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Autore: Ari_92    29/04/2012    14 recensioni
Una piccola one-shot che, dopo aver visto la 3x17, non sono davvero riuscita a impedirmi di scrivere.
Spero possa piacervi, anche se non prometto niente dato che l’ho scritta piangendo come una disperata e a mala pena vedevo la tastiera ç____ç 
- “Kurt lasciò le proprie mani sulle sue guance, mentre Blaine gli avvolgeva cautamente la schiena con un braccio, avvicinandoselo appena, sul bordo del pianoforte. Sembrava misurare ogni gesto, quasi temesse di non trovarlo più lì, una volta riaperti gli occhi.
Lo teneva con la stessa delicatezza con cui si lambiscono i sogni.” -
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Avvertenze:
- contiene grandi, immensi spoiler sulla 3x17, quindi, se ancora non l’avete vista, non perdete tempo a leggere i miei deliri e correte a guardarla T___T
- non sono sicura che questa cosa abbia un senso, anzi, sono quasi certa del contrario.
- fluff & angst. Brutta, brutta accoppiata ç____ç
- Note alla fine ;)
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Stay in my arms
 

 
 
La solitudine ha diversi modi di manifestarsi.
Nella maggior parte dei casi è rumorosa: urla così forte da oscurare ogni altra voce, e a noi non resta che lasciarci stordire, riducendo tutto il resto a un confuso movimento di labbra. A volte è percepibile, come un’ombra scura che sappiamo accompagnare ogni nostro passo, ignorando tuttavia come impedirle di consumarci.
Non è solo questo, però.
Ci sono volte in cui la solitudine arriva in punta di piedi, insinuandosi abilmente in quel piccolo mondo che ci appartiene, che con tanta fatica riusciamo a far stare in piedi, barcamenandoci tra le sfide di ogni giorno.
Quando iniziamo ad essere avvolti dal suo alone raramente siamo in grado di accorgercene, non prima che sia troppo tardi.
Sembra quasi farlo apposta, a rivelarsi quando il nostro corpo ne è già intorpidito, quando non possiamo più scappare.
 
 
“Ti serve un passaggio, Kurt?” Il ragazzo sbatté piano le palpebre, confuso da quello strano senso di formicolio alle dita, al cuore e al cervello che non dava segno di abbandonarlo, da una settimana a quella parte.
Tese le labbra in quello che avrebbe dovuto sembrare un sorriso, scuotendo la testa in direzione di Finn, che stava abbandonando l’auditorium in coda a tutti gli altri membri delle New Directions.
Avevano cantato con tutto il sentimento che solo un definitivo quanto imminente addio avrebbe potuto conferirgli, eppure Kurt non riusciva a focalizzarsi su questo, non davvero.
 
“Torno più tardi. Voi cenate pure, al massimo dì a Carole di lasciarmi qualcosa nel forno.” Finn annuì e, quando uscì definitivamente dalla stanza, lui non aveva idea di come sentirsi.
Si sistemò meglio sul pianoforte dove era seduto, abbassando poi lo sguardo sull’unica persona rimasta assieme a lui, che al momento sfiorava distrattamente i bordi dei tasti con la punta delle dita.
 
Kurt non aveva il coraggio di guardare Blaine negli occhi.
 
Sapeva che era assurdo, in particolar modo visto e considerato quello che era appena successo nell’ufficio della Pillsbury e alla luce di ciò che lui stesso gli aveva detto poco prima in corridoio. Eppure, per quanto ci si mettesse d’impegno, non riusciva davvero a guardarlo negli occhi.
Non senza avvertire un nodo alla gola, un bruciore al petto incrinato dal senso di colpa di aver profanato per sempre qualcosa di inviolabile, aver reciso alcune delle corde invisibili che lo legavano in quel modo così unico e inalienabile alla persona seduta sullo sgabello sotto di lui.
Blaine sollevò il capo senza preavviso, rivolgendogli uno dei suoi sorrisi più sinceri.
 
“Ho lasciato la mia scuola per te, ho messo tutto in discussione. Questo non ti ha fatto sentire amato?”
 
Si conficcò le unghie nella carne.
 
“Avevi ragione. Alla fine sono venuti tutti.” Gli ci volle un po’ per capire a cosa si riferisse, ancora di più per capacitarsi del fatto che gli stesse davvero parlando del Glee, in quel preciso istante.
“Sì. Sono venuti tutti.”
 
Blaine alzò lo sguardo verso il ragazzo seduto sulla superficie lucida del pianoforte.
Studiò con circospezione i suoi occhi chiari, quasi temesse di cosa avrebbe potuto leggervi. Il suo sguardo era vuoto, lontano, e si domandò se stesse ancora pensando al tizio del negozio di spartiti.
Spinse distrattamente un tasto freddo del pianoforte.
Avrebbe potuto dargli torto, in fin dei conti?
 
Tutto quello era successo per causa sua, ed era lui che meritava di pagarne le conseguenze. Aveva deliberatamente deciso di fare un passo indietro, scappare, schermirsi da Kurt e da quello che li univa con il solo scopo di rendersi meno doloroso l’inevitabile distacco che avrebbero dovuto affrontare, da qualche mese a quella parte.
 
Se sarebbe stato o meno un addio, Blaine non lo sapeva.
 
L’unica cosa certa era la verità: lui non era altro che un ragazzino di provincia, con un futuro incerto e nessuna vocazione irrinunciabile da seguire. Kurt sognava Broadway, New York, i teatri ghermiti di spettatori e le scenografie colorate.
Sapeva di essere tremendamente insignificante, così piccolo in confronto ai suoi obiettivi, talmente inadeguato. E aveva paura, aveva una paura folle.
Perché Kurt nemmeno un’ora prima aveva giurato che non se lo sarebbe mai lasciato alle spalle, ma l’aveva detto nel piccolo ufficio della consulente scolastica, in quella piccola scuola di quella piccola città.
Non sarebbe stato lo stesso a New York, non circondato da ragazzi ridicolmente affascinanti – dei quali il tipo del negozio era solo un pallido assaggio –, e di sicuro non con tutte quelle novità, i posti in cui andare, le persone da incontrare.
 
“Mi piace il modo in cui mi fa sentire.”
 
Si chiese cosa succede alle vite delle persone, quando il cardine a cui ruotano attorno si sgretola tra le loro mani.
 
“...Blaine?”
Fu scosso dal suono del suo nome, e Kurt se ne accorse. A quel punto, era piuttosto improbabile che stesse davvero pensando al Glee Club.
Non seppe nemmeno come le parole trovarono la strada per uscirgli dalle labbra.
“Non ti ho detto tutto quello che volevo, prima.”
Blaine ebbe un tuffo al cuore, ma evitò di farglielo notare. Evitò di fargli capire quanto fosse dannatamente spaventato. Perso.
Kurt – finalmente – lo guardò direttamente negli occhi. Quelle iridi nocciola spruzzate d’oro che l’avevano intrappolato più di un anno prima, e non l’avrebbero mai lasciato andare.
 
“Sei l’amore della mia vita.”
 
Avrebbe fatto di tutto, qualsiasi cosa per potersi meritare quelle parole.
 
“Non... Non riesco nemmeno a dirti quanto mi dispiace.”
“Kurt...”
“Non sto parlando di Chandler. È il motivo che mi ha spinto ad accettare quei messaggi ciò per cui ti devo le mie scuse.”
Blaine lo guardò senza capire, e nemmeno fu in grado di stupirsi quando si ritrovò come ipnotizzato da quegli occhi azzurri striati di verde, gli stessi che avrebbe visto – sperava, avrebbe visto – per tutti i giorni della sua vita.
 
Anche se per un anno sarebbe stato attraverso lo schermo freddo di un computer.
Non riusciva nemmeno a considerare quel pensiero.
 
“...Ti conosco, Blaine. So che ti stai addossando tutta la colpa per essere stato... distante, in queste settimane. Ma le cose non stanno così.” Si tormentò le mani in grembo e, a quel punto, non poté fermare la lacrima che gli scivolò lungo la guancia.
 
Lenta, come i battiti stanchi, sfiniti del suo cuore.
 
“Parlare continuamente di New York, tartassarti con le mie idiozie per tutto questo tempo... Mi dispiace così tanto, Blaine. Pensavo che insistere su quello che mi aspetta di bello avrebbe potuto distrarmi da tutto il resto...”
“Da me.” Kurt scosse la testa.
“No. Dal fatto che non ci saresti stato, Blaine.
E non parlarne dava l’impressione che non stesse succedendo, e... beh, faceva meno paura.” Blaine ridacchiò, senza preoccuparsi di celare una punta di tristezza, alzandosi poi dallo sgabello e appoggiando i gomiti vicino alle ginocchia piegate di Kurt, sul pianoforte.
 
“Paura? Sei la persona più coraggiosa che conosca- ”
“Non quando si tratta di te.” Gli sorrise, posando una mano sulle sue dita intente ad intrecciarsi tra loro. Sentì quel calore familiare, ed era tanto, troppo tempo che si comportava come se Kurt se ne fosse già andato.
La consistenza soffice della sua pelle lo fece trasalire.
Aveva davvero rinunciato a tutto quello? L’aveva davvero trascurato, nella disperata follia di quelle settimane?
 
“Mi dispiace di essermi allontanato da te. Credevo avrebbe fatto meno male a tutti e due, se ci fossimo separati un po’ alla volta.
Invece stavo rovinando tutto, e stavo perdendo te, Kurt.”
“Dovresti impegnarti molto per perdermi.” Lui rise.
“Oh, davvero?”
“Pensi davvero di liberarti di me così facilmente?” Glielo chiese con un sorriso provocatorio, ma Blaine decise di essere sincero, lasciando andare quella che non era altro che la verità, per quanto lo rendesse disperatamente vulnerabile.
“...In realtà è di questo che ho paura.” Abbassò lo sguardo sulla superficie lucida sotto di sé, e i secondi di silenzio che seguirono si rivelarono tra i più lunghi della sua esistenza.
Lenti, come il suo lento precipitare in quel baratro sul bordo del quale si erano ritrovati, prima che fosse troppo tardi.
 
Un paio di dita sottili gli accarezzarono il mento, costringendolo ad alzare gli occhi.
Aveva l’aria concentrata, come se gli risultasse difficile comprendere quelle parole.
 
“Parli sul serio?” Lui non si mosse, mentre le mani tiepide di Kurt gli accarezzavano il volto, come a dover memorizzare dei lineamenti che non poteva vedere.
Era bellissimo. E sarebbe andato via, lasciandolo ad una vita che non sarebbe stata altro che un’intelaiatura vuota, scarna e abbandonata.
 
“Blaine... Io ti amo. Non ti lascerò mai.”
Kurt sorrise nel dirlo, l’espressioni rilassata e serena tipica di chi afferma qualcosa di ovvio, assodato, come che la Terra è tonda e che il fuoco brucia.
 
Perché Kurt sapeva che il suo destino erano Broadway e New York esattamente come sapeva che quei sogni non sarebbero mai potuti diventare realtà, senza Blaine al suo fianco. Era la parte integrante di quel progetto, quella che non avrebbe mai permesso a niente e a nessuno di far sfumare.
Sapeva che non ci sarebbe stato nessun teatro colmo di pubblico trepidante per lui, se non ci fosse stato Blaine, seduto in prima fila ad applaudirlo.
E sapeva che la vita riserva mille imprevisti, famosi per fare strage dei sogni meravigliosi quanto improbabili degli adolescenti.
Ma Blaine non era un sogno. Blaine era Blaine, e non l’avrebbe barattato per nessun musical sulla faccia della Terra.
Il suo ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro, e Kurt avrebbe quasi potuto giurare che avesse gli occhi lucidi.
 
“...Sono stato un idiota, non è vero?”
“Siamo stati due idioti, in realtà.” Smise di sfiorare i contorni del suo viso, prendendolo fermamente tra le mani.
“Promettimi che non dubiteremo più l’uno dell’altro, e che saremo sinceri. Ci serve tutta la coesione possibile, dato che tra due mesi- ”
“Ho paura.”
“Lo so.”
Kurt non riuscì ad aggiungere altro, perché ad un tratto Blaine aveva colmato la breve distanza che li separava, baciandolo sulle labbra. Sentì le sue ciglia umide accarezzargli uno zigomo, mentre una lacrima che non gli apparteneva scivolava fino al mento.
Kurt lasciò le proprie mani sulle sue guance, mentre Blaine gli avvolgeva cautamente la schiena con un braccio, avvicinandoselo appena, sul bordo del pianoforte. Sembrava misurare ogni gesto, quasi temesse di non trovarlo più lì, una volta riaperti gli occhi.
 
Lo teneva con la stessa delicatezza con cui si lambiscono i sogni.
 
Il moro poteva sentire la consistenza del corpo contro al suo, poteva sentire il profumo di Kurt e il sapore della sua bocca, che con così tanta, cieca determinazione aveva tentato di evitare in quelle settimane. Lo sentì rilassarsi tra le sue braccia, e si chiese per quanto tempo sarebbe stato in grado di mantenere vivo quel ricordo, una volta rimasto solo.
Si separò con riluttanza da lui solo qualche lungo istante più tardi, premendo le labbra l’una contro l’altra nel tentativo di intrappolarne per sempre il gusto, di non essere capace di dimenticare.
 
Kurt appoggiò la fronte alla sua, e lasciò che Blaine lo tenesse semplicemente tra le braccia, avvolgendolo a sua volta con le proprie. Non si era reso conto di sentirsi così disperatamente solo in quel periodo, senza di lui. Non si era reso conto di quanto la sua felicità fosse così univocamente legata alla persona che teneva stretta al petto.
Una parte del suo cervello trovò la forza di chiedersi per la prima volta come diavolo avrebbe fatto a resistere un anno intero ma, quando incontrò i suoi occhi, capì all’istante di non essere lui quello bisognoso di rassicurazioni, al momento.
 
“Ce la faremo, Blaine. È una promessa.”
“...Come faccio a sapere che non incontrerai qualcuno di più bello, di più interessante, di più- ”
“E io come faccio a sapere che Sebastian non tornerà alla carica? O qualcun altro?” Blaine abbassò lo sguardo, e Kurt gli sorrise dolcemente.
“Ti giuro che andrà tutto bene.” Il moro sospirò, stringendolo un po’ più forte tra le braccia.
“Mi sei mancato.” Kurt sospirò leggermente sulla pelle scoperta della sua nuca, facendolo rabbrividire. Blaine lo aiutò a scendere dal pianoforte.
“Non voglio più rinunciare a questo.” E per rimarcare quanto appena detto gli diede un altro bacio, facendo sorridere Kurt. Gli prese la mano, e Blaine pensò a quanto gli sarebbe mancato anche quel semplice contatto.
 
Gli spezzò il cuore solo un altro po’.
 
“Prova a dimenticarti di New York, per un attimo.”
“...Cosa?”
“Fai finta che non ci sarà nessun domani, e che non sia successo niente in queste ultime settimane. Cancella tutto, e dimmi cosa faresti adesso.”
Blaine incontrò il suo sguardo, pronto a leggervi un pizzico di divertimento. Con sua sorpresa non trovò altro che mortale serietà, così si sforzò di immaginare ciò che Kurt gli aveva chiesto.
Sorrise: non aveva bisogno di sforzarsi per sapere esattamente cosa avrebbe fatto, adesso.
 
“...Ti porterei a casa mia, cantando tutte le canzoni stupide che sentiamo alla radio durante il tragitto.
Poi ti offrirei qualcosa da mangiare, ma tu rifiuteresti perché non mangi mai cose caloriche fuori dai pasti, e in casa mia ci sono solo cibi che fanno inorridire la tua vena salutista. Allora saliremmo in camera e io ti proporrei di vedere un musical, uno di quelli infinitamente lunghi e romantici che ti piacciono tanto.
Lo guarderemmo insieme sul mio letto, poi faremmo l’amore per tutta la notte.” 
Lo disse sovrappensiero, disegnando cerchi immaginari sul dorso della sua mano con la punta del pollice. Per un attimo era quasi sembrato reale, come una bolla di luce immersa in un oceano troppo buio per vederne il fondale.
Poi tornò al presente, trovando di nuovo le incantevoli iridi azzurre a cui non avrebbe saputo rinunciare e – ne era certo – nemmeno ere zoologiche di lontananza avrebbero potuto alterarne il ricordo.
 
“Allora è quello che faremo.”
Blaine incontrò in un moto di confusione il fuoco che lo animava, la stessa forza e passione che l’avevano fatto innamorare, quel giorno in cui lo stanzone dove i Warblers provavano le loro canzoni gli era sembrato per la prima volta incredibilmente piccolo, rapportata al mondo che da un momento all’altro gli si era aperto davanti agli occhi.
 
Un universo azzurro, blu, verde e grigio insieme.
 
“...Con una piccola modifica.
Direi che per una volta i musical possono aspettare. Io passerei subito alla fase successiva.”
Suggerì Kurt, guardandolo di sottecchi. Blaine sorrise, mentre la tristezza e la paura gli scivolavano sottopelle, oscurate dagli occhi trasparenti a una spanna da lui, che a un tratto sembravano occupare tutto lo spazio, tutto ciò che di lui erano in grado di raggiungere.
 
“Ah sì?”
“Spero che i tuoi non siano in casa.”
“Lo sai che tornano sempre ad orari assurdi.”
Kurt annuì, sfiorandogli i ricci intrappolati dal gel con la punta delle dita.
Blaine lasciò che lo accarezzasse, cercando inconsciamente di memorizzare la danza che quelle mani conducevano su di lui. E al momento voleva davvero fare l’amore con lui, più di quanto non lo avesse mai desiderato.
Perché sentiva l’esigenza di riscoprirlo poco alla volta, bottone dopo bottone, senza permettere ai suoi occhi di perdersi una singola porzione di pelle che avrebbe scoperto, ogni lampo nel suo sguardo, ogni brivido del suo corpo. Blaine sapeva che sarebbe stato diverso da tutte le altre volte, esattamente come sapeva che si sarebbero amati come se non avessero a disposizione un’altra occasione per dimostrarselo.
 
“Sì, lo so. E ti amo.”
“Anch’io, Kurt. Per sempre.”
E Kurt, mentre usciva dall’auditorium mano nella mano con Blaine, poté fisicamente percepire la solitudine sganciarsi dal suo corpo, per poi sprofondare nel pavimento scuro.
Strinse più forte le sue dita alle proprie, consapevole che era proprio quella sensazione di appartenenza che avrebbe dovuto rievocare quando, steso su un letto troppo grande, si sarebbe dovuto sforzare di prendere sonno con la consapevolezza di non essere svegliato da un bacio, il mattino seguente.
E non avrebbe mentito a se stesso: quella sarebbe stata la cosa più difficile della sua vita, eppure sapeva, aveva l’assoluta certezza che ci sarebbe riuscito.
 
Lo sapeva dal giorno in cui – completamente a disagio per le proprie doti da spia quantomeno discutibili – aveva finito per intrufolarsi in quella scuola privata che tanto lo metteva in soggezione, con i suoi tappeti spessi e i pannelli di legno pregiato.
Lo sapeva da quando, tra quelle dozzine di identici fantasmi blu e rossi, due lampi nocciola, miele ed oro insieme l’avevano inchiodato sulle scale, squarciando nel tempo di uno sguardo il suo cuore, e tutto il suo mondo.
 
Nell’esatto istante in cui si era sentito magneticamente spinto verso di lui, quando aveva capito che si sarebbero appartenuti...
 
“...Per sempre.”  Rispose.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
...Sì. Come avrete intuito se siete davvero arrivati fino qui (i miei complimenti, nel caso ci foste riusciti *si inchina*) questa one-shot non ha una vera e propria trama. In realtà, questa one-shot è piuttosto uno sfogo che dopo aver visto la 3x17dovevo scrivere, perché se no sarei implosa u.u
Non so. Sarà per le cose che hanno detto, o per come Chris e Darren sono sempre più dannatamente bravi, ma davvero, mai avevo pianto così tanto per una puntata di Glee ç___ç Quando erano nell’ufficio di Emma poi ho rischiato di farmi venire una sincope -.-“
...Ok, mi pare di avervi rubato già tempo a sufficienza. Grazie mille a chiunque abbia letto, e ovviamente a chi deciderà di lasciare un parere :’)
 
P.S. Per chi già mi conoscesse e avesse letto I’ll try to fix you, vi informo che ho iniziato a scrivere il sequel, All the ways you saved me, e che a questo punto dovrei iniziare a pubblicare poco oltre metà maggio :)
  
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