NEVER LET ME GO.
Avevo avuto l’istinto di baciarla quella sera, quando ci eravamo trovati a parlare, e l’avevo fatto.
Non sapevo come poteva reagire, mi sono messo in gioco per lei, anche se potevo solo immaginarlo.
La presi sotto braccio e la strinsi a me più forte che potevo.
I suoi occhi erano bellissimi alla luce argentata della luna.
L’abbracciai tenendola sospesa tra le mie gambe.
Di tanto in tanto mi concedevo il lusso di sfiorarla con il palmo della mia mano.
Più la tenevo, più mi veniva voglia di possederla.
Volevo farla mia, marcarla con il profumo della mia pelle, così che qualunque uomo l’avesse toccata avrebbe avvertito il mio odore.
Non era un mio diritto farlo.
Io non ero suo e lei non era mia.
Lei era di un altro.
Un altro che portava il mio stesso nome.
Rubagliela sarebbe stato un altro gesto egoista da aggiungere alla lista.
Potevo solo immaginarla mia e di nessun altro.
Mi appoggiai al suo petto, cosi da poter sentire il battito del suo cuore ancora umano.
Quel cuore che a me mancava, era morto già da tanto tempo.
Rimasi ad ascoltare la melodia che quei battiti producevano.
Lei era lì, stretta tra le mie braccia e avvolta dal mio desiderio.
Un desiderio che portava la mia firma.
I suoi occhi pronunciavano parole mai dette.
Premetti le mie labbra sulle sue, la mia lingua si spostò dentro di lei.
Nessuno dei due si mosse, eravamo ancora immobili in un bacio che non voleva finire.
Mi appoggiai al suo collo e con i miei canini la sfiorai delicatamente come se fossi una piuma.
Una piuma delicata al sapore di lei.
Avevo il cuore a mille e i battiti pieni di lei.
Sembravano una cosa unica.
Una macchina che lavorava insieme e insieme produceva un bel lavoro.
Era come se il mondo in quel momento si fosse fermato solo per noi.
Per osservare quegli sguardi, quei baci che racchiudevano quel gusto di passione.
Il mondo era ritornato alla realtà solo quando Jeremy ci sorprese all’angolo del Motel con i pantaloni slacciati, e le mani nella sua camicetta.