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Autore: Vals Fanwriter    30/04/2012    9 recensioni
La spiegazione era una sola ed era tutta lì, a riscaldarmi il petto e a battere all’impazzata. Ero ammirato da tutto quel coraggio, da quella caparbietà e da quel senso di responsabilità, ma c’era dell’altro. Quegli occhi mi stavano facendo male.
Per la Kurtofsky Week | 2nd day – Fairy tales
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kurtofsky Week 2012'
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Per la Kurtofsky Week

2nd day – Fairy tales

 

~

 

Ever ever after

 

 

 

‹‹Ogni storia che si rispetti inizia con un antagonista. Magari una strega gelosa, piena di invidia e rancore, una donna crudele, consumata dalla brama, arida dentro e sola. Fu questo quello che vidi quando misi piede nella Sala Reale e mi ritrovai al cospetto della strega Rachel, in tutta la sua bellezza, avvolta in un abito nero, che scintillava nella penombra delle candele che illuminavano la stanza e…››

‹‹Rachel? Ma proprio Rachel?››

‹‹Sì, tesoro, proprio lei, ma lasciami continuare.

Dicevo, quando entrai in quell’enorme salone, rimasi affascinato dalla quantità di tappeti eleganti, di oggetti fatti completamente d’oro e dello sfarzo che essi costituivano, e quasi dimenticai di trovarmi nel covo della strega più malvagia del Regno, nonché Regina dello stesso. Mi aveva fatto chiamare per uno scopo a dir poco subdolo, ma allora ero così cieco da non capire quanto folle fosse il suo piano.

“Mi hanno riferito che sei il miglior cacciatore del Regno” disse quella dall’alto del suo trono e aveva ragione, lo ero davvero. Le mie battute di caccia erano quelle più proficue per il villaggio. Gli abitanti mi conoscevano come il cacciatore più spietato mai esistito, ma la verità era un’altra. Loro conoscevano soltanto una parte di me e una sola persona, nei giorni a venire, sarebbe riuscita a sapere cosa nascondevo dentro di me.››

‹‹Perché eri buono, vero?››

‹‹Sì, perché ero buono, ma agli occhi della Regina Rachel ero un potenziale assassino ed io, inconsapevolmente, ero lì proprio in quelle vesti.

“Esiste un giovane nel Regno, bello quanto una fanciulla e con una voce talmente soave da far smettere di cantare gli usignoli” mi raccontò Sua Altezza, alzandosi in piedi ed iniziando a squadrarmi attentamente, misurando a grandi passi il perimetro che mi circondava. Quel giovane di cui parlava era il figlio del suo defunto marito, il Principe in sostanza, e le voci del villaggio dicevano davvero di lui quelle cose. L’avevo visto sì e no una volta cavalcare per le praterie, in lontananza, e dunque non ero mai stato certo che quelle dicerie fossero veritiere.

La Regina si fermò davanti a me, con un sorriso sadico sul viso, e andò subito al dunque: “Voglio che tu lo uccida”.››

‹‹E tu l’hai ucciso??››

‹‹Calmati, piccola, e lasciami continuare.

La Regina mi rivelò tutto ciò che serbava nel suo cuore roso dalla cattiveria, credendomi perfino più insensibile di lei stessa. Lei era la più bella del Reame e non poteva esistere nessuno con una bellezza superiore alla sua, tuttavia non era questo che minava maggiormente la vita del suddetto ragazzo, ma il canto. Non era concepibile che avesse una voce migliore della sua, non era possibile che con essa arrivasse a fare ciò che lei riusciva a compiere solo tramite gli incantesimi. Non lo accettava. Non accettava il fatto che gli animali e la natura gli dessero il loro appoggio con tanta facilità.

Inizialmente rifiutai di aiutarla, sebbene la strega mi avesse offerto un ghiotto bottino, ma quando minacciò di radere al suolo il villaggio, dovetti abbassare la cresta ed obbedire.

Mi disse che si nascondeva nel bosco e così andai a cercarlo.

Ero certo del fatto che uccidere un uomo non sarebbe stato molto diverso dall’uccidere un animale e dunque ero relativamente tranquillo. Ma quando, dopo qualche giorno, iniziai a trovare tracce di vita umana nel bosco, come rametti secchi bruciacchiati, nel tentativo di accendere un fuoco, o residui di stoffa che sembrava pregiata, impigliata a dei rovi, l’ansia iniziò a crescere dentro di me. Come potevo mettere fine alla vita di una persona per un motivo così futile? Eppure la scelta andava da una vita a milioni di vite e non potevo rischiare.

Sfilai il pugnale dalla cintura, quando fui sicuro di essere ormai vicino alla mia preda e, dopo pochi secondi, udii un fruscio ed iniziai a inseguire la figura, che se n’era stata rannicchiata per tutto quel tempo dietro un cespuglio.

Corsi, corsi per un’infinità di minuti, fino a che la presenza di una parete rocciosa, che si ergeva davanti a noi, non impedì al Principe di scappare. Era in trappola.

Respirò affannosamente e poi si voltò verso di me, mostrandomi uno sguardo impaurito, e rimasi incantato. Era anche meglio di ciò che diceva la gente. Aveva dei capelli castani che alla luce del sole sembravano risplendere. Il suo viso sembrava scolpito nell’avorio, tanto era pallido e perfetto, e le sue guance erano leggermente spruzzate di rosa.››

‹‹Come quelle delle bambole?››

‹‹Come quelle delle bambole. Ma non è finita. Ciò che mi lasciò spiazzato furono i suoi occhi, del colore del cielo, così luminosi e adornati di pagliuzze dorate.››

‹‹Quindi era bellissimo?››

‹‹Era anche più che bellissimo. Ma dovevo comunque adempiere alla mia missione.

Mi feci coraggio e mi avvicinai a lui. Prima l’avrei ucciso e prima sarebbe finita.

“Non lo fare, ti prego” sussurrò il Principe con voce flebile e terrorizzata. Il suo sguardo era fisso sulla lama che gli stavo puntando.

“Devo farlo o la Regina ucciderà gli abitanti del villaggio” gli risposi, cercando di non far caso alla spiacevole morsa alla bocca dello stomaco che mi aveva assalito. Sentivo già la colpevolezza pesarmi sul cuore.

“Li ucciderà?” chiese quello, ostentando un’espressione sconvolta e con la voce simile a un cigolio.

“Ha detto che lo farà…”

Il Principe posò lo sguardo a terra e lo spavento era quasi del tutto svanito da esso. Ora vi era soltanto amarezza e rammarico. Passò qualche silenzioso secondo, poi il giovane alzò il capo, risoluto, ma con le lacrime che minacciavano ugualmente di venir fuori dai suoi occhi.

“Allora fallo… Uccidimi” disse.››

‹‹No, no!! Non lo uccidere, non lo uccidere!!››

‹‹Non l’ho fatto. Lo sai bene che non l’ho fatto.

Rimasi così affascinato da quel coraggio e dall’amore che dimostrava per quelle persone che non conosceva neanche, che il pugnale mi cadde di mano e mi inginocchiai iniziando a piangere.

“Non posso” gli dissi.

Il Principe rimase stupito in un primo momento, poi si avvicinò a me, si inginocchiò anche lui e mi accarezzò una spalla, titubante. Mi pregò più volte di ucciderlo e, al mio ennesimo rifiuto, afferrò il pugnale puntandoselo al cuore.

“Allora lo farò io” esclamò, ma le mani gli tremavano e ciò mi consentì di afferrargli il polso appena in tempo.
“No”.

Quello mi fissò basito, nonostante il terrore non fosse ancora scivolato via dai suoi occhi.

“Perché? Non ti ha forse mandato lei ad uccidermi? Perché esiti adesso?” mi chiese.

La spiegazione era una sola ed era tutta lì, a riscaldarmi il petto e a battere all’impazzata. Ero ammirato da tutto quel coraggio, da quella caparbietà e da quel senso di responsabilità, ma c’era dell’altro. Quegli occhi mi stavano facendo male.

Non smisi neanche per un attimo di contemplare l’azzurro delle sue iridi. Il respiro mi si era fatto più veloce alla luce di quei sentimenti. Era tutto così strano. Come potevo innamorarmi così, all’improvviso?

“Se il Regno perde il proprio Principe, il suo destino sarà segnato per sempre” questo gli dissi, anche se il significato era completamente diverso e decisamente meno superficiale: “Se perdo te…” era questo, quello più appropriato.

Il Principe non riuscì più a trattenere le lacrime. Lasciò andare l’arma e affondò il viso nel palmo della mano che era rimasta libera dalla mia stretta.

“Ti proteggerò io” sussurrai, attirandolo a me con gentilezza e stringendolo in un abbraccio, che lui ricambiò subito, smarrito com’era.

Restammo così per diversi minuti e, quando quello si fu calmato abbastanza, lo sentii bisbigliare: “Mi dispiace” e non seppi a cosa si stesse riferendo, finché non aggiunse: “Mi dispiace di aver dato retta ai pregiudizi della gente”.

Mi allontanai un po’ da lui, quel tanto che bastava per poter scorgere il sorriso che gli si era disegnato in volto.

“Sapevo che la Regina avrebbe chiesto l’aiuto del miglior cacciatore del Regno, pur di non sporcarsi le mani e di non destare sospetti. Ma ecco, non sei come ti descrivono gli altri. Sei… diverso”.

Il Principe, a quel punto, si avvicinò lentamente a me e…››

‹‹Ti ha baciato, vero? Vero che ti ha baciato??››

‹‹Ahah, sì. Mi baciò così dolcemente, che fui sicuro che quello non era soltanto un “grazie”.

Ciò che venne dopo fu più semplice di quanto pensassimo. La Regina era convinta che la mia presunta cattiveria non mi avrebbe indotto a ripensamenti e che lei non avrebbe rischiato nulla in tutta quella faccenda. Invece, un cuore buono come quello del Principe era riuscito a scavare dentro di me e a vedere oltre le apparenze… e ad amarmi per quello che realmente ero.

Quando giungemmo al castello, la devozione delle guardie e del resto della Corte, nei confronti del Principe, ci diede un enorme vantaggio con la Regina. Quest’ultima fu arrestata per la congiura che aveva architettato e successivamente, grazie alla bontà del Principe, le fu evitata la pena di morte, finendo per essere semplicemente esiliata dal Regno.››

‹‹E voi, invece?››

‹‹Papà chiese al cacciatore di sposarlo›› disse Kurt, entrando in salotto. Stava sorridendo dolcemente nell’osservare la felicità sul visino di Elisabeth, inginocchiata sul tappeto ai piedi del divano sul quale stava seduto Dave. Quest’ultimo si irrigidì, nel vederlo apparire così all’improvviso, ed arrossì in una maniera che Kurt giudicò tenerissima.

‹‹Da- da quanto sei lì?›› chiese Dave, mentre sua figlia assisteva attentamente a quello scambio di battute, come se fossero parte integrante della favola che gli stava raccontando suo padre.

Kurt si avvicinò a suo marito, mentre il suo sorriso si allargava di più; dopo di che gli si sedette sulle gambe, rispondendogli con un tono basso e provocante: ‹‹Più o meno dal “viso scolpito nell’avorio” e dagli “occhi del colore del cielo”›› gli sfiorò le labbra con le sue e poi aggiunse, ‹‹Da quando in qua sai raccontare storie così belle?››.

Dave si rilassò e gli sussurrò in risposta: ‹‹Da quando ho te››.

Stavano per baciarsi di nuovo, quando la piccola Elisabeth protestò: ‹‹No, no, no! Papà è mio!›› battendo i pugnetti sulla gamba di Dave.

Kurt rise e si sporse verso di lei per prenderla tra le braccia, visto che la piccolina stava tentando in tutti i modi di arrampicarsi.

‹‹Certo che sono tuo, zucchero›› le disse, scoccandole un bacio sulla guancia, al che la bimba gli avvolse le braccia attorno al collo, contenta.

‹‹Non vale, però›› borbottò Dave, fingendosi offeso, ‹‹Ogni volta che arriva tuo padre, ti dimentichi di me, Lise››.

Elisabeth lo fissò, con le sopracciglia contratte in un’espressione rammaricata e, allo stesso tempo, intenerita dal broncio del padre.

‹‹Oh, papi›› disse, per poi lanciarsi letteralmente addosso a Dave per abbracciarlo, ‹‹Anche a te voglio tanto tanto bene››.

‹‹Tanto quanto?›› domandò suo padre.

La bambina allargò le braccia, sorridendo entusiasta.

‹‹Così!›› rispose ridacchiando e quella a Dave parve la favola più bella mai esistita, perfino più bella di quella che la sua fantasia aveva elaborato esclusivamente per sua figlia. Aveva Kurt, aveva Elisabeth e nient’altro contava. I problemi di vita quotidiana erano nulla in confronto a tutto quello: tornare a casa dal lavoro e trovarli lì ad aspettarlo, uscire insieme e viziare la piccola Lise con milioni di vestiti e di giochi, senza preoccuparsi degli sguardi della gente, vedere la felicità sui loro volti e vivere esclusivamente del loro amore. Era tutto quello che gli serviva. Gli incantesimi, le streghe cattive, gli unicorni e i draghi potevano benissimo prendersi un giorno di vacanza, perché lui aveva già il suo lieto fine: il suo Principe e la loro piccola Principessina.

 

Fine.

 

 

Note

[1] Il titolo è ispirato al “they lived happily ever after” delle fiabe e in particolare alla canzone “ever ever after” di Carrie Underwood (colonna sonora di “come d’incanto”). “Ever ever after” può significare “sempre dopo” o anche riferirsi ad un periodo futuro, come per dire “quello che verrà”.

[2] Chi è riuscito ad identificare riferimenti ad Hunger Games nella fanfiction alzi la manina! *.*

[3] L’atmosfera della favola che racconta Dave è influenzata parecchio dal telefilm “once upon a time”, non so se si è notato. :D

[4] Io adoro alla follia Elisabeth Karofsky-Hummel, soprattutto perché le frasi che dice sono citazioni belle e buone della mia cuginetta Gilda. Spero che l’abbiate amata anche voi allo stesso modo. ♥

   
 
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