Timeline: missing
moment dell’episodio 3x11, ispirato dal momento in cui Rick spiega a Meredith
che ha accompagnato Jeremy a prendere l’aereo per Denver.
Personaggi:
Alaric Saltzman (è un Alaric!centric), Jeremy Gilbert. Hints al rapporto
Jenna/Alaric (ç_ç)
Avvertimenti vari: Non ci sono spoilers, se non nella citazione finale
tratta dall’episodio 3x20. Il titolo della one-shot,
sono sicura che l’avrete riconosciuto tutti <3 La canzone a cui è ispirato è
Be Still, dei ‘The Fray’.
Dedicata
ad Alaric
(perché sì <3)
Be still and
know
(that I am here)
“ Another day-drinker. I lost a patient. What`s your
excuse?"
"I put a kid on a plane."
"Yours?"
"No...that`s a long story."
Episode
3x11. Our Town
“Hai preso
tutto?”
Alaric scoccò
un’occhiata nervosa ai sedili posteriori; Jeremy annuì.
Recuperò il borsone e si lasciò sfuggire un sospiro,
appoggiandosi al fianco della macchina. Analizzò con lo sguardo la schiera di
figure rapide che si affrettavano a varcare l’ingresso del
terminal; aveva lottato contro creature sovrannaturali e visto la morte in
faccia diverse volte, eppure non aveva mai messo piede su un aereo: quello
verso Denver, sarebbe stato il suo primo volo.
Distolse l’attenzione
dal via vai frenetico dei passanti, solo quando si accorse della
presenza di Alaric al suo fianco. Con un gesto
indeciso, l’uomo tese il braccio per farsi passare il borsone. Jeremy si
sorprese a sorridere, scuotendo il capo.
“Ma dai!
Lo porto io.” lo prese in giro, incominciando a
incamminarsi verso l’aereoporto. Alaric gli andò dietro, sorridendo a sua volta. Camminarono in silenzio, fino a quando non
raggiunsero la zona dei check in; Jeremy continuava a guardarsi attorno con
aria decisa, aggrottando di tanto in tanto le sopracciglia, come se stesse
cercando di orientarsi da solo.
“Lì.” Gli venne in aiuto infine
Alaric, guidandolo fino alla coda giusta. Jeremy annuì, accennando a un sorriso riconoscente.
Rick sorrise a sua volta, nonostante si sentisse quasi teso, al pensiero di ciò
che stavano per fare. Nel corso dell’ultimo periodo Jeremy si era irrobustito
parecchio; reagiva meglio ai problemi, era più tranquillo e di rado gli era
capitato di vederlo piangere dal giorno del funerale
di Jenna. Eppure, non era sicuro che quello sarebbe bastato a farlo sentire
tranquillo, una volta lontano da Mystic Falls. Per
quanto cercasse di apparire forte e disinvolto ai suoi occhi, restava comunque
solo un ragazzo. Lo osservò per qualche istante, per verificare
che non fosse troppo nervoso. Jeremy, tuttavia, non sembrava
turbato. Attendeva con pazienza il suo turno,
analizzando con attenzione quello che facevano gli altri, un lieve sorriso a
increspare gli angoli delle sue labbra. Era il sorriso
di chi attende paziente di lasciarsi tutto alle spalle; il sorriso di chi ce la
mette tutta per sperare che dall’altra parte del viaggio, giunto alla meta, ci
sia qualcosa di meglio ad attenderlo.
A fatica Alaric si
trovò ad ammettere a sè stesso che forse, il meglio
per Jeremy, sarebbe stato non voltarsi mai indietro. Salire
su quell’aereo e lasciarsi tutti loro alle spalle; sparire. Non tornare. Sapeva che là fuori non era
detto che Jeremy sarebbe stato finalmente al sicuro. Di
certo, però, avrebbe avuto una vita migliore; alla larga dei fardelli di cui era
carceriera la loro cittadina.
Da un
lato, tuttavia, trovava discutibile il fatto che la scelta giusta potesse
essere quella di allontanarlo; lasciarlo solo un’altra volta, seppur per
assicurarsi che stesse bene. Se c’era una cosa che aveva imparato nel corso
degli ultimi mesi era il fatto che quei due ragazzi,
Elena e Jeremy, non avessero poi in fondo bisogno di altro che qualcuno pronto
a trascorrere la notte sul divano del loro soggiorno. Qualcuno che contribuisse a smorzare il silenzio sempre più evidente nelle loro stanze. Una
figura da chiamare
‘adulto’ quel poco che bastasse per potersi azzardare a dire che in fondo, per
loro, ‘qualcuno c’era’.
Da pochi mesi a
quella parte, quel ‘qualcuno’ era stato lui.
Quando Jenna era ancora al suo fianco, l’aveva osservata più volte interagire
con i nipoti. Si domandava cosa avrebbe potuto significare per lui affiancarla
nell’assumersi quell compito. Era in fondo, quello, uno degli interrogativi che
aveva risuonato spesso nella sua testa in passato, prima che Isobel scomparisse
dalla sua vita: ‘sarebbe stato un buon padre’? E poi che cosa significava
veramente essere un genitore?
Erano domande a cui non
era mai riuscito trovare
una riposta. Aveva preferito soffocarle in un
angolo, per poi lasciarle perdere, affogate dall’alcool e trafitte dalle punte
acuminate dei suoi paletti. Erano domande che, tuttavia, tornavano a
punzecchiarlo spesso, assorbendo vita ogni volta che
si svegliava e capiva di essere caduto a terra, perchè aveva smesso di
respirare per l’ennesima volta: prima o poi, lo sapeva, sarebbe arrivata la
volta di troppo. In quei momenti era logico per lui supporre
che mai avrebbe potuto prendersi in carico una responsabilità simile.
Era giunto a
Mystic Falls per combattere qualcosa che ormai faceva parte di lui.
Qualcosa che non era compatibile con la sicurezza che un
genitore dovrebbe essere in grado di garantire a un figlio. Non si sarebbe mai
aspettato che sarebbe stato proprio quel qualcosa, l’entità oscura che ormai
faceva parte della sua vita, a concedergli una possibilità.
Eppure, era andata a proprio così.
Delle volte, quando
chiacchierava fino a tarda notte con Elena o si sorprendeva a sbirciare in
camera di Jeremy per assicurarsi che stesse dormendo, si trovava a domandarsi
se Jenna sapesse che adesso toccava a lui vegliare su di loro. Se ridesse di
lui, nei momenti in cui cadeva giù dal divano, se in qualche modo fosse stata
lei a spingerlo ad accettare infine di stare loro accanto, pur essendo sicuro
che quella non potesse essere la soluzione ideale per loro. Andandosene, Jenna
aveva ritagliato via quei brandelli di sostegno che gli erano rimasti,e lo stesso era accaduto a Jeremy e ad Elena. Eppure,
avvicinandolo ai suoi nipoti, gli aveva anche concesso un’opportunità.
Assicurandosi che nè lui, nè loro, dovessero affrontare la
sua assenza in completa solitudine.
Per quello,
Alaric era in parte restio a far partire Jeremy.
Per quello e perchè in fondo, sapeva che avrebbe sentito la
sua mancanza. Gli sarebbero mancati i suoi sorrisi di
riconoscenza, le parole mai pronunciate smorzate dall’orgoglio, ma che aveva
ormai imparato a riconoscere nei suoi gesti, nei suoi sguardi. Sguardi che lo pregavano in silenzio di stargli accanto, anche se
per solo una manciata di minuti ogni tanto. Per le
cose più stuipide, o i momenti di sconforto. Sguardi che all’inizio
aveva temuto di non saper reggere, ma che pian piano aveva imparato ad
apprezzare, riconoscente della fiducia che Elena e
Jeremy riponevano in lui.
“Dove devo andare, adesso?” l’interrogativo di
Jeremy lo distolse dai suoi pensieri. “Intendo...Dopo che mi sarò liberato del bagaglio.”
Solo in quell momento,
Alaric si accorse che era già arrivato il loro turno. Si diede una rapida occhiata attorno, improvvisamente teso, quasi fosse
lui stesso sul punto di imbarcarsi. “Da quella parte ci sono i gates per
l’imbarco.” gli spiegò, spingendolo da parte, per non essere d’imbroglio agli
altri nella fila. “Ti posso accompagnare ancora per un
pezzo.” aggiunse poi.
Jeremy si lasciò
guidare in direzione dei gates, continuando a guardarsi attorno con aria d’un
tratto meno rilassata.
“Eccoci qui.”
commentò infine Alaric, fermandosi di fronte alle scale mobili.
“Oltre queste scale non posso seguirti.” Jeremy si fermò a sua volta e infilò
le mani in tasca, rivolgendogli un’occhiata incerta.
“Fai attenzione”
aggiunse Alaric, con un pizzico di esitazione nel tono
di voce. Analizzò la sua espressione e la scoprì decisa, nonostante fosse evidente
il nervosismo nello sguardo di Jeremy. “Anche tu.”
ribattè a quel punto il ragazzo, sistemandosi lo zaino
su una spalla. “Prenditi cura di Elena.”
Fece per incamminarsi
verso le scale mobili, quando un pensiero lo costrinse
a fermarsi.
“Ehy, Rick...” domandò,
tornando a voltarsi: Alaric era ancora lì, le braccia incrociate sul petto, la
solita espressione seria e stanca a incidere il suo
volto. “Sto facendo la cosa giusta, vero?” cercò
rassicurazioni, indugiando indeciso, poco distante dalla scala mobile. Alaric sospirò, prima di annuire con decisione.
“Ho sentito dire che a
Denver le ragazze sono piuttosto carine.” commentò, riuscendo a strappargli un sorriso. “Dai, vieni qui.” Si
arrese infine a quell punto, abbracciandolo. Si separò da lui presto, ben
sapendo che Jeremy non era un ammiratore degli addii
che la tiravano per le lunghe. Lo sentì inspirare con più forza prima di
staccarsi da lui, come se stesse cercando di infondersi coraggio. “Adesso vai.” lo incoraggiò a quell punto,
accennando con il capo alla scala mobile. Jeremy annuì, attraversando i pochi metri che lo separavano
dall’ingresso a uno dei gates.
“Rick?” lo richiamò
ancora quell punto, mettendo i piedi sul primo gradino; rimase in silenzio per
qualche istante, come se stesse cercando le parole adatte per dirgli qualcosa. Alaric lo osservò scendere, l’apprensione a serrargli
improvvisamente lo stomaco. Realizzò di essere
arrivato al punto in cui nessuno dei due avrebbe più potuto cambiare idea.
“Non morire mentre sono via, va bene?” riuscì a pronunciare
infine Jeremy, esitando prima di sorridere appena. “Non ti dico ‘grazie’
adesso, perchè lo tengo come garanzia in maniera da potertelo dire al mio
ritorno.”
Alaric non
riuscì a rispondere subito. Lo osservò
scomparire mentre scendeva, il cuore improvvisamente
più pesante, come se quelle scale mobile lo stessero portando all’altro capo
del mondo o in un posto da cui non avrebbe più potuto fare ritorno. Quando
quella mattina era uscito di casa, con un borsone
sulle spalle e un sedicenne problematico a fianco, non aveva idea che sarebbe
andata a finire così: aveva fatto in modo che un ragazzino salisse sull’aereo,
il figlio di qualcun altro, e adesso, osservandolo allontanarsi, sentiva di non
volerlo fare veramente. Come se non fosse solo il
figlio di qualcun altro. Come se fosse anche un po’ il
suo.
“Non vado da nessuna parte!” gli gridò dietro , avvicinandosi al ciglio delle scale, per
assicurarsi che sentisse. Il sorriso riconoscente di
Jeremy fu l’ultima cosa che vide, osservandolo incamminarsi verso i
gates.
“Buon viaggio, Jeremy.”
mormorò ancora tra sè, prima di allontanarsi a sua volta,
in direzione dell’uscita.
Prima di ripartire,
Alaric appoggiò la schiena alla portiera della
macchina e rimase immobile per un po’ ad osservare i viaggiatori di fronte all’aereoporto,
come aveva fatto Jeremy poco prima.
Pensò a quanti di loro
fossero lì per salutare un membro della propria
famiglia, una figlia, un figlio. A quanti, stavano facendo forse il percorso inverso, per tornare a casa.
Pensò a a quante persone si stessero imbarcando da sole; ragazzi
ancora troppo giovani, per voler pensare di legarsi a qualcuno. E c’era
probabilmente anche chi era ormai troppo in là con gli anni, per volersi
arrischiare di credere che fosse ancora in tempo per costruirsi una famiglia.
Alaric era stato a lungo come uno di quei viaggiatori.
E infine pensò a
Jenna. Evocò i momenti in cui
aveva temuto di deluderla, al pensiero di non potersi prendere cura di Jeremy ed Elena. Pensò a quanto gli mancasse, ma anche a quanto gli fosse riconoscente, per
l’opportunità che gli aveva concesso indirettamente, avvicinandolo a quei
ragazzi.
“Tienilo d’occhio,
mentre è a Denver.” fu il suo ultimo pensiero indirizzato
a lei, prima che si decidesse a recuperare le chiavi della macchina.
Il
‘grazie’ che avrebbe voluto rivolgerle, decise che l’avrebbe tenuto da parte:
come garanzia per il giorno in cui si sarebbero incontrati di nuovo.
“
Taking care of you and Jeremy
has been the closest I've ever come to the life I've always wanted.”
Episode 3x20.
Do Not Go Gentle
Nota dell’autrice.
(spoiler episodio 3x20)
In genere scrivo
dei polpettoni, quando arrivo alle note dell’autrice, ma in questo momento sono
di nuovo con le lacrime agli occhi. Un po’ perchè penso a quella puntata
fatidica e straziante che mi ha ucciso, un po’ forse
anche perchè quello che ho raccontato un po’ mi appartiene, e non mi capita
spesso di poterlo dire quando scrivo in questa sezione. L’idea di descrivere il momento in cui Alaric accompagna Jeremy in aereoporto, mi
era venuta nel momento esatto in cui ne parla a Meredith nell’episodio. Perchè sì. Perchè mi sono innamorata del
rapporto Alaric/Jeremy sin dal finale della seconda stagione, e sognavo da
secoli di scrivere qualcosa su loro due. Ma poi non l’ho
fatto. Perchè sono un po’ codarda e ho sempre un
po’ ‘timore’ a parlare di personaggi su cui non scrivo mai, perchè ho paura di
cadere nell’OOC. E di Alaric non avevo quasi mai parlato prima d’ora,
sorvolando un paio di shot, sebbene sia uno di quei
personaggi di cui ho sempre sognato di scrivere, perchè essendo nel ‘Team
Human’ è uno di quelli a cui sono più affezionata (specialmente appunto dal
fatidico finale della seconda stagione). E niente, dopo
l’ultimo episodio ho dovuto, ecco. Un po’ per Rick, un
po’ per Jeremy, che mi ha distrutto. Ho volute provare ad immaginare
quello che è passato per la testa di Rick, e quello che può aver significato la
sua presenza per Jeremy, per Elena, per Jenna. Ecco, adesso
mi fermo, perchè sennò scoppio a piangere di nuovo. Il
titolo era d’obbligo, perchè quella canzone (Be Still dei The Fray) era
azzeccatissima sia per il momento, che per la figura di Alaric, che è sempre
stato un punto saldo per tutto: per lo show, per Damon, per i due fratelli
gilbert. In questo caso, fa riferimento a quello che dice a Jeremy (‘non vado
da nessuna parte’) in risposta al suo ‘non morire’. Per lo
meno, per quanto mi riguarda, so che al ritorno di Jeremy da Denver, Alaric
c’era. Ha mantenuto la parola *piange tantissimo*
Un abbraccio
fortissimo (ma proprio forte,perchè sennò poi piango
di più)
Laura