Dan
Humphrey, seduto nella sala d'attesa dell'aeroporto, non aveva niente
di meglio da fare che guardarsi le scarpe, mentre aspettava che la voce
annunciasse i tempi d'imbarco.
Blair
Waldorf, al contrario, dall'altra parte di New York, godeva di una
visuale ben più interessante: Chuck Bass, aka l'amore della
sua vita, che non mancava di guardare dritto negli occhi.
“Chuck...”, disse quando si erano scrutati
abbastanza, “dobbiamo parlare.”
Chuck non rispose subito, non sapendo bene che tipo di emozione
provare. Sentì il peso delle aspettative schiacciarlo e
prima di rimanerne ucciso le chiese: “Cosa ci fai
qui?”
Una volta analizzato ogni possibile particolare delle sue calzature,
Dan iniziò a giocare nervosamente con il biglietto che aveva
in mano; passò i successivi trenta secondi a desiderare un
momento di strapparlo, il momento dopo che fosse già
arrivato a destinazione, poi la sua mente si perse in monologhi degni
del peggior Nicholas
Sparks.
Insomma,
com'era possibile che fosse finita così? Aveva vissuto in
funzione dei bisogni di lei nell'ultimo anno e la suddetta lei non si
era degnata di dargli nemmeno una spiegazione? Quale essere umano si
sarebbe comportato in quel modo...
Avrebbe dovuto parlargliene, perché se ne avessero
parlato...se solo lui avesse capito, se lei, sempre la stessa,
benedetta lei,
glielo avesse detto...
Dan pensava che se lei fosse stata onesta, magari a quest'ora lui non
si sarebbe sentito così svuotato. Pensava che avrebbero
litigato fino a urlarsi tutto quello che non pensavano realmente l'uno
dell'altra, magari, anzi sì, di sicuro, ma per lo meno
avrebbero avuto un confronto...mentre adesso, tutto quello che il
ragazzo sentiva di avere era quella soffiata di Gossip Girl sul
cellulare, e il ricordo del viso di Serena, sinceramente dispiaciuta.
Serena, un'altra benedetta
lei, aveva
detto: “Mi dispiace Dan...credo che Blair pensasse
sinceramente che tra di voi avrebbe funzionato, è solo che
ci sono emozioni del tutto irrazionali, che per quanto tu voglia non si
possono controllare. Chuck e Blair sono...” Dan le aveva
fatto cenno di tacere. Sono cosa? Epici? Destinati a stare insieme?
Inevitabili? Qualsiasi parola Serena stesse per pronunciare, non aveva
proprio voglia di sentirla. “Ma almeno partirai per Roma,
tutto quello che devi fare è consolarti con un piatto di
pasta e un tramonto sul Colosseo. E chissà, magari ci
vedremo prima del tuo ritorno, magari potrei venire a salutarti, sai,
mangiare insieme un gelato, fare il punto della situazione, ridere di
quanto siano andate fuori controllo le nostre vite...”
Dopo un tempo incalcolabile, Blair si convinse a parlare.
“Credo...credo di essere pronta a fare la cosa giusta. Ad
affrontare tutto quello che ho evitato da un anno a questa parte. Dopo
tutto quello che ti ho fatto passare te lo devo, era giusto iniziare da
qui.”
Per un tempo incalcolabile Chuck trattenne il respiro.
Epici? Destinati a stare insieme? Inevitabili?
Ripensandoci, Dan tirò un sospiro di sollievo all'idea di non aver avuto
modo di discuterne con Blair! Se il solo sentirlo dire da Serena lo
aveva ridotto in quello stato, immaginarsi sentirlo dire dalla diretta interessata in
persona, con i suoi modi diretti, l'incapacità di rendersi
conto di quanto si possa impazzire a stare dietro i suoi sbalzi
d'umore, i suoi occhi perennemente umidi, sempre sul punto di scoppiare a
piangere.
Come avrebbe potuto mantenersi calmo? Non urlarle, ancora una
volta, che non era che un'egoista. Che non sono le cose ad essere complicate,
le cose erano semplici: loro erano una coppia e lui l'amava.
Come
avrebbe potuto non avvicinarsi mentre le sbraitava di non scappare
proprio adesso, di avere almeno il coraggio di rimanere lì e
sentirselo dire, che l'amava. Nonostante fosse chiaro ormai che
l'avesse solo preso in giro.
Che tutto quello che vedeva in lui era un
riparo in attesa di tempi migliori.
E di poter tornare con l'amore
della sua vita, Chuck Bass.
Come avrebbe potuto, una volta arrivato troppo vicino al suo viso, non asciugarle le lacrime, non abbracciarla, non dirle: “Guarda, è piuttosto lineare, Blair. Tu senti di aver raggiunto il fondo, ma sei solo spaventata... tutto quello che devi fare è raccogliere tutta l'onestà verso te stessa di cui sei capace e chiederti chi sei. Chi vuoi diventare? Come vuoi passare il resto della tua vita?”
Sarebbe finito con il consolarla, con il rassicurarla, che forse
era stato un po' brusco, ma è perché all'inizio
è difficile per tutti. Le avrebbe dato un bacio
sulla fronte, e sussurrato che magari
con il tempo, magari avrebbero trovato il modo di restare amici.
E Dan ne aveva proprio abbastanza di essere amico di Blair Waldorf.
“Chuck, sei diventato una persona migliore sotto i miei
stessi occhi, e immagino che non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me
stessa per diversi motivi. Perché ero spaventata dall'idea
di tornare con te, ma ero terrorizzata anche dal poterti perdere.
Perché ti vedevo diventare ogni giorno più forte,
mentre sentivo me regredire, diventare più debole. Quando
sei venuto a scusarti: è stato quello il momento in cui ho
capito chi avevo davanti. La sensazione che ho provato, non sono
riuscita ad identificarla subito: mi sentivo sollevata, all'inizio, poi
l'allegria è diventata tristezza, ed io ho pensato fosse
nostalgia, ma non era proprio così. Se fossi riuscita a
capire subito cosa significasse quella sensazione, molte cose sarebbero
andate in maniera diversa...”
“Blair, davvero, apprezzo questo dialogo a cuore aperto, ma
ti prego, arriva al punto. Rimandiamo il discorso sul passato a
dopo...”
Blair deglutì.
Che poi cosa avrebbe potuto fare? Alimentare i suoi dubbi in attesa di
vederla scappare via in un altro attimo di debolezza?
Per quanto non
riuscisse a spiegarsi perché in un primo momento avesse
scelto lui quando sarebbe potuta correre direttamente tra le braccia di
Chuck, doveva riconoscerlo: adesso tutto aveva senso.
Quando le aveva
detto ti amo era rimasta zitta, e quando non era riuscita ad
organizzare la festa che avrebbe dovuto presentarli come coppia era
scappata via, già pronta ad arrendersi...in fondo era sempre
lei la prima a staccarsi dopo un bacio.
Forse aveva deciso
razionalmente che lui fosse la scelta migliore, ma Serena aveva
ragione, quello non è amore.
Amore era la voglia irrefrenabile che aveva Dan in quel momento - dopo
tutto questo discorso logico al termine del quale era arrivato alla
conclusione che prima o poi sarebbe successo, e allora meglio
così che averci creduto fino all'ultimo - di lasciare
biglietto e valigie e correre da lei a supplicarla di cambiare idea, di
scegliere lui.
Immaginò Chuck tirare fuori l'anello, mentre lui arriva
appena in tempo, portandosi dietro una frase arrogante e d'effetto,
tipo “Quanti uomini hai intenzione di sposare, prima di
capire che sono sempre stato io quello che volevi al tuo
fianco?”, lei che lo guarda sorpresa, e felice.
Ma che in un ultimo impeto di rabbia gli avrebbe detto: “Cosa
ci fai qui? Non ho bisogno di te al mio fianco” “Ma
forse io sì”, avrebbe risposto il ragazzo, “Lui
sarà anche cambiato per te, ma io sono cambiato CON te,
riesci a capire la differenza? Siamo così diversi che per
starti accanto ho dovuto cambiare punto di vista, ed ho scoperto che
è da quella prospettiva che voglio vedere il resto della mia
vita. E siamo così simili che durante tutto il tempo che
abbiamo passato a disprezzarci era perché, senza rendercene
conto, non volevamo altro che scappare, io dal mio mondo, tu dal tuo, e
non riuscivamo a intuire che era già scritto lì,
era logico che alla fine ci saremmo dovuti incontrare a metà
strada.”
Nemmeno nelle sue fantasie Dan riusciva ad essere un vero e proprio
duro, vincente alla prima mano.
Per trattenersi in quella sala d'attesa riguardò la foto di
quel bacio sul suo telefono, e sotto la didascalia AVVISTATI!
C e B intenti a fare quello che riesce loro meglio: ritrovarsi. Che sia
il lieto fine definitivo? Comunque, scommettiamo che il ragazzo
solitario abbia imparato che non si può scappare dalla
propria natura. Puoi rinchiudere una vipera in una teca e darle da
mangiare ogni giorno, ma non aspettarti che non ti morda quando la
liberi.
In quella foto sembravano perfetti e invincibili, stretti l'uno
all'altra ad occhi chiusi, in una giornata così soleggiata
che tutta quella luce sembrava quasi il segno di una consacrazione.
XOXO, pensò Dan.
“Se fossi riuscita a capire subito quella sensazione, avrei
capito allora di non essere più innamorata di te, e non mi
troverei qui in questo momento. Te lo avrei spiegato prima, e non avrei
avuto bisogno di chiederti scusa a mia volta adesso. Spero che tu possa
prenderlo come un errore in buona fede: ho passato gran parte del mio
tempo con te, e ti ho amato così tanto, che l'idea di
perdere sia te che il nostro amore mi ha annebbiato la vista.
Quell'idea è stata presente nonostante l'incidente,
nonostante il matrimonio, nonostante Dan, nonostante tuo padre. Non
avevo capito che le cose erano più semplici di come le
stessi vivendo io: il primo passo è stato ammettere che
c'era una differenza tra quello che mi aspettavo di volere e quello che
volevo. Il secondo, fare pace con quella consapevolezza: non dovevo
cancellare i miei ricordi, quello che abbiamo avuto farà
parte di noi per sempre, e nonostante tutto io ne sono grata. Mi hai
cambiato la vita. Hai fatto i tuoi errori, e per quanto possa averti
perdonato, così come sono indelebili i bei ricordi, lo sono
anche quelli brutti. Ma mi hai anche fatto sentire amabile quando
nessuno sembrava avere occhi per me.”
“Ma quel bacio...”
“Quel bacio”, continuò lei chiudendo gli
occhi in un sobbalzo, “era un bacio d'addio. Ed è
stata la conferma di cui entrambi avevamo bisogno per andare avanti.
Non è stato come tutti gli altri baci che ci sono stati in
passato, so che l'hai sentito anche tu.”
Chuck abbassò lo sguardo, scegliendo mentalmente le parole con cura.
“È curioso.”, disse alla fine,
“Se ci pensi, poco più di un anno fa mi dicevi che
il bacio con Humphrey non aveva fatto altro che farti capire che era
con me che volevi stare, e ora correrai da lui. Mi chiedo se fosse vero
anche allora, o se questo significhi che potrai cambiare idea di
nuovo...”
“Chuck. Questo non ha niente a che fare con Dan.”
“Ma lo amavi? Lo amavi anche allora?”
“No. Il
cuore ha più stanze di un bordello, dice Marquez.
Ma no. Non lo amavo allora, come avrei potuto? Lui era l'ex ragazzo
della mia migliore amica, noi eravamo confusi, tu...tu eri il chiodo
fisso nella mia mente. Noi, io e te, ci abbiamo messo due anni per
arrivare ad ammettere di amarci, e ancora di più per
imparare a farlo...”
“...e per questo era così difficile adesso
ammettere di non sentirsi più allo stesso modo.”
“Esattamente.”
“Sembra che tu ti sia portata avanti con il lavoro,
però”, sorrise lui.
“Te l'avevo detto che prima o poi avrei trovato un lavoro in
cui sarei stata capace”, sorrise lei, “ma non
preoccuparti, è solo paura del cambiamento quella che senti
adesso. Mi hai lasciata andare troppe volte perché non ti
fossi reso conto anche tu che ci sarebbe sempre stata una nota stonata
finché saremmo stati insieme.”
“Magari in un'altra vita...”
“O adesso. Ma in un universo parallelo.”
Sentivano di aver terminato la conversazione, ma rimasero un altro po',
uno di fronte all'altra in silenzio. Un ultimo momento, prima che il
mondo ricominci a girare.
“Blair, non sei in ritardo?”
“Per cosa?”
“A che ora parte il volo di Humphrey?”
“Veramente partiremo insieme domani. Ma sono in ritardo
comunque, devo riuscire a giustificargli...insomma, dovrò
spiegargli tutto questo. Spero solo sia nel loft, in questa giornata,
per quanto piena, ho trovato anche il tempo di perdere il
cellulare...”
“Serena non te l'ha detto?”
“Detto cosa?”
“Dan parte stanotte. Deve aver letto la soffiata di Gossip
Girl, quella sul nostro bacio.”
“Oh mio Dio. Devo trovarlo.”
“Blair...”
Blair si fermò. E lui riprese: “Te lo immaginavi
fosse questa la sensazione che lascia un addio?”
“Quale sensazione?”, chiese lei titubante.
“di completamento di un circolo, di redenzione...”,
rispose.
Dan
rimase così, a riflettere e fissare il vuoto per buona parte
del tempo che rimase, finché la voce non annunciò
finalmente che i passeggeri del suo volo si sarebbero potuti imbarcare.
Nel frattempo la ragazza, ancora dall'altra parte di New York, infilava
il suo costoso cappotto.
Sollevando la testa dopo aver sistemato il colletto, Blair si
trovò davanti Serena Van Der Woodsen, la stessa che avrebbe
dovuto dirle di Dan, che probabilmente in maniera volontaria non
l'aveva avvisata nemmeno della soffiata di Gossip Girl, la sua migliore
amica.
“Serena!”, la chiamò con decisione la
ragazza, “Hai un minuto?”
Il
ragazzo prese la valigia con una mano, pigiò il tasto di
spegnimento del cellulare con l'altra, poi si guardò intorno
l'ultima volta.
Blair, se devi arrivare, arriva adesso,
pensò.
“Ma
certo”, sorrise smagliante Serena. Uno scatto meno sinuoso
del solito, però, tradì un eccessivo nervosismo.
“A che ora parte Dan?”
Si scrutarono le rispettive espressioni. Sembravano volersi giocare le
proprie carte migliori, poi d'improvviso si resero conto che erano
stanche di fare lo stesso gioco da anni.
"Mi dispiace Blair, ma Dan non è Chuck, lui...non se lo
merita.”
“A che ora, Serena? E poi, di cosa diavolo stai
parlando?”
“Oh, andiamo B! Mi stupisce che tu sia ancora qui.
Cos'è? Non sei ancora tornata con Chuck perché
quest'imprevisto ti ha indispettita? Volevi provare come ci si sente a
non essere quelli lasciati, per una volta, ed essere tu a lasciare Dan, e
adesso non sopporti l'idea che in questo momento stia prendendo il volo
per Roma senza di te, e senza nemmeno avvisarti?”
“In questo momento? È tardi?”
“Sono la tua migliore amica, ma a volte non ti capisco,
né posso giustificare ancora a lungo i tuoi comportamenti.
Non lascerò che tu continui a illuderlo, quando tu e
Chuck...”
“Naturalmente...io e Chuck cosa? Siamo uniti dal destino? O
è così che volete vederla tutti quanti?
Perché in fondo pensate che il mio lato oscuro
distruggerebbe chiunque altro, specialmente un bravo ragazzo come
Dan? O forse perché tu sei ancora innamorata di lui, e ti fa
comodo non accorgerti di come stanno le cose. Ma sappi che è
davvero scadente tirare in ballo il destino. Adesso è il
destino? E dimmi un po', era destino anche quando mi ha scambiato per
un hotel, mi ha tradita, è andato a letto con Jenny Humphrey
dopo avermi aspettata per una sola mezz'ora? Era destino anche allora?
E ti professi la mia migliore amica, Santo Cielo!”
Serena non sapeva proprio cosa replicare. E pensare che fino a poco fa
avrebbe solo voluto sputarle addosso tutto quello che era certa di
sapere di lei e degli uomini nella sua vita.
“B, io...”
“Dimmi solo se è troppo tardi. Anzi guarda, non
importa, tanto devo trovare il modo di essere in tempo
comunque.”
Serena avrebbe voluto augurarle buona fortuna, ma la ragazza era
già scappata via.
I passeggeri erano tutti incolonnati in attesa di passare sotto il
metal detector. Improvvisamente Dan fu colto dal panico di dover
affrontare un viaggio così lungo a così tanti
metri dal suolo, sentiva di dover uscire immediatamente fuori dalla
fila e bere un bicchiere d'acqua. Guardò l'orario, poi il
tabellone, aveva dieci minuti per calmarsi, dopo di che sarebbe stato
seduto composto sulla poltrona dell'aereo con un gin tonic in mano e la
cintura allacciata.
I passanti fuori sembravano volerle intralciare ad ogni costo la
corsa verso un taxi. Blair non vide nemmeno se era occupato, se ci
fosse gente in attesa o fosse stato chiamato da qualcuno.
Entrò e disse “Al JFK. Ci impieghi il tempo di un
teletrasporto e sarò molto generosa con la mancia. Nel
frattempo, c'è una cosa che potrebbe fare per
me...”
Dan non
si accorse subito che nella sua mano il cellulare aveva preso a vibrare
per una chiamata in entrata. Evidentemente aveva schiacciato il tasto
del silenzioso, non dello spegnimento. E quando se ne accorse, aspettò ancora, prima di guardare lo
schermo: e se fosse stata Blair? Ma soprattutto, se non fosse stata lei?
“Dica signorina, ma sappia che non saremo in aeroporto prima
che in quaranta-quarantacinque minuti”, proseguì
il tassista.
“Quaranta minuti...non ho tutto questo tempo!”
“Ma anche lei, mi scusi se glielo dico...prendere il taxi
così in ritardo prima di una partenza...non le prometto niente,
ma capisco la situazione e vedrò di fare il possibile.”
“No, lei non capisce!” Continuò
sarcastica, in tono più basso: “come potrebbe,
quando sembra non capirla nessuno apparentemente...Potrebbe almeno
prestarmi il cellulare?”
“Tenga.”
Blair compose il numero. Ma rispose la segreteria telefonica.
Probabilmente aveva già spento il dispositivo.
Sul display lampeggiò il nome di Serena.
Ancora lei. Pensò di non rispondere.
Ultimamente però era stato un po' duro nei suoi confronti,
anche un po' ingiusto forse. Forse non l'aveva apprezzata come meritava.
Forse quella maledetta storia sul destino era vera e il suo era con
Serena Van Der Woodsen, poteva veramente lamentarsene? Insomma lei era
stupenda, ed era innamorata di lui.
E sicuramente stava chiamando per augurargli buon viaggio, sarebbe
stato davvero maleducato non rispondere.
“La situazione, quella che che non capisco...provi a
spiegarmela”, tornò alla carica il guidatore, per
evitare che la sua cliente tornasse a concentrarsi sul tempo impiegato
per raggiungere la destinazione, negandogli la promessa ricompensa.
Blair alzò gli occhi al cielo. Ma in fin dei conti aveva
bisogno di un modo per smaltire l'adrenalina in quel momento, e, per
quanto poco consono e per niente alla sua altezza, per la prima volta
aveva di fronte qualcuno realmente interessato alla loro storia. O che
almeno l'avrebbe ascoltata senza pregiudizi, e senza tirare in ballo
Chuck e Serena. Anche se si trattava di uno sconosciuto. Con un po' di
fortuna non avrebbe nemmeno dovuto sentire i termini epici e inevitabili.
“Questo ragazzo, lui...vive a Brooklyn, e...ha una bambola.
Come la mia. Beh, non proprio come la mia, la mia è vestita
meglio e la sua si chiama Cedric, ma insomma...lui è
logorroico, dal giudizio facile, con una voce fastidiosamente solenne,
un misto tra te-l'avevo-detto e so-tutto-io...”
“Un po' come lei...”, scappò di dire al
tassista.
“Serena”, disse in un tono che cercava
disperatamente di comunicare ho-tutto-sotto-controllo.
“Ehi...”, dopo una pausa riprese, “ho
chiamato per un motivo preciso, ma prima volevo mettere in chiaro una
cosa...”
“Dimmi pure”, disse preoccupato in un tono che
sembrava...preoccupato.
“Se tu me l'avessi chiesto sarei venuta con te. Senza
pensarci due volte.”
Dan non aveva la minima voglia di aggiungere niente a questa
affermazione, ma sentiva che dall'altra parte della cornetta non
proveniva nessun suono e dedusse che il suo interlocutore era in attesa
di una risposta.
Blair ignorò l'ultimo commento del tassista.
“...ed è l'ex ragazzo della mia ex migliore
amica.”
Si aspettò un'occhiata di disprezzo, ma l'uomo
replicò, dimostrando ancora una volta di non essere in grado
di affrontare la conversazione: “Beh se è la tua
ex migliore amica, non vedo quale sia il problema...”
“No, vede che non è riesce ad afferrare? Era
ancora la mia migliore amica quando è successo! E poi
c'è lui, il mio ex... tutti hanno sempre detto che eravamo
perfetti l'uno per l'altro. Il grande amore...”
“Sono confuso. Lei sta perdendo la sua migliore amica e il
suo grande amore per un -parole sue- logorroico, saccente dal giudizio
facile? Perché?”
Si stupì che quello sconosciuto conoscesse il termine saccente,
ma cercò di non rendere la sua sorpresa troppo evidente e si
provò a cercare una risposta.
“Non lo so”, disse alla fine, “potrei
dirle che è perché è un bravo ragazzo,
perché ha fatto cose per me che nessun altro avrebbe fatto,
per quel qualcosa nel modo in cui mi guarda, perché
è intelligente, appassionato, intellettualmente e
fisicamente attraente -capelli a parte, dovrebbe vedere che razza di
cespuglio informe gli cresce sulla testa...”
“...non divaghi signorina, stiamo cercando di mettere in
ordine la sua vita qui...”, Blair pensò che
impertinente, era impertinente.
“Insomma la verità è che amo tutte
queste cose di lui, dalla sua stupida bambola, alle fossette quando
sorride, dal modo che ha di punzecchiarmi a quello di tirarmi su -i
capelli no, quelli glieli raserei nel sonno se non fossi sicura che non
me lo perdonerebbe mai...” Bastò una rapida
occhiataccia attraverso lo specchietto per farla ritornare al punto del
discorso. “...ma nessuna di queste cose è il
motivo per cui lo amo.”
“Lei lo ama?”
“Mi guardi! Sono qui con i capelli in disordine a parlare ad
un estraneo dalla dubbia istruzione del disastro colossale che
è la mia vita! E so già che non lo
troverò...il suo aereo è già
partito.”
L'uomo, dall'alto della maturità collezionata nei suoi
faticosi cinquant'anni di vita non se la prese per l'insinuazione sui
suoi studi sfuggita di bocca alla sconosciuta, al contrario sorrise.
“Stare con lui, fa sembrare tutto...vero. Non ha senso, non
crede?”
“Al contrario, ragazzina, penso che sia l'unica cosa sensata
che abbia detto da quando ha chiuso lo sportello”. Che fosse
impertinente, Blair lo aveva già pensato poche righe fa.
“Serena...non farlo. Tu credi che sia stato facile in
quest'ultimo periodo cancellarti dalla mia vita? Volevo esserci
comunque per te, ma non volevo complicarti le cose.”
“Noi...siamo ancora in tempo...”
“Tu sei...Serena Van Der Woodsen, cosa ci fai ancora al
telefono con me? Sei bellissima, e meravigliosa, ed io ti ammiro tanto
che è impossibile pensare che tu sia qui a tentare di
elemosinare un invito da me, quando potresti avere pressappoco
chiunque!” Improvvisamente a Dan parve che da un po' di tempo
a questa parte la sua missione sembrava essere quella di ricordare alla
gente chi fosse realmente.
“Perché io non voglio chiunque, io amo
te!”
Quello era il momento di essere freddo. “Mi dispiace. Io ho
provato a convincermi che forse stavo facendo la scelta sbagliata, che
forse sarei dovuto tornare da te, ma non posso farlo. Non posso
prendermi in giro e prenderti in giro così. Non che adesso
mi aspetti un ringraziamento, ma so che sai di meritare accanto una
persona che ti ami, che ami te e solo te, e non posso più
essere io quella persona...io...mi dispiace...”
“Io non so niente. E di certo non merito molto.”
“Di cosa stai parlando?”
“Senti, Blair sta venendo in aeroporto, sono sicura che te lo
spiegherà lei...”
“Il mio aereo parte tra due minuti. Dille di restare
lì dov'è. Non c'è niente che voglia
sentire e non c'è nemmeno niente che possa dire per
giustificarsi.”
Dan riagganciò e si avviò velocemente al metal
detector. Serena non ebbe nemmeno il tempo di dire che la sua amica era
già partita una mezz'oretta prima.
Blair non seppe mai da quanto si fosse addormentata quando il tassista
la svegliò: “Ragazzina, ragazzina...siamo
arrivati!”
Di colpo aveva paura. “Può aspettare qui? Sa,
potrei essere di ritorno tra pochissimo....”, sorrise
imbarazzata. Grandioso, pensò, la persona più
vicina ad un amico che abbia in questo momento è questo
tizio.
Il tizio annuì, un po' per istinto paterno, un po' per la
ben sperata mancia.
Blair tirò un sospiro ed entrò
attraversò la porta automatica.
Il tabellone non lasciava spazio a dubbi: l'aereo era decollato ben
dieci minuti fa. Se il tempismo è tutto, paradossalmente
Blair Waldorf per la prima volta in vita sua non aveva niente.
Si guardò intorno. Aspettò dieci minuti cercando
nervosamente con lo sguardo un volto familiare.
Dan, se non hai preso quel volo, fatti vedere adesso,
pensò.
Era chiaro che non ci fosse nulla da fare e se tornò verso
il taxi con aria sconsolata.
Dan non riuscì a fare a meno di chiedersi una volta in più se avesse fatto la cosa giusta, mentre una volta in più insaponava le mani sotto il getto misero del lavandino. Certo che ormai la decisione era presa, e non c'era niente che potesse farlo tornare indietro. Decise di limitarsi a sperare di non ricevere l'ennesima delusione.
“Ragazzina, non hai trovato il tuo Romeo?”
Spiritoso, si disse la fanciulla. “Sarebbe più un
Amleto, probabilmente.”
“Oh, attenta a non impazzire come Ofelia, allora...”
Stava davvero avendo una conversazione su Shakespeare con quel tipo?
“No, no...io sarei più Lady Macbeth”,
dopo un accenno di sorriso, Blair si rattristò visibilmente,
“Credo che sia ora di tornare indietro.”
“Ragazzina...”
Blair si girò di scatto in direzione delle porte scorrevoli,
ma non vide nessuno dietro di lei.
“Oh no, intendevo, beh...forse non era destino.”
Anche lui. Non ci poteva credere.
A Blair bastò un momento per trovare le parole che avrebbe
dovuto dire in tutti questi mesi, e un altro momento per urlarle alla
persona sbagliata.
Dan, una volta uscito dal bagno dell'aeroporto, diresse verso l'uscita
in cerca di un taxi per tornare a Brooklyn. Pensava a come sarebbe
suonato patetico raccontare l'epopea della serata a suo padre: “Ciao
papà. No, non sono partito alla fine. Posso sempre partire
domani, come previsto, o...non lo so, la settimana prossima.
Papà forse non parto più. Sì, per
Blair. Ma non lo so ancora, perché poi non ci siamo
più visti. Ha detto solo che voleva parlarmi.
Cioè, Serena me l'ha detto. Mi ha telefonato dicendomi che
Blair stava arrivando in aeroporto, ma poi non si è
più vista. Immagino mi volesse parlare. Effettivamente no,
non sono sicuro che non volesse solo scusarsi per il modo in cui mi ha
tradito, spezzato il cuore e incasinato la vita e augurarmi buon
viaggio.”
Effettivamente forse sarebbe stato il caso di trovare una versione
migliore.
“Destino, cosa diavolo è il destino, se non un qualcosa di incontrollabile che non ti saresti mai aspettato nella vita? Un escremento pestato per strada è destino, il tacco che si rompe prima di una riunione è destino, un'acquazzone in una giornata di sole, anche quello e destino. E allora? Dovrei vivere la mia vita pestando escrementi e rischiando la broncopolmonite perché sono destino? Il destino una volta ti manda in paradiso, la volta dopo ti distrugge, non è stabile, non è reale, non puoi costruire niente sul destino. Non è importante, perché non c'è nessuna volontà individuale nel destino. Ed oltretutto, se ci sono due persone sulla faccia della Terra unite dal destino, quelle siamo io e lui! Non abbiamo mai avuto piacere nello stare accanto, non abbiamo mai pensato di poter provare qualcosa l'uno per l'altra, la sola idea era così ridicola e spiacevole che a nessuno sarebbe mai venuta in mente. Siamo l'imprevisto più incontrollabile di tutta New York, così inaspettati che anche se ci fossero infiniti universi paralleli non ce ne sarebbe un altro in cui Blair Waldorf e Dan Humphrey stiano insieme, come ragazzo e ragazza!” Blair ridusse la sua voce ad un sussurro: “Non volevo innamorarmi di lui, e una volta che mi ci sono innamorata non volevo dirglielo, perché avevo paura che un giorno si sarebbe svegliato e avrebbe pensato anche lui che non sarebbe stato destino e allora mi sarei ritrovata senza più amici, senza più nessuno.” Ricominciò ad aumentare il volume, mentre quasi piagnucolava: “E qual è la differenza? Che non dicendoglielo sono comunque qui, da sola, di notte in un aeroporto, senza nessuno che mi aspetti a casa o da cui andare.”
“Questo non è del tutto vero.”, disse
Dan Humphrey improvvisamente materializzatosi alle spalle di una
ragazza brunetta, ben vestita, dai capelli un po' scompigliati forse,
ma comunque bellissima.
Aveva sentito solo le ultime due frasi di
quello che aveva l'aria di essere un lunghissimo discorso, ma qualcosa
dentro di lui gli diede fiducia di averlo capito. “Voglio
dire...ti ho aspettato, in aeroporto.”
Il tassista roteò gli occhi: istinto paterno d'accordo, ma a
tutto c'era un limite, sarebbe mai finita la soap opera di quella
notte? “Vi aspetto nel taxi, ma mi auguro che la mia pazienza
sia uguagliata dalla vostra generosità!”
“Dan...”
“Cos'è che non mi hai detto?”
“No aspetta, per la storia del bacio....”
“No, ti prego, non ricominciare...non ne posso
più, sono stanco e davvero non mi interessa...”
“Sì ma Serena...”
“Blair, c'è forse Serena qui?”
“No”
“E vedi da qualche parte Chuck?”
“No”
“Vorresti che ci fosse?”
Scosse la testa, guardandolo negli occhi.
Dan le si avvicinò, “Adesso...qui...c'è
qualcun altro, tra tutti...gli abitanti del pianeta, che vorresti di
fronte a te, al mio posto?”
Sorrise. Fece una smorfia di divertimento e rassegnazione
“No...”
“Allora non è importante.”
Lei lo baciò, senza accorgersi che la pioggerellina che
fendeva impercettibilmente l'aria da tutta la sera, era diventata
violenta e incessante. Un acquazzone.
Dopo
un mezzo minuto il tassista diede un colpetto di clacson.
“Ti amo”, disse Blair Waldorf mentre lui si
staccava dolcemente dal suo viso.