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Autore: SereILU    01/05/2012    6 recensioni
[ One Shot | Kurt/Blaine | Slash!AU | Scritta per l'iniziativa del Gleeky Cauldron con il prompt "Appuntamento al buio" ]
Dalla storia:
"Quella specie di angelo – perché era un angelo, vero? – pareva essere appena uscito da qualche suo sogno irrealizzabile. La pelle diafana riluceva appena alla luce artificiale delle grandi lampade al neon e sembrava così morbida che Blaine ebbe l’impulso irrefrenabile di sfiorarla con le dita per saggiarne la consistenza. Le labbra, appena umide, probabilmente perché il ragazzo ci aveva appena passato sopra la lingua per il nervosismo, erano piegate in un sorriso timido e incerto.
Ma furono gli occhi a catturare Blaine in una trappola dal quale sapeva non sarebbe riuscito a scappare. Erano azzurri? O forse grigi? O magari verdi? Non riusciva a capirlo. Sapeva solo che erano splendidi. Limpidi e chiari. E per un attimo Blaine pensò che il detto ‘gli occhi sono lo specchio dell’anima’ potesse essere vero, perché avrebbe giurato di poter guardare dentro quello sguardo luminoso e perdersi in una miriade di meraviglie."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: My muse.
Pairing: Kurt Hummel/Blaine Anderson
Prompt: Appuntamento al buio
Genere: Romantico, Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: What If, AU
Nda: Ispirazione improvvisa. Poco da dire.
Questa storia partecipa alla splendida iniziativa di FB nel “GleekyCauldron”.
Blaine è un artista, adora dipingere. Sebastian gli procurerà un modello assolutamente perfetto.




 

My Muse

 



Blaine sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi di Sebastian. O meglio, del gusto di Sebastian. L’ultima volta che aveva provato a combinargli un appuntamento al buio, Blaine era praticamente dovuto scappare a gambe levate da una specie di maniaco dai capelli alla Thor. Tuttavia si era fidato – di nuovo – e ora avrebbe dovuto fare i conti con la propria stupidità, anche se sperava davvero che non ce ne fosse bisogno.

Entrò nella stanza che aveva appositamente prenotato per quel pomeriggio e che ormai conosceva come le sue tasche. L’Istituto di Belle Arti di New York era diventato un po’ la sua seconda casa e, in effetti, passava molto più tempo lì che nel suo appartamento, anche perché Sebastian non mancava occasione per fargli presente che lui pagava metà dell’affitto e che quindi era libero di portarsi a casa chiunque volesse. E per casa, naturalmente, intendeva letto.

E Blaine ci era cascato di nuovo. Non era riuscito a resistere al sorriso luminoso del suo migliore amico che gli diceva di aver visto questo ragazzo e di come questo ragazzo – denominato poi ‘culo da favola’ – fosse assolutamente perfetto per fargli da modello. E aveva aggiunto anche che così almeno avrebbe smesso di dipingere stupidi cesti di frutta, assolutamente inutili ai fini del sesso occasionale. Naturalmente.

Mentre si ritrovava a sistemare le ultime cose prima dell’ora decisa per l’appuntamento con il suo nuovo modello, Blaine pensò che in effetti avrebbe davvero dovuto far evolvere il suo stile e cominciare a dipingere persone, invece di mele o grappoli d’uva. Con un sospiro preparò la tavolozza, chiedendosi quali colori avrebbe dovuto scegliere per gli occhi e i capelli di quel fantomatico ragazzo.

Pochi istanti dopo, si sentì un lieve bussare alla porta e Blaine sobbalzò rischiando di far cadere tempere e tela. Si passò una mano sul viso, maledicendosi per il suo immotivato nervosismo e cercò di prendere qualche respiro profondo per calmarsi.

“Avanti” disse poi, la voce che tremava leggermente. Osservò la maniglia abbassarsi lentamente e la porta aprirsi con un leggero cigolio. Per alcuni secondi fu incapace di alzare lo sguardo, concentrato nell’ammirare due lunghe – lunghissime – gambe fasciate alla perfezione da un paio di jeans scuri che avevano tutta l’aria di costare diverse centinaia di dollari e che mettevano in risalto ogni singolo muscolo.

In qualche modo, poi, riuscì a sollevare gli occhi, registrando una camicia bianca coperta da un gilet grigio perla prima di raggiungere il viso del ragazzo che aveva appena fatto capolino dalla porta semi aperta.

Grazie, Sebastian fu l’ultimo pensiero coerente di Blaine prima che il suo cervello si spegnesse del tutto. Perché quello era il ragazzo più bello che avesse mai visto – e, insomma, non è che Sebastian si portasse a letto degli sconosciuti qualsiasi, quindi aveva un bel metro di paragone.

Quella specie di angelo – perché era un angelo, vero? – pareva essere appena uscito da qualche suo sogno irrealizzabile. La pelle diafana riluceva appena alla luce artificiale delle grandi lampade al neon e sembrava così morbida che Blaine ebbe l’impulso irrefrenabile di sfiorarla con le dita per saggiarne la consistenza. Le labbra, appena umide, probabilmente perché il ragazzo ci aveva appena passato sopra la lingua per il nervosismo, erano piegate in un sorriso timido e incerto.

Ma furono gli occhi a catturare Blaine in una trappola dal quale sapeva non sarebbe riuscito a scappare. Erano azzurri? O forse grigi? O magari verdi? Non riusciva a capirlo. Sapeva solo che erano splendidi. Limpidi e chiari. E per un attimo Blaine pensò che il detto ‘gli occhi sono lo specchio dell’anima’ potesse essere vero, perché avrebbe giurato di poter guardare dentro quello sguardo luminoso e perdersi in una miriade di meraviglie.

“Ehm... Blaine Anderson?” la voce del ragazzo, insicura e un po’ titubante, riportò alla realtà Blaine, che sbatté le palpebre e cercò di darsi un contegno prima di venire scambiato per una specie di maniaco.

Un sorriso si dipinse spontaneamente sul suo volto mentre annuiva e si avvicinava alla porta con la mano tesa. “Sì, sono io” rispose mentre l’altro gliela stringeva con una sicurezza che stonava con i suoi modi timidi. “Piacere di conoscerti...?”

“Kurt, Kurt Hummel” rispose subito il ragazzo, chiudendosi poi la porta alle spalle.

Blaine si schiarì la voce e distolse lo sguardo per impedirsi di rimanere lì a fissarlo con lo sguardo da pesce lesso. “Bene, Kurt” disse poi facendo un passo indietro. “Spero che Sebastian non ti abbia importunato o minacciato per convincerti a venire qui, perché davvero, non vorrei che...”

La risata di Kurt lo costrinse a tacere. Rimase incantato da quel suono così limpido e sincero, e attese finché il l’altro non smise di ridere scuotendo la testa.

“Tranquillo” rispose quindi. “Non mi ha minacciato. Non posso dire lo stesso sull’importunare, ma sono riuscito a cavarmela...”

Blaine si sentì arrossire. “Oddio... spero che non abbia esagerato, so che può essere davvero inopportuno quando vuole...”

“Ehi, calmo” Kurt mosse alcuni passi avanti nella stanza, prendendosi il suo tempo per osservare i cavalletti e gli sgabelli, poi si voltò di nuovo verso Blaine. “Non mi ha attaccato, se è questo che intendi.”

L’altro si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo, poi fu colpito da un pensiero. “Ma... come vi siete conosciuti?” chiese, poi sembrò capire che magari quella era una domanda inopportuna. “Voglio dire... frequenti la sua stessa università o...?”

Kurt scosse la testa. “No, io vado alla NYADA, mentre da quello che ho capito tra un tentativo di flirt e un altro, Sebastian studia Economia, giusto?”

Blaine annuì. “E quindi come...?”

“L’ho conosciuto nel locale dove lavoro. Sai, per pagare la retta e l’appartamento; faccio il barista, e una sera Sebastian si è seduto al bancone e abbiamo cominciato a parlare.”

“E io come sono saltato fuori?”

Kurt ridacchiò. “Beh, immagino che appena abbia capito che non sarebbe riuscito a convincermi a chiudermi nella toilette del locale con lui, il suo lato generoso abbia preso il sopravvento. E ha cominciato a parlarmi di te e di quello che fai...”

“Oh” Blaine si sentì arrossire fino alla punta dei capelli, certo che qualunque cosa Sebastian avrebbe potuto raccontare lo avrebbe messo in imbarazzo, molto in imbarazzo. “E... ehm... cosa ti avrebbe detto?”

“Che studi qui all’IFA e che non ne poteva più di cesti di frutta – o qualcosa del genere . Perciò mi ha chiesto se mi andava di posare per te e... ho accettato.”
Il suo tono di voce però non convinse Blaine. “Che altro?” chiese preoccupato. Conosceva Sebastian, e sapeva che una volta partito in quarta con i racconti non si sarebbe di certo fermato a qualche complimento.

“Ehm...” le guance di Kurt si colorarono di un bel rosa acceso. “Ha anche detto che magari così saresti finalmente riuscito a... farti un ragazzo come si deve...”

Blaine boccheggiò per diversi secondi. Ecco, l’aveva fatto di nuovo. Si era fidato di Sebastian e lui non aveva perso occasione per ridicolizzarlo davanti al ragazzo più carino di New York.

“Ma non ho accettato per quello!” si affrettò ad aggiungere Kurt, arrossendo sempre di più. “Cioè... mi sembrava un’idea carina aiutare un futuro pittore e quindi...”

Rimasero in silenzio per diversi minuti, entrambi troppo imbarazzati dopo quei commenti, incapaci persino di guardarsi negli occhi. Kurt ne approfittò per osservare Blaine di sottecchi. Era carino, non poteva negarlo, con quei capelli ricci sparati in ogni direzione. E aveva degli occhi davvero belli, con pagliuzze verdi che non facevano che illuminare ancora di più quel miele dorato tanto luminoso.

Fu lo stesso Kurt ad interrompere il silenzio. “Allora... ehm... che avevi in mente?” disse, passandosi una mano sulla nuca con nervosismo. “Voglio dire... come... come vorresti dipingermi?”

Blaine sollevò finalmente lo sguardo su di lui. “In realtà pensavo ad un semplice ritratto...” rispose, anche se nella sua mente un pensiero – che stranamente aveva la voce di Sebastian – continuava a ripetergli: nudo, nudo, nudo.

Kurt sorrise, più tranquillo. “Ah, okay. Questo dovrei saperlo fare...” disse con una risatina timida. “Dove devo...?”
L’altro si mosse velocemente e posizionò uno sgabello al centro della stanza, a poco più di un metro dalla tela che aveva sistemato in precedenza. “Direi che puoi sederti qui” rispose, pratico. Improvvisamente gli sembrò tutto un po’ più facile; non doveva far altro che immaginare Kurt come una semplice cesta di frutta. Una cesta di frutta con due stupendi occhi azzurro grigi e due labbra che non vedeva l’ora di assaggiare e...

Blaine si costrinse a respirare e a riprendere il controllo di se stesso. Si avvicinò alla sua tela e attese che Kurt si sedesse con grazia sullo sgabello. Si prese il suo tempo per osservarlo e capire quale fosse il suo lato migliore, sempre che ne avesse uno meglio degli altri.

“Potresti girare il viso verso le finestre e guardare fuori?” chiese ad un certo punto, scegliendo i colori che riteneva più adatti alla carnagione di Kurt.

Kurt annuì e fece come gli era stato detto. Incrociò le gambe e ci posò sopra gli avambracci, assumendo una posa leggermente tesa ma che non sarebbe stata fuori luogo in una statua greca – una bellissima statua greca.

“Perfetto...” mormorò Blaine, anche se non avrebbe saputo dire se si fosse trattato di un semplice commento o di un vero e proprio complimento uscito direttamente dal suo subconscio distratto. Kurt comunque sembrò prenderla bene, perché si lasciò andare ad un altro leggero sorriso, che lo rendeva ancora più incredibilmente bello e... sì, perfetto.

E Blaine cominciò a dipingere.

Le pennellate scorrevano precise e leggere sulla tela ruvida, colorandola di rosa, di azzurro e di grigio. Con la lingua tra i denti per la concentrazione, Blaine spostava lo sguardo dal Kurt in carne e ossa a quello che lentamente prendeva forma davanti ai suoi occhi.

Tentò di riprodurre la mascella squadrata, il naso diritto e i capelli perfettamente in piega. Ma il dettaglio più importante era lo sguardo: quegli occhi chiari che ora, nel fissare il vuoto oltre la finestra aperta, sembravano persi in qualche pensiero che a Blaine non era dato conoscere. Allora prese un respiro profondo e, con un pennellino piccolo e leggero, li dipinse.

Mescolò i colori, facendo riferimento alla memoria più che alla vista, perché quel colore non poteva essere semplicemente copiato. Doveva essere osservato, studiato, esplorato. E Blaine ci provò; ricorse a tutta la sua esperienza e alle sue capacità.

Kurt non sapeva per quanto tempo era rimasto seduto su quello sgabello scomodo, ma stranamente non gli interessava. Ogni tanto avvertiva su di sé lo sguardo attento di Blaine e allora si prendeva il lusso di incrociarlo, sentendosi come una statua greca ammirata da qualche turista esperto. Perché era quello che Blaine stava facendo: lo stava ammirando.

Trattenne a stento una risata quando notò che Blaine aveva il viso sporco da più di una pennellata di pittura. Era così concentrato in quello che stava facendo che non se ne era neanche accorto. E Kurt lo trovò assolutamente adorabile. E bellissimo.

Alla fine, quando ormai il sole pomeridiano minacciava di calare dietro agli alti edifici di New York, Blaine posò il pennello e indietreggiò per osservare il ritratto. Il Kurt su tela gli sembrò allo stesso tempo splendido e non all’altezza. Era splendido perché quello era il suo capolavoro, Blaine lo capì subito; ma allo stesso tempo impallidiva davanti alla vera bellezza di Kurt.

“Wow...” la voce di Kurt giunse alle sue spalle in un sussurro ammirato. “Blaine è... è incredibile...”

Blaine si voltò per trovarsi quasi faccia a faccia con lui, conscio del fatto che gli sarebbe bastato un passo per catturare quelle labbra socchiuse in un bacio. Si costrinse a pensare.

“Ehm... grazie...” rispose con un piccolo sorriso.

Kurt, gli occhi ancora fissi sul dipinto, mosse qualche passo avanti e alzò un braccio, arrivando quasi a sfiorare con le dita la tela. “Io...” deglutì e si voltò di nuovo verso Blaine, immobile dietro di lui. “Io... sono così?”

Blaine si ritrovò a sorridere per quella timidezza. “Non lo so...” rispose con sincerità. “Ma così è come ti vedo io. Anche se...”

“Anche se...”

“Anche se non credo assolutamente che quel ritratto ti renda giustizia...” Blaine utilizzò tutto il coraggio che aveva in corpo per dire quelle parole. Poi abbassò lo sguardo, imbarazzato.

Kurt rimase in silenzio per alcuni secondi. “Sul serio?” sussurrò allora, avanzando fino a trovarsi a un passo di distanza da Blaine.

Blaine allora riuscì a sollevare gli occhi su di lui, perdendosi ancora una volta in quell’azzurro così chiaro e limpido. Allora annuì, convinto come mai lo era stato. “Sì.”

Solo allora Kurt si lasciò andare ad un sorriso sincero e felice. “Ti va di andare a prendere un caffè?” chiese a bruciapelo, le guance colorate da un delizioso rosa acceso.

L’altro sbatté le palpebre. “Cosa...? A-adesso?”

Kurt annuì senza smettere di sorridere. “Sì... hai finito di dipingere, no?”

Blaine arrossì ancora, ma stavolta non per l’imbarazzo. “Io... sì! Sì, certo! Andiamo...” girò su se stesso in cerca della giacca, e Kurt scoppiò a ridere, trovandolo ancora più adorabile.

“Conosco un locale molto carino a un paio di isolati da qui” disse Blaine mentre si dirigevano entrambi verso la porta, il dipinto ormai quasi dimenticato.

“Mi sembra perfetto” acconsentì Kurt, sorridendo quando l’altro gli fece cenno di uscire per primo. “Grazie...”

Blaine si limitò a rispondere al sorriso. Quando si richiuse la porta alle spalle, si rese conto che avrebbe voluto riempire decine e decine di tele solo con i ritratti di Kurt, con i suoi splendidi dettagli e i suoi bellissimi colori.

Aveva appena trovato la sua musa.

E forse avrebbe davvero dovuto ringraziare Sebastian per aver pensato che Kurt sarebbe stato perfetto per lui. Per una volta, almeno, sembrava aver avuto ragione.

Kurt era perfetto.








Note:
Non ho molto da dire, ma vorrei dedicare questa FF a due persone in particolare:
-Thalia, che mi sopporta sempre e che ha sempre assistito alla nascita delle mie storie, consigliandomi e sopportandomi.
-A zuzallove, che ultimamente ha riempito le mie notte (sul serio) con chiacchierate indecenti su Blaine, Hogwarts e grammatica italiana. Grazie.
E naturalmente voglio ringraziare chiunque perderà 5 minuti a leggere questa shot.


SereILU

   
 
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