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Autore: JosephineGreen    30/04/2012    0 recensioni
Mi sono sempre chiesta come facesse a nascere un gruppo. Stavolta, invece di domandarmelo, ho deciso di crearlo io stessa :)
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le ragazze passarono i tre giorni seguenti a cercare di mettere su un testo decente, ma tutto ciò che ne fuoriuscì furono belle frasi che, messe insieme, formavano tutt’altro che un discorso compiuto.
-Aaah, fanculo!- esclamò una sera Charlie. Erano passati quattro giorni dal loro ultimo incontro con Stevenson. Erano tutte e tre nel salotto dell’appartamente di Maddie e Candy, sedute a terra, sperando che quella posizione potesse dare loro l’ispirazione necessaria.
Maddie accartocciò l’ennesimo foglio, facendo canestro nel cestino.
-Io l’avevo detto che era impossibile.- sussurrò mentre si accendeva una sigaretta.
-Ti prego, non fumare in casa, lo sai che mi da fastidio!- esclamò Candy stravolta.
La ragazza non la considerò nemmeno, era completamente avvolta nei suoi pensieri.
Era un’occasione troppo grande per essere sprecata: doveva scrivere un testo decente, e doveva farlo al più presto. Almeno uno. Ma in quell’atmosfera tesa e nervosa non ce l’avrebbe mai fatta. Si alzò e senza dire una parola prese il giacchetto di jeans e uscì, lasciando le due amiche a discutere su qualcosa che nemmeno aveva sentito. Scese le scale, e si infilò velocemente dietro il bancone, afferrando il blocco per le ordinazioni e una penna mangiucchiata all’estremità, ma prima che potesse uscirne, John si contrappose tra lei e il piccolo spiraglio dal quale ormai passava a fatica per via della pancia.
-Lo sai che non voglio che fumi nel bar!-
Maddie lo guardò stupita, facendo un cenno ad un ragazzo che avrà avuto si e no diciassette anni che si sistemava una dose di coca con il tesserino scolastico della mensa.
-Quello è un coglione, tu no, lo sai che non voglio.-
-Johnny calmati, sto uscendo! E poi tu ci fumi sempre dentro al bar, sei veramente un ipocrita del cazzo!-
-Io sono il proprietario e faccio quel che voglio! Ora esci, e smettila di imprecare come uno scaricatore di porto!-
La ragazza si avviò saltellando verso l’uscita. Prima di varcare la soglia però, sempre con la sigaretta sulla labbra si voltò, facendo un accenno a John col blocchetto.
-A buon rendere!- gli gridò, per poi correre fuori, nella calda aria serale.
L’uomo le urlò qualcosa contro che però non scoprì mai, e che mai gli importò di scoprire.
Si incamminò per raggiungere la strada principale del quartiere. Sarebbe potuta andare sul pontile, o in centro, lì c’era sempre pieno di gente, ma non della gente che voleva lei: non gli importava di liceali che portano le proprie ragazza a cena fuori solo per potersi infilare nelle loro mutande poche ore dopo, e nemmeno delle famigliole felici che giocano al firo a segno. Non ci aveva mai creduto nelle famiglie felici, forse perchè la sua non lo era mai stata: sua madre si era divorziata da suo padre quando lei aveva soltanto 3 anni, e dopo aveva fatto un’altro bambino con un altro uomo. Il nuovo compagno di sua madre era un brav’uomo, anche se troppo più grande di lei, e Maddie le era molto affezzionata, quindi fu un altro duro colpo quando sua madre lasciò anche lui.
Sua madre era proprio un tipo da pontile... altro motivo per non andarvi. Raggiunse un bar malmesso, un po come il Black ship, e decise di entrarvi. Era molto piccolo, e, dall’espressione che aveva messo su il barista, sembrava che lì non fosse mai entrata una ragazza.
Maddie si sedette al bancone guardandosi intorno. C’erano soltanto tre tavoli: uno era occupato da anziani che giocavano a carte, e gli altri due da un gruppetto di ragazzi dall’espressione non molto sveglia che parlavano sotto voce tra di loro. Quel posto era quasi inquietante.
-Cosa ti porto tesoro?-
-Un po di ispirazione, magari.-
-Mi dispiace dolcezza, abbiamo soltanto super alcolici.-
-E non è esattamente ciò che ti ho chesto?- sorrise la ragazza.
Il barista sorrise a sua volta. Nonostante non sembrava superare la trentina, gli rimanevano ben pochi capelli. Da adolescente non doveva esser stato un brutto ragazzo, ma adesso l’unica sensazione che poteva suscitare era un po’ di compassione.
-Posso sentirmi libero di portarti ciò che voglio?- le chiese il barista ammiccando.
-Puoi sentirti libero di portarmi del un gin tonic.-
-Perchè, ti senti..-
-No, non mi sento affatto supersonic, e comunque, amico, questa battuta era in voga negli anni novanta, cerca di aggiornare il repertorio.-
L’uomo si irrigidì all’istante, cominciando a trafficare con le bottiglie senza dire una parola. Maddie continuò a guardarsi intorno, aspettando il suo drink. Arrivò.
E poi ne arrivò un altro.
E un altro ancora.
Dopo il terzo la ragazza cominciò a vederci sfuocato, tanto da non distinguere bene il barista dal mobile che conteneva le bottiglie dietro di lui.
-Forse è meglio se non bevi altro.-
-Hey, io ti pago, tu mi servi!- sbiascicò offesa Maddie.
-Sei a piedi?-
Lei annuì sorridente.
-E non hai un ragazzo che ti possa venire a prendere?-
La ragazza divenne seria all’istante.
-Scusa, sono un idiota, se tu avessi un ragazzo non saresti qui a bere come una spugna...-
-Hai finito?-
-Scusa... Ti ha lasciato?-
-Cosa ti fa pensare che ne voglia parlare con te?-
-Sei mezza ubriaca e il locale è ormai vuoto, quindi non hai molte possibilià: o me o nessuno.-
Maddie si voltò per constatare che il bar era davvero vuoto. Guardò l’orologio: l’una. Questo significava che era lì da circa tre ore. Ma com’era possibile che avesse bevuto, in silenzio, per tre ore soltanto tre drink?!
-Non ho mai bevuto così lentamente...-
-Quando ci sono molte cose a cui pensare quando non si fa caso allo scorrere del tempo.-
-Sei un barista o un professore di lettere a Yale?-
-Decisamente un barista.-
-E allora dammi un altro gin tonic.. Giuro che è l’ultimo!- aggiunse ridendo alla fine, notando l’espressione di rimprovero dell’uomo.
-E tu cosa sei?-
-Cosa?-
-Intendo, che lavoro fai?-
-Oh, io suono, cioè, diciamo che mi diverto suonando. Non ci guadagno niente.-
-E come li guadagni i soldi?-
-Pulisco il bar sotto casa mia.- sbuffò la ragazza. Odiava tutto ciò che riguardasse mettere ordine, rammendare, spolverare: era completamente a suo agio nel caos della sua camera.
-Beh, allora i nostri lavori non sono poi tanto diversi! Che cosa suoni?-
-La chitarra.-
-E sei brava?-
Maddie alzò le spalle. Il quarto e ultimo gin tonic era pronto. Lo prese in mano e ne bevve metà in un solo sorso, storgendo la bocca: troppo gin e poco tonic. Ma in fondo, non importava più.
-Dovresti andarci piano.-
-Me ne vado.-
-Prima devi finire il drink, e soprattutto pagarmi.-
Maddie butto una banconota da venti dollari sul bancone.
-Bastano?-
-Precisamente quanto mi dovevi, ma il bicchiere devi lasciarmelo.-
La ragazza era già sulla soglia della porta e lo guardava con un’espressione non troppo sveglia.
-Te lo riporto domani, te lo giuro!-
Il barista la guardò sorridente, scuotendo la testa.
-Puoi tenerlo, non moriremo senza un bicchiere.-
-Grazie amico barista, non ti dimenticherò mai!-
-Questa è una bugia.-
E lo era, infatti quando, arrivata a casa, posò il bicchere sul tavolo, si chese come lo aveva ottenuto. Andò sul terrazzo per fumare, e, sedendosi sulle mattonelle scure, le scivolò dalla tasca il blocchetto che aveva rubato qualche ora prima giù da John. Sorrise vedendolo: sapeva cosa doveva fare.
 
La mattina dopo, Candy si spaventò terribilmente nel trovare il letto della coinquilina vuoto, ma lo spavento fu anche maggiore quando la trovò sdraiata in terra sul terrazzo senza segni di vita: ovviamente stava solo dormendo, ma si sa, quando una donna è presa dall’ansia, tende a vedere le cose peggiori. La svegliò, invitandola ad andare a dormire nel letto, sicuramente più comodo, e, mentre l’aiutava ad alzarsi, trovò per terra un blocchetto con scritte delle parole con una calligrafia incerta e tremante.
We used to play in the park
 Shining lights of black, dark car,
 Closed into our secret world
 There’s no key to get in no more,
 there’s no chance to get in no more”
  
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