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Autore: Lunitari    24/11/2006    7 recensioni
La mia prima fanfic, quindi per carità siate buoni!! E' la storia di una band in piena crisi, e di preciso parla del suo componente più enigmatico: dopo lo scioglimento della band, incontrerà una persona che gli cambierà la vita, una persona che giungerà a creare complicazioni su complicazioni...
Genere: Malinconico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel garage l’atmosfera si era fatta irrespirabile; ci si aspettava quasi di veder cadere un fulmine da un momento all’altro

Nel garage l’atmosfera si era fatta irrespirabile; ci si aspettava quasi di veder cadere un fulmine da un momento all’altro. Quattro ragazzi vi erano stipati dentro, letteralmente ricoperti da strati di vestiti per far fronte al gelo che si insinuava dappertutto. Ma nonostante questo, ognuno di loro stava rabbrividendo.

Non era stata affatto una buona giornata, quella. Anzi, ripensandoci, da due settimane, non c’era stato neanche un giorno decente.

Per la precisione, suonavano da far schifo dal giorno del loro primo concerto che era stato decisamente un fiasco totale, per una serie di sfortunati eventi, ovvero:

  • improvviso mal di gola del cantante, Jed , che non era riuscito a sedare la tosse neanche con dosi spropositate di sciroppo;
  • morale completamente a terra di Lenny, il batterista, che proprio quel pomeriggio era stato lasciato dalla ragazza senza alcuna spiegazione;
  • pioggia torrenziale che pochi avevano sfidato per andargli a vedere in concerto: e anche quei pochi se ne erano andati dopo aver visto il cantante tossire come un pazzo nel microfono.

Non c’era da meravigliarsi, quindi, se il morale non era esattamente alle stelle. E chiaramente, la musica ne risentiva.

“Si può sapere perché cazzo vi siete fermati?!” ringhiò fuori dai denti il cantante, dopo un momento di silenzio. Scrutò tutti i compagni con i suoi occhi castano scuri, adesso particolarmente incupiti.

“Perché stavi andando palesemente fuori tempo, Jed” rispose Haywood da dietro la tastiera, ostentando come al suo solito una tranquillità mista a un pizzico di superiorità che dava decisamente sui nervi.

Jed storse la bocca in una smorfia: “Non mi sembrava affatto di andare fuori tempo…ma forse io non sono abbastanza perfetto per te, vostra maestà”

Haywood, o meglio Hay, come si faceva chiamare (perché odiava il suo nome) inarcò un sopracciglio ma non disse niente, certo che uno degli altri due ragazzi sarebbe venuto in suo aiuto.

In fondo, se si erano fermati tutti e tre insieme, significava che era stato Jed a sbagliare, non loro.

Infatti, Yorick fece timidamente capolino nella discussione, stringendo convulsamente il manico della chitarra: “Beh, in effetti, Hay ha ragione…” disse il ragazzo con una vocina piccola piccola, cercando di non attirare su di sé le ire del cantante.

Jed si girò verso di scatto verso di lui, le labbra, già sottili per conto loro, tirate in un ghigno poco rassicurante: “Oh, figurati se il signorino non dava ragione allo splendido, perfetto Haywood McQueen! Come se non lo sapessi, che sei innamorato pazzamente di lui!” sibilò velenosamente.

Troppo timido ed insicuro per rispondere per le rime, il chitarrista si limitò a protestare debolmente, abbassando i begli occhi grigi e lanciando sguardi furtivi al tastierista, che per contro non fece assolutamente nulla, a parte inarcare ancora di più il sopracciglio.

“E piantala, Jed! Hai sbagliato, punto e basta. Non c’è bisogno di fare tutte queste storie per una stronzata del genere. E soprattutto non cominciare a offendere il povero Yorick” esclamò Lenny, che essendo quello più simile a Jed non aveva problemi a prenderlo per il verso giusto. In genere era lui che riusciva sempre a calmare il temperamento troppo focoso e irritabile del cantante; Yorick non ci provava nemmeno, mentre Hay serviva solo per incrementare la rabbia. Lui e Jed erano sempre ai ferri corti.

“Sentite, lo so che siete in combutta contro di me, capito?!” esplose il ragazzo. Evidentemente, questa volta Lenny non era riuscito nella sua missione di pace. “Date tutta la colpa a me per quello schifo di concerto!”

“Come facciamo a darti la colpa per la tua tosse, scusa? Mica l’hai fatto apposta!” disse il chitarrista, mettendosi a sedere su una sedia. Prevedeva una luuuunga discussione…

“Anche se avrebbe potuto evitare di fare il bagno nel lago, il giorno prima” rispose un po’ acidamente Hay.

Jed si avvicinò velocemente al tastierista e lo afferrò per la collottola, prendendolo completamente alla sprovvista: “Senti, carino, quello che faccio o non faccio sono cazzi miei, capito? Non permetterti di criticare”

“La mia era una critica assolutamente fondata. Invece di autocommiserarti e credere che ce l’abbiamo con te per motivi assurdi, fatti un esame di coscienza…credi che ti sarebbe venuto il mal di gola il giorno prima del concerto, se tu non ti fossi tuffato nel lago, con una temperatura di circa 3 gradi?” replicò l’altro, dando segni d’ira per la prima volta.

Jed lo lasciò di scatto, scoccandogli un’occhiata di fuoco.

“Okay. Me ne vado…e ricordatevi che voi non siete niente senza di me” fece, di punto in bianco. Sotto gli occhi increduli degli altri tre, afferrò il suo basso, lo ripose nella custodia, prese tutte le sue carabattole e usci fuori, dove intanto stava cominciando a nevicare.

Nel garage scese il silenzio. Dopo un po’, fu rotto da Lenny, che si mise a battere le mani in gesto di complimento: “Bravo, Hay. Davvero bravo. A volte mi chiedo se sei davvero così intelligente come vuoi farci sembrare, sai?”

“Ti ci metti anche tu, adesso?” ribattè il ragazzo, stringendo le mani a pugno.

“Beh, è chiaro che mi ci metto anch’io! Hai fatto andar via il nostro bassista e cantante!” esplose il batterista, infuriato.

“Se lui non sa reagire decentemente ad una critica, non è certo per causa mia” fece sdegnosamente Hay.

“Se tu facessi un po’ meno il superiore, forse lui si comporterebbe meglio!”

“Ecco, naturalmente adesso è colpa MIA se lui si comporta come un bambino di tre anni!”

“E certo che è colpa tua! Lo fai sempre mandare in bestia! E ti dirò, fai mandare in bestia anche me! Con quell’aria da “io sono il migliore e voi siete solo feccia”!! Chi cazzo ti credi di essere? Solo perché sei tu che scrivi i testi, non significa che sei il nostro Leader!Lo era lui, e tu l’hai fatto andare via!” urlò il batterista completamente fuori dalle staffe. “E sai che ti dico? Che me ne vado anch’io!” concluse, afferrando il giacchetto e inforcando anche lui l’uscita.

Hay, che era rimasto immobile e muto come una statua per tutto il monologo arrabbiato di Lenny, si accasciò su un amplificatore, senza togliere lo sguardo dalla porta: “Yorick, vuoi dire la tua? Sei rimasto solo tu” disse, con voce atona.

Yorick gli si avvicinò e gli battè una mano sulla spalla, in gesto amichevole: “Dai, non la prendere così…Sei fatto un po’ a modo tuo, ma in fondo…”

Il ragazzo non lo fece nemmeno concludere, si alzò di scatto e fece: “Bene Yorick, almeno ti ringrazio di non avermi sputato in faccia sequele di insulti come gli altri. E se non ti dispiace, me ne vado anche io…Tanto stare qui è assolutamente inutile”

Con la flemma che lo caratterizzava, prese la sua tastiera da 5 ottave e la ripose nella custodia, afferrò il giacchetto nero e salutò con freddezza il chitarrista, che era rimasto decisamente ammutolito.

 

***

Hay si sedette sulla panchina, incurante del buio che stava calando e della neve che continuava a cadere dolcemente su di lui, congelandolo ancora di più. Gli piaceva la neve, come gli piaceva il freddo, i giorni di pioggia e le nuvole. Gli ricordavano sempre il suo carattere, ombroso, spesso cupo, scostante, freddo, laconico e decisamente un po’ altezzoso.

Quelli che non lo conoscevano bene pensavano che lui fosse una statua di ghiaccio, senza né emozioni né sentimenti. Coloro che lo conoscevano più intimamente dicevano la stessa identica cosa. Forse perché in realtà, neanche quelli che si definivano suoi amici si erano mai dati la pena di scoprire cosa ci fosse sotto la scorza gelida di Hay.

Il ragazzo sospirò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Si infilò le mani in tasca, e nel farlo si accorse di avere qualcosa infilato lì dentro: leggermente incuriosito, tirò fuori quella che si rivelò essere una foto. Una foto risalente a sei mesi prima. Soggetti della foto: lui, Jed, Lenny e Yorick. Quando erano ancora uniti, in sintonia, senza screzi e litigi. Chiaramente, le discussioni c’erano anche a quel tempo…erano 4 persone talmente diverse che sperare in una convivenza idilliaca sarebbe stato praticamente una pazzia. Hay osservò attentamente la foto. In effetti, erano diversi tra loro anche fisicamente.

Jed era al centro della foto: in definitiva era un ragazzo con un certo fascino, non alto ma piuttosto muscoloso; i tratti del viso piuttosto marcati e un naso non propriamente piccolo, gli occhi castano scuri che contrastavano con i capelli biondissimi, lunghi fino alle spalle e lisci.

Accanto a lui, con un braccio appoggiato alla spalla del bassista, c’era Lenny: un vero armadio, alto più di uno e novanta, che incuteva un certo timore con i suoi muscoli. Aveva però un viso aperto, bonario, illuminato dagli occhi neri molto espressivi. I capelli, di un bel castano intenso, erano corti e sparati per aria senza alcun bisogno di gel o altri prodotti per capelli.

Yorick esibiva il suo sorriso timido e impacciato dall’altro lato di Jed. Bassino, magro da far paura, era stato scambiato spessissimo per una ragazza, grazie ai tratti molto delicati del volto e ai lunghi capelli di un rosso quasi accecante, lisci e sempre raccolti in una lunga coda che gli arrivava quasi al sedere.

E infine, c’era lui, con una mano sulla spalla di Yorick e una su quella di Jed: tra tutti era sicuramente il ragazzo più “interessante” dal punto di vista fisico. Alto, anche se non come Lenny, snello e con una carnagione chiara messa ancora più in risalto dai lunghi capelli neri, che gli arrivavano fino alle scapole. Gli occhi, di un azzurro intenso, ma solitamente gelido, erano messi in risalto dalle ciglia lunghe e scure (tutti gli domandavano se per caso si mettesse la matita) illuminavano il bel viso, che quando sorrideva aveva quasi dei tratti infantili.

Hay lanciò un ultimo sguardo alla foto, poi la afferrò con decisione agli angoli e fece per strapparla, ma una voce sconosciuta lo fermò proprio sul principio.

“E’ una bella foto, perché vuoi strapparla?”

Il moro si girò di scatto, trovandosi faccia a faccia con una ragazza, che lo stava osservando da sopra la sua spalla con un’aria incuriosita dipinta sul viso.

“Sono fatti miei, se voglio strapparla o no”

“Non lo metto in dubbio: solo esprimevo il mio rammarico per una foto così venuta bene” ribattè la ragazza, accomodandosi accanto a lui senza fare tanti complimenti. Hay si accigliò leggermente, ma apprezzò subito la ricercatezza delle parole della giovane.

La squadrò senza perdere la sua solita aria di superiorità, e lei sostenne lo sguardo senza sembrare minimamente infastidita, come invece succedeva a tutti gli altri.

Era una ragazza carina; abbastanza alta, anche se non poteva giudicare la sua corporatura, poiché era coperta fino ai piedi da un lungo cappotto nero, simile al suo. Di sicuro non era minuta, però.

Il viso non era particolarmente eccezionale, aveva i tratti regolari, il naso piccolo e dritto, una bocca anch’essa piccola e dalle labbra sottili e chiarissime, quasi esangui. Gli occhi, di un bel verde oliva, erano l’unica macchia di colore in quel viso alabastrino, e avevano una luce divertita. I capelli ricci le scendevano in pesanti boccoli fino a metà schiena, e contribuivano a renderla ancora più pallida in quanto erano nerissimi.

“Come ti chiami?” chiese la ragazza, interrompendo il silenzio dovuto al reciproco studio.

“E tu?” fece sospettoso il ragazzo.

“Non è educato rispondere ad una domanda con un’altra domanda” osservò la giovane, rivolgendosi come ad un bambino disobbediente.

“Haywood” rispose finalmente il moro; quella ragazza cominciava a dargli sui nervi, e voleva togliersela di torno il più presto possibile.

“Haywood? Che razza di nome è?” chiese leggermente stupita la sconosciuta, inclinando la testa da una parte.

“E’ un nome come tanti altri” replicò scocciato Hay, che era sempre stato piuttosto suscettibile riguardo al suo nome “e tu? Qual è il tuo nome?”

“Ever”

“Ever? Con un nome del genere, non mi sembri la persona più adatta per criticare” affermò sdegnosamente il moro.

La ragazza sorrise senza dire nulla, forse anche lei consapevole della stranezza del suo nome.

Il silenzio calò di nuovo tra di loro, fino a quando Ever disse, in tutta tranquillità: “Hai litigato con gli altri componenti del tuo gruppo?”

Hay la guardò cercando di non mostrare il suo stupore: “Cosa te lo fa pensare?”

“Beh, stavi osservando quella foto con aria malinconica, e la volevi strappare…e nella foto c’erano degli strumenti appoggiato ad una parete, e si poteva intravedere la batteria in fondo. Ho semplicemente fatto 2 + 2!” spiegò Ever, facendo spallucce.

“Da quanto tempo stavi lì a guardarmi, scusa?” chiese leggermente piccato lui.

“Oh, un po’” ghignò in risposta la mora.

Ma chi era quella ragazza? E cosa voleva da lui?

 

  
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