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Autore: Akemi_Kaires    30/04/2012    9 recensioni
{Dragonshipping; Lance/Sandra}
Le persone si ritrovano spesso a sognare un futuro alternativo a quello con cui si sono scontrati. Alla costante ricerca di un modo per sfuggire al dolore e alla sofferenza, trovano rifugio e conforto nelle proprie fantasie, senza rendersi conto di quanto possa essere rischioso immergervisi dentro troppe volte.
Distinguere realtà e sogno è fin troppo complicato. Perché spesso, quando ci si rende conto di essere stati illusi, non si può evitare di sprofondare nel baratro del dolore. E, a quel punto, riemergere e tornare nel mondo reale è quasi impossibile.
Terza Classificata al Contest "I Messaggi dei Sogni" indetto da Hana Angel su EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Soul’s Fragments

Soul’s Fragments

 

L’alba sorse sulla placida e ancora sonnecchiante cittadina di Ebanopoli, delineando ombre e irrorando con la sua tenue luce tutto ciò che carezzava. Una fresca e pungente aria aleggiava lungo le vie del piccolo borgo, trasportando con sé l’avvenire di un nuovo giorno.

Raggi tremolanti e pallidi penetrarono tra le persiane, sfiorando il pallido volto di Sandra per strapparla dalle braccia del Dio Morfeo. La giovane Capopalestra sbadigliò, ancora intorpidita dal lungo sonno dal quale era stata brutalmente strappata, sfregandosi gli occhi con il dorso della mano.

A malavoglia, si mise seduta sul letto, avvolgendosi in una coperta di plaid per ripararsi dalla prepotente e gelida brezza che spirava dalla finestra. Per la Domadraghi era arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e affrontare una nuova giornata di lavoro, ove la attendevano numerose missioni e altrettante imprese per preservare la pace nella sua patria.

Sospirò, avviandosi a piedi nudi verso un piccolo armadio, pronta ad estrarre da esso e indossare la sua amata divisa da allenamento. Sebbene non fosse ancora scoccata l’ora del risveglio per tutti i suoi compaesani, era suo dovere essere sempre pronta per l’evenienza, disponibile in caso di una qualsiasi e imprevista necessità. Se desiderava essere alla stregua dei suoi predecessori e diventare una vera e propria guida per il suo popolo, doveva cominciare ad atteggiarsi in modo responsabile nei confronti degli abitanti.

Passandosi le dita nei lunghi capelli color cielo, nel vano tentativo di riordinarli prima di spazzolarli, spalancò le ante, pronta ad immergersi in quella piccola foresta d’abiti per cercare la sua veste preferita.

Mentre frugava alla cieca, volse lo sguardo in direzione dell’orologio. Sobbalzò leggermente, stupita e sconcertata, non appena notò con orrore che le lancette puntavano precisamente le otto del mattino. Da quando in qua soleva svegliarsi ad un così tardo orario? Non si sarebbe affatto risparmiata un bel rimprovero da parte del Nonno riguardo alla sua incresciosa negligenza.

- Cominciamo bene! – sbottò la giovane tra sé e sé, inveendo mentalmente, furente e alquanto irritata. Digrignò i denti, percependo la rabbia ribollire incontrollata nel suo corpo, non appena si rese conto di non riuscire a trovare la sua tuta all’interno del mobile.

Eppure era certa di averlo riposto lì dentro con cura, la sera precedente, assieme al suo amato mantello. Dove poteva essere mai finito, allora?

Con stizza, afferrò una gruccia a caso, per poi guardare con ribrezzo e disgusto ciò che vi era appeso. Si trattava di una lunga veste azzurra, orlata da pizzi blu e decorata con fiocchi e frivolezze di vario genere. Scrutò quell’abito con estremo scetticismo, chiedendosi quando mai aveva avuto la pessima idea di comprare qualcosa di così orribile. Capi di quel genere non le si addicevano per nulla, né avrebbe mai avuto occasione di indossarli.

Perché mai aveva sperperato in così malo modo i suoi soldi?

Solo nell’istante in cui si voltò per guardare ove aveva abbandonato la sua divisa, si accorse di trovarsi in un luogo totalmente differente da camera sua. Barcollò, in preda alla confusione, non appena valutò di essersi risvegliata in un letto che non le apparteneva.

Si poggiò una mano sulla fronte, sbuffando, mentre ricercava disperatamente un ricordo, un frammento del passato, in grado di dirle come fosse giunta in quel posto strano. Non aveva idea di chi avesse potuto condurla lì, in una casa che non conosceva, e nemmeno il motivo per il quale aveva accettato di dormire in quella stanza.

Osservando ciò che la circondava, cercò un segno, un piccolo indizio in grado di suggerirle l’identità della persona misteriosa che l’aveva trascinata in quel posto. Frugò dentro i cassetti del comodino, trovandovi con estremo stupore tutti i suoi oggetti personali e più cari.

Come diavolo c’erano finiti? E chi aveva osato portarceli senza il suo consenso?

Ma soprattutto, che cosa era successo durante quella notte? Perché non aveva alcuna memoria a riguardo?

Spaventata, corse verso la porta, pronta a scappare al più presto possibile da quel posto maledetto. Si sarebbe rintanata in un angolo buio della Tana del Drago, in attesa che il freddo la consumasse e la punisse per la sua ingenuità. Imprecando mentalmente, non fece altro che insultarsi per la sua irresponsabilità.

Come poteva pensare di garantire l’incolumità dei suoi cari, se non era in grado neppure di proteggere se stessa?

Sprofondò nella vergogna, immaginandosi che cosa poteva essere accaduto durante quel periodo d’incoscienza. Le venne un conato di vomito, mentre immagini violente si stagliavano nella sua mente. Dovette concedersi un attimo per respirare, per ricercare pace interiore e per riacquistare lucidità.

Non aveva davvero ceduto al peccato, essendo orgogliosa e forte d’animo. Non era andata affatto così, la realtà non poteva corrispondere a ciò che aveva appena osato immaginare. O almeno, era ciò di cui cercava di convincersi incessantemente.

Il filo dei suoi pensieri fu brutalmente tagliato da un rumore sordo, come un bussare lieve, proveniente dalla porta. La ragazza si appiattì contro il muro, impaurita come mai l’era stata prima d’ora, mettendosi in posizione di difesa. Chiunque egli fosse, avrebbe affrontato il suo “rapitore”, nonostante il profondo terrore che aveva pervaso con tremiti il suo corpo.

Ma, non appena l’uomo misterioso fece il suo ingresso, la stanza fu pervasa da un dolce aroma alquanto invitante. Il cuore della giovane si quietò, rasserenato dalla vista di quella persona conosciuta e amata.

- Buongiorno, San – esordì Lance, esibendo un sorriso raggiante, mentre tra le sue mani reggeva un vassoio ricolmo di leccornie e prelibatezze. – Ti ho portato la colazione.

Sandra indugiò un attimo, prima di avvicinarsi verso il cugino e cedere alla tentazione di mettere nello stomaco qualcosa in grado di saziare la fame. Afferrò con decisione una brioche farcita alla crema, sbarrando gli occhi però non appena notò qualcosa luccicare sul suo anulare.

Sbatté più volte le palpebre, non appena constatò che si trattava effettivamente di una fede nuziale. La studiò con attenzione, incuriosendo il ragazzo al suo fianco, chiedendosi come mai la portasse nonostante non fosse sposata.

- Qualcosa non va? – domandò il giovane, indagando sull’espressione stranita e insolita che era comparsa sul volto della cugina. Protese una mano verso il suo volto diafano, carezzandole dolcemente una guancia con le dita. – Non ti piace quello che ho preparato?

Fu nel momento in cui scorse con la coda dell’occhio un anello identico al suo alla mano di Lance che comprese immediatamente la realtà dei fatti. Tutto le fu immediatamente più chiaro e cristallino, senza necessitare di alcuna conferma: loro erano sposati.

Non possedeva alcuna prova per accertarsi della veridicità dell’ipotesi, neppure un ricordo legato a una fatiscente cerimonia o a una relazione amorosa fra loro. Eppure era certa che la realtà corrispondesse a ciò che aveva immaginato. In qualche modo si erano ritrovati entrambi a giurarsi fedeltà per l’eternità, nonostante il loro legame di sangue.

- Non male – rispose allora, entusiasta come non mai, addentando con gusto la sua dolce merendina. – A differenza delle altre volte, oggi ti sei impegnato. Ti meriti un sette pieno.

- Solo?! – esclamò sbalordito e sconcertato lui, sbarrando gli occhi e suscitando una risatina da parte della sua consorte. – Merito molto di più!

Finalmente, dopo tante peripezie, il desiderio di Sandra era divenuto realtà. Aveva trascorso innumerevoli anni all’ombra del potente Campione, seguendolo e pedinandolo con la scusante del desiderio di emularlo e sconfiggerlo, assieme alla vana speranza che egli si voltasse e la notasse.

Quello strano sentimento che la legava a quel giovane, in principio manifestatosi sotto forma d’invidia cieca e di rivalità costante, era pian piano sbocciato in qualcosa di più grande e puro, inizialmente incomprensibile perfino alla Domadraghi stessa.

Aveva temuto e odiato al contempo quell’affetto più che fraterno che aveva cominciato a nutrire nei confronti del suo borioso cugino, poiché peccaminoso ed empio. Era immorale ciò che provava segretamente per lui, ingiusto. Se avesse osato solamente farne parola con i suoi famigliari, l’avrebbero sicuramente ripudiata e deposta dal suo ruolo.

Non poteva rischiare di vanificare ogni suo sforzo e altrettante fatiche per quell’invisibile ma grande errore. Tradire le aspettative dei suoi parenti era la cosa peggiore che potesse mai fare, infrangendo il loro concetto di tradizione e onore. Non desiderava affatto essere motivo di vergogna per i suoi genitori.

Nonostante questi precedenti timori, in quel momento tutto pareva essersi risolto per il meglio, come in un dolce sogno. Poteva ritenersi finalmente soddisfatta, in pace con il suo animo.

Consumò la sua colazione al fianco del suo amato, ridacchiando e scherzando mentre discorrevano come una vera famiglia felice. Tutti quei momenti così genuini e veri non facevano altro che accrescere la sua gioia già immensa.

Da quanto tempo desiderava vivere come una persona comune, senza il terrore di dover accontentare il volere altrui o rispettare il codice d’onore della sua leggendaria famiglia di Maestri Drago? Ora poteva finalmente liberarsi da quei gioghi, gettandoli lontano e abbandonando definitivamente le sue paure.

Dopo tanto e paziente attendere, Sandra si sentiva felice. Sorrideva, come mai non aveva osato fare quando indossava quella maschera costituita da mero orgoglio e insana superbia, e si sentiva leggera come l’aria, libera da ogni peso.

In quella stanza, assieme al suo compagno, il tempo pareva essersi fermato. Continuavano a parlare senza neppure stancarsi, senza sentire il bisogno di allontanarsi un attimo o di lasciarsi cullare dal silenzio. Agli occhi dei loro compaesani, sicuramente sarebbero apparsi così diversi rispetto all’austero Campione e alla Capopalestra dittatrice con cui avevano solitamente a che fare.

Non appena tastò la superficie metallica del vassoio, notando che non vi era più nulla al suo interno, Lance si chinò sulla moglie per stamparle un affettuoso e lieve bacio sulle labbra.

- Derek e Vivian si sveglieranno a momenti – sussurrò con voce mielata il giovane, guardandola con estrema dolcezza, mentre si dirigeva verso l’uscita della stanza. – Tu fai pure con calma! Li andrò a prendere io e ti aspetterò in cucina.

La Domadraghi restò senza fiato, accasciandosi tra le coltri morbide del suo letto e fissando estasiata il soffitto, mentre tastava con incredulità la bocca sulla quale poco prima si era posata quella di Lance.

Sospesa tra molteplici e bellissime sensazioni, chiuse gli occhi, trattenendo a stento un urlo di gioia.

Se quello era effettivamente un sogno, nessuno doveva osare svegliarla.

 

Scese goffamente le scale, cercando di non inciampare nella gonna del lungo abito blu che si trovava indosso. Si sentiva così impacciata, in vesti che non sentiva sue, eppure era sicura che fino ad allora non aveva fatto altro che indossarle in ogni occasione. Era come se, col matrimonio, quei capi avessero rimpiazzato la sua amata divisa da Domadraghi.

Se il prezzo di quella pura felicità era il trascorrere il resto dei suoi giorni con addosso gonne e lunghi capi, allora poteva affermare con certezza e senza alcuna esitazione di essere disposta a sopportare ciò.

Fece il suo ingresso nella cucina di casa sua, sgranando gli occhi ed esibendo un sorriso entusiasta non appena scorse una grande carrozzina giacere al fianco di suo marito. Là dentro vi erano i suoi amati bambini, di questo ne era assolutamente sicura.

Derek e Vivian sonnecchiavano placidamente, cullati dal silenzio che aleggiava in quella stanza e dalla presenza benefica dei loro genitori.

Estasiata e commossa, ma al contempo incredula e stupita, Sandra si chinò su di loro, guardandoli con amore e carezzando con delicatezza le loro guance morbide.

Erano così belli, quei piccoli infanti, ma soprattutto erano suoi. Anzi, erano il frutto dell’amore tra lei e Lance; questo non faceva altro che renderli ancor più speciali di quanto già non fossero.

Somigliavano tanto a loro, sebbene i tratti somatici non fossero ben distinguibili, data la loro giovanissima età. Il suo istinto materno, tuttavia, le suggeriva che da grandi sarebbero diventati bellissimi come il padre. E magari anche come lei che, da brava orgogliosa qual era, si definiva di bell’aspetto.

Si voltò leggermente verso il Campione, guardandolo con occhi velati di lacrime manifestanti la sua pura felicità. Era rimasta a dir poco spiazzata da quel fantastico quadretto famigliare nel quale si sentiva parte integrante: aveva fatto il suo ingresso in un mondo perfetto, corrispondente esattamente ai suoi sogni, ove era amata per com’era e non per il suo ruolo.

Cercando di non sballottarli e svegliarli, afferrò i gemelli, per poi sedere accanto al ragazzo e coccolarli come solo una mamma e un papà sapevano fare. L’atmosfera che aleggiava era un giusto equilibrio tra amore e gioia, ove stranamente lei si sentiva a proprio agio.

Solitamente la Domadraghi odiava le sdolcinatezze e i momenti troppo romantici e smielati. Li reputava ributtanti e impossibili da sopportare.

Eppure, in quel momento, non sognava altro che poter restare per sempre lì, sospesa in quel paradiso, con i suoi figli tra le braccia e al fianco dell’amato marito.

Una goccia salata solcò il suo viso, in manifestazione della pura felicità alla quale era soggetta. Finalmente, dopo tanto incessante e spossante combattere, aveva vinto la sua battaglia personale. Non esisteva altro in grado di poterle donare la stessa contentezza di quel semplice istante.

Baciò la fronte dei due bambini con affetto, stringendoli contro il suo petto per poi chiudere leggermente gli occhi per ascoltare il lieve battito dei loro cuori in sintonia col suo.

 

Sandra gridò, facendo improvvisamente ritorno nella cruda e amara realtà. Respirando a fatica, mentre inspirava a pieni polmoni per permettere all’aria pura di risanare le ferite del suo animo, si guardò attorno, attonita e incredula.

Ad attenderla, in quella stanza, solo le tenebre e la solitudine.

Infinita malinconia prese possesso del suo cuore, non appena constatò di trovarsi nuovamente nella sua vecchia, malconcia e spartana camera da letto. Si poggiò una mano sulla fronte madida di sudore, sorridendo sarcasticamente e tristemente, schernendosi per l’ingenuità con cui aveva reputato veritiero quel magnifico sogno che aveva appena vissuto.

Come aveva potuto credere che le sue fatiche e i suoi sacrifici l’avessero davvero condotta ad un futuro così roseo e stupendo? Come aveva potuto essere così sciocca da pensare una cosa del genere?

Il silenzio regnava sovrano nella casa. Non vi era alcun aroma di dolci a darle il buongiorno, o una persona amata pronta a portarle la colazione in camera e scoccarle un bacio sulle labbra.

Si accasciò nuovamente sul letto, sospirando con fare rassegnato, mentre ripensava a quanto erano state belle e travolgenti le emozioni delle quali aveva appena goduto. Un nodo si formò nella sua gola, minacciando di soffocarla brutalmente, non appena nei suoi ricordi si stagliò l’immagine sfocata e distorta di quei bei momenti di gaudio assoluto.

La certezza che quelle fantasie non si sarebbero tramutate in realtà le ghermiva il cuore con artigli oscuri, costringendola ad abbandonarsi ad un gemito di puro dolore. Era stata ingannata dai suoi stessi desideri, confusa da un mero frutto della sua immaginazione.

Dopotutto, non avrebbe dovuto intuire sin da subito la realtà dei fatti?

Sandra si arrese all’evidenza: i suoi sogni d’amore non sarebbero mai stati coronati, tantomeno quelli peccaminosi e immorali riguardanti Lance.

Singhiozzò, passandosi una mano tra i capelli color cielo, pensando a quanto l’amore potesse essere ingannevole e fonte di agonia. Le era concesso di poterlo ammirare da lontano, di godere della gioia altrui come spettatore indiretto, ma non di viverlo come tanto bramava.

La sua famiglia non avrebbe mai tollerato un sentimento simile, specie da parte sua. Essendo discendente di un’antica stirpe di guerrieri legati in modo quasi maniacale alla tradizione, sapeva che non le avrebbero mai perdonato un peccato simile. Non c’era nulla di peggio di infangare il proprio onore di Domadraghi in quel modo, infrangendo il proprio codice d’onore e deludendo le aspettative altrui.

Se voleva davvero preservare lei e il suo amato dal vanificare sforzi e fatiche, doveva assolutamente tener per sempre suo tale segreto. Non poteva tradire il suo amore, sebbene quel forzato silenzio le corrodesse l’anima. Ma non avrebbe ceduto alla tentazione di confessare ogni cosa, ne era certa, perché amava troppo quel giovane borioso dai capelli rossi da non potersi permettere di rovinare la sua vita e la sua fama. Aveva realizzato tante cose nella sua vita, raggiunto numerosi traguardi: sgretolare tutto ciò che aveva costruito nel tempo sarebbe stata la peggior cosa che potesse fargli.

Si sarebbe limitata ad osservarlo da lontano, a godere del suo affetto fraterno e farselo bastare, e a crogiolarsi nell’idea che solo in quel modo avrebbe potuto amarlo veramente.

Una lacrima sgorgò dai suoi occhi lucidi, solcandole il viso e trasportando con sé il dolore di quel fugace e illusorio sogno nel quale era stata veramente felice.

La goccia precipitò a terra, infrangendosi al suolo, annunciando l’inizio di una nuova e dolorosa giornata.

 

 

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Non reputo i personaggi OOC. Anche perchè non mi limito mai solamente ad osservarli e a limitarmi a descriverli come sono nel testo. Voglio che si comportino come persone umane, che abbiano sentimenti ed emozioni.

Ho amato descrivere i cambiamenti d'umore di Sandra, a mio parere una ragazza da un carattere profondo e dall'animo passionale. Mi è spiaciuto renderla una disgraziata, ma nel manga afferma di non essere affatto contenta della sua famiglia, così tanto tradizionalista da influenzare lei e le sue scelte. Eh, beh, ritengo che qualsiasi donna, al suo posto, si sarebbe comportata come ha fatto nel sogno.

Ho lasciato trasparire qualcosa del suo carattere orgoglioso ma fragile, riservato ma amichevole, forse un pochino superbo.

Il tema della goccia l'ho voluto associare a quello della lacrima, ma anche a quello del principio e della fine. Ho riflettuto a lungo, e su quest'ultimo pensiero avevo fatto affidamento al detto "Dopotutto il mare nasce da una goccia". Ed io ho pensato ad un giorno che inizia con una lacrima. Poi ho voluto anche rendere la goccia non solo espressione derivante del dolore, ma anche della commozione. E, sinceramente, mi è piaciuto agire in questo modo.

Detto questo, devo solo sperare che sia di gradimento a tutti voi. E del terzo posto sono più che soddisfatta.

  
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