Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |       
Autore: Mrs C    28/04/2012    4 recensioni
[...]
- Lui ha deciso di suicidarsi per salvarmi. Ma non si è mai reso conto di quanto la sua sola presenza l'avesse già fatto una volta. Non ho mai pensato che si fosse inventato tutto né che mi avesse preso in giro. Non ci ho mai creduto, mai.
John si alza in piedi, con gli occhi lucidi di rabbia e dolore. Tira fuori il portafoglio dalla tasca e posa una banconota sul tavolo lucido del locale, avvicinando il suo volto tirato per la rabbia a quello impassibile di Mycroft.
- Quando è saltato giù da quel tetto, atterrando in una pozza di sangue, non è stato l'unico a morire. Per cui mi faccia un favore, Mycroft, non mi venga a dire che sa quanto sto soffrendo o che la sua decisione è stata dettata dal buon senso perché potrei non rispondere delle mie azioni. Sono un soldato, ho ucciso delle persone e ho una pistola attaccata alla cintura. Sono stanco di sentire stronzate.
[Pre-slash] [Accenni Mycroft/Greg e Sherlock/John]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
caffè
Caffè
- la veglia alle stelle si svolge sempre sotto le nuvole -





John apre gli occhi lentamente. La finestra filtra un bagliore biancastro di luce lunare, e i suoi occhi si abituano piano al buio della stanza. Per un secondo - un solo dannatissimo secondo - John non sa chi è, dov'è e cos'è successo. Poi si ricorda, ed è un macigno sullo stomaco difficile da digerire quando sei solo, in piena notte. Si solleva a metà busto, strofinandosi gli occhi come un bambino. Il freddo pungente dell'inverno gli toglie il fiato appena sposta le coperte soffocanti del suo letto e mette i piedi sul pavimenti ghiacciato della camera da letto. La sveglia sul comodino segna le quattro del mattino. Mentalmente, si dice che ha dormito un'ora più del solito. Gli verrebbe da ridere, se non si fosse dimenticato come si fa. Le scale che portano al soggiorno scricchiolano, e ogni minimo rumore gli punge le orecchie in maniera prepotente. La sua analista dice che se continuerà in questa direzione sarà vittima di un esaurimento nervoso. Se quella donna fosse sveglia la metà di quanto parla si sarebbe resa conto che quello stadio l'ha già superato da settimane. Ora ha raggiunto l'estrema consapevolezza di essere l'involucro dell'uomo che era fino a tre mesi fa, quando il suo migliore amico ha ben deciso di suicidarsi davanti ai suoi occhi. L'acqua che bolle gli ustiona la pelle senza che se ne accorga, ma è il dolore alla mano a distoglierlo da quei pensieri che fanno male al cuore. Impreca a bassa voce, e l'acqua fredda del lavello non basta a per spegnere quel fuoco nelle viscere che lo sta consumando. Lo squillo del cellulare riempie il silenzio innaturale della stanza, per un secondo. Un sms, alle quattro e mezza di notte. Aprendolo, John si ritrova a sorridere, stancamente.

Caffè? GL

John osserva il bollitore dell'acqua sbuffare, poi risponde senza starci a pensare neanche un minuto.

Arrivo. JW


***

Greg sbadiglia, seduto in un tavolino del caffè all'incrocio fra Gloucester Place e Marylbone Road, di fronte a Baker Street. Gira e rigira quel caffè - doppio, con latte ma senza zucchero - come se ci dovesse cadere dentro di faccia, ma non lo fa. Sta in silenzio, di fronte a John, come tutte le mattine, perché ormai è diventata un'abitudine. John non riesce a dormire, sonnecchia due o tre ore a notte poi si alza e rimane lì sulla sua poltrona, a pensare, finché non si fa mattino e con qualche commissione da sbrigare tiene il cervello lontano da brutti pensieri, acquattati là come un virus pronto ad attaccare un sistema immunitario indifeso. Ma quando quelle commissioni sono ormai svolte, il pensiero torna sempre lì, sempre a lui. Quando John gli ha raccontato di come si sente la notte - specialmente la notte - Greg non ci è stato troppo a pensare: ho deciso di fare un po' di straordinario sai, John? Inizio due ore prima del mio solito turno. Ti va di farmi compagnia? A quell'ora il commissariato è quasi sempre vuoto, non c'è mai niente da fare. John sa che non è vero. Sa che ogni mattina Greg punta la sveglia alle quattro o alle cinque per mandargli un sms e chiedergli di andare a fare colazione insieme, ma non ha mai detto niente, e non dirà mai niente. Perché la compagnia di Greg, seppur per poco, lo aiuta. E' una delle poche cose che lo fanno davvero andare avanti e, da egoista, non riuscirebbe a privarsi anche di questo.
- John?
John alza la testa dalla tazza di caffè - freddo e nero - per puntare gli occhi su quelli di Greg.
- Sì? Che c'è?
Greg si torce le mani. Stringe la tazza, poi la lascia. Batte le dita sul tavolino, poi le unisce in grembo. John inizia a essere vagamente inquieto.
- Che cosa succede, Greg? Cos'hai?
Non è mai stato abile nelle deduzioni come Sherlock ma John Watson non è mai stato neanche un idiota né un ingenuo. Greg continua a fissare l'orologio al centro della stanza, poi la porta d'ingresso del locale, poi il suo orologio da polso. Due volte nel giro di pochi minuti. Decisamente sospetto.
- Greg. Deve venire qualcuno?
John ha un vaghissimo sospetto, e spera di sbagliarsi con tutto il cuore, con lo stomaco e anche con i reni. Greg lo fissa, colpevole.
- Senti, John. Ho provato a fargli capire che non era una buona idea. Ma lo sai anche tu che più gli dici di non fare una cosa più è probabile che la faccia.
Quando la porta del locale si apre, John inspira prepotentemente dal naso e ha la voglia irrefrenabile di prendere a pugni sia il suo amico ispettore che la persona che sta avanzando con calma calcolata in quell'ambiente a lui del tutto estraneo. Mycroft si avvicina al tavolo occupato dai due con un cipiglio vagamente assonnato, ma con la freddezza di chi non ha bisogno di dormire per essere lucido. Il genoma degli Holmes, si dice John.
- Mr Watson. E' sempre un piacere vederla. La trovo bene.
Mycroft lo squadra da capo a piedi. John ha voglia di prendere il suo cappotto e tornarsene a Baker Street, possibilmente senza beccarsi nessuna denuncia per aggressione alle cinque del mattino.
- Considerando che il mio migliore amico si è suicidato davanti ai miei occhi, ho perso il lavoro, la mia analista mi ritiene esaurito e non dormo decentemente da tre mesi, sì, direi che me la cavo abbastanza bene.
Se Mycroft fosse stato un briciolo più umano di come appare, probabilmente avrebbe trattenuto il fiato davanti all'evidente sarcasmo del soldato. Ma John lo vede irriggidirsi, solo per un istante, mentre gli occhi cadono su Greg che sospira e mugugna qualcosa di molto vicino a "te l'avevo detto". John rimane immobile, Mycroft quasi non respira. Greg li osserva entrambi e poi fa spallucce.
- Caffè?

***

Mycroft il caffè lo prende con quattro cucchiaini di zucchero, nonostante sia perennemente a dieta. Allungato, senza latte, ma con quattro cucchiaini di zucchero. John si dice che probabilmente è uno dei pochi lussi che si concede quando non c'è la sua assistente che gli fa la maternale su quanto una trasgressione di quel genere possa comportare danni alla Nazione intera.
- Mrs Hudson come sta?
John squadra il maggiore dei fratelli Holmes inarcando le sopracciglia.
- Me lo dica lei.
Mycroft lo osserva con interesse. John accenna a un sorriso. Stanco, come quello alle quattro di mattina.
- Non sono uno stupido, Mycroft. E' altamente improbabile che una macchina nera, con autista e un uomo a fianco, si parcheggi ogni mattina, alla stessa ora, nello stesso punto, di fronte a casa mia senza uno scopo specifico. Conosco i suoi mezzi e, glielo ripeto: non sono uno stupido.
Greg cerca di soffocare una risatina nella tazza del caffè senza riuscirci. Il Governo Britannico gli lancia un'occhiataccia, velata solo dal divertimento di chi non ha paura a scoprire le sue carte.
- Non era mia intenzione nascondermi, Mr Watson. Sono davvero interessato alla sua salute, non c'è alcun secondo fine.
John ridacchia. Sorseggiando la sua bevanda con una smorfia di disgusto. Meglio questa che iniziare una rissa con l'Inghilterra, si dice.
- Non è mai sua intenzione nascondersi, Mr Holmes.
Il modo in cui pronuncia quel cognome - che da tre mesi, mai, è uscito dalle sue labbra - fa rabbrividire Greg che osserva l'amico con vivo interesse. Stanno in silenzio per qualche minuto. Mycroft lo studia, cerca ogni nuova ruga e irregolarità nel viso, e scava dentro l'espressione assente dei suoi occhi. John alza gli occhi dalla tazza di caffè solo quando il Governo si decide a parlare.
- Io so quanto lei stia soffrendo, Mr Watson. Ma vorrei ricordarle che mio fratello ha agito come ha agito solo per il suo bene e per il bene delle persone che gli stavano più vicine. Stare male per la sua morte, quando è stata solo ed esclusivamente una decisione dettata dal buon senso non-
John sbatte la tazza sul tavolo con forza, e metà del locale si gira a guardarlo, curioso. Greg, si massaggia gli occhi, Mycroft inarca le sopracciglia. E John, lui semplicemente inspira, socchiudendo gli occhi, cercando una pace interiore che non ha più da tanto tempo. Poi guarda di nuovo Mycroft. Ed esplode. Perché, ormai, quella bomba nel suo cervello e nel suo cuore ha finito il conto alla rovescia.
- Quando ho incontrato Sherlock la prima volta, ho pensato che mi sarebbe piaciuto rimanere con lui per sempre. E' stata ed è la persona più importante di tutta la mia vita. Non è una vergogna ammetterlo.
John prende la sua giacca, poggiata malamente nello sgabello appena dietro la sua sedia. Gli tremano le mani, ma fa finta di niente. Se la infila in dieci secondi, e per dieci secondi non parla e non respira.
- Lui ha deciso di suicidarsi per salvarmi. Ma non si è mai reso conto di quanto la sua sola presenza l'avesse già fatto una volta. Non ho mai pensato che si fosse inventato tutto né che mi avesse preso in giro. Non ci ho mai creduto, mai.
John si alza in piedi, con gli occhi lucidi di rabbia e dolore. Tira fuori il portafoglio dalla tasca e posa una banconota sul tavolo del locale, avvicinando il suo volto tirato per l'ira a quello impassibile di Mycroft.
- Quando è saltato giù da quel tetto, atterrando in una pozza di sangue, non è stato l'unico a morire. Per cui mi faccia un favore, Mycroft, non mi venga a dire che sa quanto sto soffrendo o che la sua decisione è stata dettata dal buon senso perché potrei non rispondere delle mie azioni. Sono un soldato, ho ucciso delle persone e ho una pistola attaccata alla cintura. Sono stanco di sentire stronzate.
Sbatte una mano sul tavolo e questa volta attira tanto l'attenzione che il padrone del locale si ferma con un bicchiere in mano, ad osservare la scena, indeciso se intervenire o meno. John si tira su in posizione militare, si aggiusta il colletto della giacca e avanza a passi marziali verso l'uscita.
Mycroft, forse per la prima volta, non sa cosa dire. Greg lo guarda semplicemente andare via, sospirando. 
- Comunque, il caffè faceva schifo.

***

John, fondamentalmente, ha pianto una sola volta nella sua vita. Era appena iniziato agosto* e una pallottola aveva deciso di conficcarglisi nella spalla congedandolo appena prima che il generale Roberts facesse la sua marcia**. Non era in grado di camminare perché la febbre post-operatoria l'aveva debilitato e reso lo spettro del soldato valoroso che era stato. Ma una volta messo piede - anche se in barella - nella sua Inghilterra, John aveva pianto, ringraziando Dio di essere tornato a casa. Ora, dopo quasi due anni da quel giorno, si ritrova piangere di nuovo, come un bambino. Le lacrime gli scivolano fino alle orecchie, coricato com'è nel divano del soggiorno del 221B di Baker Street, e per una volta non si preoccupa neanche di non apparire patetico. Piange dopo tre mesi, perché per tre mesi ha ripetuto a se stesso che se avesse ignorato i fatti anche loro avrebbero ignorato lui. Ma il peso sullo stomaco - sui reni, sul fegato, sul cuore - è il segnale lampante che non può continuare. Non può. Mycroft è stato solo una scusa per ammettere quanto ormai sia al limite. Il telefono squilla. Un sms, come quella mattina. John allunga una mano verso il pavimento e osserva la casella di posta che pulsa sullo schermo. E' Mycroft.

Macchina nera, autista, donna in tailleur grigio a lato del passeggero. Non mi faccia aspettare. MH

John inarca le sopracciglia e digita velocemente una risposta, a suo rischio e pericolo.

No. JW

Il telefono ricade con un suono sordo sul pavimento. E' forse la prima volta che John non si preoccupa materialmente di qualcosa, ma in quel momento non gli importa. Aspetta dieci secondi prima di sentire, come previsto, dei passi per le scale ma, al contrario dei man in black che si aspetta di vedere, la sola figura di Mycroft Holmes entra nel suo campo visivo.
- Per oggi l'ho vista anche troppo, Mycroft. Cosa vuole?
John ha un tono stanco. Mycroft si siede sulla sua poltrona, accavallando le gambe e fissandolo senza battere ciglio.
- Deve venire con me.
Il tono perentorio di Mycroft lo infastidisce, e si ricorda che la sua pistola è sempre attaccata alla cintura come qualche ora prima. Con uno sbuffo ignora la parte meno razionale di sé, limitandosi a lanciare un'occhiata di traverso all'Inghilterra.
- Preferirei darmi fuoco.
Gli volta le spalle, John, accoccolandosi contro il divano che ha ancora l'odore di Sherlock dopo tre mesi. Vorrebbe piangere ancora, John, e stare un po' meglio di come si sente ora, ma davanti a Mycroft mai, piuttosto la morte.
- John - Mycroft sospira, come se stesse facendo chissà quale sforzo mentale per non farlo caricare di peso sull'auto dai suoi uomini - sto cercando di essere gentile.
Il soldato si volta, con un mezzo ghigno sulle labbra, intercettando la smorfia di disgusto dell'altro a quell'ultima frase.
- Non è stato gentile neanche dopo che suo fratello è morto, perché dovrebbe esserlo adesso? Anche Iceman soffre di rimorsi di coscienza? Ma non mi dica!
Il Governo inarca le sopracciglia, e per la prima volta da quella mattina, John si sente sottopressione come tutte le volte che quell'uomo lo ha letteralmente rapito ovunque si trovasse, solo per cercare di estorcegli informazioni. Però John continua a tenere lo sguardo fisso in quegli occhi di ghiaccio così familiari perché rimane comunque un soldato. E anche perché quegli occhi gli mancano così tanto che il suo stomaco si contorce facendogli venire la nausea.
- Lei deve venire con me.
Ripete, Mycroft, alzandosi con eleganza dalla poltrona e aspettando che John faccia lo stesso.
- Perché?
John Watson si tira a sedere, poi con uno sforzo quasi inumano, decide di tirarsi in piedi e tenere testa al Governo Britannico, senza paura di scatenare metà della CIA contro di sé con un solo piccolo gesto come quello.
- Sono stanco, Mycroft, mi creda. Sono stufo di stare ai suoi giochetti, e non sono in vena di stare a sentire una delle sue filippiche su quanto è stupido che io mi comporti come una mogliettina in lutto. Per cui, me lo dica qui e me lo dica ora. Dove mi vuole portare? Me lo dica, o le assicuro che l'ombrello sarà l'unica cosa che porterà via da questa casa.
Ci sono state alcune giornate in cui John ha pensato - pregato, sperato - di addormentarsi e non svegliarsi più perché l'unico momento della giornata in cui non sentiva quel dolore soffocante al centro del petto era quando dormiva. Ha pregato, John, lo ha fatto sempre. Finché Sherlock non è morto. La vita da, la vita toglie. Ma è stato tolto troppo e John non prega più. Mycroft si avvicina di un passo al soldato, inclina la testa, lo fissa. E quando parla, John pensa che forse è giunto il momento di ricominciare a pregare.

- Voglio portarti a casa, John.





Ps. I'm a serial addicted

Oh yeah, dopo mesi e mesi di indecisione, finalmente ho scritto qualcosa su questa magnifica serie di cui sono diventata dipendente. Ho sempre avuto una passione per Sherlock Holmes - e sono anni che ormai mi sono arresa all'idea di non poter più liberarmene - ma questo telefilm è davvero il top (e la seconda stagione mi ha veramente devastato) entrando di diritto al primo post della mia classifica. Anyway, giusto un paio di punti da chiarire e fare il Capitan Ovvio della situazione:

- */** all'inizio cercavo il mese d'incontro (nella serie) fra Sherlock e John per fare il calcolo approssimativo di quando il nostro dottorino fosse stato in Afghanistan, ma non riuscendo a ricordare dove l'avevo letto (i miei criceti lavorano saltuariamente) ho deciso di sfruttare le informazioni del "vero" John Watson. Difatti, il John di Doyle viene ferito circamenoquasi ai primi di Agosto nella battaglia di Maiwand e poi rispedito a casa (da qui anche la citazione del generale Roberts, esistito sul serio, che ha fatto realmente la marcia dopo aver perso la battaglia di qui sopra). Ovviamente è tutto successo nel 1880 (John aveva circa vent'anni, all'epoca), ma io mi sono presa una "libertà professionale" di riportare tutto ai giorni nostri, diciamo :3

- questo secondo punto invece è una cosa davvero stupida ma ci tenevo a specificarla. Sherlock Holmes (quello di Doyle) ci mette tre anni prima di tornare a casa. Ma in tre anni può cambiare un mondo intero (e tre anni sono decisamente troppi!) così ho cambiato da tre anni a tre mesi, mantenendo comunque la costante del tre che mi sembra un periodo abbastanza ragionevole (detto fra noi, spero che Moffat e Gatiss facciano lo stesso mio ragionamento ma non ci spero troppo, conoscendoli).

Per il resto, volevo davvero scrivere una oneshot, ma non sono mai stata brava a tagliare e ne è uscita fuori una cosa troppo lunga, così ho deciso di spezzarla in due, e spero che almeno la prima parte vi piaccia (ci tengo a fare bella figura, almeno la prima volta che posto, in questo fandom) e spero specialmente di aver mantenuto inalterati i caratteri dei vari personaggi, che è la cosa più importante per quanto mi riguarda e_e anyway, fatemi sapere le vostre impressioni o al massimo mi preparo al lancio di pomodori e robetta simile u.u


Ps importantissimo. Questa fanfiction è dedicata ad Anna, che ha sopportato le mie insistenze perché vedesse questo splendore di telefilm e che ora sopporta (con me e me) la lunga attesa della terza stagione, scambiandoci materiale, impressioni e splendidi disegni (da parte sua) e porcate come questa (da parte mia). I love you, tesoro *-*
See ya,


Jess
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Mrs C