Serie TV > Gossip Girl
Segui la storia  |       
Autore: Linn_CullenBass    01/05/2012    1 recensioni
- "Tu as un beau chien -. Era una vocina squillante, come un leggero scampanellio.
Tenera e piccolissima, una bambina di circa 5 anni, mi fissava con i suoi occhioni verdi scuro.
I capelli erano soffici, scuri, color cioccolato. Le ricadevano dolcemente come un’onda delicata sulla schiena. Con la pelle rosea e le labbra rosse, la bambina si era voltata verso di me, mostrandomi un delizioso baschetto rossiccio, il cappottino firmato, la sciarpa e gli stivaletti di vernice rossa. “Alta società”, pensai.
-merci- le risposi, accennando un debole sorriso. E lei mi rispose altrettanto.
E in un attimo tutto ciò che avevo intorno di fece nitido.
Il cuore, freddo, ghiacciato, di pietra, di “Charles Bass” tornò quello di “Chuck”, preso da un piacevolissimo torpore, non fastidioso. E io mi sentii bene. "
5 anni dopo
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ookCreate your own banner at mybannermaker.com!

                                 Capitolo19:

                                                              A NIGHT.

 
 
«Sono solo ricordi.
Allora perché sento queste cose così vivide? Provo a scrollarmi ma non se ne vanno. Provo con un pizzicotto e non se ne vanno.
Che cosa sono?
Forse solo pezzi di vita che non ne vogliono sapere di restare così, e vogliono continuare ad essere vissuti.»
 
 
POV DAN.
-Evelyn.. che c’è?Che succede?-
Quella deliziosa creatura era lì, di fronte a me, con un boccolo davanti agli occhi.
La guardai, in attesa che mi dicesse qualcosa.
E qualcosa, anche se dopo pochi minuti, e sebbene nel cuore della notte, arrivò.
- Dov’è mamma?-
Diceva.
Il suo vestitino blu, da notte, la rendeva più visibile nel buio. E il peluches, quel delizioso peluches, era semi-visibile.
- Oh, non lo so. Se tu non lo sai, io…-
Tristemente, e con un colpo al cuore, vidi quella piccola lacrima argentata nella notte, che se ne stava lì su quella gota biancastra.
No, non piangere.
Tu sei piccola, non piangere. Devi ridere, devi giocare. Sei una bambina, niente dolore.
Ti prego, Eve. Devi vedere il mondo prima di piangere davvero. Devi vedere le meraviglie, prima di sprecare lacrime. Anche se lo sembrano, non sono infinite!
Istintivamente, le presi la manina bianca.
- Evelyn… perché?-
Scosse la testa, muovendo con delizatezza i boccoli castani.
Socchiuse gli occhi, e fece un respiro.
Era così buffa, così posata ed elegante.
- Non so. Non la vedo, non so dov’è. Quand’è che torna? Me l’aveva promesso. Sai dov’è? Tu lo sai?-
La fronte le si era leggermente corrucciata, e sorrideva con quelle labbra rosee. La portai sul mio letto, facendola sdraiare.
- Evelyn, viens ici.-
Si raggomitolò, poggiando la testolina sul cuscino e addormentandosi con la testa dell’incavo della mia spalla.
 
 
 
I ricordi correvano. Correvano, da tutte le parti.
Dei momenti passati con quella bambina, senza sapere la crudeltà che le era stata riservata. Senza sapere sul serio cosa avrebbe sopportato.
Se solo l’avessi saputo…
Nulla. Se solo l’avessi saputo nulla. Non avrei fatto niente.
Se l’avessi saputo non avrei saputo affrontare comunque la situazione. Che cosa le avrei potuto dire? “Mi dispiace Eve, tua madre non tornerà” ?
Spezzarle il cuoricino in quella maniera?
No, ovviamente no.
Lasciavo che i passi andassero da soli, tra le strade tremendamente trafficate di New York. Mentre le auto correvano ancora come i miei pensieri, sulla stessa linea, alla stessa velocità, e il rifiuto di Blair ancora risuonava vivido in me come quelle canzoni estive che di solito ti entrano in testa e non ti togli per un po’.
Ci ero rimasto male? Come avevo reagito?
Me n’ero andato.
Non avevo proferito parola. Mi ero limitato ad aprire la porta, con una faccia da ebete probabilmente, e richiuderla.
Non avevo nemmeno avuto il tempo di un respiro, dopotutto. Mi ero limitato ad andare via. A correre via.
Non era stato nemmeno tanto male, immaginavo di peggio. Chuck soprattutto, temevo che ascoltata la mia richiesta volesse venirmi ad aspettare sotto casa.
Ma forse avevo dimenticato un particolare: Chuck non si sporcava le mani. Avrei dovuto prestare attenzione a chi stava sotto casa mia…
 
 
 
POV CHUCK.
-Beh, e questa?-
Mormorò Blair, voltandosi di scatto.
Stava sorridendo, lievemente confusa, mentre si accarezzava la fronte.
- Non lo so…-
Mi avvicinai, e dolcemente la presi per la vita, stringendola a me.
Sentirla mia, mi rendeva così me stesso.
 Per lo meno ora aveva chiaramente capito che doveva stargli lontano. O comunque, Humphrey stesso non sarebbe tornato più.
Che bella sensazione.
Libertà.
- Beh Waldorf, abbiamo una bambina da cercare comunque, no? Non dobbiamo curarci di un outsider che vuole a tutti i costi portarti via con lui. Perciò domattina chiamerò Antony, per le novità..-
Le feci notare. E la lasciai, prendendola solo più per mano. Le nostre dita si stringevano, mentre ancora i nostri occhi se ne stavano lì ad intrecciarsi.
Poi, improvvisamente, la lasciò cadere.
La guardai, bieco. E lei, ancora dolcemente, si avvicinò.
Al punto che quasi mi vennero le vertigini, per la vicinanza del suo profumo, del suo viso, delle sue labbra. Del suo corpo, così dannatamente attraente, che bramavo da anni e che non avevo più potuto ottenere.
Poi, le sue braccia si strinsero attorno al mio collo. Ancora una volta, i suoi capelli m’invasero il viso, sprigionando un profumo invitante. Bloccai la respirazione, per un momento.
Sapevo che non potevo spingermi troppo in là. E quella vicinanza era troppo, troppo avventata.
E poi, le sue labbra continuavano a cercare impazienti le mie.
E le trovarono, per amore di entrambe. Per amore mio. Per il suo.
- Blair..-
La sua foga, mi colpiva. Ero convinto, assurdamente convinto, che lei volesse aspettare. Aspettare Evelyn, una stabilità mentale. Non volevo appropriami di qualcosa che non era a posto. Era sbagliato.
Eppure, continuava.
La stretta si fece più forte, quasi volesse contringermi alla resa.
- Blair, ti prego..-
Ero incoerente. Ero pieno di incongruenze. Volevo o non volevo? No, appropriarmi di lei (mia a tutti gli effetti) mentre la sua mente era ridotta in poltiglia era assurdamente egoistico. Ma che tentazione…
- Chuck..-
Ormai, eravamo sdraiati, l’uno sull’altro, avvinghiati come due perfette metà, buio e luce.
La sua voce era un sussurro, ed era accesa da quella passione che non sentivo da un pezzo ormai.
E che mi scatenava una marea di emozioni tutte in una volta.
- …  io sto bene. Bene, una meraviglia, nonostante Eve. Ma tra un mese.. potrebbe finire tutto, e tu lo sai. E 30 giorni… sono pochi, relativamente pochi. Per passare la mia vita. Con te, in particolare. Non faccio altro che pensarci da quando mi è stato riferito… il tempo è contato, i minuti lo sono. Le ore, i rintocchi dell’orologio… sono speciali. Sono da rendere importanti. Chuck, ho paura che il tempo mi scivoli via dalle mani. E non posso permettermi di andare via, senza averti reso mio, ancora una volta. Perciò, abbiamo questa notte. E le altre 28 che si prospetteranno. Facciamole divenire importanti, ok?-
Quelle parole, dette tutte in un colpo di fiato, mi spiazzarono del tutto.
E poi, ci stringemmo forti. Ci stringemmo l’uno all’altra, senza badare al tempo che scorreva. Senza pensare a cosa o chi ci avrebbe diviso. Nulla poteva farlo, finche il nostro cuore era in sintonia.
Finchè il suo cuore era con me e il mio nelle sue mani, niente li avrebbe separati. Che fossero i chilometri o un principe.
La feci mia, mentre la passione prendeva il sopravvento su chi eravamo ora, su quello che eravamo diventati. Mentre la notte scorreva, e le stelle scintillavano quasi quanto i suoi occhi.
Mentre le sue mani accarezzavano le mie spalle e il mio volto riusciva a sentire ancora il suo dolce profumo e i suoi sospiri.
Ecco che le nostre mani poi s’intrecciarono, mentre la forza dei nostri corpi che si univano portavano nel trionfo dell’amore anche le nostre menti. Anch’essi, all’unisono.
Come due anime in cerca del paradiso, le nostre avevano scontato il purgatorio ed erano pronte per entrare.
Insieme.
Ancora una volta, così come allora. Così come sempre.
Eravamo lì, che esprimevamo il nostro amore. Lo avevamo espresso in tutti i modi possibili, di recente. Molto, molto di recente. Ora, l’ultimo che ci rimaneva.
Quindi ancora, mentre ci accarezzavamo, mentre le nostre labbra s’incontravano, i nostri corpi si fondevano in uno solo.
E lasciammo che la notte ci prendesse tra le sue braccia, mentre noi non ci saremmo fatti distrarre nemmeno dal timido raggio di sole del mattino
 
 
 
POV SERENA.
I capelli mi solletivacano il volto, mentre me ne stavo sdraiata sul letto con quel libro in mano.
Aiutava la mia mente a distrarsi, in modo da non dover pensare a quello che avevo spinto Dan a fare.
Ma, dopotutto, era la verità. Lui era innamorato.
Non tenevo il cellulare acceso, non volevo vedere nemmeno uno dei blast che Gossip Girl avrebbe postato. Sarebbe stata una tortura.
“Blair e Dan? La nuova coppia” più qualcos’altro sul ragazzo solitario, la regina spodestata e il cavaliere oscuro.
Eppure, non riuscivo ad immaginare Chuck e Blair separati. Non lo sarebbero stati mai.
Neppure allora, quando Blair era fuggita a Monaco, lo erano stati. Avrei scommesso la mia vita che il suo cuore fosse ancora all’Empire, proprio nelle sue mani.
Non avevo mai giudicato davvero Chuck. Era il mio “fratellastro-masochista” a cui piaceva lo strazio. E non poteva, davvero, essere biasimato. Aveva avuto un’infanzia terribile, persa tra i ricordi sfocati e qualche preservativo in più per una notte con qualche svedese.
Poi, l’aveva incontrata.
Colpa mia? Forse. Se non fossi mai andata a letto con Nate, nulla sarebbe cambiato. E ora, sarei pronta a scommettere che la loro storia starebbe per culminare nel matrimonio. Chissà, forse il destino voleva così ed io l’avevo compromesso a vita tornando a New York. E se io l’avevo compromesso, la colpa della storia tormentata tra Chuck e Blair, era colpa mia.
Diamine, lo era sempre stata!
Avevo oscurato la luce di Blair, e sedotto il suo ragazzo. Io le avevo fatto male.
Io l’avevo indotta al “suicidio” con Chuck.
Eppure, una piccola ma difficile da soffocare, vocina, mi gridava che in realtà il destino era loro.
Quindi, l’avevo solo aiutato ad accadere.
E allora perché da anni la vedevo piangere, per lui? Che fosse a Monaco o ancora qui. Erano stati “insieme” o quasi per così tanto tempo.. e l’avevo sempre vista versare lacrime. Se il destino voleva questo, allora il destino era davvero crudele.
Chiusi il libro con uno scatto secco, mentre ancora faceva buio. Mentre ancora non riuscivo a prendere sonno. Mentre ancora ascoltavo il mio cuore scricchiolare per quello a cui lo stavo sopponendo.
Provavo pena, per lui.
Mi portai le mani fredde sulla fronte, per poi sdraiarmi. Chiusi le palpebre pesanti, dopo ore passate a pensare.
Cercavo di non sentire la testa pulsare dal dolore, mentre deglutivo e sospiravo, aspettando di addormentarmi nella città che non dorme mai.
 
 
 
 
 
POV CHUCK.
C’era il sole.
Era un sogno, credo, e c’era il sole.
Ma faceva freddo, un freddo pungente che non permetteva nemmeno di uscire.
Mi sentivo strano, quasi come se sapessi che c’era davvero qualcuno lì fuori pronto ad aspettare per me.
E poi, quasi con una particolare naturalezza, mi voltai sorridendo: c’era lei.
Lei era lì, statuaria, sorridente, che mi veniva incontro. Ma non era sola, no. Dietro di lei c’era una bambina. C’era LA bambina, Eve.
La piccola Evelyn era sul divano che guardava la tv, mentre sorrideva mostrando i denti bianchissimi e le labbra rosse; le fossette degli angeli e i capelli morbidi. Monkey era sdraiato sotto di lei, sotto le sue delicate carezze dalle manine paffute.
Sorridevo.
Sorridevo con il cuore.
Quasi le lacrime timide scendevano, quasi l’imbarazzo nel farle scendere si faceva sentire.
Perché proprio lì, in quel momento, quel momento giusto, era la MIA famiglia.
Lo era ,sul serio.
Non ero più solo.
 
Poi, con uno scatto improvviso, mi svegliai di soprassalto, colpito dal tintinnio fastidioso del cellulare.
 
 
 
POV BLAIR.
La fastidiosa suoneria svegliò entrambe. Eravamo abbracciati, legati l’uno all’altra, quando entrambe sobbalzammo.
Chi mai poteva chiamarci? Fuori, nemmeno le prime luci del mattino erano ancora uscite.
Ancora il sole, con la sua luce forte, se ne stava assopito, dando al cielo la voglia di buio.
Mi strofinai delicatamente gli occhi, mentre Chuck rispondeva scocciato alla chiamata.
-Sì?-
Sospirò.
- Come sarebbe?-
Il suo volto si fece corrucciato, e le sue mani si posero sulla fronte. Inclinai di lato la testa, per chiedergli cosa avesse scatenato tale reazione.
Mi fece un cenno: ne avremo parlato dopo.
- Sicuro? Proprio ora?-
Insisteva, e più lo faceva, più mi spaventava.
- Aspettami, mi vesto e arrivo, così ne parliamo.-
Buttò infuriato il cellulare sul letto. E si rivolse verso di me.
- Era Antony.-
E fu come se tutto diventasse buio.
Capii che tutto stava peggiorando, altrimenti non sarebbe dovuto scappare via. A malapena chiesi spiegazioni, perché mi mancò l’aria e smisi di respirare. Lo feci per un po’, fino a quando tutto divenne davvero oscuro e io lasciai che la mia mente si difendesse come meglio credeva.
 
                                                                **
 
 
-Mamma, andiamo fuori.-
Il sole, il caldo.
Mia figlia mi tirava per un braccio: così piccola, e così testarda.
Il vestitino bianco, che le donava davvero moltissimo e avevamo scelto con cura insieme, era un misto stra pizzo e organza, e i suoi capelli erano legati in due codini perfetti, con boccoli talmente ordinati al punto da sembrare irreali.
E le scarpe di vernice bianca, erano diverse da quelle che aveva chiesto Louis per il party. Ma sinceramente, a noi non importava granchè.
- No, Evelyn… lo sai che non possiamo.-
Mi sedetti sul divano antico, di quelli che solo con uno sguardo di troppo l’ avresti di sicuro sgualcito. Ma io, e le mie movenze delicate, ormai ci avevamo fatto l’abitudine.
La presi sulle gambe, e l’abbracciai forte.
- Ma mamma io voglio andare al mare!-
Dai suoi occhi, così tristi, uscì una lacrima che mi apprestai a catturare in tutta velocità.
La strinsi appena un po’ più forte, quasi avessi paura che scappasse.
- Ci andremo.- le promisi, sorridendo.
- Insieme?-
Esortò.
E io le risposi con un bacio sulla guancia bianca latte.
- Ne dubiti? Non farlo, noi saremo sempre insieme.-
 
 
Poi la luce del ricordo si spostò. Divenne accecante, e più reale. Fu come se fossi lì, ancora una volta. Mentre la mente mi spingeva a ricordare. Mentre io non volevo farlo.
- Vado a prendere Eve, spostati.-
Mi diressi verso la porta, mentre lui mi teneva con il braccio.
- No, non hai capito.-
S’avvicinò, mentre speravo che il mio cervello mi avesse fatto capire male.
- .. Evelyn resta qui. Hai firmato, lo sapevi.-
Mi accarezzò il braccio, mentre io la stavo pagando cara per quella bugia.
Se solo avessi detto la verità…
Poi, le lacrime uscirono con un’intensità tagliente, al punto che lacerarono anche il mio cuore.
Guardavo intorno a me, verso la porta bianca.
- No, è mia figlia!-
Gridavo.
Il palazzo era grande, speravo che lei mi sentisse. Speravo che venisse da me.
Avrei voluto abbracciarla, prenderla.
Rivedere la scena da un altro lato, era addirittura più struggente.
Louis non rispondeva.
Lui, le sue braccia conserte, mi separavano dal mio cuore. Dal mio cervello. Da quella che ormai ero io.
Lei era MIA.
- è MIA, Louis. Non ci pensi?-
Cercavo di far leva sui suoi sentimenti, cercavo di trovare qualcosa che lo spingesse a tirarsi indietro.
Ma mi sbagliavo; il suo cuore, era più che di pietra.
- Starà bene.-
Poi, sentimmo lo scricchiolio della porta in legno. I suoi occhi erano spaesati, la sua boccuccia aperta.
Feci un passo avanti, lo feci e lo avrei fatto anche se Louis avesse chiamato qualcuno. E lui mi tenne, cercando di separarci.
Evelyn cercava di venire,  fece qualche passetto, ma la mano dell’uomo la bloccava.
- Ma cherie…-
Scoppiò in pianto, la bimba deliziosa. Scoppiò a piangere nell’istante in cui l’impediva di arrivare tra le braccia di sua madre.
Mentre voleva sorridere, un abbraccio.
Quello che non avevo avuto io, e che volevo darle.
Inutile chiamarla, vedevo le sue manine tendersi e mi annientavo dall’interno al solo pensiero.
La guardavo, continuava a gridare mentre veniva strappata via da me.
Mentre io dovetti correre via, sapendo che quel ricordo me lo sarei portata dietro per sempre anche non volendo.
I suoi occhi erano talmente gonfi che avrei preferito non vederli.
 
Incredibilmente, qualcuno mi scosse da quell’incubo cupo. Qualcuno mi asciugava le lacrime che erano sgorgate nel viale dei ricordi più lungo ed insidioso che avessi mai percorso.
Aprii gli occhi, ancora singhiozzante e scossa.
Quasi semplicemente, mi aggrappai come un’ancora alle braccia di lui che mi si prestava davanti, con tutto il suo amore.
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Ero morta?Possibile, davvero xD
Però ho avuto davvero troppe cose da fare, gli ultimi tempi. E scrivere… beh, lo facevo ogni tanto quando avevo tempo. Ma Evelyn, Blair e Chuck mi sono rimasti tutti nel cuore.
Per questo, in queste vacanze, ho finito il capitolo.
Tengo a precisare che riprenderemo di nuovo il corso normale delle cose, un capitolo a settimana! Don’t worry, guys!
E continuiamo a sperare per il Chair, che vada tutto per il meglio.
Ringrazio tutti, i lettori silenziosi e i recensori.
Vi voglio bene!
Alla prossima,
C.
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Gossip Girl / Vai alla pagina dell'autore: Linn_CullenBass