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Autore: Never Let Me Go    30/04/2012    9 recensioni
One-Shot Delena.
Il mio cuore batteva a mille semplicemente perché non potevo nascondere la verità. Non potevo nascondere di non provare dei sentimenti per suo fratello e non potevo restare ancora per lungo tempo in quella casa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, questa è la mia prima OS Delena. La mia versione dei fatti, come secondo me Julie Plec dovrebbe renderci felici in un solo episodio.
Spero vi piaccia e se volete seguirmi potete leggere la mia FF Delena " 'Cause lately I've been craving more."  Bacioni!


Era passato davvero tanto tempo dall’ultima volta in cui ero andata al cimitero a trovare i miei genitori. Erano cambiate talmente tante cose.
L’ultima volta in cui mi ero seduta vicino le loro tombe, ero inconsapevole del fatto che non fossi la loro figlia naturale, non ero consapevole dell’esistenza dei vampiri, Jenna era ancora viva, la mia unica preoccupazione non era sfuggire a chi voleva usarmi come sacca di sangue per poter generare degli ibridi,dovevo crescere e pensare a riportare sulla retta via Jeremy; la scuola mi occupava quasi tutto il tempo, ma … non conoscevo Damon.
Come se fosse già stato scritto, ero poggiata ad una grigia lapide marmorea che aveva una temperatura davvero molto fredda, ma non me ne curavo affatto. Le lacrime avevano già trovato il loro posto sul mio viso, scendevano interminabili, un fiume che non voleva trovare una fine.
Piangevo per tutto ciò che avevo perso, piangevo perché non riuscivo ad immaginare più il mio futuro, sempre più incerto giorno dopo giorno.
Scrivevo sul mio diario, dopo tanto tempo: l’ultima pagina riempita dalla mia orrenda calligrafia risaliva a tre anni prima di quel pomeriggio arido a Mystic Falls. Non vi erano nuvole, né vento, né alcun accenno ad un temporale imminente. Il sole splendeva alto trasmettendo serenità, per chi, come me, ne aveva davvero un enorme bisogno. Non riuscivo più a pensare: il mio cervello era sempre più colmo di pensieri che erano tutt’altro che innocui.
Mi trovavo in un luogo che forse avrebbe dovuto ospitarmi tanto tempo prima, per tutte le innumerevoli volte in cui ero andata incontro alla morte, per tutte quelle volte in cui si era mostrata al mio cospetto presentandomi il conto e facendomi rivivere tutte le mie esperienze, sia belle che brutte. In quei momenti, il mio cuore voleva solo una persona accanto a me, ma la ragione me ne faceva chiamare un’altra.
Era passato un po’ di tempo da quando Stefan era ritornato con Klaus in città, da quando aveva spento la sua umanità. Le cicatrici del morso del vampiro mi bruciavano ancora a distanza di tempo solo al ricordo che lui, che era stato per me un punto di riferimento, aveva posato i suoi canini sul mio candido collo, succhiando con bramosia il mio sangue. Quell’immagine sembrava non voler più lasciare i miei ricordi, indelebile.
Era passato un po’ di tempo da quando capii che non amavo più Stefan. Che quell’amore che sembrava infinito era cessato, il mio cuore mi diceva che non lo desiderava più. Quest’ultimo mi suggeriva cosa fare, ma io lo ignoravo, consapevole del dolore che mi infliggevo e che si ampliava ogni giorno sempre di più.
Indecisa su cosa fare, per una volta diedi ascolto al muscolo che mi batteva in petto, andai via dal cimitero e mi incamminai verso la pensione dei Salvatore.
Sembrava un torrido pomeriggio estivo; la strada era rovente, l’aria sempre più umida e appiccicosa e dalla mia fronte scendevano delle piccole gocce di sudore che sembravano scivolare contente sulla mia pelle.
Quando vidi finalmente quella maestosa casa ritrovai la pace dei sensi pensando che avrei visto presto Damon.
Percorsi il vialetto di ghiaia e di sassolini, tutti con diverse forme bizzarre e colori che facevano contrasto l’uno con l’altro, feci un grande respiro e bussai alla porta di legno che qualche secondo dopo si aprì: con grande delusione, mi accolse il fratello sbagliato.
Stefan era in piedi davanti a me, mi fissava incredulo e con una certa luce negli occhi che interpretai come speranza. Provai un enorme dispiacere perché sapevo già come sarebbe andata la conversazione con quello che per due anni era stato il mio grande amore.
Mi salutò con un timido sorriso, mostrando solo i denti superiori, facendomi segno di entrare. Attraversai l’uscio e mi ritrovai nell’ambiente familiare e accogliente della pensione che per tre anni era stata per me una seconda casa. Mi accomodai su una delle poltrone, lasciando il mio giubbotto di pelle sul divano del grande salotto. La tensione era palpabile, non sapevo cosa fare. Stefan si mosse velocemente verso il camino, guardando il legno scoppiettare, si fermò per un minuto portandosi le mani alla testa e io lo fissavo, chiedendomi il perché di quel comportamento. Come se mi avesse letto nel pensiero, il vampiro si girò verso di me, guardandomi negli occhi e prendendo la parola.
-Ti starai chedendo se sono o non sono un folle. Beh, rispondo io. Non lo sono. Stavo pensando a tutta la faccenda di Klaus, ai paletti… ha vinto un’altra volta Elena. E’ finita: non può essere ucciso, ci ha messi con le spalle al muro. E’ frustrante. – Lessi la disperazione nel suo volto, ma capii che non era dovuta solo alla questione dell’originario. C’era qualcos’altro in Stefan, qualcosa che non riusciva a dargli la forza per continuare a combattere questo grande nemico. Purtroppo, sapevo bene di cosa si trattava.
- Ho sprecato tempo ed energie a odiarlo. – continuò il vampiro dagli occhi verdi – Ma è stato inutile, perché come ho già detto Elena, è finita. Punto, fine. Sono di nuovo al punto di partenza. –  
Cercai le parole giuste per poter consolare Stefan, che ormai aveva uno sguardo rassegnato.
-Non è vero. Sì, Klaus ti ha fatto passare l’inferno… Ma sei riuscito ad uscirne perché sei migliore di lui. – Dissi avanzando lentamente verso di lui.
Il suo sguardo si fece sempre più triste, quando dalla sua bocca uscirono delle parole che  fecero in modo che il senso di colpa si impossessasse di me.
- E cosa ho perso nel frattempo? – proseguì Stefan - Odiare Klaus era facile perché non pensavo a cosa succedesse intorno a me. Tutto quello che mi sono lasciato scappare. Ora devo farci i conti. –
Non sapevo più cosa dire, ero preoccupata per lui, ero amareggiata dal fatto che non avessi una parola o una frase che fosse sincera e che lo avrebbe potuto confortare.
-Stefan…- Mi interruppe istantaneamente.
- No, ammettilo. So che non me lo devi, ma ammettilo, almeno a me.-
Sapevo di cosa stesse parlando Stefan, ma ero codarda. Codarda di andare incontro alla verità, codarda nel poter dare una risposta. Non sapevo cosa mi tratteneva.
-Di cosa stai parlando Stefan? – Il vampiro sorrise amareggiato e si girò verso la mia direzione.
- Parlo del fatto che sei innamorata di Damon. –  Ero rimasta senza parole. La bocca asciutta. La gola, secca, bruciava.
-Stefan… -
Prese il mio volto tra le sue grandi mani mirando dritto nel mio sguardo. Mi sentii a disagio.
– Guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per lui.-
Il mio cuore batteva a mille semplicemente perché non potevo nascondere la verità. Non potevo nascondere di non provare dei sentimenti per suo fratello e non potevo restare ancora per lungo tempo in quella casa.
Sentivo la presenza di Damon al piano di sopra e il non poter stare con lui era straziante. Ma sapevo che il tempo ci sarebbe stato. In quel momento, dovevo solo rispondere ad una domanda.
Sinceramente.
La mia risposta fu tutt’altro che sincera.
-Io... io non so cosa provo. – Furono le uniche parole che riuscii a dire, presa dal panico per non ferire i sentimenti di Stefan, che capì tutto.
Anche se io non ero stata abbastanza coraggiosa da esternare i miei sentimenti, non ero difficile da capire. Soprattutto per lui. Avevamo condiviso per due anni dei bellissimi momenti, avevamo imparato a capirci, a conoscerci, a prevedere le nostre reazioni. Ma era arrivato il momento di mettere un grosso punto alla nostra relazione, sebbene lui soffrisse ancora tanto per tutto quello che era successo… e che, fondamentalmente, era successo per colpa sua.
Mi dispiaceva, ma non potevo più fare niente per Stefan.
 
Quando stavo per aprire la porta della grande pensione dei due fratelli vampiri, che avevano un legame indissolubile ma che ultimamente aveva vacillato per colpa mia, sentii una mano che mi afferrò la vita.
Il cuore iniziò la sua perpetua corsa e sentii ridacchiare Damon, che si avvicinava sempre di più al mio orecchio.
Mi sussurrò dolcemente – Dove credi di andare a quest’ora tutta sola? –
Il mio corpo era immobile, non riuscivo neanche a sbattere le ciglia. Ero tesa, conoscevo benissimo la ragione e cercavo di non dare a vedere l’enorme lotta che maturava sempre di più dentro il mio animo. Damon accarezzava sempre di più e sempre più pericolosamente il mio bacino e mi stringeva a sé.
Mi allontanai a malincuore dalle sue braccia e mi girai verso il suo volto: non appena i nostri sguardi si incrociarono, provai la sensazione di vuoto intorno a me stessa e pensai che la forza di gravità si trovasse nel corpo che tanto desideravo, quello di fronte a me… e quando parlai, la mia voce si spezzò.
-Vorrei andare a casa, se non le dispiace signor Salvatore. – Mi sorrise, ironico e prese il suo giubbotto di pelle.
-Ovviamente, non ti lascio andare da sola. –
-Beh, allora che dire… non posso di certo rifiutare di essere accompagnata.. – Gli sorrisi debolmente, cercando di non lasciare chiari i miei sentimenti. Mi sentivo una stupida.
Perché? Perché non gli urlavo i miei sentimenti e per quale motivo dovevo rendere tutto così difficile? Avrei potuto essere sua in quel momento, avrei potuto trovarmi nel suo letto, tra le sue braccia. Ma continuavo a seguire la ragione. Avevo paura di cosa avrebbero potuto pensare gli altri di me, che avevo scelto il vampiro cattivo e avevo lasciato quello buono a soffrire.

Ma la verità è che tutti camuffavano la verità, vedevano le cose in maniera sbagliata. Damon non era cattivo, al contrario, era una delle persone più belle che potessero esserci al mondo, ma, come me, non voleva esternare una delle cosa più giuste in lui.

Mi ritrovai nel sedile della mia confortevole macchina accanto a Damon in meno di cinque secondi.
Damon mise la chiave nel motore, che ruggì, e partì a tutta velocità. In ogni suo movimento, notavo la perfezione e capivo che non poteva esserci persona migliore lì per me. Ma quella non era la sera esatta per confessargli quello che provavo.
Quella sera avrei dovuto solo tornare a casa e riposare.
-Stasera hai perso la parola? – Chiese Damon, lasciandomi senza fiato.
La sua voce mi faceva sempre quell’effetto. Non c’era una volta in cui un suo gesto o una sua parola non avesse una conseguenza sulle mie emozioni.
- No. Bella maglietta.- Il vampiro rise.
- Come mai eri dalle nostre parti? Sei venuta per dire a Stefan che lo amavi ancora? – Si girò verso di me e provai una rabbia che sentivo crescere sempre di più. Alla fine capii che non dovevo essere arrabbiata con lui, che ormai non viveva più di speranze, ma dovevo essere in collera solo con me stessa, una persona stupida e orgogliosa incapace di ammettere dei sentimenti.
- Perché mi stai guardando così, Elena? –
- Non credi che se avessi detto a tuo fratello che l’amavo, non sarei stata qui a parlare con te stasera? –
Gli sorrisi dolcemente.
-Ma… è quello che provi Elena, cioè… Lo ami ancora? –
Nel momento in cui mi pose quella domanda, la mia macchina arrivò nel vialetto di casa mia. Damon frenò bruscamente e io sussultai. Non ero preparata a quella domanda e non ero pronta a mentire di nuovo.

Non ero pronta a mentire ancora, guardando negli occhi Damon.

Sentii gli occhi pungere, sapevo che stavo per abbandonarmi al pianto, ma non volevo crollare, volevo ancora essere in grado di poter regger la situazione.
-Io credo che sia meglio se ci vediamo domani Damon. Sarò di nuovo lì da te. –
Il suo sguardo si rattristò, strinse i pugni sul volante per qualche secondo, facendomi convincere del fatto che l’avrebbe sbriciolato. Poi però mollò la presa, la sua espressione, ormai arrabbiata, si fece più pacata e nel suo volto si leggeva solo un velo triste di amarezza. Si voltò verso di me e malgrado non volesse lasciarmi andare, lo fece.
-D’accordo Elena. Spero che trascorrerai una buona notte in mezzo agli unicorni e agli arcobaleni, sognando il tuo dolce e amato Stefan. -
La portiera della macchina si chiuse in un secondo, sbattendo con violenza e rimasi sola con i miei errori e con i miei sentimenti, che volevano evadere con tutte le loro forze, ma che non ci riuscivano, ostacolati da una cosa sola: il mio immenso orgoglio.

La porta di casa si chiuse alle mie spalle e mi abbandonai, pian piano, a un pianto devastante che mi logorava l’anima nel profondo.
Le lacrime solcavano le mie guancie. Ne asciugavo due, ne scendevano altre dieci. Non trovavano mai una fine, provavo un dolore indescrivibile.
Non ero mai stata così male. Stavolta era tutta colpa mia.
Non era colpa di Damon, di Klaus o di qualsiasi altra persona. L’artefice del mio dolore ero io e questa cosa mi faceva terribilmente male.
Quando esaurii le lacrime, ripromisi a me stessa che non mi sarei mai più procurata del male come quella sera e che finalmente avrei fatto sì che i miei sentimenti avessero la meglio. Mi ripromisi che l’indomani sarei andata a parlare con Damon.
Salii lentamente le scale e non appena misi il pigiama andai in bagno per rinfrescarmi e per poter dare al mio volto un aspetto migliore. Le mie occhiaie sembravano due lividi procurati da due forti pugni in piena faccia: l’unico pugno che avevo ricevuto, me l’ero auto inflitta .
L’acqua fredda mi diede sollievo e rigenerò un po’ la mia pelle bollente. Decisi di fare una doccia. Il getto potente mi massaggiò piano la nuca, dandomi un gran sollievo. Quando uscii dalla doccia, avvolta in un asciugamano, il mio cellulare squillò. Era mio fratello Jeremy.
-Ciao sorellina! Come stai? – Male, pensai dentro di me, ma non fu quella la risposta per mio fratello.
-Tutto bene Jer, tu invece? – Mentii.
-Abbastanza bene, gioco a baseball e ho conosciuto dei ragazzi davvero simpatici. –
-Sono dei tipi apposto, vero? –
-Certo sorellina. Adesso però devo andare, mi stanno chiamando per uscire. Ci sentiamo presto, ti voglio bene. –
- Non fare tardi! Ti voglio bene anche io. – Chiusi la telefonata con più tristezza di prima. Dovevo andare a prendere Jeremy, non era più al sicuro.
Spensi le luci del bagno muovendomi a passo felpato verso camera mia.
Non appena entrai, sussultai.
Damon era disteso sul mio letto, teneva tra le mani il mio pupazzo di peluche e ci giocherellava. Alzò gli occhi nella mia direzione e mi sorrise.
-Scusa per prima, avrei dovuto essere più gentile.- Non riuscivo a credere che si stesse scusando, perché avrei dovuto farlo io. Avevo talmente tante cose per la testa, avrei voluto dirgli talmente tante cose… la confusione era tanta che riuscii solo a porre una domanda.
-Che ci fai qui? –
-Pensavi che non mi sarei accertato che fossi arrivata a letto sana e salva prima di tornare a casa? Ti ho sentita piangere e allora ho deciso di salire a tenerti compagnia. Posso sapere il perché di tanto dolore? Cosa c’è che non va Elena? –
Mi guardò con infinita dolcezza, uno sguardo che mi trasmise parecchie emozioni. Era come se vedessi Damon per la prima volta, malgrado fossero trascorsi tre anni dal nostro primo incontro. Era la prima volta che avevo ammesso a me stessa cosa provavo per lui. Doveva saperlo, ne aveva tutto il diritto.
Mi avvicinai al letto e mi sdraiai di fianco a lui, che sembrava sempre più teso. Le sue mani trovarono le mie e allungai le mie labbra verso la sua morbida guancia, lasciandogli un piccolo bacio casto. Sentii il suo cuore morto cominciare a battere a mille e capii quanto davvero Damon fosse innamorato di me.
-Non è una cosa facile da dire Damon. Non credevo soprattutto che sarei mai arrivata a trovare il coraggio per dirti quello che sto per dire.- Mi fermai un attimo, sospirai e ricominciai a parlare. – Ma prima, devo rispondere a una tua domanda. –
Mi fissò, confuso, non capendo a cosa mi riferissi. Gli accarezzai una guancia, mostrandogli tutto l’affetto possibile, anche se avrei voluto trasmettergli molto di più.
-In macchina mi hai chiesto cosa ci facessi a casa tua. Mi hai chiesto…. Se amo ancora tuo fratello e non ti ho saputo dare una risposta in quel momento. Perché sono giorni, settimane… che sfuggo dalla verità. Non amo più tuo fratello da un po’. Me ne sono resa conto prima che Jeremy partisse per Denver, molto prima di allora. In queste settimane, ho ripensato a tutto quello che è successo, a tutto quello che ho passato…e ho capito davvero tante cose. Solo che non volevo ammetterlo, non volevo dire ad alta voce la verità, per paura. Ho capito che non posso stare male ancora e che non posso far star male anche te per una mia paura. – Mi fermai per vedere la sua reazione.
Vidi uno sguardo più acceso, che stava sperando in qualcosa ma che cercava di non illudersi per non essere nuovamente distrutto. Quella volta non avrei recato dolore a Damon, non l’avrei mai più fatto.
- Elena, qual è questa verità? –
Quell’istante, in cui finalmente i miei sentimenti si esternarono e in cui ritrovai la pace per aver fatto capire a Damon e anche alla mia me stessa testarda cosa provassi, fu magico. Talmente magico da desiderare di prolungarlo all’infinito.
-Ti amo. Damon, ti amo. – I miei occhi si riempirono di lacrime. – Non sai da quanto tempo volevo dirtelo. Non sai quanto ti desidero. Amo tutto di te: il tuo sorriso, i tuoi capelli, il tuo modo di fare, il tuo farmi sentire così preziosa pur non essendolo affatto. Ti amo Damon. –
Era rimasto immobile. I suoi occhi erano lucidi. Si alzò di scatto dal letto, immobile davanti alla finestra di camera mia, fissava il vuoto. Seguii il suo movimento. Ci ritrovammo vicini, l’uno di fronte l’altro. Il suo sguardo era colmo di felicità e d’amore.
Posò le sue grandi e morbide mani sulle mie guance con un gesto che poteva essere definito il più dolce e commovente al mondo. Sorrise.
-Non sai da quanto tempo aspetto questo momento. –
Mi attirò a se e le nostre labbra si incontrarono. Fu un bacio inizialmente casto, le nostre labbra si muovevano in sincronia e le nostre lingue si trovarono dopo pochi secondi. La passione ardeva sempre di più ad ogni bacio e ci ritrovammo nuovamente stesi sul letto, corpo contro corpo, sospirando affannosamente.
Damon mi guardò dritto negli occhi. – Ti amo anche io, Elena. Ti ho sempre amata. –
-Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare.- Cominciai a piangere un'altra volta, ma Damon mi abbracciò.
- Non piangere, mia piccola Elena, ci sono io con te.  Non preoccuparti,non hai fatto niente.- Mi guardò con tutto l’amore che provava e disse – ma sappi che non ti lascio andare. Mai più. Ora che sei mia non tornerai mai più indietro.–
Gli sorrisi, tra le lacrime. Non doveva farlo. Non avrebbe mai dovuto lasciarmi andare.
-Non farlo mai, perché non saprei cosa fare senza te. Non voglio tornare indietro perché è questo ciò che voglio realmente. Per sempre.-
Mi guardò intensamente, capendo a cosa alludessi e mi abbracciò forte, un abbraccio di quelli che lasciano senza fiato.
- Ti amo.-
-Ti amo. –
Le nostre labbra si incontrarono di nuovo e i nostri corpi si liberarono dei vestiti, entrando in contatto tra loro, sotto le coperte del mio letto, in un momento che fu magico.
Ci addormentammo dopo esserci amati più volte ed ebbi la sensazione di intravedere un’eternità colma di felicità.
Tutto l’amore che provavamo l’uno per l’altro era presente in un solo gesto.
  
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