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Autore: AlexisRendell    01/05/2012    0 recensioni
Storia sul ritorno del Team Rocket dopo la sconfitta di Archer nella torre radio. A sfondo Horror.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Il treno frenò colpo. Le porte si aprirono, riversando una fiumana di gente nella stazione.
Un ragazzo dai capelli corti e verdastri scese, stringendo tra le mani un portafoglio. Lo aprì e ci guardò dentro.
Una cinquantina di dollari. Non male.
Da quando i Rocket si erano sciolti, quello era il suo lavoro. Piccoli furtarelli. Una lavoro più che adatto per uno dalla mano leggera, silenzioso come la morte, che non voleva dare nell’occhio.
Aspettò che il treno ripartisse. Quando un'altra vettura si accostò ai binari, vi salì, diretto a Fiordoropoli.
Lo scomparto era praticamente vuoto, a parte per un gruppo di ragazzine che ridevano in continuazione.
Si sedette su uno dei sedili, incrociando le gambe all’americana, le braccia abbandonate pigramente sui sedili. Aveva sempre amato viaggiare sui treni, il rumore del motore che lavorava per spingere i pistoni e muovere quella pesante macchina lo rilassava enormemente.
Ma quelle stupide ragazzine, le loro voci stridule e infantili, lo disturbavano. Nonostante si fosse seduto distante da loro, il suo udito sviluppato riusciva a distinguere chiaramente i loro discorsi.
-Ma lo hai visto quello? Cioè, io me lo farei uno così.-
-Si, assolutamente! Lo hai visto quanto è figo? E quei capelli?? Saranno veri o tinti?-
-Sono tinti, stupida. Nessuno ha i capelli verdi. Ma è molto sexy comunque.-
Robe così.
Si infilò distrattamente le cuffiette di un Walkman sgraffignato qualche ora prima ad un ragazzino.
Non era mai stato interessato alla musica, né all’amore, per altro. Il lavoro dei Rocket non  gli aveva mai lasciato tempo per simili frivolezze. Certo, le sue fantasie su Atena le aveva fatte. Come tutti, del resto…
Ma, dal’alto dei suoi venticinque anni appena compiuti, l’unica cosa che provava per quelle ragazzine, era un’irrefrenabile voglia di tagliargli la gola, guardare il sangue scarlatto uscire copioso dallo squarcio, ascoltare come una canzone i loro mugolii di morte. Questa sua passione per il sangue si era distinta subito da quando era entrato nei Rocket, facendogli guadagnare il titolo di Executive, nonostante la sua giovane età.
Ma poi, si erano sciolti, battuti da un ragazzino. Si era ritrovato a dover scappare, a doversi nascondere.
Fortunatamente,  essendo rimasto per la maggior parte della sua carriera rinchiuso nel Pozzo Slowpoke, praticamente nessuno lo aveva visto in faccia. Ma un ragazzino orfano, che fin da piccolo era vissuto nella malavita di Johto, non poteva di sicuro avere un futuro brillante, senza contare che rischiava comunque di essere riconosciuto.
Allora se ne era andato. Aveva girato parecchie regioni, cercando un altro team dove avrebbe potuto sfruttare le sue singolari abilità. Ma non lo trovò. Magma, Idro, Galassia…. Avevano tutti scopi futili, deboli e patetici. Per non parlare poi dei Plasma…
Pochi giorni prima, aveva ricevuto un messaggio. Un appuntamento, a Fiordoropoli, sull’ultimo treno. Riservato agli ex Executive. Poche semplici parole. Ovviamente era stato Archer, il capo, a scrivere. Rabbrividì al solo pensiero. Nonostante tutto, temeva il suo capo.
Scosse la testa, allontanando quei pensieri. Si sentì strappare una cuffietta dalle orecchie.
-Hei, ma mi stai ascoltando? Dannazione, io lo sapevo che non ci si può fidare di uno come te!-
Alzò lo sguardo. Atena. Stretta in un tubino nero che lasciava davvero poco all’immaginazione.
Quanti anni erano passati? Quattro, forse cinque. Ma lei era la stessa di sempre, immutabile come un vampiro. Capelli rosso fuoco, corpo da modella. Bella come un Beautifly, ma pericolosa come un Arbok.
-Non ti avevo sentito. Eh si che fai un casino assurdo…- sospirò.
-Vedi di portarmi rispetto, moccioso, sono comunque un tuo superiore.- Ringhiò la donna.
-Si, si, come preferisci.- rispose, svogliatamente.
Sentiva ancora i discorsi delle ragazzine in fondo al vagone.
-Non sarà mica la sua ragazza, quella?!?-
-Ma no, potrebbe essere sua madre, l’hai vista?-
Risate. Sorrise anche lui.
-E ora perché stai ridendo, si può sapere?- L’udito di Atena non era sviluppato quanto il suo.
Lui continuò a guardarla, senza aprire bocca. Uno sguardo che non lasciava dubbio sui suoi pensieri.
-Dio, quanto mi dai sui nervi, ragazzino. Mi verrebbe voglia di prenderti a schiaffi.-
-Atena, Milas, ora smettetela.-
Occhi azzurri, talmente chiari da sembrare inumani. Capelli dello stesso colore, forse più vivace. Bastò il suono della sua voce per far zittire Atena e il ciarlare delle ragazzine. Milas si alzò in piedi.
-Dove è Maxus?- La voce innaturalmente controllata di Archer risuonò schietta nel vagone.
-Non è ancora arrivato, capo.- Rispose pronta Atena.
Archer guardò il gruppo delle ragazzine. Quelle distolsero immediatamente lo sguardo. Appena le porte si aprirono, scesero in fretta, in silenzio. Al loro posto, salì Maxus, con la solita aria distratta da fattone e l’immancabile sigaretta in bocca. Li raggiunse camminando flemmatico e li salutò alzando la mano.
-In ritardo, come al solito.- Archer lo fulminò con lo sguardo. Maxus si spense la sigaretta sotto la suola, lanciando il mozzicone dal finestrino. Il treno ripartì di nuovo.
-Ho avuto da fare.- rispose, tranquillamente.
-E sentiamo, cosa hai avuto da fare di così importante?-
-Cose.- sbadigliò, svagatamente. A differenza di Atena e Milas, lui non temeva Archer. Forse erano le schifezze chimiche che mischiava al tabacco delle sigarette.  
-Non credo che questo sia il posto migliore per parlare, capo.- Milas si frappose fra lui ed Archer. Certo, Maxus era alto il doppio del loro capo, ma quello poteva ammazzarti con lo sguardo.
-Hai ragione.- Archer sembrò tranquillizzarsi, anche se scendendo dal treno guardò di nuovo storto Maxus.
Milas sospirò, seguendolo insieme agli altri due.
-Capo… non sarà troppo rischioso farci vedere in giro? E poi lei è anche in divisa…- Era stata Atena a parlare.
In effetti, tutti loro indossavano abiti ordinari, a differenza sua. “una mossa azzardata.” Pensò Milas.
-Mi importa poco. Non andremo in città.-
-E dove allora?- Atena lo incalzò.
-Nella sala comandi.- fu la telegrafica risposta.
Lo seguirono senza fare altre domande.
Il modo sicuro in cui si muoveva nei cunicoli del treno sotterraneo faceva capire che ci era già stato parecchie volte. Spinse una porta e entrò nella stanza dei comandi.  Si sedette su una sedia girevole e aspettò che gli altri facessero lo stesso.
-Sicuramente vi starete chiedendo perché, dopo tutti questi anni, vi ho riconvocato.- iniziò.
I tre annuirono. Maxus si dondolò sulla sedia.
Archer lo ignorò. –Ebbene, il Team Rocket risorgerà dalle sue ceneri. Ci trasferiremo nel Settipelago, solo noi 4, per ora.-
-Perché?- domandò Atena.
-In questi 5 anni di inattività, ho viaggiato. Ho trovato un isola deserta, nel mare aperto fra Quartisola e Quintisola. Io e un collaboratore ci abbiamo creato un laboratorio. Vi spiegherò meglio quando saremo là.-
Milas fremette. Laboratorio, cavie, sangue. Sangue scarlatto.
Archer indovinò i suoi pensieri. –Si, Milas. Sangue a fiotti.-
Milas deglutì. Di nuovo il sangue. Non aspettava altro da 5 anni.
-Avete tutti dei mezzi per volare, vero?-
Milas e Maxus fecero uscire i loro Golbat, Atena un Honchcrow.
-Ottimo. Atena, io mi affido a te.- Archer non possedeva pokémon volanti.
-Certo, capo.-
Volarono tutti verso l’isola descritta da Archer. Quando vi arrivarono, parecchie ore dopo, atterrarono su un terreno brullo e senza vegetazione. Qualche gabbia sparsa qui e là. Vuota.
-Un posticino allegro. Si. Molto allegro.- Maxus ridacchiò, accendendo un'altra sigaretta.
Archer lo guardò con la coda dell’occhio. Poi si incamminò seguendo una direzione precisa.
Dopo qualche minuto,  videro apparire all’orizzonte quello che sembrava un edificio grigiastro.
Archer spinse la porta. Un corridoio. Due porte alla fine, una di legno e una in ferro.
-La porta di legno porta al laboratorio.- Spiegò.
-E quella di ferro?- Domandò Atena.
-Quella di ferro non deve essere varcata. Chiaro?- Ringhiò Archer.
I tre Rocket annuirono.
Superarono la porta di legno, trovandosi in un altro corridoio. Alle pareti erano appesi vari manifesti Rocket.
Ruba i Pokémon per profitto. Sfrutta i Pokémon per profitto. Tutti i Pokémon esistono per la gloria del Team Rocket.”
Sempre la solita solfa. Frasi che ormai Milas conosceva fino alla nausea. Si concentrò sulle altre due porte che c’erano in fondo al corridoio. Entrambe in legno, stavolta.
-Quella a sinistra porta nella stanza dei rifiuti e nel laboratorio vero e proprio. Quella a destra in quella dei perfetti.-
I tre Rocket si guardarono. Atena fece per aprire la bocca, ma Archer la precedette.
-E’ inutile parlare, è meglio osservare direttamente.- Aprì la porta a sinistra e li guidò all’interno.
Gabbie ovunque. Piccole, impilate quasi ordinatamente le une sopra le altre. All’interno, quelli che sembravano ibridi fra pokémon. La maggior parte deformi, prossimi alla morte. Lo si capiva dai loro sguardi vuoti, dal modo in cui barcollavano. Atena e Maxus indietreggiarono, inorriditi.
-Ma queste… sono…- Iniziò Maxus.
-Chimere.- Completò per lui Milas. –Ne ho sentito parlare. Non pensavo che si potessero davvero creare…-
Archer annuì. –Mi fa piacere che le conosciate. Così non sprecherò tempo a spiegarvi cosa sono.-
-Ma… a cosa servono?- Chiese Atena.
-Per creare un esercito di pokémon che non abbia punti deboli, che sia più forte degli altri.-
-Ma… questi ‘cosi’ non mi sembrano così potenti…-
-Perché questi non sono perfetti, sono gli scarti. Sono inutili, moriranno e basta.- Archer stava iniziando ad irritarsi.
-Si, ma…-
-Tu parli troppo.- Archer si girò di scatto verso Atena.
Lei si zittì. Lui sorrise, quasi dolcemente.
A volte Milas si chiedeva come avesse fatto Atena ad entrare negli Executive. Di sicuro non per la sua intelligenza.
Quando era ancora una recluta, si diceva in giro che fra lei e Archer ci fosse qualcosa. Non ne era mai stato troppo sicuro, anche se li aveva visti spesso insieme. Ma lui era sempre freddo come un cadavere. Dubitava persino che fosse in grado si provare sentimenti.
-Forza, continuiamo.- Archer attraversò la stanza delle gabbia, portandoli verso un’altra porta. Prese la chiave che portava al collo e la aprì. Entrarono nel laboratorio.
C’era una gabbia enorme, e alcune più piccole appoggiate sui dei tavoli.
In quelle piccole, stavano rinchiusi due pokémon: un Charizard e un Flygon.
-Quelli faranno parte del prossimo esperimento. Io e il professor Gideon abbiamo trovato un modo per renderli chimere complete, non come gli scarti che avete visto adesso.-
-Quindi ora creerai un ibrido fra Charizard e Flygon?- Maxus accese l’ennesima sigaretta e fece un lungo tiro.
Archer gliela strappò di bocca. –Stupido idiota, non puoi fumare qui, vuoi farci saltare in aria?-
-Che palle.- Maxus sbuffò.
-Comunque, non ancora. Mi serve un terzo pokémon, e sarà compito vostro procurarmelo.- spostò lo sguardo da Maxus a Milas.
-Che pokémon?-
-Rayquaza.-
Maxus tossicchiò. –Come speri di trovare un pokémon del genere in giro?-
-Milas lo ha già affrontato, vero?- Archer lo guardò. Milas deglutì. Si, lo aveva già visto, quando era andato a Hoenn per unirsi al Team Idro e poi ai Magma. Avevano fatto un casino enorme per nulla.
Annuì, poco convinto.
-Va bene. Ma come speri che riusciamo a catturarlo? Rimane pur sempre un leggendario!- Continuò Maxus.
-Con questa.- Archer diede una Master Ball a Milas.
-Mi aspetto molto da voi. Vedete di non deludermi.- Guardò Milas negli occhi.
-Quando dobbiamo partire?-
-Anche subito. Voglio che ritorniate al più presto.-
Maxus si girò e si avviò verso l’uscita. Si girò e guardò Archer.
-Capo, un ultima domanda.-
Archer lo guardò.
-Dove è finito il Professor Gideon?-
Archer esitò per una frazione di secondo, prima di rispondere. –Non c’è.-
-Capisco.- Maxus lo guardò di nuovo e gli diede la schiena. Milas si mise la ball in tasca e lo seguì.
-Milas.- Archer lo chiamò indietro.
Un sguardo che gli fece gelare il sangue nelle vene.
-Io so di potermi fidare di te. Vedi di non farmi ricredere.-
Aveva calcato troppo quel “di te”.
Milas annuì, e seguì Maxus fuori dalla porta.
 
  
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