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Autore: Aine Walsh    28/04/2012    2 recensioni
«CHE C’E’?!» grida Lucia spaventata.
«C’è qualcuno?» chiede – giustamente – allarmato il Bellamy al vuoto.
Adesso il blocco di marmo, anzi, di porfido rosso visto che sto arrossendo velocemente, sono io.
«Oddio, e adesso?» bisbiglia Lu.
«E adesso non lo so… Magari adesso se ne va!» mormoro.
«Ma noi non vogliamo che vada via! Abbiamo aspettato ore per vederlo uscire e tu adesso parli così?».
Error 404: Anna’s brain not found.
«Mi sa che avete perso, vi ho trovate. Tana per voi».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, lo so... Di solito le NdA vanno alla fine (almeno, questo è quello che ho sempre fatto io), ma stavolta no, perchè devo spiegare due o tre cosette.
Per prima cosa, la storia: senza senso, non ne è ho mai scritta una così e con "me" come protagonista. E' nata su Twitter, dopo una conversazione con una fortunata che ha incontrato il Bells fuori dal citato studio (il caso volle che nel frattempo io ascoltassi Starlight). E' una storiella leggera, non prendetela troppo sul serio, vi prego.
Seconda cosa, come ogni altra storia che ho scritto in questo fandom, questa FF va dedicata ad una persona in particolare.
Essì, Exo, lo sapevi, non fare finta di niente
xD E' anche merito tuo se ho preso il pc e mi sono fiondata a scrivere dopo un brutto blocco.
Ed è merito tuo se amo i Muse così tanto.


Se vi può andar bene leggere questa cavolata di dimensioni galattiche, prego, avete la mia riconoscenza e gratitudine.
Grazie,

Aine



Like Walking Into A Dream



«Che ore sono?» chiedo stancamente alla mia compagna di viaggio,  sdraiata sulla panchina fredda e con la testa poggiata sulla mia spalla.
Sarà da almeno quattro ore che siamo qui davanti agli Air Studios, aspettando quello che molti definirebbero l’impossibile.
E’ una cosa da pazzi, e ne siamo a conoscenza, ma questo è stato il secondo motivo principale che ci ha portate qui a Londra – il primo era quello di poter finalmente fare un viaggio insieme.
Lucia solleva lentamente le testa dai corti capelli scuri e risponde sonnacchiosa: «L’una e un quarto».
Restiamo zitte per qualche minuto, ascoltando solo i rumori di un venerdì notte nella Lyndhurst Road, non molto lontana dalla City.
Fa un freddo cane e non facciamo altro che cercare di scaldarci. Evidentemente la primavera a Londra non è ancora arrivata.
«Guarda il lato positivo; –  dico – qui vicino c’è un ospedale e se dovessimo andare in ipotermia non dovremmo correre grandi rischi».
Ottengo l’effetto sperato e riesco a strapparle un sorriso; tuttavia mi chiedo come faccia quella ragazza a ridere di ogni mia battuta, e le mie battute non hanno mai niente di divertente.
«Non sono bellissimi?» chiede Lucia d’un tratto.
Il mio cervello ci sta un po’ ad elaborare, ma poi capisco che si sta riferendo agli Studios e annuisco convinta. Più che altro, un dubbio atroce mi tormenta e così domando: «Ma tu sei sicura che…?».
«Sì, – risponde sicura sapendo già cosa voglio sapere – sono là dentro. La macchina di Matthew è parcheggiata proprio lì» me la indica.
«Ma potrebbe anche essere l’auto di qualcun altro, quella…».
«No. Poco fa ho controllato la targa e ho visto che corrispondeva. Prima o poi quei tre tamarri usciranno, lo so!».
La guardo perplessa, stupita, divertita.  «Da quando sai la targa dell’auto del Bells?» rido.
«Da un po’. Fossi in lui, mi preoccuperei da morire al pensiero che ci possano essere fans-stalker come me» ammette ridendosela. Ha una bella risata, e poi quando sorride gli occhi le si rimpiccioliscono. «Domani ti porto al museo dei Beatles, prometto» conclude.
La parola Beatles serve a riattivare quei pochi neuroni che mi sono rimasti. «Grazie» sussurro abbracciandola.
Cala nuovamente il silenzio e ci mettiamo a fissare le stelle in cielo, fantasticando ognuna le stesse cose.
«Hai sentito?!» mi chiede la ragazza di colpo, sollevatasi con uno scatto repentino e con il tono della voce più alto di un’ottava.
Tendo le orecchie e ascolto.
Parlare. Qualcuno sta parlando.
«Sbrigati, andiamo a vedere!» esclama concitata alzandosi. Afferro lo zaino e la seguo di corsa verso un punto semi nascosto da dove possiamo osservare la scena senza essere minimamente viste.
Ed eccolo: visione celestiale che rischiara e riscalda quella notte buia e fredda.
Matthew James Bellamy è lì a pochi passi da noi, cammina in direzione della sua macchina.
Il sogno di una vita sta per essere realizzato in meno di cinque minuti.
Devo essere sincera, pensavo fosse più basso…
Lucia è impietrita, un blocco di marmo; io, dal canto mio, mi do della scema quando mi accorgo di aver la bocca letteralmente spalancata.
Mi sento il sangue pulsare violentemente nelle vene e le gambe prendono a tremarmi. E credo di poter affermare la stessa cosa anche per la mia amica.
Sembrano attimi congelati, quasi una scena al rallentatore, ma solo quando mi accorgo improvvisamente che Matt sta già per aprire la portiera della sua macchina che realizzo che sta per andare via e lo stiamo perdendo. «EH, NO!» urlato a voce alta, fu tutto quello che dissi per oppormi.
«CHE C’E’?!» grida Lucia spaventata.
«C’è qualcuno?» chiede – giustamente – allarmato il Bellamy al vuoto.
Adesso il blocco di marmo, anzi, di porfido rosso visto che sto arrossendo velocemente, sono io.
«Oddio, e adesso?» bisbiglia Lu.
«E adesso non lo so… Magari adesso se ne va!» mormoro.
«Ma noi non vogliamo che vada via! Abbiamo aspettato ore per vederlo uscire e tu adesso parli così?».
Error 404: Anna’s brain not found.
«Mi sa che avete perso, vi ho trovate. Tana per voi».
Fine del mondo, scatenati! E’ il tuo momento!
Lucia ed io ci giriamo con lentezza, contemporaneamente.
Sono indecisa, non so se: a) ridere; b) piangere; c) scavarmi una fossa, buttarmici dentro e non uscirne mai più, visto e considerato che ho fatto una grandissima figuraccia proprio davanti al mio idolo.
Non sentendo da parte nostra alcuna risposta, Matthew ci fissa – come noi fissiamo lui incredule – e nel suo sguardo azzurro intenso mi sembra di cogliere un qualcuno di impaurito o impietosito… O forse me lo sto solo immaginando… Spero…
Poi è Lucia che comincia a parlare; beata lei, io al momento ho dimenticato tutti gli anni passati a studiare Inglese come Dio comanda.
«Good evening! I’m Lu and this is my friend Anna. Ehm… Can I… Can I call you by your first name, Matt?».
Il Bellamy sorride e dice che sì, possiamo dargli del tu; poi tende la mano a Lucia, che la stringe calorosamente, e a me, il bradipo della situazione. C’è poco da fare, gli occhi azzurri del cantante mi stordiscono e solo che lo ha visto di presenza può capire.
Lu, invece, è tranquillissima e dialoga con il frontman normalmente, come fossero amici,  in un Inglese impeccabile. Almeno lei ha capito che questo momento non ritornerà più e che quindi è meglio cercare di portare a casa più della solita fotografia.
Impiego una manciata di minuti e sintonizzarmi e a capire che devo provare a fare quello che sta facendo la mia amica: del resto, la conversazione è già avviata e posso inserirmi, devo solo stare attenta a non commettere imbarazzanti errori di grammatica e pronuncia.
Matt è gentilissimo e, diversamente da come ci aspettavamo, è lui a tenere le redini del discorso: ci chiede da dove veniamo, quanti anni abbiamo, se siamo fans – domanda a cui si risponde da solo dicendo: «Se non lo foste, non sareste qui a perdere tempo con me» –, e come abbiamo fatto a sapere che fosse lì. A quest’ultima domanda io e la mia compagna d’avventura scoppiamo a ridere come due matte, per poi rispondere al Bells che avevamo avuto solo tanta fortuna e un pizzico di intuito. 
Il folletto del Devon – uno dei tanti soprannomi che le due ragazze in questione gli hanno affettuosamente appioppato qualche tempo prima – chiacchiera e chiacchiera, curioso, come ci conoscesse da una vita e ad un certo lo chiedo pure sorridendo di parlare più lentamente, perché non riesco a seguirlo. A quella richiesta l’uomo emette un risolino e chiede scusa.
Mentre continuiamo a scambiarci qualche domanda, vedo qualcuno avvicinarsi alle sue spalle.
E’ proprio adesso che quelle due parole mi escono spontaneamente, senza aver prima chiesto il permesso per essere proferite, e facendomi fare un’altra brutta figura: «Oh, cazzo».
Lucia, capendo il perché di quella mia reazione, inizia a ridere a crepapelle e anche Matt – che secondo me ha capito benissimo cosa ho detto – ride di gusto.
Intanto Dominic Howard avanza, e ogni suo passo corrisponde ad un mio battito.
Essì, amo follemente quei tre, ma Dom ha quel qualcosa in più che non so spiegare e che mi ha sempre attratto un po’ più verso di lui. Saranno gli occhi, o i suoi strani vestiti leopardati o di alluminio, chi può dirlo.
«Pensavo di trovarti solo, e invece… Direi che sei in ottima compagnia, Matt, complimenti!» dice.
Ridiamo tutti alla battuta e poi il nostro amicone Matt – è il caso di definirlo così – ci presenta; ed io vado in iperventilazione quando, stringendomi la mano, Dom mi sorride.
Tuttavia, adesso intendo come abbia fatto Lucia a superare la timidezza e a parlare con il suo uomo e decido all’istante di non lasciarmi sfuggire l’occasione.
Dominic, alla pari del suo socio, inizia il suo interrogatorio e io mi metto a rispondere a tutte le sue domande, dal momento che ormai Matt e Lucia non li separa più nessuno.
«Quanti anni hai?» mi chiede poi. E aggiunge, alla mia risposta: «Ventuno? Solo ventuno? Peccato…». Ora, cosa voglia dire con questo non lo so di preciso ma potrei immaginarlo, e questo basta a farmi andare a fuoco.
«Ma dov’è Chris?» domanda Lu nel bel mezzo dell’allegra quanto irreale chiacchierata. E’ vero, il caro Iddiostenholme – altro soprannome –  non è con noi ed io me ne accorgo solo ora… Che vergogna…
«Chris è dovuto andare via prima; uno dei suoi mille figli non stava bene ed era preoccupato» spiega Matthew.
Stavolta, invece di esclamazioni poco educate, mi lascio sfuggire un Oh di tenerezza. Adoro Christopher, desidero averlo avuto come fratello praticamente da quando l’ho visto per la prima volta.
Menzionare i figli del Wolstenholme ci fa venire in mente il piccolo Bingham, e Lucia non perde attimo per chiedere informazioni al genitore, il quale ci risponde che il bambino sta bene e cresce un giorno per due.
Che siamo al termine del sogno lo capiamo dal modo in cui il cantante ha iniziato a guardare il suo orologio e dagli sbadigli del batterista, e quindi, con una strana malinconia felice in corpo, io e la mia socia decidiamo di levare le tende. Chiediamo qualche foto – tra le quali una che è stata scattata con l’autoscatto delle fotocamera appoggiata sul cofano anteriore dell’auto del Bells – e gli autografi.
Mentre  mi appresto a salutare il biondo Howard, sento Matt dire a Lucia: «Mi ha fatto piacere conoscerti. Ogni tanto fa bene parlare con i fans».
E basta. Il saluto non è niente di particolare: i due sorridono, ci ringraziano, sorridono ancora e si dirigono verso le loro auto, mentre io e Lucia ci facciamo da parte e li vediamo andar via.
Anche adesso siamo zitte, ma non più per il freddo, e restiamo imbambolate a guardare la strada poco illuminata di fronte a noi.
«Oh.Mio.Dio. – sillaba Lucia lentamente – Oh.Mio.Dio. OH MIO DIO!».
Mi si butta addosso, la prendo senza sapere come e cominciamo a urlare come due pazze furibonde.
«Ma ci pensi? Abbiamo passato mezz’ora della nostra vita con Matthew James Bellamy!».
«E con Dominic James Howard!» aggiungo esaltata.
Continuiamo così, a saltare e a parlare ad alta voce ognuna coprendo le parole dell’altra, per qualche altro minuto, fino a quando non le domando con tono di chi la sa lunga: «E allora… Tu e il Bellamy…».
Lucia sorride, benevola e felice, e inizia a raccontarmi tutta quella parte del discorso che mi ero persa.
Questa notte resterà nei nostri cuori per un po’, me lo sento.

 
 
 
 
  
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