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Autore: amelie_K    28/04/2012    10 recensioni
Dopo aver dato un'occhiata alla trama dell'ultimo episodio della quinta stagione, qualcosa dentro di me mi ha dato un chiaro segnale di avvertimento ed ho avuto il sentore che dopo averci creduto per tanto tempo, rimarrò delusa. Possibile che almeno nei telefilm, per UNA volta, le cose non possano andare a finire come dico io???
Così ho deciso di sfogare la mia frustrazione scrivendo una versione probabilmente inverosimile, ma che grossomodo corrisponde a quello che mi piacerebbe vedere nell'ultima scena della ventiquattresima puntata.
La storia si svolge in alternanza tra due scenari diversi: il JFK, l'aeroporto di New York, dove si trova Dan, in attesa del suo volo per Roma, e l'ennesimo party dell'ues, dove si trova Blair, intenzionata finalmente a venire a capo di tutte le incertezze che l'hanno perseguitata durante l'ultimo anno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey, Serena Van Der Woodsen | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass, Blair Waldorf/Dan Humphrey
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quinta stagione
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Dan Humphrey, seduto nella sala d'attesa dell'aeroporto, non aveva niente di meglio da fare che guardarsi le scarpe, mentre aspettava che la voce annunciasse i tempi d'imbarco.

Blair Waldorf, al contrario, dall'altra parte di New York, godeva di una visuale ben più interessante: Chuck Bass, aka l'amore della sua vita, che non mancava di guardare dritto negli occhi.
“Chuck...”, disse quando si erano scrutati abbastanza, “dobbiamo parlare.”
Chuck non rispose subito, non sapendo bene che tipo di emozione provare. Sentì il peso delle aspettative schiacciarlo e prima di rimanerne ucciso le chiese: “Cosa ci fai qui?”

Una volta analizzato ogni possibile particolare delle sue calzature, Dan iniziò a giocare nervosamente con il biglietto che aveva in mano; passò i successivi trenta secondi a desiderare un momento di strapparlo, il momento dopo che fosse già arrivato a destinazione, poi la sua mente si perse in monologhi degni del peggior Nicholas Sparks.

Insomma, com'era possibile che fosse finita così? Aveva vissuto in funzione dei bisogni di lei nell'ultimo anno e la suddetta lei non si era degnata di dargli nemmeno una spiegazione? Quale essere umano si sarebbe comportato in quel modo...
Avrebbe dovuto parlargliene, perché se ne avessero parlato...se solo lui avesse capito, se lei, sempre la stessa, benedetta lei, glielo avesse detto...
Dan pensava che se lei fosse stata onesta, magari a quest'ora lui non si sarebbe sentito così svuotato. Pensava che avrebbero litigato fino a urlarsi tutto quello che non pensavano realmente l'uno dell'altra, magari, anzi sì, di sicuro, ma per lo meno avrebbero avuto un confronto...mentre adesso, tutto quello che il ragazzo sentiva di avere era quella soffiata di Gossip Girl sul cellulare, e il ricordo del viso di Serena, sinceramente dispiaciuta.
Serena, un'altra benedetta lei, aveva detto: “Mi dispiace Dan...credo che Blair pensasse sinceramente che tra di voi avrebbe funzionato, è solo che ci sono emozioni del tutto irrazionali, che per quanto tu voglia non si possono controllare. Chuck e Blair sono...” Dan le aveva fatto cenno di tacere. Sono cosa? Epici? Destinati a stare insieme? Inevitabili? Qualsiasi parola Serena stesse per pronunciare, non aveva proprio voglia di sentirla. “Ma almeno partirai per Roma, tutto quello che devi fare è consolarti con un piatto di pasta e un tramonto sul Colosseo. E chissà, magari ci vedremo prima del tuo ritorno, magari potrei venire a salutarti, sai, mangiare insieme un gelato, fare il punto della situazione, ridere di quanto siano andate fuori controllo le nostre vite...”

Dopo un tempo incalcolabile, Blair si convinse a parlare.
“Credo...credo di essere pronta a fare la cosa giusta. Ad affrontare tutto quello che ho evitato da un anno a questa parte. Dopo tutto quello che ti ho fatto passare te lo devo, era giusto iniziare da qui.”
Per un tempo incalcolabile Chuck trattenne il respiro.

Epici? Destinati a stare insieme? Inevitabili?

Ripensandoci, Dan tirò un sospiro di sollievo all'idea di non aver avuto modo di discuterne con Blair! Se il solo sentirlo dire da Serena lo aveva ridotto in quello stato, immaginarsi sentirlo dire dalla diretta interessata in persona, con i suoi modi diretti, l'incapacità di rendersi conto di quanto si possa impazzire a stare dietro i suoi sbalzi d'umore, i suoi occhi perennemente umidi, sempre sul punto di scoppiare a piangere. 
Come avrebbe potuto mantenersi calmo? Non urlarle, ancora una volta, che non era che un'egoista. Che non sono le cose ad essere complicate, le cose erano semplici: loro erano una coppia e lui l'amava.
Come avrebbe potuto non avvicinarsi mentre le sbraitava di non scappare proprio adesso, di avere almeno il coraggio di rimanere lì e sentirselo dire, che l'amava. Nonostante fosse chiaro ormai che l'avesse solo preso in giro.
Che tutto quello che vedeva in lui era un riparo in attesa di tempi migliori.
E di poter tornare con l'amore della sua vita, Chuck Bass. 

Come avrebbe potuto, una volta arrivato troppo vicino al suo viso, non asciugarle le lacrime, non abbracciarla, non dirle: “Guarda, è piuttosto lineare, Blair. Tu senti di aver raggiunto il fondo, ma sei solo spaventata... tutto quello che devi fare è raccogliere tutta l'onestà verso te stessa di cui sei capace e chiederti chi sei. Chi vuoi diventare? Come vuoi passare il resto della tua vita?” 

Sarebbe finito con il consolarla, con il rassicurarla, che forse era stato un po' brusco, ma è perché all'inizio è difficile per tutti. Le avrebbe dato un bacio sulla fronte, e sussurrato che magari con il tempo, magari avrebbero trovato il modo di restare amici.
E Dan ne aveva proprio abbastanza di essere amico di Blair Waldorf.


“Chuck, sei diventato una persona migliore sotto i miei stessi occhi, e immagino che non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me stessa per diversi motivi. Perché ero spaventata dall'idea di tornare con te, ma ero terrorizzata anche dal poterti perdere. Perché ti vedevo diventare ogni giorno più forte, mentre sentivo me regredire, diventare più debole. Quando sei venuto a scusarti: è stato quello il momento in cui ho capito chi avevo davanti. La sensazione che ho provato, non sono riuscita ad identificarla subito: mi sentivo sollevata, all'inizio, poi l'allegria è diventata tristezza, ed io ho pensato fosse nostalgia, ma non era proprio così. Se fossi riuscita a capire subito cosa significasse quella sensazione, molte cose sarebbero andate in maniera diversa...”
“Blair, davvero, apprezzo questo dialogo a cuore aperto, ma ti prego, arriva al punto. Rimandiamo il discorso sul passato a dopo...”
Blair deglutì.

Che poi cosa avrebbe potuto fare? Alimentare i suoi dubbi in attesa di vederla scappare via in un altro attimo di debolezza? 
Per quanto non riuscisse a spiegarsi perché in un primo momento avesse scelto lui quando sarebbe potuta correre direttamente tra le braccia di Chuck, doveva riconoscerlo: adesso tutto aveva senso.
Quando le aveva detto ti amo era rimasta zitta, e quando non era riuscita ad organizzare la festa che avrebbe dovuto presentarli come coppia era scappata via, già pronta ad arrendersi...in fondo era sempre lei la prima a staccarsi dopo un bacio.
Forse aveva deciso razionalmente che lui fosse la scelta migliore, ma Serena aveva ragione, quello non è amore.

Amore era la voglia irrefrenabile che aveva Dan in quel momento - dopo tutto questo discorso logico al termine del quale era arrivato alla conclusione che prima o poi sarebbe successo, e allora meglio così che averci creduto fino all'ultimo - di lasciare biglietto e valigie e correre da lei a supplicarla di cambiare idea, di scegliere lui.
Immaginò Chuck tirare fuori l'anello, mentre lui arriva appena in tempo, portandosi dietro una frase arrogante e d'effetto, tipo “Quanti uomini hai intenzione di sposare, prima di capire che sono sempre stato io quello che volevi al tuo fianco?”, lei che lo guarda sorpresa, e felice.
Ma che in un ultimo impeto di rabbia gli avrebbe detto: “Cosa ci fai qui? Non ho bisogno di te al mio fianco” “Ma forse io sì”, avrebbe risposto il ragazzo, “Lui sarà anche cambiato per te, ma io sono cambiato CON te, riesci a capire la differenza? Siamo così diversi che per starti accanto ho dovuto cambiare punto di vista, ed ho scoperto che è da quella prospettiva che voglio vedere il resto della mia vita. E siamo così simili che durante tutto il tempo che abbiamo passato a disprezzarci era perché, senza rendercene conto, non volevamo altro che scappare, io dal mio mondo, tu dal tuo, e non riuscivamo a intuire che era già scritto lì, era logico che alla fine ci saremmo dovuti incontrare a metà strada.”

Nemmeno nelle sue fantasie Dan riusciva ad essere un vero e proprio duro, vincente alla prima mano.

Per trattenersi in quella sala d'attesa riguardò la foto di quel bacio sul suo telefono, e sotto la didascalia AVVISTATI! C e B intenti a fare quello che riesce loro meglio: ritrovarsi. Che sia il lieto fine definitivo? Comunque, scommettiamo che il ragazzo solitario abbia imparato che non si può scappare dalla propria natura. Puoi rinchiudere una vipera in una teca e darle da mangiare ogni giorno, ma non aspettarti che non ti morda quando la liberi.
In quella foto sembravano perfetti e invincibili, stretti l'uno all'altra ad occhi chiusi, in una giornata così soleggiata che tutta quella luce sembrava quasi il segno di una consacrazione.
XOXO, pensò Dan.


“Se fossi riuscita a capire subito quella sensazione, avrei capito allora di non essere più innamorata di te, e non mi troverei qui in questo momento. Te lo avrei spiegato prima, e non avrei avuto bisogno di chiederti scusa a mia volta adesso. Spero che tu possa prenderlo come un errore in buona fede: ho passato gran parte del mio tempo con te, e ti ho amato così tanto, che l'idea di perdere sia te che il nostro amore mi ha annebbiato la vista. Quell'idea è stata presente nonostante l'incidente, nonostante il matrimonio, nonostante Dan, nonostante tuo padre. Non avevo capito che le cose erano più semplici di come le stessi vivendo io: il primo passo è stato ammettere che c'era una differenza tra quello che mi aspettavo di volere e quello che volevo. Il secondo, fare pace con quella consapevolezza: non dovevo cancellare i miei ricordi, quello che abbiamo avuto farà parte di noi per sempre, e nonostante tutto io ne sono grata. Mi hai cambiato la vita. Hai fatto i tuoi errori, e per quanto possa averti perdonato, così come sono indelebili i bei ricordi, lo sono anche quelli brutti. Ma mi hai anche fatto sentire amabile quando nessuno sembrava avere occhi per me.”
“Ma quel bacio...”
“Quel bacio”, continuò lei chiudendo gli occhi in un sobbalzo, “era un bacio d'addio. Ed è stata la conferma di cui entrambi avevamo bisogno per andare avanti. Non è stato come tutti gli altri baci che ci sono stati in passato, so che l'hai sentito anche tu.”
Chuck abbassò lo sguardo, scegliendo mentalmente le parole con cura.
“È curioso.”, disse alla fine, “Se ci pensi, poco più di un anno fa mi dicevi che il bacio con Humphrey non aveva fatto altro che farti capire che era con me che volevi stare, e ora correrai da lui. Mi chiedo se fosse vero anche allora, o se questo significhi che potrai cambiare idea di nuovo...”
“Chuck. Questo non ha niente a che fare con Dan.”
“Ma lo amavi? Lo amavi anche allora?”
“No. Il cuore ha più stanze di un bordello, dice Marquez. Ma no. Non lo amavo allora, come avrei potuto? Lui era l'ex ragazzo della mia migliore amica, noi eravamo confusi, tu...tu eri il chiodo fisso nella mia mente. Noi, io e te, ci abbiamo messo due anni per arrivare ad ammettere di amarci, e ancora di più per imparare a farlo...”
“...e per questo era così difficile adesso ammettere di non sentirsi più allo stesso modo.”
“Esattamente.”
“Sembra che tu ti sia portata avanti con il lavoro, però”, sorrise lui.
“Te l'avevo detto che prima o poi avrei trovato un lavoro in cui sarei stata capace”, sorrise lei, “ma non preoccuparti, è solo paura del cambiamento quella che senti adesso. Mi hai lasciata andare troppe volte perché non ti fossi reso conto anche tu che ci sarebbe sempre stata una nota stonata finché saremmo stati insieme.”
“Magari in un'altra vita...”
“O adesso. Ma in un universo parallelo.”
Sentivano di aver terminato la conversazione, ma rimasero un altro po', uno di fronte all'altra in silenzio. Un ultimo momento, prima che il mondo ricominci a girare.
“Blair, non sei in ritardo?”
“Per cosa?”
“A che ora parte il volo di Humphrey?”
“Veramente partiremo insieme domani. Ma sono in ritardo comunque, devo riuscire a giustificargli...insomma, dovrò spiegargli tutto questo. Spero solo sia nel loft, in questa giornata, per quanto piena, ho trovato anche il tempo di perdere il cellulare...”
“Serena non te l'ha detto?”
“Detto cosa?”
“Dan parte stanotte. Deve aver letto la soffiata di Gossip Girl, quella sul nostro bacio.”
“Oh mio Dio. Devo trovarlo.”
“Blair...”
Blair si fermò. E lui riprese: “Te lo immaginavi fosse questa la sensazione che lascia un addio?”
“Quale sensazione?”, chiese lei titubante.
“di completamento di un circolo, di redenzione...”, rispose.

Dan rimase così, a riflettere e fissare il vuoto per buona parte del tempo che rimase, finché la voce non annunciò finalmente che i passeggeri del suo volo si sarebbero potuti imbarcare.
Nel frattempo la ragazza, ancora dall'altra parte di New York, infilava il suo costoso cappotto.


Sollevando la testa dopo aver sistemato il colletto, Blair si trovò davanti Serena Van Der Woodsen, la stessa che avrebbe dovuto dirle di Dan, che probabilmente in maniera volontaria non l'aveva avvisata nemmeno della soffiata di Gossip Girl, la sua migliore amica.
“Serena!”, la chiamò con decisione la ragazza, “Hai un minuto?”

 

Il ragazzo prese la valigia con una mano, pigiò il tasto di spegnimento del cellulare con l'altra, poi si guardò intorno l'ultima volta.
Blair, se devi arrivare, arriva adesso, pensò.

“Ma certo”, sorrise smagliante Serena. Uno scatto meno sinuoso del solito, però, tradì un eccessivo nervosismo.
“A che ora parte Dan?”
Si scrutarono le rispettive espressioni. Sembravano volersi giocare le proprie carte migliori, poi d'improvviso si resero conto che erano stanche di fare lo stesso gioco da anni.
"Mi dispiace Blair, ma Dan non è Chuck, lui...non se lo merita.”
“A che ora, Serena? E poi, di cosa diavolo stai parlando?”
“Oh, andiamo B! Mi stupisce che tu sia ancora qui. Cos'è? Non sei ancora tornata con Chuck perché quest'imprevisto ti ha indispettita? Volevi provare come ci si sente a non essere quelli lasciati, per una volta, ed essere tu a lasciare Dan, e adesso non sopporti l'idea che in questo momento stia prendendo il volo per Roma senza di te, e senza nemmeno avvisarti?”
“In questo momento? È tardi?”
“Sono la tua migliore amica, ma a volte non ti capisco, né posso giustificare ancora a lungo i tuoi comportamenti. Non lascerò che tu continui a illuderlo, quando tu e Chuck...”
“Naturalmente...io e Chuck cosa? Siamo uniti dal destino? O è così che volete vederla tutti quanti? Perché in fondo pensate che il mio lato oscuro distruggerebbe chiunque altro, specialmente un bravo ragazzo come Dan? O forse perché tu sei ancora innamorata di lui, e ti fa comodo non accorgerti di come stanno le cose. Ma sappi che è davvero scadente tirare in ballo il destino. Adesso è il destino? E dimmi un po', era destino anche quando mi ha scambiato per un hotel, mi ha tradita, è andato a letto con Jenny Humphrey dopo avermi aspettata per una sola mezz'ora? Era destino anche allora? E ti professi la mia migliore amica, Santo Cielo!”
Serena non sapeva proprio cosa replicare. E pensare che fino a poco fa avrebbe solo voluto sputarle addosso tutto quello che era certa di sapere di lei e degli uomini nella sua vita.
“B, io...”
“Dimmi solo se è troppo tardi. Anzi guarda, non importa, tanto devo trovare il modo di essere in tempo comunque.”
Serena avrebbe voluto augurarle buona fortuna, ma la ragazza era già scappata via.


I passeggeri erano tutti incolonnati in attesa di passare sotto il metal detector. Improvvisamente Dan fu colto dal panico di dover affrontare un viaggio così lungo a così tanti metri dal suolo, sentiva di dover uscire immediatamente fuori dalla fila e bere un bicchiere d'acqua. Guardò l'orario, poi il tabellone, aveva dieci minuti per calmarsi, dopo di che sarebbe stato seduto composto sulla poltrona dell'aereo con un gin tonic in mano e la cintura allacciata.


I passanti fuori sembravano volerle intralciare ad ogni costo la corsa verso un taxi. Blair non vide nemmeno se era occupato, se ci fosse gente in attesa o fosse stato chiamato da qualcuno. Entrò e disse “Al JFK. Ci impieghi il tempo di un teletrasporto e sarò molto generosa con la mancia. Nel frattempo, c'è una cosa che potrebbe fare per me...”

Dan non si accorse subito che nella sua mano il cellulare aveva preso a vibrare per una chiamata in entrata. Evidentemente aveva schiacciato il tasto del silenzioso, non dello spegnimento. E quando se ne accorse, aspettò ancora, prima di guardare lo schermo: e se fosse stata Blair? Ma soprattutto, se non fosse stata lei?

“Dica signorina, ma sappia che non saremo in aeroporto prima che in quaranta-quarantacinque minuti”, proseguì il tassista.
“Quaranta minuti...non ho tutto questo tempo!”
“Ma anche lei, mi scusi se glielo dico...prendere il taxi così in ritardo prima di una partenza...non le prometto niente, ma capisco la situazione e vedrò di fare il possibile.”
“No, lei non capisce!” Continuò sarcastica, in tono più basso: “come potrebbe, quando sembra non capirla nessuno apparentemente...Potrebbe almeno prestarmi il cellulare?”
“Tenga.”
Blair compose il numero. Ma rispose la segreteria telefonica. Probabilmente aveva già spento il dispositivo.


Sul display lampeggiò il nome di Serena.
Ancora lei. Pensò di non rispondere.
Ultimamente però era stato un po' duro nei suoi confronti, anche un po' ingiusto forse. Forse non l'aveva apprezzata come meritava.
Forse quella maledetta storia sul destino era vera e il suo era con Serena Van Der Woodsen, poteva veramente lamentarsene? Insomma lei era stupenda, ed era innamorata di lui.
E sicuramente stava chiamando per augurargli buon viaggio, sarebbe stato davvero maleducato non rispondere.


“La situazione, quella che che non capisco...provi a spiegarmela”, tornò alla carica il guidatore, per evitare che la sua cliente tornasse a concentrarsi sul tempo impiegato per raggiungere la destinazione, negandogli la promessa ricompensa.
Blair alzò gli occhi al cielo. Ma in fin dei conti aveva bisogno di un modo per smaltire l'adrenalina in quel momento, e, per quanto poco consono e per niente alla sua altezza, per la prima volta aveva di fronte qualcuno realmente interessato alla loro storia. O che almeno l'avrebbe ascoltata senza pregiudizi, e senza tirare in ballo Chuck e Serena. Anche se si trattava di uno sconosciuto. Con un po' di fortuna non avrebbe nemmeno dovuto sentire i termini epici e inevitabili.
“Questo ragazzo, lui...vive a Brooklyn, e...ha una bambola. Come la mia. Beh, non proprio come la mia, la mia è vestita meglio e la sua si chiama Cedric, ma insomma...lui è logorroico, dal giudizio facile, con una voce fastidiosamente solenne, un misto tra te-l'avevo-detto e so-tutto-io...”
“Un po' come lei...”, scappò di dire al tassista.


“Serena”, disse in un tono che cercava disperatamente di comunicare ho-tutto-sotto-controllo.
“Ehi...”, dopo una pausa riprese, “ho chiamato per un motivo preciso, ma prima volevo mettere in chiaro una cosa...”
“Dimmi pure”, disse preoccupato in un tono che sembrava...preoccupato.
“Se tu me l'avessi chiesto sarei venuta con te. Senza pensarci due volte.”
Dan non aveva la minima voglia di aggiungere niente a questa affermazione, ma sentiva che dall'altra parte della cornetta non proveniva nessun suono e dedusse che il suo interlocutore era in attesa di una risposta.


Blair ignorò l'ultimo commento del tassista.
“...ed è l'ex ragazzo della mia ex migliore amica.”
Si aspettò un'occhiata di disprezzo, ma l'uomo replicò, dimostrando ancora una volta di non essere in grado di affrontare la conversazione: “Beh se è la tua ex migliore amica, non vedo quale sia il problema...”
“No, vede che non è riesce ad afferrare? Era ancora la mia migliore amica quando è successo! E poi c'è lui, il mio ex... tutti hanno sempre detto che eravamo perfetti l'uno per l'altro. Il grande amore...”
“Sono confuso. Lei sta perdendo la sua migliore amica e il suo grande amore per un -parole sue- logorroico, saccente dal giudizio facile? Perché?”
Si stupì che quello sconosciuto conoscesse il termine saccente, ma cercò di non rendere la sua sorpresa troppo evidente e si provò a cercare una risposta.
“Non lo so”, disse alla fine, “potrei dirle che è perché è un bravo ragazzo, perché ha fatto cose per me che nessun altro avrebbe fatto, per quel qualcosa nel modo in cui mi guarda, perché è intelligente, appassionato, intellettualmente e fisicamente attraente -capelli a parte, dovrebbe vedere che razza di cespuglio informe gli cresce sulla testa...”
“...non divaghi signorina, stiamo cercando di mettere in ordine la sua vita qui...”, Blair pensò che impertinente, era impertinente.
“Insomma la verità è che amo tutte queste cose di lui, dalla sua stupida bambola, alle fossette quando sorride, dal modo che ha di punzecchiarmi a quello di tirarmi su -i capelli no, quelli glieli raserei nel sonno se non fossi sicura che non me lo perdonerebbe mai...” Bastò una rapida occhiataccia attraverso lo specchietto per farla ritornare al punto del discorso. “...ma nessuna di queste cose è il motivo per cui lo amo.”
“Lei lo ama?”
“Mi guardi! Sono qui con i capelli in disordine a parlare ad un estraneo dalla dubbia istruzione del disastro colossale che è la mia vita! E so già che non lo troverò...il suo aereo è già partito.”
L'uomo, dall'alto della maturità collezionata nei suoi faticosi cinquant'anni di vita non se la prese per l'insinuazione sui suoi studi sfuggita di bocca alla sconosciuta, al contrario sorrise.
“Stare con lui, fa sembrare tutto...vero. Non ha senso, non crede?”
“Al contrario, ragazzina, penso che sia l'unica cosa sensata che abbia detto da quando ha chiuso lo sportello”. Che fosse impertinente, Blair lo aveva già pensato poche righe fa.


“Serena...non farlo. Tu credi che sia stato facile in quest'ultimo periodo cancellarti dalla mia vita? Volevo esserci comunque per te, ma non volevo complicarti le cose.”
“Noi...siamo ancora in tempo...”
“Tu sei...Serena Van Der Woodsen, cosa ci fai ancora al telefono con me? Sei bellissima, e meravigliosa, ed io ti ammiro tanto che è impossibile pensare che tu sia qui a tentare di elemosinare un invito da me, quando potresti avere pressappoco chiunque!” Improvvisamente a Dan parve che da un po' di tempo a questa parte la sua missione sembrava essere quella di ricordare alla gente chi fosse realmente.
“Perché io non voglio chiunque, io amo te!”
Quello era il momento di essere freddo. “Mi dispiace. Io ho provato a convincermi che forse stavo facendo la scelta sbagliata, che forse sarei dovuto tornare da te, ma non posso farlo. Non posso prendermi in giro e prenderti in giro così. Non che adesso mi aspetti un ringraziamento, ma so che sai di meritare accanto una persona che ti ami, che ami te e solo te, e non posso più essere io quella persona...io...mi dispiace...”
“Io non so niente. E di certo non merito molto.”
“Di cosa stai parlando?”
“Senti, Blair sta venendo in aeroporto, sono sicura che te lo spiegherà lei...”
“Il mio aereo parte tra due minuti. Dille di restare lì dov'è. Non c'è niente che voglia sentire e non c'è nemmeno niente che possa dire per giustificarsi.”
Dan riagganciò e si avviò velocemente al metal detector. Serena non ebbe nemmeno il tempo di dire che la sua amica era già partita una mezz'oretta prima.


Blair non seppe mai da quanto si fosse addormentata quando il tassista la svegliò: “Ragazzina, ragazzina...siamo arrivati!”
Di colpo aveva paura. “Può aspettare qui? Sa, potrei essere di ritorno tra pochissimo....”, sorrise imbarazzata. Grandioso, pensò, la persona più vicina ad un amico che abbia in questo momento è questo tizio.
Il tizio annuì, un po' per istinto paterno, un po' per la ben sperata mancia.

Blair tirò un sospiro ed entrò attraversò la porta automatica.
Il tabellone non lasciava spazio a dubbi: l'aereo era decollato ben dieci minuti fa. Se il tempismo è tutto, paradossalmente Blair Waldorf per la prima volta in vita sua non aveva niente.
Si guardò intorno. Aspettò dieci minuti cercando nervosamente con lo sguardo un volto familiare.
Dan, se non hai preso quel volo, fatti vedere adesso, pensò.
Era chiaro che non ci fosse nulla da fare e se tornò verso il taxi con aria sconsolata.

Dan non riuscì a fare a meno di chiedersi una volta in più se avesse fatto la cosa giusta, mentre una volta in più insaponava le mani sotto il getto misero del lavandino. Certo che ormai la decisione era presa, e non c'era niente che potesse farlo tornare indietro. Decise di limitarsi a sperare di non ricevere l'ennesima delusione.

“Ragazzina, non hai trovato il tuo Romeo?”
Spiritoso, si disse la fanciulla. “Sarebbe più un Amleto, probabilmente.”
“Oh, attenta a non impazzire come Ofelia, allora...”
Stava davvero avendo una conversazione su Shakespeare con quel tipo? “No, no...io sarei più Lady Macbeth”, dopo un accenno di sorriso, Blair si rattristò visibilmente, “Credo che sia ora di tornare indietro.”
“Ragazzina...”
Blair si girò di scatto in direzione delle porte scorrevoli, ma non vide nessuno dietro di lei.
“Oh no, intendevo, beh...forse non era destino.” Anche lui. Non ci poteva credere.
A Blair bastò un momento per trovare le parole che avrebbe dovuto dire in tutti questi mesi, e un altro momento per urlarle alla persona sbagliata.


Dan, una volta uscito dal bagno dell'aeroporto, diresse verso l'uscita in cerca di un taxi per tornare a Brooklyn. Pensava a come sarebbe suonato patetico raccontare l'epopea della serata a suo padre: “Ciao papà. No, non sono partito alla fine. Posso sempre partire domani, come previsto, o...non lo so, la settimana prossima. Papà forse non parto più. Sì, per Blair. Ma non lo so ancora, perché poi non ci siamo più visti. Ha detto solo che voleva parlarmi. Cioè, Serena me l'ha detto. Mi ha telefonato dicendomi che Blair stava arrivando in aeroporto, ma poi non si è più vista. Immagino mi volesse parlare. Effettivamente no, non sono sicuro che non volesse solo scusarsi per il modo in cui mi ha tradito, spezzato il cuore e incasinato la vita e augurarmi buon viaggio.”
Effettivamente forse sarebbe stato il caso di trovare una versione migliore.

“Destino, cosa diavolo è il destino, se non un qualcosa di incontrollabile che non ti saresti mai aspettato nella vita? Un escremento pestato per strada è destino, il tacco che si rompe prima di una riunione è destino, un'acquazzone in una giornata di sole, anche quello e destino. E allora? Dovrei vivere la mia vita pestando escrementi e rischiando la broncopolmonite perché sono destino? Il destino una volta ti manda in paradiso, la volta dopo ti distrugge, non è stabile, non è reale, non puoi costruire niente sul destino. Non è importante, perché non c'è nessuna volontà individuale nel destino. Ed oltretutto, se ci sono due persone sulla faccia della Terra unite dal destino, quelle siamo io e lui! Non abbiamo mai avuto piacere nello stare accanto, non abbiamo mai pensato di poter provare qualcosa l'uno per l'altra, la sola idea era così ridicola e spiacevole che a nessuno sarebbe mai venuta in mente. Siamo l'imprevisto più incontrollabile di tutta New York, così inaspettati che anche se ci fossero infiniti universi paralleli non ce ne sarebbe un altro in cui Blair Waldorf e Dan Humphrey stiano insieme, come ragazzo e ragazza!” Blair ridusse la sua voce ad un sussurro: “Non volevo innamorarmi di lui, e una volta che mi ci sono innamorata non volevo dirglielo, perché avevo paura che un giorno si sarebbe svegliato e avrebbe pensato anche lui che non sarebbe stato destino e allora mi sarei ritrovata senza più amici, senza più nessuno.” Ricominciò ad aumentare il volume, mentre quasi piagnucolava: “E qual è la differenza? Che non dicendoglielo sono comunque qui, da sola, di notte in un aeroporto, senza nessuno che mi aspetti a casa o da cui andare.”

“Questo non è del tutto vero.”, disse Dan Humphrey improvvisamente materializzatosi alle spalle di una ragazza brunetta, ben vestita, dai capelli un po' scompigliati forse, ma comunque bellissima.
Aveva sentito solo le ultime due frasi di quello che aveva l'aria di essere un lunghissimo discorso, ma qualcosa dentro di lui gli diede fiducia di averlo capito. “Voglio dire...ti ho aspettato, in aeroporto.”
Il tassista roteò gli occhi: istinto paterno d'accordo, ma a tutto c'era un limite, sarebbe mai finita la soap opera di quella notte? “Vi aspetto nel taxi, ma mi auguro che la mia pazienza sia uguagliata dalla vostra generosità!”

“Dan...”
“Cos'è che non mi hai detto?”
“No aspetta, per la storia del bacio....”
“No, ti prego, non ricominciare...non ne posso più, sono stanco e davvero non mi interessa...”
“Sì ma Serena...”
“Blair, c'è forse Serena qui?”
“No”
“E vedi da qualche parte Chuck?”
“No”
“Vorresti che ci fosse?”
Scosse la testa, guardandolo negli occhi.
Dan le si avvicinò, “Adesso...qui...c'è qualcun altro, tra tutti...gli abitanti del pianeta, che vorresti di fronte a te, al mio posto?”
Sorrise. Fece una smorfia di divertimento e rassegnazione “No...”
“Allora non è importante.”
Lei lo baciò, senza accorgersi che la pioggerellina che fendeva impercettibilmente l'aria da tutta la sera, era diventata violenta e incessante. Un acquazzone.

Dopo un mezzo minuto il tassista diede un colpetto di clacson.
“Ti amo”, disse Blair Waldorf mentre lui si staccava dolcemente dal suo viso.

  
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