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Autore: Lesta_Mancina    29/04/2012    5 recensioni
Dopo la morte di Graham, Emma si trova a dover fare i conti con la vera natura dei propri sentimenti. C'è a Storybrook qualcuno che fa sobbalzare il suo cuore e crede anche di sapere di chi si tratti, ma la verità è difficile da accettare... o no?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAMER: la seguente storia è ispirata alla serie televisiva Once Upon a Time, ideata da E. Kitsis e A. Horowitz; non detengo alcun diritto e la storia è stata scritta solo per divertimento e senza alcun fine di lucro.
La narrazione ha luogo tra gli episodi 7 e 8 della prima stagione.
E’ di seguito presentata una storia romantica tra individui dello stesso sesso. Lettore avvisato…
 
In ultimo, per qualsiasi commento e/o critica (sempre bene accetti) potete scrivermi nell'apposita casella oppure potete passare a farmi un saluto su FaceBook, vi basterà chiedere di Lesta Mancina.
 
NIENTE BACI
(La versione di Emma)
 
di
Lesta Mancina
 
 
 
Erano già le nove di sera e, come accadeva ormai da qualche tempo, ero ancora nel mio ufficio a lavorare. Non che avessi davvero del lavoro da fare, Storybrook era una cittadina tranquilla. Fare il vicesceriffo qui, non era eccessivamente impegnativo, ma da quando Graham era morto, io non riuscivo a lasciare questo edificio.
Credo che in realtà avessi bisogno di stare da sola, Mary Margaret era una vera amica e mi stava aiutando davvero molto a superare quel momento, ma sentivo anche il bisogno di stare per conto mio.
No, non era vero. Avevo bisogno di qualcuno.
Era come se desiderassi qualcuno, come se avessi il disperato bisogno di qualcuno, di qualcuno che avevo conosciuto e perso e che mi aveva lasciato un profondo vuoto nel cuore, ma era una brama senza volto, ed era frustrante.
Ironicamente pensai che probabilmente era così che dovevano sentirsi i personaggi delle fiabe di Henry, intrappolati in una realtà a loro aliena e del tutto privi della memoria, ma sempre sottosotto tormentati dalla sensazione che qualcosa di vitale fosse stato loro brutalmente sottratto.
Da un po' di tempo mi sentivo come se smaniassi per qualcuno, una persona per me veramente importante, ma non era Graham, e questo mi faceva sentire anche un po' in colpa nei confronti di quel povero ragazzo. 
Eppure era un desiderio così forte e reale che alcune volte avevo la sensazione che quella misteriosa presenza fosse qui con me, o che fosse stata qui con me.
A volte avevo l'illusione di un corpo caldo e liscio sotto il palmo della mia mano, di un sussurro profondo che sfiorava il mio orecchio, carico di promesse, ed ogni volta dovevo scuotermi per riavermi, stupita dai brividi che mi correvano lungo il corpo, mentre dal petto ondate di calore si propagavano a tutte le mie membra.
 
-Ancora qui, Miss Swan?- disse una voce leggermente roca e sicuramente non interessata ad una risposta.
Io trasalii presa alla sprovvista, rendendomi conto solo in quel momento di essermi persa nuovamente nei miei pensieri e di non aver mai veramente letto i documenti che avevo in mano.
Alzai gli occhi dalle carte e lei era lì, come ogni sera da quando Graham era morto, già in mezzo alla stanza principale che, con fare altero e sprezzante, ruotava sugli alti tacchi registrando ogni dettaglio e giudicandolo.
-Sindaco Mills, buona sera. Si accomodi, cosa posso fare per lei?- dissi ironica ritirando i documenti che per quella sera non avrei mai finito di compilare.
Il sindaco non era certo il tipo che aspettava di sentirsi dire che poteva entrare, o accomodarsi da qualche parte. Quella donna partiva dal presupposto che l'intera cittadina appartenesse a lei e che quindi fosse un suo pieno diritto andare e venire ovunque come più le piaceva. E il mio ufficio non faceva certo eccezione.
Lasciai la mia scrivania e raggiunsi il sindaco nel locale principale, colta da una forte sensazione di déjà vu mentre varcavo la soglia del cubicolo. Forse mi ero già fermata troppo a lungo qui a Storybrook, se i giorni iniziavano ad essere così monotoni da avere la sensazione di averli già vissuti tutti.
-Ormai sono dieci giorni che vengo qui per lo stesso motivo, deve proprio chiedermelo ogni volta?- il sindaco aveva stampato in faccia quel suo solito sorriso tagliente, ma c'era anche qualcosa di diverso... malizia? Sentii una stretta alla bocca dello stomaco e dovetti distogliere lo sguardo da quello scuro ed intenso di lei, cercando disperatamente qualcosa in lei che non mi suscitasse tutto quel nervosismo.
-Cosa sta fissando Miss Swan?- chiese sempre con il suo sorriso arrogante, sapendo perfettamente che ancora cercavo i segni del pugno che le aveva dato. L'unico contatto fisico tra noi di cui avessi memoria. Come dimenticarlo! Il destro di Regina, invece, mi aveva lasciato un taglio sull'occhio di cui ancora portavo il segno, mentre lei, come al solito, era perfetta.
-Niente, mi scusi- andai verso l'appendiabiti per prendere la mia giacca rossa di pelle.
-Come le dicevo, sono qui per lo stesso motivo di ieri, del giorno prima e dei precedenti ancora. Miss Swan, in mancanza di uno sceriffo lei deve fare rapporto a me.-
Già, cosa ci faceva di nuovo qui nel mio ufficio, di sera? Quando era sicura che nessuno fosse lì con me, e dopo la morte di Graham, lei sapeva perfettamente che ero da sola.
Quella del rapporto era una scusa, sapevo riconoscere una bugia quando ne sentivo una e soprattutto quando mi era stata ripetuta così spesso.
La verità era che Regina stava giocando con me, voleva sorprendermi quando ero più debole, quando sapeva che ero più vulnerabile alle sue frecciatine ed alle sue insinuazioni.
Ma per quale motivo?
Tornai da lei mentre mi infilavo la giacca e quando le fui di nuovo di fronte, sfilandomi i lunghi capelli da sotto il bavero le risposi: 
-Sindaco Mills, il rapporto ufficiale di oggi dice che non c'è nulla di cui fare rapporto. - poi, più sommessamente, aggiunsi: -Come gli altri giorni del resto.-
Allora la fissai negli occhi, in quei suoi occhi così scuri da risultare neri alla scarsa luce dell'ufficio. Neri come cieli notturni in tempesta, e lo scintillio che li attraversava era tetro come i fulmini viola che si scatenano nella tormenta.
Il mio cuore iniziò a tuonare in risposta. Cosa diavolo stava succedendo qui?
Questa volta fu lei a distogliere lo sguardo con una scusa. Per quanto volesse mostrarsi dura, avevo imparato che anche Regina aveva i suoi momenti di debolezza.
Ma non si era mai dimostrata debole con me, o per me.
Ne approfittai per osservarla, per cercare qualche dettaglio, o indizio, che mi potesse fornire risposte sull'imperscrutabile mistero che questa donna rappresentava.
Il suo stile era riconoscibilissimo, ben definito, e ben lontano dai miei jeans, maglietta e scarpe comode. No, Regina era sempre impeccabilmente elegante. Anche se di un'eleganza severa, rigida nel suo taglio classico. Ad uno sguardo poco attento sarebbe anche potuta apparire fredda, ma avevo sempre avuto la sensazione che di Regina si potesse dire di tutto, tranne che fosse fredda. La sua passione forse non bruciava come e per gli stessi motivi degli altri, ma ardeva. Eccome, se ardeva!
Oggi indossava una gonna aderente nera, che le arrivava sopra il ginocchio, una camicetta di seta grigio perla ed una giacca nera in coordinato con la gonna, il tutto completato da scarpe nere dagli alti tacchi a spillo ed orecchini di perla.
Era bellissima e magnetica. Ripensai alla lotta tra noi ed il mio sguardo ricadde nuovamente sulle sue labbra. Smisi di respirare quando si schiusero come per sussurrare qualcosa, ma poi mutarono in un sorriso provocante. Provocante?
Avrei voluto colpirla di nuovo, invece feci un passo avanti verso di lei. Regina riallacciò di nuovo il suo sguardo col mio e si appoggiò col corpo e con una mano al tavolo dietro di lei, mentre con l'altra mano si mise a giocare con il bordo della sua giacca.
Io non riuscii a frenarmi e continuai ad avanzare. Ero così vicina che potevo avvertire il calore del suo corpo, mentre ad ondate venivo avvolta dal suo profumo inebriante. 
La vista mi si annebbiò e per alcuni istanti il contorno del suo viso mi parve sfuocato, talmente era l'effetto che stava avendo su di me.
Allora allungai una mano e mi sporsi verso di lei, le stavo per sfiorare un fianco, quando si scostò il minimo indispensabile per permettermi di afferrare le chiavi della mia auto, appoggiate sul tavolo dietro di lei.
Tutto si svolse lentamente, molto lentamente, come se volessimo prolungare all'infinito quegli attimi. 
E mentre le mie dita afferravano il metallo, sentii il suo sguardo carezzare i miei lineamenti e scivolare languido e suadente lungo il mio collo.
Inalai profondamente l'aroma caldo del suo corpo e ruotando il viso verso di lei, mi resi conto di essere a pochi centimetri dalle sue rosse labbra. 
Il suo respiro era corto quanto il mio, poi alzai lo sguardo ed i suoi occhi erano lì e ne ebbi paura. 
I suoi occhi erano scuri, dilatati e velati da qualcosa che in lei non avevo mai visto, ma che conoscevo bene e doveva rispecchiare quel che poteva leggere lei stessa nel mio sguardo.
Sentii il mio sangue ribollire a causa del pensiero che ebbi in quel istante, lasciandomi sconvolta e terrorizzata.
Davvero avevo desiderato baciare Regina?
Lasciai l'ufficio quasi di corsa, in preda al panico e senza dire una parola, seguita dall'eco di quella che probabilmente era una sonora risata di scherno.
 
In strada, l'aria fresca della sera non ebbe l'effetto sperato. Il mio respiro era ancora corto e accelerato, il sangue mi pulsava feroce nelle vene e in direzioni che non avrei mai pensato.
Con foga mi levai la giacca di dosso, stavo andando a fuoco. 
Ero così sconvolta che tornai a casa a piedi, con ancora in mano le chiavi del mio maggiolino, parcheggiato a pochi passi dall'ufficio.
Stavo per baciare Regina! Stavo per... No, Emma Swan, sii onesta, da lei volevi molto, molto di più! E saresti stata capace di prendertelo lì, su quel tavolo!
 
Il giorno seguente, sicuramente facendo il gioco di Regina, fui nervosa e distratta sin dal mattino, tanto che tutti si accorsero che c'era qualcosa che non andava.
Mary Margaret ancora una volta mi disse che quando avessi avuto bisogno di parlarne, lei sarebbe stata lì per me.
Al Granny's Diner, Ruby mi portò un pranzo talmente abbondante, che sarebbe stato impossibile per me finirlo, e disse che lo offriva la casa.
Anche Henry si preoccupò per me ed abbracciandomi forte per consolarmi, cercò di convincermi che non era stata colpa mia la morte di Graham.
Già, tutti erano convinti che io fossi in quello stato a causa della perdita di Graham.
Non fraintendetemi, sono ancora scossa dalla sua morte, vedere l'uomo che potresti amare morirti tra le braccia, è un'esperienza che ancora mi tiene sveglia la notte, tra lacrime e dolore.
E mi fa rabbia, anche. Forse Graham non era il Vero Amore, ma con lui sarei potuta essere felice. Davvero felice.
E poi mi mancava così tanto, anche se lo conoscevo da poco tempo era come se tra di noi fosse esistito un legame profondo.
Ma c'era un'altra cosa che mi dava il tormento. Non potevo smettere di pensare che ero diventata gelosa di Graham solo quando avevo scoperto della sua relazione con Regina.
Di nuovo lei.
Se non fossi venuta a conoscenza di loro due, avrei mai permesso al mio cuore di aprirsi a Graham?
Se non mi fossi messa in mezza tra loro, per qualche strano motivo lui potrebbe essere ancora vivo?
Volevo bene a Graham, ma lo volevo davvero anche come uomo, o lo volevo solo perché era l'uomo di Regina?
Era un pensiero che mi faceva sentire miserabile e che cercavo di cacciare, ma sottosotto il dubbio era sempre lì, sibilante ed insinuante.
 
Giunse di nuovo la sera, ed il momento di compilare scartoffie e riordinare documenti. 
Mi accorsi che in un modo o nell'altro stavo temporeggiando, non riuscivo a lasciare l'ufficio. Mancava qualcosa alla conclusione della giornata.
Regina quella sera non venne.
 
Non ne vidi neppure l'ombra per tutto il giorno seguente ed ancora spensi le luci del mio ufficio ben oltre le otto di sera con la sensazione che la giornata fosse incompleta.
 
Un altro giorno, altre piccole commissioni e la chiamata più urgente fu quella di Archie. Pongo, il suo cane, era scappato di casa e lo ritrovammo presso una famiglia che aveva appena adottato una nuova cagnetta randagia, Peggy. Pongo era letteralmente impazzito per lei e stava causando non pochi problemi a quella famiglia.
Ancora nessuna traccia di Regina. 
Nel pomeriggio, parlando con Henry, studiando la mossa successiva dell'Operazione Cobra, accennò al fatto che sua madre fosse da un paio di giorni molto impegnata con il lavoro e che quindi potevamo vederci più a lungo.
Apprezzai vivamente ogni singolo momento extra che potei passare con lui, del resto ne avevo già persi così tanti!
Ma quando fu sera e spensi le luci del mio ufficio dopo le nove, avevo ancora quella sensazione che la giornata fosse incompiuta.
La serata era bella, fresca, ma non eccessivamente fredda e decisi di fare quattro passi per schiarirmi le idee.
Pensai a molte cose, al mio passato solitario ed al mio strambo presente pieno di amici. Amici, questa era davvero la più grande novità della mia vita. Avevo amici che mi amavano e che riamavo a mia volta e che al momento avrei sofferto profondamente a lasciare. Non mi era mai successo.
A Storybrook avevo trovato degli amici, e dovevo ammetterlo, anche una famiglia. Mary Margaret ed Henry ormai erano la mia famiglia.
Mancava solo una cosa e poi la mia vita sarebbe stata perfetta, ma forse io non ero una persona destinata all'amore...
A quel pensiero mi fermai ed alzando lo sguardo mi resi conto di essere proprio di fronte al municipio.
La luce dell'ufficio di Regina era ancora accesa.
 
Neppure il tempo di realizzare cosa stessi facendo, che mi trovai a bussare alla porta del suo ufficio.
-Sì?- fu la risposta profonda e leggermente infastidita.
Entrai lentamente, con il cuore che aveva iniziato a battermi frenetico in gola. Potevo tenere a bada le mie reazioni, ma non potevo impedire al mio corpo di scatenarsi.
Cercai di non pensare al motivo per cui il mio corpo reagisse in quel modo. Era una risposta a cui non mi sentivo ancora pronta.
 
Mi richiusi la porta alle spalle e mi voltai verso la stanza, solo a quel punto alzai lo sguardo sull'ambiente che mi circondava.
 
Ogni volta che si entrava in una stanza, nel mio o nel suo ufficio, in ospedale, in qualsiasi luogo, o quando la si incontrava semplicemente per strada, era possibile avvertire subito un'atmosfera oscura.
La presenza di Regina in una stanza incuteva soggezione. 
E la tensione nell'aria, il timore e la diffidenza, a volte addirittura l'odio delle persone nei suoi confronti, tutto questo diventava percepibile a pelle. 
Ed era una sensazione mille volte più intensa quando si era soli con lei. Quando anche la sua attenzione era rivolta direttamente verso di te.
Il sindaco catalizzava l'attenzione, Regina era il fulcro attorno a cui ruotava ogni cosa lì a Storybrook.
Fu chiaro fin dal nostro primo incontro che la città apparteneva a Regina e le anime che lo abitano erano sudditi della sua volontà.
 
Io avevo lottato fin dal primo istante per non cadere nella sua rete e, benché ancora mi sentissi libera di lottare contro le sue trame ed immune dai suoi desideri, nonostante tutti gli sforzi ed il fingere che non fosse vero, ormai era innegabile: io, Emma Swan, non ero immune "da" lei!
 
-Miss Swan- sorrise compiaciuta ed arrogante, per nulla stupita che io fossi lì, come se sapesse, come se fosse tutto calcolato.
-Era ora che venisse a fare rapporto.- 
Mi stava aspettando, mi ero lasciata manovrare!
Feci un passo avanti, incerta se proseguire o girare i tacchi ed andarmene.
-Quindi anche lei può imparare a seguire le regole- "i tuoi ordini" vorrai dire, lo scintillio sprezzante nei suoi occhi non lasciava adito a dubbi.
Perché ogni volta che Regina mi rivolgeva la parola era solo per attaccare, per stuzzicare e torturare in un continuo e sottile gioco per piegare la mia mente ed il mio spirito al suo volere?
Era irritante all'inizio, e lo è tuttora, ma c'è di più. Ora è quello che più desidero da lei, lottare con lei è un gioco eccitante ed anche se sono solo parole e manipolazioni verbali, dio! Mi fanno impazzire! Il continuo gioco della sfida mi eccita ed ha creato dipendenza. Questo mi spaventa.
Tutto quello faccio, ogni problema che si verifica a Storybrook spero sempre che mi conduca a lei. Da lei.
 
Com'era possibile che la odiassi così tanto, ma che non potessi starne lontana?
 
Regina era seduta sulla sua poltrona di pelle nera, chinata verso il tavolino davanti a lei, sul quale erano disposti dei documenti che stava leggendo. Lentamente depose quello che aveva in mano sugli altri e si raddrizzò a sedere.
Appoggiandosi con la schiena aprì le braccia e le distese sopra lo schienale, accavallando le gambe. Era incredibile quanta sicurezza di sé avesse quella donna. Era conscia del proprio potere e non aveva il minimo scrupolo ad usarlo, o ad abusarne.
 
Oggi indossava una camicia bianca di seta dalle maniche corte, che lasciava in bella vista le candide braccia dai muscoli appena disegnati ed una gonna nera aderente che le arrivava al ginocchio, ma che da seduta si era sollevata fino a mezza coscia.
I colori non erano davvero il suo forte. Anche il suo ufficio era in bianco e nero. Arredato elegantemente e sfarzosamente tra marmi, cristalli e ceramiche, ma tutto rigorosamente bianco, o nero.
L’unica nota di colore erano le mele nel cestino di bianca ceramica sul tavolino di cristallo. Mele lucide e perfette, di un rosso cupo identico a quello delle labbra di Regina.
 
E quel unico tocco di colore era un richiamo infernale, sensuali tentatrici proibite come le mele dell’eden.
Mi sentii avvampare.
Come poteva qualcuno così gelido suscitare tutto quel calore?
 
Ci fissammo a lungo intensamente, scrutando l'una le emozioni dell'altra. 
Vidi il petto di Regina iniziare a sollevarsi ed abbassarsi più rapidamente ed intensamente, il suo sguardo era famelico.
Non capivo, stava cercando di attrarmi, o stava lottando per resistermi?
Sul suo volto e nei suoi occhi la lotta era in atto, potevo veder il conflitto delle sue emozioni e più sentivo i suoi dubbi, meno ne avevo io.
 
Poi il suo sorriso mutò, da vittorioso divenne amaro ed infine si spense.
Ebbi una fitta al cuore, ebbi pena per lei.
Lesse anche questo nei miei occhi e vergognandosene distolse lo sguardo.
No!
Non lascarmi sola adesso che ti ho trovata, non respingermi!
 
In un attimo fui davanti a lei, guardandola dall'alto. Regina non si mosse, rimase a capo chino senza voler incrociare il mio sguardo, ma sapeva che ero lì, si era irrigidita e sentivo il suo respiro in affanno.
Dovevo guardarla! Volevo di nuovo che mi guardasse, che condividesse il suo animo con il mio. Avevo bisogno dell'intensità dei suoi occhi, di quel mare nero, denso e così profondo da naufragarvi dentro.
Io dovevo. Dovevo! Sapere che era ancora con me.
Mi inginocchiai.
Ecco, ero in ginocchio ai suoi piedi, al suo cospetto e dovetti alzare lo sguardo per osservare il suo viso. La sua maschera stava cedendo, la sua superbia si stava sgretolando.
Dovevo fare qualcosa. Incerta e con delicatezza, misi una mano sul suo ginocchio.
Regina ebbe un sussulto e mi guardò stupefatta, ma nelle sue iridi il misto di emozioni era esplosivo: brama, desiderio, stupore e, quelle che mi colpivano sempre maggiormente: dolore e solitudine.
 
La mossa ora toccava a Regina e non si fece attendere. Regina districò dalla sottostante la gamba dalla quale la mia mano non riusciva più a staccarsi e si aprì a me.
Un invito che accolsi subito, i miei timori stavano svanendo mentre lasciavano il posto ad un'aria carica di sensualità.
Misi anche l'altra mano sul suo altro ginocchio e li aprii lentamente, quanto bastava perché potessi infilarmi fra le sue gambe.
In tutto questo non perdemmo mai il contatto dei nostri occhi dilatati di brama, Regina, non solo mi stava lasciando fare, ma desiderava almeno quanto me che io lo facessi.
Le mie mani erano roventi sulla sua pelle fresca e liscia, le lasciai scivolare fino all'orlo della gonna, saggiando ogni millimetro della tonicità delle sue lunghe gambe.
Giocai un po' con la stoffa, poi le mie dita si insinuarono al di sotto facendo scorrere la gonna più in su, dove potevo già sentire ardere la passione di Regina.
Quella donna aveva il potere di annebbiarmi la mente, a quel punto ero pronta a prendere da lei tutto e subito, ma non mi bastava.
Volevo Regina, e non solo il corpo, ma soprattutto il suo cuore.
Cosa? Mi fermai. La verità del mio desiderio mi travolse.
Il cuore di Regina.
Distolsi lo sguardo, per porre a mia attenzione là dove si sarebbe dovuto annidare l'oggetto del mio desiderio.
Con reverenza, come se stessi per scoprire qualcosa di sacro, iniziai a slacciare la sua camicetta. Un piccolo bottone dopo l'altro, scoprendo lembi sempre più ampi di candida pelle accesa di passione.
Il solletico delle mie dita e della seta della sua camicia, le fecero reclinare indietro il capo in risposta al piacere, e scivolare in avanti il bacino in cerca di ulteriori stimoli.
Avevo appena scoperto il nero pizzo che avvolgeva il suo seno sinistro, che un languido gemito mi richiamò alle sue labbra dischiuse. Allora mi alzai e mi chinai su di dei per raggiungerle, per farle finalmente mie.
Ma improvvisamente, in preda al terrore, Regina mi afferrò per le spalle impedendomi di chiudere le distanze tra noi una volta per tutte.
Eravamo a così poco l'una dall'altra che i nostri respiri affannati si mischiavano, i miei lunghi capelli biondi, scivolati in avanti, arrivavano a sfiorarla.
Sentivo il conflitto tra il suo desiderio e la sua (per me incomprensibile) volontà di resistere.
Feci forza e mi sporsi ancora un po' verso di lei, ma di nuovo mi respinse:
-Emma, no. Niente baci.- 
Un sussurro doloroso per lei da dire, quanto per me da udire. 
Un ordine, una supplica, o una maledizione, non so cosa fosse! 
So solo che smisi di fare ciò volevo fare, smisi di desiderare, smisi di pensare.
Tutto divenne confuso, una nebbia avvolse la mia mente, vidi il mondo svanire, i ricordi offuscarsi e mischiarsi alla realtà.
 
Mi svegliai di soprassalto nel mio letto il mattino seguente, agitata, con il cuore in gola.
Ma che razza di sogno avevo fatto? 
Avevo sognato di nuovo il Sindaco Mills, e non  come avrei dovuto.
Odio certi sogni, alle volte sembrano così reali che passi ore a chiederti se invece non si tratti di ricordi veri e fatichi a scinderli dalla realtà.
Tutto quello che sapevo era che quell'esperienza era stata così intensa che ancora avevo l'impressione di sentire sui miei palmi il calore liscio della sua pelle.
 
Mi alzai quella mattina sperando che la sera non arrivasse mai.
Cosa sarebbe accaduto se anche oggi lei non fosse venuta nel mio ufficio affinché le facessi rapporto?
Sarei forse dovuta andare io da lei?
E se invece si fosse presentata?
Dannazione, quella donna mi farà impazzire!
Desideravo vederla e temevo di incontrarla, ma comunque era ora di uscire di casa e mettermi al lavoro, la favolosa cittadina di Storybrook contava sul suo vicesceriffo per la propria salvaguardia.
E se questo significava battersi contro il Sindaco stesso, io di certo non mi sarei sottratta, qualunque fosse la vera natura dei miei sentimenti per Regina, sentivo di poter essere forte abbastanza da fare la cosa giusta.
Del resto, come diceva Henry, ero o non ero l'eroina destinata a salvarli dalla maledizione della regina cattiva?
   
 
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