You take my breath away
“It's not right, but it's okay,
I'm gonna make it
anyway.
Close the door behind you, leave your key.
I'd rather be alone than unhappy”
Kurt non
sentì il professor Schuester domandargli dove stava
andando o Rachel scattare in piedi decisa a seguirlo ma prontamente fermata da Finn con un secco “Lascialo stare”.
Le sue gambe
sembravano non volersi fermare e lo condussero in una manciata di secondi alla
porta che dalla sala del Glee dava sul corridoio in
cui Blaine si era precipitato qualche istante prima,
subito dopo aver cantato con una rabbia che Kurt non gli aveva mai visto in
faccia.
Per un
attimo pensò di seguirlo ma poi decise che era meglio lasciarlo solo.
Quello non
era il momento adatto per parlare.
Così lo
seguì solamente con lo sguardo finché non sparì dietro l’angolo più lontano del
corridoio, forse diretto al bagno più vicino per calmarsi.
Kurt,
invece, si incamminò verso la direzione opposta, intenzionato a fuggire da
quella folla rumorosa che occupava i corridoi del McKinley.
Erano tutti
così felici, sorridenti, che lui avrebbe desiderato soltanto vederli soffrire
come stava accadendo a lui per sentirsi un po’ meno solo.
Non chiese
scusa quando andò a scontrarsi con un ragazzo facendogli cadere di mano il
libro e beccandosi un’occhiata torva o mentre, senza neanche accorgersene,
diede una spallata ad una ragazza che aveva tutta l’aria di essere nella
squadra di wrestling e che iniziò ad insultarlo pesantemente, urlandogli a
piena voce di non farsi vedere più da quelle parti in sua presenza.
A Kurt non
importava: ci era abituato e non era la questione che più gli premeva
risolvere.
Camminando a
passo deciso verso l’auditorium, con uno sguardo perso nel vuoto che non si
sforzava nemmeno di soffermarsi sulle persone che gli passavano accanto o sugli
oggetti che trascinava a terra lungo il tragitto, si sentì improvvisamente
mancare l’aria nei polmoni.
Di
conseguenza passò dal camminare velocemente al correre, alla disperata ricerca
di un posto dove poter prendere una boccata d’aria che non fosse in mezzo a
tutta quella gente che non comprendeva la fitta al cuore che provava.
Con gli
occhi ormai lucidi e le mani che tremavano dallo spavento arrivò presto in auditorium
realizzando solo nell’istante in cui si fermò che era completamente sudato.
Leggermente
sollevato dall’assenza del caos da cui era stato capace di uscire si fermò
proprio sotto al palco, poggiò le mani sulle cosce, abbassò la testa
avvicinandola alle gambe e tentò, ad occhi chiusi, di regolarizzare il respiro.
Quando si
rese conto che la situazione era migliorata rispetto a qualche attimo prima in
cui gli era parso di essere in preda ad un attacco di panico, ma non si era
risolta del tutto, ne capì il motivo.
Alzò il capo
e salì le scale che portavano al palco, quella che era la sua casa, il suo
rifugio.
Era scappato
dalla folla ma l’unica ragione della sua stabilità, l’unica cosa che riusciva a
farlo stare tranquillo era Blaine.
Era la sua
assenza a provocargli quel tremendo dolore che sentiva all’altezza del petto,
non quella di persone che neanche conosceva.
Era stato
uno stupido, un ingenuo e solo in quel momento se ne rese realmente conto.
Dare il suo
numero di cellulare a Chandler, un ragazzo che aveva appena conosciuto, era
stato uno sbaglio, anche se non l’aveva fatto con lo scopo di tradire Blaine.
Come poteva anche solo pensare una cosa del genere?
Proprio su
quel palco mesi prima gli aveva detto che gli toglieva il respiro, con le sue esibizioni,
con i suoi baci, con ogni suo gesto. Questa volta era diverso perché gli
mancava proprio l’aria e aveva un nodo alla gola che lo faceva agitare ancora
di più.
Aveva
soltanto bisogno della sua presenza ma ultimamente lo aveva sentito distante.
Era per quello che aveva accettato di iniziare un rapporto di amicizia, o quello
che era, con quel ragazzo forse un po’ troppo eccitato per i suoi gusti.
Solo
rivedere nella sua mente la sua espressione ferita e delusa durante l’esibizione
gli fece sperare di essere in un brutto sogno da cui presto si sarebbe
risvegliato con accanto Blaine che gli accarezzava
dolcemente la schiena per tranquillizzarlo, dicendogli che era tutto finito.
Ma quella
era la realtà e lui doveva anzi voleva
affrontarla.
Non avrebbe
mai più voluto rivedere un’espressione del genere sul suo viso, né per causa
sua né per altri motivi.
Blaine era così
bello quando sorrideva; il suo sorriso era talmente contagioso e brillante da
illuminare una stanza buia durante una tempesta autunnale.
Non poteva
togliere al mondo la possibilità di assistere ad uno spettacolo come quello.
Voleva
essere la ragione della sua felicità proprio come lui lo era per Kurt.
Non poteva
sopportare di vederlo così distrutto; gli provocava un dolore forte che non
poteva essere semplicemente ignorato.
Kurt si rese
conto di essere stato tempestato da mille pensieri senza essersi mosso di un
millimetro; era ancora fermo al centro del palco e stava fissando un punto
imprecisato di fronte a sé, senza realmente guardarlo.
Avanzò fino
ad arrivare dietro le quinte dove, ammassati in un angolo, c’erano ancora i
vestiti che lui stesso aveva contribuito a scegliere e cucire per il musical
West Side Story. Fece scorrere le dita tra quei tessuti impolverati, come
gettati nel dimenticatoio, che per lui valevano così tanto.
Su quel
palco, subito dopo la prima dello spettacolo, Blaine
gli aveva detto che Sebastian non significava niente per lui, anche se si
scambiavano messaggi e il suo comportamento nei suoi confronti era piuttosto
amichevole. Nonostante la gelosia, Kurt aveva visto la sincerità trasparire dai
suoi occhi e si era fidato di lui.
Ora stava a
Kurt definire cosa Chandler significasse per lui. E la risposta arrivò subito,
pronta, senza il minimo dubbio: una scappatoia, ecco cos’era Chandler. Un
pretesto per non pensare all’imminente separazione da Blaine.
Il problema
era che Kurt non aveva pensato, però, a come sarebbe stato più doloroso perdere
la fiducia di Blaine piuttosto che non averlo intorno
ogni santo giorno.
Un conto è
essere distanti ma poter comunque contare sempre sull’amore e l’appoggio dell’altro;
un’altra cosa è quando, anche vicini, non c’è più la fiducia.
Il vero amore
sopravvive e Kurt non l’aveva ancora capito o forse non ci credeva fino in
fondo.
Per un
momento, tornando al centro del palco per poi sedersi sul primo gradino delle
scalette, fece vagare la sua mente e tentò di immaginare la sua vita senza Blaine, per poi ricevere un colpo al cuore.
No, non era
possibile; perché non esisteva.
Vedeva
soltanto una cornice di una fotografia con uno sfondo nero senza soggetti
animati, senza vita, senza amore. Blaine gli aveva
sconvolto così tanto l’esistenza da rendere impossibile immaginarne una senza
di lui.
C’era un
solo modo per riconquistare la fiducia di Blaine ed
era esprimere tutto quello che stava provando con una canzone. Era da qualche
giorno che Kurt stava pensando ad un brano di Whitney Houston da cantare per il
compito del Glee Club ma niente gli era sembrato
appropriato come quella canzone.
Aveva appena
realizzato che la sua vita non era niente senza Blaine.
Chandler poteva rappresentare una parte di ciò di cui aveva bisogno, ma Blaine significava tutto.
Allora
perché accontentarsi di qualcosa
quando il suo tutto lo amava alla
follia e aveva addirittura cambiato scuola per stargli vicino, ogni giorno?
Blaine desiderava
Kurt, solo lui; e Kurt non poteva fare a meno di lui.
Perché
rischiare di perdere un ragazzo così speciale per un suo stupido capriccio?
Blaine lo amava
per come era, non aveva mai voluto cambiare qualcosa di lui. Per una volta in
cui gli aveva fatto notare che il suo comportamento non era stato dei migliori Kurt
era crollato, senza considerare minimamente che in una coppia ci sono spesso
delle incomprensioni e che sono proprio quelle che aiutano a crescere e a
migliorarsi, insieme.
Era
esattamente da lì, da quello sbaglio, che doveva ripartire.
Doveva farlo
subito e agire in fretta.
Senza
neanche accorgersene veramente, Kurt cominciò a piangere; non fu un pianto
sommesso e controllato ma liberatorio, come uno sfogo, per far sì che tutte le
lacrime uscissero in quel preciso istante per poi abbandonarlo e lasciarlo
libero da quella morsa.
Il giorno
dopo, durante la sua performance di fronte a Blaine,
non avrebbe mostrato la sua parte più fragile, come faceva spesso nelle sue
esibizioni; al contrario si sarebbe dimostrato determinato a riaverlo nella sua
vita perché non poteva fare a meno di lui.
Per
raggiungere quell’obiettivo non aveva bisogno del supporto delle sue lacrime;
sperava che a Blaine bastasse guardarlo negli occhi e
capire che non ce l’avrebbe fatta senza di lui.
Non si
sarebbe arreso facilmente.
Si asciugò
le lacrime con la manica della camicia di seta, si alzò e si precipitò verso
l’uscita, rischiando di cadere dalle scale per la foga con cui si stava
dirigendo verso il negozio di musica dove avrebbe acquistato lo spartito
giusto.
Entrando in
macchina e sedendosi al posto di guida Kurt sentì il respiro cominciare ad
affannarsi come prima e il battito del cuore accelerare nel petto.
Eccola, di
nuovo, quella sensazione.
Premette con
forza il piede sull’acceleratore intenzionato a riprendersi il più presto
possibile il suo tutto; colui che aveva la straordinaria capacità di togliergli
il fiato ma, allo stesso tempo, donargli la possibilità di respirare
regolarmente quando gli affanni lo opprimevano.
*
Kurt si
posizionò di fronte al microfono con le gambe che tremavano e il petto che si
alzava e abbassava velocemente per l’emozione.
Non guardò
subito Blaine; iniziò a cantare ad occhi chiusi
perché era più semplice non osservare la sua reazione che lo spaventava a
morte.
Non avrebbe
sopportato di vedere il suo volto deluso, di nuovo.
Tuttavia
dopo poche note sentì il forte bisogno di aprirli ed ammirare il ragazzo che
stava ascoltando attentamente quello che stava cantando.
Per sua
fortuna non c’era delusione; sembrava più speranza. Voleva credere a quello che
Kurt gli stava promettendo sottoforma di canzone.
Così Kurt,
tra una nota e l’altra, riuscì a riprendere fiato e tutto divenne
improvvisamente più semplice. Perché Blaine con un
solo sguardo, con quegli occhi che chiedevano solo amore, gli stava dando la
forza di andare avanti.
Anche se si
trovava a qualche metro da lui, Kurt si sentì quasi come rinato.
A fine
esibizione Blaine applaudì, come tutti gli altri, con
gli occhi lucidi. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
Kurt
sospirò, sollevato, tornando al suo posto accanto a Mercedes che lo accolse tra
le sue braccia. Sapeva di aver toccato il punto debole di Blaine;
lo capiva dal modo in cui stava fingendo di essere soltanto stato preso dalla
canzone cercando di trattenere le sue lacrime, invano.
Solo in quel
momento Kurt si rese conto di aver vissuto quasi in apnea per ben due giorni.
Era
finalmente tornato a respirare.
“Tell me how I'm supposed to breathe with no air. Can't live, can't
breathe with no air.
It's how I feel whenever you ain't there. It's no
air, no air.”
Note dell’autrice
Salve!
Ancora devo riprendermi dalla splendida puntata di mercoledì e non sarà facile…
Non potevo
ignorare un episodio del genere e dopo tanto tempo avevo bisogno di tornare a
scrivere, quindi ho approfittato dell’ispirazione per buttare giù questa breve one shot su Kurt e i suoi
pensieri riguardo tutto ciò che è successo.
Devo essere
sincera: la prima volta che ho visto l’episodio ho pensato che Kurt fosse stato
molto ingenuo a dare il suo numero a Chandler ma poi riguardandola per bene ho
capito perché l’ha fatto e spero si possa comprendere da ciò che ho scritto. Lui
non voleva assolutamente tradire Blaine, ha solo dato fiducia ad una persona che si era
comportata in modo carino con lui, visto che il suo ragazzo negli ultimi tempi
era piuttosto distante. E con questo non voglio dare la colpa a Blaine. Voglio solo dire che se l’ha
fatto un motivo c’è.
Loro due si
amano, punto. Questa è la cosa più importante!
Bene, spero
vi sia piaciuta!
Come sempre
vi invito a farmi sapere cosa ne pensate e, se volete, a seguirmi su Twitter per rimanere in contatto (sono Ilaryf90 anche lì)!
Alla
prossima,
Ilaryf90