“Mi nutro di ciò che mi distrugge.”
È questo ciò che c’è scritto e improntato con l’inchiostro sul suo basso ventre. Lui si nutre di me e io sono nociva, velenosa e pungente come la spina di una rosa, una rosa rossa come il sangue.
È questa scritta che leggo quando lo guardo, in basso, mentre facciamo l’amore. Noi facciamo l’amore, non sesso. Sono due cose differenti, perché fare l’amore è come osservare la prima stella della sera, che se ne sta nel cielo indisturbata e inconsapevole di essere considerata la stella più bella, più brillante. Lui è la mia stella più brillante e piena di vita.
Quando lo guardo negli occhi vedo le onde del mare scagliarsi e infrangersi sugli scogli, vedo la sabbia cristallina scorrere tra le mie dita sottili, la schiuma bianca che si dissolve lentamente quando incontra il terreno asciutto. Guardo i suoi oceanici occhi azzurri quando mi sento perduta fra la folla e senza preavviso la luce della verità mi sfiora, mi tocca, si deposita su di me con dolcezza, proprio come fa la sua mano sulle mie cosce.
La sua voce profonda mi sta dicendo di andare a dormire, perché le mie occhiaie si sono a poco a poco ampliate durante l’amore, il nostro. Mi stendo sul suo torace possente e mi addormento, lasciando che i sogni mi cullino e distraggano le mie preoccupazioni: si cerca di sfuggire alla realtà e modificarla, si spera di svegliarsi la mattina successiva e di intravedere di nuovo i nostri corpi avvinghiati amarci.
Nel cuore della notte un sospiro mi fa sussultare, ma il suo braccio mi avvolge, mi protegge così come è solita fare una madre con il suo bambino. Sono al sicuro dove lui è presente.