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Autore: Phoenixstein    01/05/2012    7 recensioni
KURTOFSKY WEEK - DAY THREE: Kurtofsky as kids
Kurt modellò meglio la forma con le manine, lisciando la parete del castello. Era una bella domenica d’estate e aveva pregato suo padre perché andassero al parco. Arrivati lì, Kurt era scappato immediatamente al box della sabbia. Voleva costruire un castello da fiaba! Si era messo subito in ginocchio e aveva svuotato la sua bottiglietta d’acqua sulla sabbia per renderla più malleabile, cosa che aveva imparato dopo numerosi tentativi falliti altre volte. E dopo un meticoloso e lungo lavoro con le ginocchia sprofondate là dentro, finalmente il suo castello era sorto. Certo, forse non era perfetto, ma era realizzato con un certo gusto estetico, c’erano perfino un paio di torri!
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kurtofsky Week. YAY!'
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Prima di cominciare, un ringraziamento di vero cuore a Cecilia <3 che mi ha suggerito il prompt :3

Sarei stata persa senza di lei, dato che per questo giorno non avevo uno straccio di idea! Lol

 

Day Three – Kurtofsky as kids

 

 

 

 

 

 

“Per favore, non piangere.”

 

 

 

Kurt modellò meglio la forma con le manine, lisciando la parete del castello. Era una bella domenica d’estate e aveva pregato suo padre perché andassero al parco. Arrivati lì, Kurt era scappato immediatamente al box della sabbia. Voleva costruire un castello da fiaba! Si era messo subito in ginocchio e aveva svuotato la sua bottiglietta d’acqua sulla sabbia per renderla più malleabile, cosa che aveva imparato dopo numerosi tentativi falliti altre volte. E dopo un meticoloso e lungo lavoro con le ginocchia sprofondate là dentro, finalmente il suo castello era sorto. Certo, forse non era perfetto, ma era realizzato con un certo gusto estetico, c’erano perfino un paio di torri!

–Hop, hop, cavaliere! – cantilenò mimando con le dita un ometto a cavallo che giungeva ai piedi del castello per salvare la principessa. Kurt era così soddisfatto della sua opera, col cuoricino tutto gonfio d’orgoglio perché per la prima volta la sabbia non si era afflosciata in una massa informe. All’improvviso degli schiamazzi lo distolsero dal punto della storia in cui la principessa doveva calare la lunga treccia dalla torre del castello. Erano arrivati un paio di ragazzini della sua età e urlavano come ossessi correndo dietro a una palla. Kurt li guardò un attimo prima di tornare al suo gioco di fantasia; venivano spesso lì e sapeva i loro nomi perché le rispettive mamme ogni tanto li rimproveravano per frenarne la vivacità… Dave e Azimio.

Non prestò loro molta attenzione, almeno finché non sentì Azimio sghignazzare: –Guarda, c’è la femminuccia!

Alzò lo sguardo e vide che l’altro, Dave, lo stava guardando… Ma non sembrava che stesse per prenderlo in giro, almeno. Kurt non volle dar retta alle stupide chiacchiere del bambino dalla pelle di cioccolato, così tornò al suo castello, dando loro le spalle. Proprio per questo non si accorse che Azimio bisbigliava qualcosa nell’orecchio di Dave. –Vai lì e distruggigli il castello.

–Ma perché devo andarci io? – sbuffò il ragazzino, non del tutto convinto che quella fosse una buona idea.

–Ti regalo il mio robot Nautikon se lo fai! – aggiunse Azimio, dandogli di gomito.

Dave, dal basso dei suoi otto anni, era profondamente tentato. Adorava il robot Nautikon! –Prometti?

–Prometto. Vai! – esclamò Az, indicandogli il box della sabbia.

Dave, un po’ incerto, si fermò davanti al bambino ancora in ginocchio. Kurt cordialmente gli fece un gran sorriso mormorando un “ciao” dolce come una caramellina. La risposta di Dave fu un calcio sferrato dritto sul fragile castello. Kurt vide la sua fiaba andare in pezzi e, incredulo e ferito, tirò su con il nasino un paio di volte prima che le lacrime rigassero copiosamente le sue tenere guance. Cercò con gli occhi suo padre, ma Burt era intento a parlare con un cliente dell’officina seduto tranquillamente sulla panchina, e non aveva visto nulla. Intanto quella peste che gli aveva mandato in frantumi il suo magico castello si era allontanata senza dire una parola. Kurt non si mosse, restò lì nel box a piangere silenziosamente… Si domandava cosa avesse fatto di male a quel bambino perché quello si fosse comportato in quel modo. Era stata una cattiveria bell’e buona, e lui non aveva il coraggio di dire né fare nulla. Con la visuale appannata dalle lacrime, continuava a fissare la sabbia sformata davanti a sé. Le torri erano sparite, così come il cavaliere e anche la principessa… Kurt in quel momento decise che non ci sarebbe venuto più al parco. Non voleva vedere mai più quel bambino cattivo e non voleva mai più costruire un castello! Non poteva asciugarsi gli occhi arrossati perché aveva le manine tutte sporche di sabbia. Sarebbe rimasto così fino a quando avrebbe smesso di fargli male il piccolo cuore, o finché Burt non l’avesse preso di peso e riportato a casa.

Nel frattempo, Dave e Azimio battibeccavano. –Sta piangendo!

–E con questo? Andiamo a casa, ti darò il robot.

Dave strinse i pugnetti lungo i fianchi, mordendosi le labbra. –Non lo voglio il tuo robot! Mi hai fatto fare una cosa brutta!

–Ti importa di quella femminuccia? Andiamooo.

–Vattene, Z. – replicò Dave, spintonandolo. L’altro lo spintonò a sua volta, e ben presto finirono per bisticciare in piena regola, con tanto di urla e calci volanti.

Le loro mamme intervennero a separarli, dato che era alquanto inconsueto vederli litigare. La signora Karofsky domandò cosa fosse accaduto, ma i due bambini incrociarono le braccia e non parlarono.

–Dobbiamo tornarcene subito a casa? – chiese la signora Adams con tono severo, prendendo per mano suo figlio. Azimio annuì, e Dave gli diede le spalle. –Io resto qui. Vado a giocare con quel bambino…!

Le due amiche, confuse dal comportamento dei loro figli, si salutarono, promettendosi di sentirsi più tardi per telefono. La signora Adams portò via il figlio, mentre l’altra tornò a sedersi sulla panchina, osservando Dave che andava a inginocchiarsi nel box della sabbia accanto a un carinissimo bimbo che piangeva.

–Cosa vuoi? – si stizzì Kurt, non appena Dave gli fu vicino. L’altro aveva uno sguardo davvero mortificato… vedere quel bambino con gli occhi arrossati e colmi di dolore lo fece sentire ancora di più un vermetto strisciante, perché era la cosa più triste che si fosse mai trovato davanti. Si tastò la tasca del gilet rosso trapuntato e ne tirò fuori un pacco di fazzoletti, porgendone uno al piccolo di cui non sapeva neanche il nome.

–Mi dispiace. Ho fatto quello che mi ha detto quello scemo di Azimio. Non pensavo che avresti pianto… – mormorò, vergognandosi tantissimo della sua azione – Prendi! Per favore, non piangere.– aggiunse, sventolando il fazzoletto sotto il naso di Kurt.

Quello alzò la testa per guardarlo negli occhi, e si accorse che il bambino era sincero ed era diventato tutto rosso fino alla punta delle orecchie per l’imbarazzo. Si strofinò le mani prima di accettare il fazzoletto e pulirsi il visino.

–Vuoi che ti aiuti a ricostruirlo? – chiese Dave goffamente, con un sorriso che aveva tutta l’intenzione di essere amichevole.

Kurt pensò che quando sorrideva quel bambino fosse davvero dolce e tanto carino. Si sentiva scoppiare di gioia a quelle parole, l’avrebbe abbracciato se non fosse stato che lo conosceva appena. Annuì soltanto, piuttosto vigorosamente, illuminandosi di felicità.

–C-come ti chiami? – aggiunse Dave, cominciando ad ammucchiare un po’ di sabbia umida.

–Kurt Hummel. – scandì il bambino, tutto orgoglioso, tornato al suo consueto buonumore. Non riusciva a smettere di sorridere, gli faceva quasi male la mascella, ma… niente, gli veniva spontaneo e basta. Era contento.

–Davidkarofsky. – disse l’altro, tutto attaccato, col cuore che batteva forte forte. Sul perché gli accadesse una cosa del genere, non riusciva a interrogarsi. Troppo piccolo per capire, forse, o anche semplicemente per porsi seriamente delle domande. Quel che sapeva era che Kurt aveva un buon profumo, un sorriso allo zucchero e una voce tintinnante, e stare lì seduto accanto a lui era come avere il privilegio di esser vicino a un piccolo principe. Ed era anche vestito come un piccolo principe! Scosse la testa, distogliendosi dal guardarlo fisso, o quello avrebbe pensato che era un tipo… strano!

Burt a pochi metri di distanza, lanciò un’occhiata stupita a suo figlio che, per la prima volta, stava giocando con un maschietto e non con delle bambine…!

 

   
 
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