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Autore: Cosmopolita    26/04/2012    9 recensioni
"Ho visto un soldato americano che faceva il tiro al bersaglio sulle donne del Viet cong, durante la raccolta del riso."
One-shot sulla guerra del Vietnam. Spero vi piaccia ^_^
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Vietnam
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ho visto un soldato americano che faceva il tiro al bersaglio sulle donne del Viet cong, durante la raccolta del riso.
Era appostato sopra un aereo in volo, aveva una mitragliatrice. Sopra di lui c'era la natura incontaminata dell'Indocina e tante donne che lavoravano.
Loro erano indifese e dal basso delle risaie non capivano da dove venissero quei colpi micidiali, ma intuivano chi forse era stato a lanciarli.
-Perché lo fai?- gli chiesi
-Sono abituati ormai…- c’era incuranza nelle sue parole, era come se fosse normale.
Riprese a sparare e più andava avanti, più sentivo il bisogno di allontanarmi
-Nausea?-
-Soffro di vertigini. –
Detto dall’America suona molto patetica come motivazione, ma sarebbe stato ancor più patetico dire la verità
“Mi fa schifo il solo fatto che un Americano, un eroe come me, faccia fuoco su donne e bambini. Anche se Viet cong”

Ho visto una donna vietnamita sul ciglio della strada, a Saigon.
Non era una prostituta, non ne aveva l’aria, anche se ormai qui lo sono diventate quasi tutte, per vivere. Era bella e urlava qualcosa nella sua lingua.
Credo mandasse a fanculo l’America, perché un uomo ha fatto lei cenno di star zitta, aveva il terrore impresso nel volto.
Ci guardiamo per un attimo. Con disprezzo mi fa una domanda e anche se non conosco la sua lingua, la capisco comunque
“perché?” questo vuole sapere.
Nonostante io sia l’America, non me lo so spiegare.

Ho visto il Vietnam stesso davanti a me. Sembrava così debole, eppure è più tenace di quanto pensassi.
Mai sottovalutare una ragazza, specialmente se è asiatica.
Mi domanda una cosa, in vietnamita, ma ormai la capisco perché ho udito quella parola talmente tante volte da essere rimasta impressa nella mia mente
“perché?”
E io, stranamente, rispondo con una frase che pochi giorni fa mi aveva fatto aborrire
-Dovreste essere abituati, ormai!- sento la voce uscirmi fuori con disprezzo, superbia.
Mi guarda e scuote la testa –Sei tu ad essere abituato. – si gira di scatto e se ne va, anche se in teoria stavamo combattendo.
Non ho mai sentito un odio così profondo nei miei confronti, fino a quel giorno.

Lascio quella terra di foreste, risaie, villaggi e morte con molti rimpianti, a testa bassa.
Non è decisamente da me battere la fiacca perché, da che mondo è mondo, l’America non si arrende così facilmente.
Gli eroi non si arrendono mai, ma ormai non ci crede più nessuno in questa guerra.
Pur essendo per natura un ottimista, non avevo più voglia di star lì a vedere le persone perdere la testa perché il mondo è troppo ingiusto per loro o osservarli morire davanti ai miei occhi.
Sarà anche poco eroico, ma è altrettanto eroico tutto il resto?
Mi domando il perché l’abbia fatto, ma dentro di me la risposta è già pronta
-Perché sono abituato così…-

Mi guarda andare via con un sorriso soddisfatto ma irrimediabilmente stanco.
Anche Vietnam non ce la faceva più, ma lei è stata più forte di me.
Sa cosa le aspetta; Washington cercherà sempre di sotterrare l’umiliante sconfitta dell’America in un modo o nell’altro, ma a lei non importa.
È felice perché in cuor suo sa che lei ha vinto, il Paese che tutti davano per spacciato ha fatto fuggire quello che è considerato il Migliore di tutti.
Lo sarei stato anche io, se fossi stato nei suoi panni.
Non sono abituato a perdere.

Forse un giorno faremo pace, forse un giorno le dirò perché me ne sono andato.
Non perché volessi farmi umiliare, non perché non sia eroico uccidere la gente e neanche perché avevo paura di perdere ancor più uomini.
Volendo, avrei potuto anche vincere, ma forse è questo il problema.
Avevo paura di non rivedere mai più Vietnam così com’è adesso. La terra della natura, della semplicità, della bellezza e della mia sconfitta.

 
 
 
 
 
 
 
 
So che forse il contesto di Hetalia è il meno appropriato per analizzare guerre come quella del Vietnam, ma quando si è appena visto “The full metal jacket” e si ha per la testa solo “Paint it black” dei Rolling stones, credo venga naturale scrivere fic simili.
Lo so, ammetto che ad essere depressiva lo è, io aggiungerei anche che è molto scarna, anche se è fatto apposta.
Spero di aver reso i due personaggi IC, trovo che in contesti angst sia molto difficile mantenere inalterata la psicologia originale, ma spero che questo non sia il mio caso.
Più di tutto, spero vi sia piaciuta questa fic. La mia intenzione non era di offendere nessuno, né americani, né vietnamiti, né soldati e né prostitute (ok, ho sparato anche troppe cavolate per oggi xD).
Mi auguro farete sapere cosa ne pensate di questa umile fic…non sono una fan dell’AmeViet, ma ho sentito la necessità di scrivere una cosa simile ^_^
A presto
Cosmopolita
 

   
 
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