“Ciao”. Sorride.”A domani. Anzi, no, aspetta, a mercoledì”.
“A mercoledì”. Sorrido automaticamente, anche se spero che non debbano passare cinque giorni prima di rivederci. Un ultimo sguardo e ci voltiamo le spalle a vicenda, diretti verso due banchine opposte della metro.

Sono passati tre giorni, vorrei aver risentito la sua voce. Ormai non so neanche io quante volte ho composto quelle dieci cifre, sperando sempre di riuscire a trovare una motivazione valida per chiamarlo.
Per fortuna ci pensano i miei cugini a risvegliarmi dal ricordo così forte eppure così sfuggente della sua risata. Abbiamo deciso di passare una giornata sulla spiaggia tutti insieme, in attesa dell’arrivo dell’estate.
Dopo essere stata tutta la mattina sdraiata sotto al sole di metà maggio, pensando solamente a cosa potrei fare se anche lui fosse qui, decido di alzarmi e fare una passeggiata. Mi porto dietro il cellulare, anche se so quanto sarà difficile per me non far partire ‘per errore’ una chiamata al suo numero.

Mi sono sempre piaciute le dune, soprattutto per il fatto di non poter prevedere cosa mi attende dietro la sabbia.
Però so che dietro questa in particolare mi aspetta il miglior gelato al cioccolato di tutta la baia, e non resisto alla tentazione di entrare e prendere il cono più buono che abbia mai assaggiato. Certo, sarebbe un cono migliore se potessi dividerlo con una certa persona.
E’ davvero così da pazzi sperare di incontrarlo qui, pur sapendo che abita a più di duecento chilometri di distanza? Vorrei essere rimasta a casa, a poche fermate di quella maledetta metro da lui, incrociando le dita ad ogni apertura della porta, nella speranza di poter incontrare quel suo sguardo così stupendamente dorato. Però sono qui ormai, e quegli occhi li posso incontrare soltanto nella mia fantasia.

Esco dalla gelateria, diretta al bagnasciuga dove certamente le mie cugine mi aspettano divertite.

Quando sento la sua voce, la sua risata, penso che sia la mia testa ad essere completamente partita per la tangente. Quando mi giro e lo vedo di schiena su una duna non troppo lontana mi scappa un sorriso. Quando compongo il suo numero a memoria, finalmente con una scusa per avviare la chiamata, soffoco appena una risata.

“Pronto, Vega? Come stai, tutto bene?”. E mentre parla so che anche lui sorride.
“Pietro? Girati”.  A questo punto non resisto e scoppio a ridere.
Si gira e si guarda intorno, spaesato. Neanche lui si aspetta che io sia qui.

Dopo qualche secondo mi vede, e comincia a correre giù dalla duna per raggiungermi. Io sono ancora piegata in due dalle risate, la faccia che ha fatto quando mi ha visto aveva qualcosa di stupendo.
Mi si getta contro, e quasi mi fa rotolare a terra, ma il suo abbraccio mi strizza prima che io caschi a gambe all’aria.
E allora non penso più a niente, non vedo più le dune né il sole di questa giornata di metà maggio. Incrocio i suoi occhi, e so che forse le mie speranze non sono poi così lontane dalla realtà.

Quando anche lui si accorgerà di me, potrò raccontargli tutto questo.






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E' la mia prima storia in assoluto, una specie di one shot basata sui film mentali che mi faccio invece di studiare greco.
Vega mi piaceva come nome, perchè sono dell'idea che una ragazza speciale debba avere un nome speciale. E lei è speciale.
Non so se scriverò ancora su di lei, forse se questa piccola storia avrà successo potrò sviluppare il suo carattere, mai dire mai.
Vorrei sapere cosa ne pensate, in tutta sincerità. Ringrazio in anticipo.