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Autore: Ilmaredentroognicielo    29/04/2012    11 recensioni
Mi aveva incendiata e lo sapevo; il mio problema era il grado di astinenza che avevo indiscutibilmente portato avanti da un anno a quella parte, il che significava che io, avrei potuto scendere nei più fondi piani, presa letteralmente dall'istinto di una donna, comunemente chiamato, uomo. Sapevo che quel ragazzo, conosciuto da solo un giorno aveva il potere di attrarmi come una calamita e non perché fosse bello o attraente, semplicemente perché io, al minimo tocco sbagliato prendevo fuoco. "
***
Hel e Thomas.
Un compito da portare a termine.
Lui, sfacciato, bello da stare male, stronzo e un po' superficiale.
Lei, fragile, innamorata dell'amore; convinta che il mare si trovi dentro agli occhi di tutti.
Costretto a passare del tempo insieme ad Hel, Thomas prova a portarsela a letto. Lei prova, invece, a non cedere, nonostante la strana attrazione che prova nei suoi confronti.
I due giocheranno, si conosceranno, per certi versi si odieranno.
Legati da un compito di filosofia, alla fine, cominceranno ad accettarsi.
Lei farà sesso senza amore o sarà lui a fare sesso, dopo essersi innamorato?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perdonami Helen.






" Il tuo problema, mia bella addormentata nel bosco, è che ti sei innamorata di uno stronzo. " 
Abbassai lo sguardo e mi sistemai meglio sul lettone di Celeste; 
le lenzuola erano azzurre e i cuscini sembravano anche più morbidi del dovuto,
ma infondo dovevo aspettarmelo, Celeste aveva sempre avuto un buon gusto e un eccellente senso dell'ordine. 
Le mura di quella stanza, erano gialle, motivo per cui, anche le tende erano gialle.  
persino i quadri appesi al muro sembravano essere stati scelti per un fattore di abbinamento di colori. 
Sulla destra aveva deciso di mettere un comodino, con una lampada verde chiaro che, a pensarci bene, 
forse neanche funzionava,  difronte a me, invece, c'era un armadio enorme che secondo il mio modestissimo parere, era troppo grande per una sola persona, parere che restava solo mio, in quanto a giudicare dal carattere della mia migliore amica, più vestiti c'erano e più erano destinati alle sue mani. 
La sua casa era quasi perfetta a guardarla bene.
La cucina affacciava ad un terrazzo mozzafiato, con fiori d'appertutto e un altalena in bella vista, quasi a mostrare il luccichio delle lampadine che stavano adagiate sul 
pavimento, che con mia sorpresa era di un colore quasi rossiccio. 
Non era una casa particolarmente grande, anche se potevo sicuramente giudicarla enorme, pensando alla mia camera, al campus. 
Pensai improvvisamente agli occhi di Thomas e a come i suoi capelli sarebbero stati perfetti, in quel posto, tra fiori e altalene. 
Mi mancava, nonostante tutto, mi mancava nonostante ogni cosa, ogni respiro, ogni parola, mi facesse ricordare che era andato a letto con un' altra, che sicuramente aveva baciato e aveva toccato un'altra ragazza, 
ragazza che tral'altro non ero io. Ragazza che ovviamente non ero io. 
Mi alzai, quasi titubante e camminai a piedi scalzi per la casa, con gli occhi di Celeste puntati addosso. 
Il corridoio era piccolo ma i quadri lo rendevano colorato e vivo. 
Mi spostai lievemente e mi alzai in punta di piedi per guardarne uno: raffigurava una ragazza nuda e spettinata; 
gli occhi verdi, grandi e tremendavente limpidi, i capelli rossi, che ricadevano ribelli sul viso e sul collo, rossetto rosso e sorriso brillante, quasi a prendermi in giro. 
Mi fermai a pensare quanto io fossi diversa da lei. 
I miei capelli, castani, ricadevano tranquilli sulle mie spalle, minute e bianche, nessuna traccia di sorriso e neanche l'ombra di un rossetto sulle mie labbra, già abbastanza rosse; io ero l'ordinario.
Era stupido fare paragoni con un quadro, che neanche mi piaceva molto, era come essere tornate alle medie, a torturarsi con immagini di gente affascinante in stupidi giornalini; gente a cui magari avrei voluto somigliare.  
Mi rendevo conto di come fossi piatta, tremendamente anonima, senza un briciolo di personalità. 
Il quadro sembrava essere pieno zeppo di personalità, quella ragazza raffigurata, sembrava così potente, quasi potesse essere in grado di sbucare fuori da un momento all'altro e far suo il mondo, conquistare il suo ragazzo. 
Io invece ero scappata, come una stupida codarda. 
Avevo lasciato che le cose fuggissero via, mentre avrei dovuto urlare, mollare pugni alle porte, dirgli che lo amavo, lo amavo per ogni stronzata che diceva e anche per il male che mi stava facendo inconsapevolmente. 
Sospirai e feci qualche passo avanti, andando dritta in cucina. 
Notai subito il lampadario, rosa pesca, i contorni color avorio e una cesto di frutta, pitturato quasi alla perfezione. 
Mi piaceva quella casa, le mura non erano spente e sembrava tutto così ordinato e profumato da farmi girare la testa; Celeste si era traformata in una perfetta donna di casa. 
" Robert ti sta facendo del male? " Le domandai sarcastica, alzando lievemente le tende della cucina. 
" Spiritosa. " 
" Sei una maniaca della pulizia? Sei depressa? " Sussurrai, fingendo timore. 
" Che c'è di male a voler vivere in una casa pulita, ordinata e profumata? "
" Nulla, nulla. " Sorrisi. " Solo... sei diventata troppo perfetta. " 
" Grazie. " Si atteggiò, lei. 
Ero felice di avere vicino la mia migliore amica; poter scherzare con lei, mi faceva sentire meglio di quanto pensassi. 
Il viaggio mi sembrava fosse durato una vita, ero rimasta ore e ore a guardare la gente. 
Non ero una spiona e neanche stupida, ero solo curiosa. 
Mi piaceva vedere come una madre carezzava il proprio figlio, addormentato sulle sue gambe, mi piaceva guardare il sorriso di una ragazza, che nonostante la
confusione, parlava indisturbata al telefono e sembrava chiusa in una bolla di sapone, come se niente e nessuno potesse spezzare l'amore che respirava su ogni parola. 
Mi lasciavo trasportare dal volto di un ragazzo, che leggeva un libro o di un bambino che giocava con la sorellina più piccola. 
Ero curiosa di vedere come la gente, dentro ad un treno, potesse essere più semplice, più sognatrice, più innamorata; e forse soffermarmi sui miei problemi era più difficile che soffermarmi su quelli di tutti gli altri. 
Celeste mi venne vicino e mi abbracciò. 
" Mi dispiace se ti tengo lontana da Robert, mi odierà. ." Sussurrai. 
" Smettila, lo faccio con piacere. "
" Lo so, ma mi avevi detto che sarebbe venuto a vivere qui e i vostri piani li ho distrutti in pieno. " Ammisi, io. 
Quel ragazzo mi stava anche simpatico, se dovevo dirla tutta. 
Alto e molto carino, due occhi color nocciola e i capelli ricciolini e scuri; simpatico e particolarmente estroverso, con una particolare predisposizione per gli sport acrobatici. 
Era un bravo ragazzo, innamorato della mia migliore amica. 
" Robert ha capito la situazione e tu, hai più bisogno di me, in questo momento. Quindi..." 
" Quindi grazie. " Terminai io. 
Se magari avessi avitato alcune cose, adesso avrei di gran lunga evitato di dare problemi a Celeste e me stessa. 
La colpa era di Thomas e mi sentivo un mostro a pensarlo; non volevo pensare che avevo fatto 'l'amore' con lui, che lo avevo baciato e mi aveva detto che non era un gioco. 
Fosse stato per me, avrei chiuso gli occhi e gli avrei chiamato. 
' ciao. ' mi avrebbe detto, e io gli avrei urlato ' ti amo, ti amo, ti amo.' 
Poi sarebbe venuto e mi avrebbe confessato che quella era solo una e che io era la sua ragazza, la sua unica ragazza; mi avrebbe preso per mano, ci saremmo baciati e al diavolo tutto, peccato che era solo frutto della mia
mente poco malata. 
Peccato che Thomas non mi amava. 
Mi allontanai a passi svelti da Celeste e affondai sul divano, morbido e profumato; portai le mani sul viso e chiusi gli occhi, grandi e lucidi.
 Mi sarebbe bastata la persona giusta. 
Qualcuno con cui guardare il cielo, qualcuno con cui contare le stelle, qualcuno che sarebbe restato; sarebbe venuto,  mi avrebbe salutata e sarebbe restato. 
Una persona senza problemi, senza passato, senza futuro. 
Qualcuno che avrebbe avuto il fegato di dirmi che mi amava o che mi voleva.
Fegato per accettare le cose, fegato per essere sincero. Qualcuno con cui passeggiare in un centro commerciale e ridere.
Qualcuno di cui mi sarei fidata che tanto domani l' avrei trovato al solito posto, col solito sorriso e al solito orario. 
Una persona che nonostante la fiducia, si ha paura di perdere. 
Qualcuno che dura, qualcuno che ama, qualcuno che...
Forse qualcuno e basta. 
Forse avevo solo bisogno di qualcuno che si chiamasse Thomas e avesse gli occhi verdi; in ogni caso, l'idea che il mio Thomas ( sì,era diventato improvvisamente il 'mio' ) teneva spropositamente a me, non mi abbandonava. 
Come avrebbe potuto, sennò, guardarmi negli occhi e stringere le mie mani, mentre mi sentivo sua?
Forse, a pensarci bene, la colpa era anche di tutte quelle parole. 
Anche se volte le parole non bastavan; a volte le parole non servivano. 
Le parole non facevano storia, non facevano momenti, non facevano ricordi. 
Le parole le avrei ascoltate e le avrei dimenticate subito dopo;
Celeste si avvicinò, risoluta e poggiò il suo viso vicino al mio, accovacciandosi. 
" Ascoltami bene, Helen. Tu sei stupenda, guardati, sei bella, sempre gentile, disponibile, con un cuore grande, dovresti solo imparare a vivere. Dovresti uscire, sorridere, amare. "
" L'ho fatto. Per la prima volta l'ho fatto e adesso guardami: l'amore non è mai amore se non è corrisposto, hai capito? Ecco perché sto così male, perché non è come gli altri, perché non mi ama, perché passerò il 
resto della mia vita a stare di merda, per uno che si è scopato mezza scuola e mi messo da parte, come fossi nulla. "
Ricordai della festa, dei sorrisi, dell'amore che provavo per Thomas e dopo, pensai a tutte le volte che sicuramente era stato con altre e soprattutto a lui, nelle braccia di lei. 
" Piccola. "
" Mi manca, Celeste. Mi manca anche se è un coglione. "
" Devi solo alzarti, farti bella e uscire, da sola. Senza nessun ragazzo che ti faccia stare male.  "
" Sarà che sono cambiata o che sono le cose che improvvisamente sono cambiate, sarà che sono diventara una stupidissima ragazzina egocentrica, eppure non riesco a pensarmi fuori di qui senza Thomas. "
" Le cose non cambiano, al massimo noi cambiamo le cose. E comunque, la cosa è peggio di come pensavo. " Sospirò. 
" E poi non mi riconosco più. " Arrancai, provando a cacciare via le lacrime. " Guardami. "
" Lo sto facendo e vedo una ragazza che si è innamorata e che credeva di poter avere un futuro con qualcuno. Sei sempre tu, Helen; sei solo molto più consapevole; vedo sempre la stessa piccola tigre, solo innamorata."
" Io non mi vedo invece. Ormai mi sento e basta e adesso mi sento una grandissima cogliona, una di quelle che vanno a letto con un tizio e dopo se ne dimenticano. Non voglio, Celeste. Non voglio dimenticarlo; quando lui... "
Una lacrima attraversò il mio viso, cadendo sulla sua mano. " Quando lui mi ha toccata in quel modo, quando mi ha baciata e quando la mattina dopo mi ha abbracciata, io mi sentivo sua, capisci? E mi vergogno. "
" Tu lo ami, Helen. Hai regalato una parte di te, lo hai stretto a te, lo hai baciato, hai conficcato le tue mani sui suoi fianchi, hai accarezzato i suoi capelli perché lo ami. Lui è venuto a letto con te, per cosa? Perché hai un 
sedere da favola o perché eri il gioco impossibile da conquistare? E' lui quello che dovrebbe vergognarsi, non tu, Helen."
Sentire le probabili motivazioni per cui Thomas, il mio Thomas, fosse venuto a letto con me, mi lasciarono del tutto sconvolta; infondo lo sapevo, ma sentirle da Celeste, mi metteva di fronte ad una realtà che non ero capace
 di rivelare a me stessa, una realtà che mi faceva troppo male. 
Io non ero scappata da quell'incubo per dimenticarmi di Thomas, io volevo solo scappare dall'incubo; pensavo ancora a lui, come la cosa più bella al mondo e dimenticarlo significava dimenticare degli ultimi mesi della mia vita. 
Non avrei mai voluto dimenticare l'amore. 
Forse ero scappata solo per capire se fossi impazzita per così poco, se lo conoscevo davvero, se mi sarebbe mancato, se avrei sentito la sua voce, anche se non c'era, avrei visto i suoi occhi anche se non mi teneva la mano. 
" Amore." Celeste mi prese la mano. "  Io sono pronta a spaccargli la faccia, se solo vuoi. E posso tenerti la mano, posso farti da fidanzato e sono migliore di lui. "
" Lo so che sei migliore, ma sei anche presuntuosa. " Sorrisi. 
Non dovevo farle capire che stavo peggio di come dimostravo di stare. 
" Non ti aspettare baci sulla bocca, però. Non sei il mio tipo. " Sorrise anche lei e la spinsi leggermente.
" Stasera usciamo, eh? "
" Va bene, usciamo. "
Il resto della giornata passò quasi troppo velocemente; il mio telefono non squillava e quel numero sul display sembrava non comparire mai;
non so quale insano pensiero, mi spingeva a desiderare che Thomas mi chiamasse, anche solo per mandarmi affanculo, per aver mollato su due piedi il nostro compito. Mi sembrava di essere tornata alle medie, quando 
si guarda per ore un telefonino, nella speranza che si illuminasse. 
Celeste era indaffarata con Robert, che era venuto a 'trovarla' e che adesso le regalava caldi baci e sospiri languidi, di tanto in tanto, così, mi decisi ad alzarmi per andare in camera e lasciargli un po' di intimità. 
Robert sembrava così romantico e lei, con quegli occhioni da cerbiatta, mi ricordava tanto la ragazza della porta accanto. 
Vederli così affiatati, non poteva far altro che ricordarmi di come io e Thomas, nei giorni precedenti eravamo stati così diversi dalle solite coppie. 
Robert e Celeste erano il classico; continuamente appiccicati, mano nella mano, a ripetersi parole romantiche e sussurri semplici; erano il modello perfetto da seguire;
io e Thomas invece eravamo l'atto pratico.
In ogni senso, dico; tra di noi vigeva la regola del corpo, eravamo come due calamite, io e lui, vicino, eravamo in grado di appiccare un incendio, con gli occhi. 
Eravamo sempre in opposizione, c'erano ammiccamenti vari e farfugliamenti stupidi, tra di noi; mai una parola necessariamente dolce. 
Mi fermai, mentre mi sdraiavo nel letto di Celeste. 
Ero diventata pazza?
Ma era ovvio che non c'erano mai state parole dolci e che eravamo diversi da quei due pomiciatori di classe; io e Thomas non eravamo pomiciatori di classe o meglio, non eravamo una coppia. 
Thomas e io avevamo avuto una storia, comunemente chiamata, sesso. 
Questione di sesso, per lui, ovviamente. 
Per questo non avevamo mai  avuto momenti romantici, piuttosto, eravamo spinti da un immane attrazione fisica, che ci spingeva quasi troppo spesso ad attaccarci come due calamite. 
Composi il suo numero, mettendo l'animo e sospirando più del dovuto. 
Squillò quattro volte prima che si decidesse a prenderlo. 
" Pronto? " Rispose, poi. 
Sentivo un trambusto infernale non riuscivo a capire da dove provenisse; possibile che fosse ad una festa?
Mi si gelò il cuore. 
" Pronto? " Chiese una seconda volta. 
Il tono della sua voce fece risvegliare in me, paranoie nascoste. 
Chiusi la chiamata e mi sedetti sul bordo del letto. 
Ti amo, cazzo. Ti amo perchè hai una voce che mi manda in paradiso e mi getta dritto all'inferno. Ti amo perché mi hai ascoltato e mi hai sorriso tante volte in questi mesi, perché sei un coglione che non distingue i sentimenti
da tutto il resto, perché fai il duro ma la verità è che ti manca la tua vita passata; quella dove non c'ero io. 
" Helen. " Mi chiamò, poi, Celeste. 
Mi fermai sul corridoio, e sentii la suoneria del suo cellulare, chiara e forte, così prese la telefonata e cominciò a parlare tranquilla. 
" Gloria. Come stai? " Sorrise, compiaciuta. Magari era una sua compagna di studi oppure una vicina di casa. " Anche io, comunque mi dispiace tesoro, stasera esco con Robert ed è venuta a trovarmi Helen, quindi... andiamo 
tutti al Chianow. "Celeste giocherellò con i capelli di Robert e chiuse gli occhi. " Certo, tanto non ci metterai molto, visto che abiti a meno di due passi da casa mia. " sorrise. " A dopo, un bacio. "
Feci altri passi in avanti, ancora scossa dalla voce di Thomas e con le lacrime che volevano cadere neanche fosse stato un fiume in piena e mi diressi in cucina, dove mi aspettavano i due piccioncini. 
" Mh? " Chiesi, incerta. 
"Stai bene? " Mi chiese Robert. 
"A parte che il ragazzo che amo, mi considera solo come ' carne da macello' o meglio, nel vostro gergo, una ' trombamica', mh, si sto bene." Sorrisi. 
" I ragazzi a volte sono così stupidi. " Disse. 
" Sono più stupida io, invece, è solo che abbiamo passato molti mesi insieme, a causa di questo compito, io l'ho trascinato nella mia famiglia, gli ho raccontato un po' di me, sono riuscita ad aprirgli il mio cuore e lui 
ha fatto lo stesso. Alla fine mi sono innamorata. " Ammisi. 
" Non giustificarti mai per i tuoi sentimenti, Hel. " Mi disse, stringendo la mano di Celeste. 
" Hai ragione." Sussurrai, sedendomi per terra, con le spalle verso l'anta del divano. 
"E comunque non preoccuparti, ti ama. " 
Alzai il viso, incerta se mi stesse prendendo in giro o fosse serio. 
Gli occhi scuri sembravano tranquill e per un attimo mi mancò la voce per dibattere. 
" Ha detto di no. "
" Insomma, chi diavolo passerebbe tutti questi mesi con una ragazza? Chi si farebbe trascinare a casa di qualcuno che non ama? Forse deve accorgersene. " 
" Il tuo fidanzato fuma troppo, eh? " Sorrisi a Celeste. 
" Però non mi sembra sia così sbagliata, come logica. " 
" Giusto, se non fosse che mi ha fatto capire chiaramente che non prova nulla per me. " Dissi. 
Helen si allontanò dal suo fidanzato e mi schioccò un bacio sulla fronte. 
" Vatti a preparare e non pensarci più. " 
Proprio mentre mi allontanai dalla cucina, suonò il campanello e Celeste aprì, tutta contenta. 
Una ragazza, capeli rossi e ricci, occhi neri e con una tuta verde, era in bella mostra sul pianerottolo e teneva in mano una teglia, forse con pasta o qualcos'altro; la guardai incuriosita e la salutai con la mano, era molto carina 
tutto sommato e mi sembrava anche gentile. 
Sorrisi e allontandomi mi infilai silenziosamente in bagno. 
Il getto dell'acqua calda mi travolse completamente;
mi sarei divertita, avrei ballato, bevuto e avrei trovato il mio vero amore. 
Sorrisi ironica a quel pensiero e uscii in accappatoio dal bagno, quasi mezz'ora dopo; avevo intenzione di mettere un paio di jeans, solite converse e una magliettina a maniche corte, anonima e scialba, ma ovviamente 
non avevo considerato Helen, che quasi come un uragano, si piantò su di me, lasciando il suo ragazzo solo, in cucina, per sistemarmi e rendermi - a suo dire - impeccabile. 
Mi prestò un vestito senza spalline, blu scuro, corto sopra il ginocchio e un paio di trampoli vertiginosi che avrebbero dichiarato ufficialmente la mia morte prematura. 
Passò quasi due ore a decidere se il blu mi stesse meglio del rosso o se le scarpe erano troppo appariscenti - come se il resto non lo fosse - ma alla fine ebbe la meglio il vestito blu e io stessa decisi le scarpe grigie, che 
risaltavano meno agli occhi. 
Dopo quasi un' altra ora buona, ero al completo. 
Mi aveva truccata leggermente, quanto bastava per rendermi quasi irriconoscibile e mi aveva prestato un paio dei suoi orecchini che avrei lanciato fuori dalla finestra, dal fastidio che mi davano. 
Mi sedetti sul divano e la guardai torva.
" Sembra che stia andando ad un matrimonio. " Dissi. 
" Non dire stupidaggini, sei bellissima e sei molto semplice. "
Mi alzai e la lasciai insieme alle sue miserabili voglie di apparire meglio di come era; sicuramente ci avrebbe impegato di meno, visto che lei partiva avvantaggiata. 
Scesi le scale, neanche fossi  diventata un bambino di due anni e andai in cucina, sedendomi esausta sul divano, dove tral'altro Robert -quasi appollaiato - stava guardando la tv. 
" La tua ragazza è impossibile. " Dissi. 
" Lo so, però ha fatto un buon lavoro. " Sorrise. " La amo anche perché è impossibile. "
" Trattala bene o dovrò farti del male. " Gli dissi, divertita. 
" Penso che sarebbe capace di farlo da sola. " Ridacchiò. 
" Giusto. " 
La voce di Robert era divertente e semplice, mi raccontò di come lui e Celeste si erano conosciuti - particolari che già conoscevo - e di come fosse bella, quando legava i capelli, mi parlò della sua famiglia e degli studi che aveva
condotto fino a quel momento. Era come parlare con un fratello e mi faceva sentire meglio. 
Sprofondai la testa sul cuscino e passarono altri venti minuti prima di vedere Celeste, con un vestino attillato, color pesco e un paio di trampoli simili ai miei, giungere verso di noi. 
Ci alzammo in piedi e le feci la linguaccia.
Robert mi aveva anche raccontato di come lei fosse tremendamente poco puntuale, di recente, e di come gli studi gli prendevano più tempo del dovuto e poi, tra una risata e l'altra aveva inserito un particolare, ovvero, 
che quella sera ci sarebbe stato un suo amico, Lorenzo. 
Non avevo capito se il racconto divertente di come una volta era rimasto ad aspettare la sua dolce metà un'ora, vedendola poi, arrivare in pigiama, confusa su ciò che voleva indossare, fosse dovuto alla notizia a dir poco 
fastidiosa del suo amico, Lorenzo.
Non che avessi qualcosa contro questo tizio - neanche lo conoscevo - solo che non ero dell'umore adatto per fare combinazioni strane. 
Sospirai e ci mettemmo in macchina; 
dovevamo andare in un locale poco lontano; quella città mi sembrava molto caotica e rumorosa, rispetto alla mia. 
Anche dalla finestra della camera di Celeste, si sentivano in continuazione macchine sfrecciare e rumorose moto, in preda all'estasi della velocità, per non parlare poi delle urla di madri disperate che richiamavano i propri figli, che
quasi sicuramente, correvano da una parte all'altra della strada senza guardare a destra e a sinistra. 
Magari, in un altro contesto, i rumori, mi sarebbero risultati udibili, indifferenti, forse anche piacevoli, ma non adesso. 
Non mentre una moto mi ricordava quella di Thom, e una madre urlava il nome del proprio figlio che guarda caso - fortuna vuole - si chiamava proprio come l'oggetto delle mie sofferenze. 
Ero arrivata da due giorni a casa di Celeste e già mi sentivo una nuvola di polvere. 
In ogni caso ero riconoscente alla mia migliore amica. 
 In breve tempo arrivammo e io salutai cortesemente l'amico dei miei amici, che mi guardava curioso. 
Aveva due occhi blu come il cielo e i capelli che sfioravano il giallo canarino, per quanto fossero biondi; 
Lorenzo non era affatto brutto, lineamenti non troppo marcati, taglio degli occhi molto attraente, sorriso semplice e un modo di vestire che attirava l'attenzione di non poche persone. 
"Tu devi essere Helen. " Mi salutò, lui. 
" Giusto, piacere. " La mia mano strinse la sua, e viceversa. 
Il suo tocco era delicato e la sua pelle morbida e fresca. 
Entrammo nel locale, mentre Robert e Celeste si scambiavano sguardi maliziosi e furbi. 
Dovevano essere impazziti, se pensavano davvero che in una sera mi sarei dimenticata di Thomas. 
" Sei davvero molto..." mi guardò, con un sorriso che lasciava intendere molto. " bella. "
" Grazie. " Sorrisi. 
" Non sei di qui, vero? " Sussurrò. 
" No, purtroppo. " 
" Conosci Celeste da molto tempo? " 
Ci spostammo in un tavolo, mentre quei due infami si liquidarono nel giro di dieci minuti. 
" Direi da una vita e tu da quando la conosci? " 
" Da quando sta con quel folle del mio amico. " 
" Studi anche tu? " 
" No, non più. Ho deciso di mollare, per lavorare in azienda con mio padre. "
La musica si era fatta più forte e fui costretta ad avvicinarmi per ascoltare ciò che diceva. 
" Ti va di ballare? " 
Si avvicinò rapido e io lo scrutai, curiosa. 
" Come? " Chiesi, per essere sicura. 
" Vuoi... insomma, vuoi ballare? " 
Il mio viso assunze un espressione divertita e gli sorrisi di cuore. 
" Scusami ma non sono il tipo che balla. " 
Urlai quasi e lui sorrise, come conferma di aver capito. 
" Perché sei qui? " 
" E' una storia lunga." Provai a farmi sentire, nonstante il frastuono era diventato insopportabile. 
Che stavo facendo in un locale, con un ragazzo che non conoscevo e un cuore che pulsava sangue solo per una ragazzo? 
" Abbiamo molto tempo. "
Strinsi i denti e il volume della musica diminuì notevolemente, tanto da poter sentire la voce di Lorenzo anche a distanza dovuta. Pensai che qualcuno aveva chiesto esplicitamente un minuto di pausa e ne fui grata. 
" Non mi va, ma... tu che ci fai qui? "
" Celeste mi ha parlato di te, mi ha detto che sei carina e che sei anche simpatica. " Sorrise. " anche se vederti è tutta un'altra cosa. Sei... bellissima e sei di gran lunga molto più che simpatica. " 
" Grazie ma... " 
"Ti andrebbe di vederci ogni tanto? " 
Abbassai lo sguardo e pensai a thomas. 
Ma cosa potevo farci se non mi amava? E cosa poteva farci lui, se io non ero ciò che lui era per me?
In quel momento pensai che se solo ne avessi avuto la possibilità, sarei scappata via da quel locale per correre al mare.  
Sarei rimasta a crogiolarmi sulla mia identità e sui miei sentimenti per Thomas, ammirando le sfumature dell'unico posto che mi infondeva pace e tranquillità.
L'avrei guardato proprio quando si confonde con il cielo e non si riesce a vedere cosa c'è dentro. 
Pensai che se ne fossi stata capace, sarei scappata via e avrei chiuso gli occhi per respirare il profumo del vuoto, dell'ignoto, il profumo che solo qualcosa che non conosci, può avere.
Il profumo di Thomas.
Avrei lasciato Lorenzo da solo e sarei corsa ovunque, anche su un prato verde, per ricordarmi di quelle iridi che mi avevano rapita così tanto.
Infondo cambiava tutto, il colore dei fiori, il colore del cielo, delle onde.
Cambiava il giallo acceso di ogni campo di grano e di notte sarebbero cambiati anche i sentimenti.
Sarebbe cambiata la passione con il quale due innamorati si sarebbero dati la mano.
Si sarebbero scambiati baci, avrebbero sussurrato parole nuove.
Avrei sentito la voce di Thomas, avrei avuto il fegato di farlo innamorare di me. 
" Allora? Vuoi uscire con me qualche volta? "
" No, la ragazza è impegnata. "
Mi voltai e rimasi gelata. 
Lorenzo cambiò espressione e sembrò seriamente dispiaciuto. 
Non avevo ancora collegato il fatto accaduto, mi sembrava di stare in una barca e mi girava la testa. 
" Sei fidanzata e non mi hai detto nulla? " Lo vidi alzarsi e alzare di conseguenza le mani. 
" Non sono..." Provai a dire. 
" Scusa amico, non sono uno stronzo, mi piaceva, ma non credevo fosse la tua ragazza. " Si giustificò e detto questo si allontanò, con gli occhi di Thomas puntati addosso, quasi a volerlo uccidere. 
Adesso mi ero stancata dei suoi giochetti, che ci faceva li'?
Non ero la sua ragazza ma non potevo neanche parlare con qualcuno che improvvisamente ero impegnata?
" Cosa, cazzo, vuoi? " Dissi con una certa rabbia che forse lui conosceva bene. 
" Ti lascio sola un po' di tempo e ti piombano addosso i coglioni? Sono due volte che ti salvo la vita. " Sorrise. 
" Forse non volevo essere salvata, Thomas. " Il suo volto si fece scuro e cambiò espressione. 
"Devo parlarti, vieni fuori. " Mi sussurrò, portando la sua guancia contro la mia. 
Il suo profumo e i suoi occhi, così vicini, peggiorarono la situazione. 
La Helen di due ore prima, avrebbe detto di si, senza neanche pensarci, infondendosi da sola più male possibile, a patto che il male fosse Thomas, ma la Helen di adesso era arrabbiata, delusa, ferita. 
Non poteva permettersi di giocare con i miei sentimenti, neanche fossi stata la sua burattina. 
" Chi ti ha detto che ero qui? " 
" Non importa. Sono andato a casa di Celeste e una ragazza, forse la sua vicina di casa, mi ha detto che eravate qui. " 
Portai una mano ai capelli e li scostai dal collo. 
" Non hai pensato bene di scopartela, eh? " Dissi, acida e seria. 
" Posso parlarti o no? " 
" Cosa cazzo vuoi, Thom? Ti ho detto che ti amo, ti sei preso le tue soddisfazioni, io ho bisogno di stare bene. " 
" C'è troppo casino qui dentro." Disse. " Tieni un po'. " 
Mi lasciò una lettera o almeno così credevo che fosse e dopo, come se non fosse nulla, sorrise. 
" Domani sarò sotto il ponte, vicino casa di Celeste. Leggila e parliamone. Se non verrai, capirò... " 
Detto questo, si alzò e mi lasciò un lieve bacio a fior di labbra. 
Avevo paura di perdere la logica, mandare tutto a puttane e saltargli addosso, per dirgli quanto lo amavo. 
Abbassai lo sguardo e conservai la lettera sulla borsetta di Celeste, trascinandomi a forza, per cercare la mia migliore amica e supplicarla di tornare a casa. 
La trovai poco dopo,tranquilla, seduta su un tavolo con Robert.
" Stai bene? " Mi chiese.
A parte che ho il cuore in fiamme e piangerei a dirotto, si sto bene. 
" Torniamo a casa... ti prego. "
 
 
 
 
 
 
 
 
Cara Helen. 
Fammi un favore; prima di leggere metti una canzone che ti piace, una che ti lascia senza fiato, una che legherai per sempre a queste mie parole. 
 
 
 
Non lo so perché lo sto facendo;
non lo so perché mi trovo qui, con una stupida penna e il fegato di un lottatore.
Sono sempre stato sincero con te e tu sei sempre stata sincera, con me. 
Oggi ho pensato a come la mia vita era diversa. 
Sono padrone di un passato dove la mia città mi faceva un bell'effetto, dove guardando dalla finestra mi immaginavo orsi e draghi, lucciole colorate e immense cascate autunnali. 
Sai come si dice, vero? 
Da piccoli tutto è dannatamente grande. 
E ricordo che mentre dentro la macchina percorrevo con papà la strada di casa, io mi sentivo soltanto un bambino;
volevo subito tornare a casa, volevo giocare con le macchinine o uscire fuori con la bicicletta e allora non mi godevo mai il paesaggio. 
C'erano troppe cose da fare, dovevo raccontare al mio migliore amico che mi piaceva una ragazza, dovevo imparare l'inglese, dovevo aggiustare un giocattolo, leggere un libro, ascoltare una canzone. 
Non mi godevo fino infondo le chiacchiere sconclusionate di mio padre o i suoi mezzi sorrisi, persi a guardare qualche nuvola. 
Ero troppo impegnato a pensare che a casa mi aspettava la televisione. 
Helen, adesso, dopo tutti questi anni,  vorrei tornare indietro, spegnere il motore di avvio, schiacciare pesantemente quello schifo di pulsante e bloccare quella favola che vivevo ogni giorno nella mia testa.
Dopo tutti questi anni, vorrei tornare indietro e urlare a mio padre che gli voglio bene, che mi mancano i suoi 'ciao' spontanei, le sere dove sembrava incazzato con tutti e stava zitto e fermo, come una statua;
vorrei vederlo mentre aggiusta la porta o mentre cerca di studiare la mia espressione per non dovermi chiedere se c'è qualcosa che non va. 
Vorrei tornare indietro e dirgli che è mio padre, anche adesso che non lo vedo più, anche se non sento la sua voce, anche se non posso sapere se sta bene. 
Adesso anche la mia città è diventata troppo piccola per i miei sogni. 
A volte mi manca l'ossigeno, Helen. 
Vorrei urlare che non sono forte, che non me ne frega un cazzo se sono un uomo, che non anche se dovrei solo sorridere, spaccherei tutto. 
A volte vorrei solo stringere la mano di mio padre e dirgli che sto bene, fargli sapere che sto crescendo, che sto una merda da quando è andato via. 
Vorrei solo respirare, Helen. 
Tu non hai idea di come vorrei vederlo in macchina, con mia madre. 
Non puoi imagginare come mi mancano. 
Di come vorrei beccare mia madre che piange in camera sua, perché ha litigato con mio padre. 
Di come mi sento un coglione, quando penso che troppe volte ho rinunciato a loro, per uscire, quando penso che ci litigavo spesso e spesso li mandavo a quel paese.  
Helen mi mancano gli sguardi di mia madre, quando tornavo tardi a casa, mi mancano i suoi abbracci. 
A volte mi aspetto che mi chiami e mi dica se ho ricordato di mettere l'orario alla sveglia, mi aspetto che chiami e mi dica che anch'io gli manco. 
Vorrei solo poter passare anche solo mezz'ora con loro, per fargli sapere che persona sono adesso; 
vorrei solo sentire i loro respiri, anche se ho paura, perché io sono diventato uno stronzo. 
Ho paura quando penso che mio padre mi guarderebbe sconfitto e mi direbbe che sono un cazzone e pagherei oro, anche solo per sentirglielo dire. 
Ho paura che mia madre mi manderebbe a quel paese, se sapesse che tratto le ragazze come merce di scambio. 
Helen, tu lo sai che sono stato così, lo sanno tutti. 
Lo hai pagato con le tue stesse mani. 
Io ho perso troppe persone e ho paura di perdere anche te. 
Avevo paura che se avessi dato importanza alla nostra storia, mi sarei ritrovato da solo, di nuovo. 
Tu non hai idea di quante volte mi sono detto 
' corri Thomas, va' da lei e dille che la ami. ' 
Ma stavo fermo, non avevo il fegato di ammerlo e prendevo tutto come un sentimento passeggero. 
Non poteva esserci nessuno, dopo di Lidia. 
Lei, che aveva preso le mie debolezze e le aveva trasformate in punti di forza. 
Che mi aveva insegnato ad amare i colori e a mangiare cibo cinese. 
Lei che mi amava. 
Quando è morta una parte di me è andata via e pensare che tu, potessi essere in grado di riprenderla, mi faceva stare male. 
Helen, pensavo che nessuno dopo Lidia, mi avrebbe fatto sentire come tu mi fai sentire e non so come spiegartelo. 
E' che di solito scrivere mi risulta facile
Questa volta è difficile però, le frasi sembrano colonne portanti di un'edificio da demolire, ho paura che crolli prima ancora di poterle mettere in piedi. 
Hai sempre avuto le tue idee, l'amicizia legata al marciapiede di una strada troppo stretta, l'amore che gironzola felice in una spiaggia troppo grande.
Io invece sono sempre stato uno stupido, ho smesso di credere a certe cose, quando mi hanno strappato via la mia vita. 
Sono diventato un deserto, ho cominciato ad odiare il mondo, potevo permettermi troppe donne e non mi sono fatto problemi, a trattarle come semplici oggetti. 
Sono diventato uno stronzo, ho comincato a cancellare le mie precedenti idee, volevo solo vivere alla giornata.
E poi se arrivata tu.
Ingenua come un bambino e bella, bella da stare male. 
Eri così semplice, così... tremendamente sexy. 
Volevo giocare, volevo poter dire che tanto le cose passano. 
Ma non si gioca con chi è capace di giocare meglio. 
E non si scommette con chi vuole scommettere. 
Mi sono innamorato di te e devo ringraziare il professore e la tua lettera, se adesso riesco ad ammetterlo. 
E devo ringraziare mio padre, mia madre, Lidia e i miei ricordi, se sono arrivato ad una conclusione. 
Sono arrivato alla conclusione che ti amo, ti amo e basta. 
Sono arrivato alla conclusione che per quanto sia stupido, insignificante o vuoto, si cresce, si deve crescere e io sono cresciuto, una parte del mio cuore, è rimasta in quella macchina, in quella strada per tornare a casa, 
è rimasta nei rimproveri di mio padre e nell'accento buffo di mia madre, è rimasta in tutti i 'ti amo' di Lidia e nelle sue risate, ma io ho raccolto tanti piccoli pezzi della mia vita e per la prima volta non ho lottato contro
il desiderio di gettarli via. Ho imparato a guardare la vita dietro il mio vetro rotto ed è stato bello poter sognare di farne parte, sognare di poter tornare in cucina, a casa mia,per vedere mia madre che prova a fare una torta, 
o mio padre, che guarda la partita, mentre mi cerca con gli occhi per dirmi che mi vuole bene ; ho imparato ad apprezzare ciò che ho di bello, perchè mi sono accorto che mentre riflettevo su quello che mancava, le cose 
belle andavano via, ho imparato a riflettere su cos'è davvero l'amore, su cosa sono i ricordi, sul perchè, in un modo così instancabile torno nel passato.
Torno nel passato perché mi manca e adesso che riesco ad ammetterlo sono in grado di andare avanti. 
Io ti amo Helen. 
Amo il tuo modo buffo di arrabbiarti. 
Amo quando mi parli e diventi rossa. 
Amo i tuoi occhi e il modo in cui mi guardi. 
Le tue labbra e il tuo corpo. 
Il tuo modo così etereo di vedere le cose, di percepire l'amore, di credere che da qualche parte nel mondo, c'è sempre il sole. 
Io ti amo;
Voglio stare con te Helen, voglio stare con te ogni giorno e sono stato un coglione. 
Glenda non è niente, è solo la fottuta prova di quanto io possa amarti, di come non riesco più a giocare. 
Perdonami Helen. 
Amami Helen. 
Ti amo. 
 
 
 
CIAO A TUTTI. 
Ok. non so se vi piacerà ma vi dico solo che mentre scrivevo, piangevo come una bambina. 
Finalmente Thomas ha gettato via la mschera. 
Le ha confessato che la ama. 
LA AMA.
Ditemi che vi piace, vi prego, sto troppo in ansia :S
ci ho messo i miei sentimenti nella lettera di Thomas. 
Nel prossimo capitolo ci sarà un po' la resa dei conti, quindi continuate a seguirmi!
Helen e Thomas hanno bisogno di voi. 
In ogni caso, grazie a tutti quelli che hanno recensito e grazie a quelli che lo faranno. 
Grazie per le visite e per quelli che hanno messo questa storia come preferita., ricordata o seguita.
GRAZIE. 
Posterò il capitolo appena posso, un grosso bacione!
Scusate per gli errori di ortografia o grammatica, se ne trovate qualcuno. 
  
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