neppure su chi porta il nome Russia nel proprio. Non è perché sono russi che sono estremamente bravi negli scacchi.

No, da quanto ne deduce dalla propria esperienza, il polacco pensa che non siano tutti bravi.

Non sono bravi, sono semplicemente letali.

La bielorussa è sadica. Gli fa credere che stia vincendo, trascina le partite per ore ed ore e poi, solo quando Polonia finalmente, incredulo, riesce a pronunciare scacco, in due mosse gli lascia il re da solo, accerchiandolo di pedine bianche -sceglie sempre quelle-, tutte, senza esclusioni, pronte a divorare il povero Re nero.

C'è da dire che riesce a mantenere l'attenzione fissa sul gioco, con lei, cercando di indovinare le mosse successive, intuire quello che le passa per la testa. È... quasi divertente, lo ammette.

Ma c'è una cosa che non cambia: detesta perdere. E se con Toris può permettersi di buttare all'aria tutte le pedine -e lanciargliele addosso-, con la bielorussa non può farlo.

È troppo pericoloso.

La donna sfiora l'alfiere e il polacco deglutisce, incontrando nei suoi occhi la luce della vittoria. Oh, ma lui è orgoglioso, tremendamente orgoglioso, non può permetterglielo.

Lei afferra la pedina e la muove diagonalmente, con una lentezza calcolata che lo uccide.

Gli sembra di vederla negli anni in cui ancora erano sposati, all'improvviso.

Dev'essere il movimento della lingua che passa sul labbro inferiore, sostituita presto dai denti, il sorriso che ne nasce, pregustando la sconfitta del polacco.

Allora non era questione di scacchi. Era questione di documenti che non ha mai avuto voglia di leggere e lei gli dava modo di ignorare per lunghe ore. Era il modo in cui la sua mano scorreva sul suo polso e le unghie scivolavano sulla pelle, preannunciando i graffi ed i lividi che avrebbero lasciato da lì a poco.

Mani sottili ed eleganti, capaci di frantumare ossa. In un certo modo, l'idea di poter soggiogare solo in un letto la sua natura letale, da predatrice pronta ad uccidere la preda in un unico movimento, l'ha sempre tenuto in tensione, come se potesse davvero svegliarsi con un braccio in meno o, peggio, non svegliarsi proprio.

Sapere di essere una Nazione dominante non è mai stato motivo di ritenersi superiore a lei.

Lei, che mantiene l'alfiere a mezz'aria, fissandolo con sguardo incuriosito ed attento, come se fosse lui a dover muovere un pezzo.

Feliks fa un sorriso e le punta l'indice contro, con espressione divertita.

“Invoco la regola polacca! Sarà sempre il mio turno!” esclama, allungando una mano verso l'alfiere ma afferrando il polso della donna. L'avvicina e le labbra si scontrano quasi con violenza.

Non è un bacio piacevole, ma lo diventa presto, quando la lingua si insinua nella sua bocca e tutto quello che riesce a pensare è che Natalia ha previsto anche questa mossa.

Ma non importa, conclude, scavalcando la scacchiera per premere la donna sulla poltrona, tenendola fermamente nonostante le unghie conficcate nei polsi.

Non importa neppure che ogni loro partita finisca in quel modo.

Non ci sono mai vincitori né vinti, dopo. Nessun timore di non essere all'altezza, nessun orgoglio ferito. Nessun modo di prevalere l'uno sull'altra o il suo contrario.

E in questo, senza ombra di dubbio, Feliks riconosce la donna che ha amato.

   
 
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