Fanfic su artisti musicali > Linkin Park
Ricorda la storia  |       
Autore: Akane    02/05/2012    2 recensioni
"Il Gioco poteva chiamare fuori quando voleva, bisognava essere pronti e non avere rimpianti ma soprattutto darsi da fare per individuare le cose veramente importanti e non mollarle mai per nessuna ragione al mondo. Chester giurò a sé stesso che non si sarebbe mai e poi mai fatto sfuggire Mike."
Tutto comincia con la salute di Chester che va sempre peggio... poi prosegue con un avvicinamento inatteso con Mike e va avanti con le conseguenti paure. Paure che non portano mai a niente di buono. Ma la luce è dietro l'angolo ed ha il viso di Mike, per Chester.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chester Bennington, Mike Shinoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
TITOLO: Per ricostruirlo
AUTORE: Akane
SERIE: RPF- Linkin Park
GENERE: sentimentale, drammatico
TIPO: 4 capitoli, slash
RATING: arancione per gli argomenti…
PAIRING: MikeXChester (Bennoda forever)
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di loro stessi poiché reali, ciò che faccio io è solo immaginare e non faccio male a nessuno. Se non nella fic…
NOTE: il primo capitolo lo scrissi mesi fa convinta che sarebbe stata una fic demenziale erotica. Poi è uscito il nuovo singolo ed è diventata una cosa seria. Ho anche letto delle interviste che spiegavano dettagliatamente la storia dell’ernia iatale di Chester, del suo decorso e vari altri dettagli, quindi le cose che ho inserite riguardo la sua salute ed il resto sono vere, così come le sue varie reazioni ed il fatto che è andato in tour in quelle condizioni. Quello che ho scritto è la mia un’interpretazione della realtà e dei fatti realmente accaduti. In aggiunta ci sono le scene di loro due insieme, ovviamente, ma non serve dirlo.
Ho già scritto di questo periodo di Chester in Meteora, inizialmente doveva infatti essere un prequel di quella serie ma poi sono andata avanti in altro modo… a quanto pare non riesco a smettere di scrivere di quel periodo di Chester e di metterli insieme in tutti i modi ma sempre in quel momento… probabilmente è veramente lì che si sono fidanzati!!!
Comunque godetevi questa fic. Siccome sostanzialmente la sua crisi e la resurrezione l’ho già approfondita a dovere, qua si tratta di una versione alternativa -fino ad un certo punto- con l’aggiunta di scene e dettagli ulteriori che nell’altra non c’era. In realtà non è uguale a Morto all’alba, anzi, però di base la storia è quella. Cambiano le scene, i dettagli… insomma, è venuta così!
Ho scritto gli ultimi tre capitoli in un pomeriggio, quindi è andata da sé!
Spero vi piaccia.
Siccome è già pronta pubblico circa un capitolo ogni 5 giorni. Il prossimo sarà lunedì. Buona lettura. Baci Akane


PER RICOSTRUIRLO

CAPITOLO 1:
L’INIZIO DI UN ABISSO

- Ma che diavolo chiami me? Hai mal di schiena e non riesci a muoverti, mi spieghi cosa pensi che possa fare io? Mica ho la bacchetta magica, cazzo! Chiama tua moglie! -
La voce di Mike arrivò isterica all’orecchio di Chester e capì subito di aver fatto una cazzata a chiamare lui, suo malgrado non potendolo ammettere sbraitò al telefono un po’ per superare il proprio dolore ed un po’ per imporsi sull’altro.
- HO LITIGATO CON SAM! NON E’ QUA E NON ME NE FOTTE DI DOVE SIA MA TU VIENI SUBITO E AIUTAMI ALTRIMENTI MUOIO, CAZZO! -
Mike capendo che avrebbe anche potuto continuare ad urlare pur di farsi accontentare, decise di risparmiare le sue corde vocali per il tour di prossimo inizio e sbuffando mise giù il telefono alzandosi dal computer.
Ancora non capiva cosa diavolo pensava potesse fare lui se aveva mal di schiena!
Mica era un fisiatra!
Nonostante questo non poté che sentirsi anche vagamente orgoglioso di essere stato il primo a cui Chester aveva pensato.
Corse da lui a rotta di collo e nel giro di pochi minuti fu a casa sua, salutò i cuccioli che gli aveva portato lui stesso in casa diventandone la mamma ed entrò da dietro nel sistema che lui e pochi intimi sapevano.
Quando fu dentro lo chiamò non avendo idea di dove fosse, poi la sua voce melodiosa gracchiò da sopra e dedusse che fosse in camera; salì le scale saltando i gradini due a due, all’ultimo si inciampò finendo per fare gli ultimi in ginocchio e si rese conto che forse aveva un tantino troppa frenesia e schiaffeggiandosi si calmò.
Era assurda tanta fretta, aveva solo mal di schiena, che diavolo poteva mai essere di così grave?
- QUANTO CAZZO TI CI VUOLE PER VENIRE? - Chester sembrava stesse morendo e quando sbucò in camera lo vide steso nel letto immobile a pancia in su, dritto e rigido come un morto. Anche il pallore e le occhiaie non erano male ed essendo in boxer si vedeva tutta la sua eccessiva magrezza.
Mike si fermò e non trattenne un’aria impressionata.
- Chez, sembri morto! - Nemmeno l’esclamazione la trattenne, se era per quello.
- Grazie, eh? Lo so da me che sto male da morire, porca puttana! E sono solo come un cane, troia merda! - Il solito linguaggio scurrile a cui Mike era abituato.
Si avvicinò ridacchiando, se ne diceva tante significava che non stava poi tanto male, no?
- Cosa posso fare? - Chiese non sapendo effettivamente come essergli utile.
- Aiutami ad alzarmi che devo pisciare, non riesco a muovermi senza cainare come una merda. Poi mi prendo degli antidolorifici. -
- Scusa ma mi hai chiamato solo per aiutarti ad alzarti? - Chiese incredulo.
- Certo cazzo, come pensi che faccia, mi piscio a letto? - Il rapper sorvolò e sospirando paziente si avvicinò immaginando di avere a che fare con suo figlio. Si chinò e facendosi passare un braccio intorno al collo lo cinse a sua volta e cercando di essere delicato l’alzò. La valanga di insulti lo investì come una locomotiva e piegando il capo dall’altra parte si chiese se potesse avere la grazia di non sentirne altri almeno per un po’. Non ne ebbe.
Quando dopo molta fatica riuscì a metterlo in piedi girò la testa per guardarlo, si era fatto stranamente silenzioso e capendo quanto stesse male cominciò a preoccuparsi seriamente.
- Chez, ma stai veramente male… - Come se fino a quel momento avesse fatto finta!
- Che cazzo pensi ti abbia chiamato a fare, per capriccio? - Chiese scorbutico.
- No ma non pensavo a questi livelli… sei giallognolo! - non riusciva nemmeno a smettere di guardarlo, lo trovava davvero spaventoso e nel tenergli un braccio intorno alla schiena sentiva anche le ossa. Era troppo magro… - Ma stai mangiando? - Chiese infatti sempre più preoccupato palpeggiandolo.
- No ma mi piscio addosso se non ti sbrighi! - Grugnì stufo mentre si teneva le parti basse per farsi da tappo.
Mike arrossì e riscuotendosi si sbrigò a portarlo al bagno. Sembrava non riuscisse nemmeno a camminare da solo e la cosa era davvero allarmante.
- Ce la fai? - Chiese premuroso giunto davanti al water.
- Vuoi tenermi il cazzo tu? - Chiese sgarbato e con una vaga punta di malizia che fece arrossire ulteriormente il povero assistente. Senza dire nulla si affrettò a mollarlo e a girarsi. Non c’erano veri problemi nel vedersi nudi o a fare i propri bisogni insieme, per lo meno in teoria non sarebbero dovuti esserci… Mike a quanto pareva ne aveva… e l’aveva scoperto solo ora!
Quando sentì l’acqua dello sciacquone tornò a guardarlo e come si aspettava lo trovò con il braccio teso verso di lui e l’altro a tenersi la schiena, doveva fargli molto male. Gemette quella decina di volte nel tragitto fino al lavandino e all’armadietto dei medicinali e preoccupandosi sempre più, cominciò a chiedere ansioso:
- Ascolta, ma non è meglio andare in ospedale? Ti vedo troppo male… secondo me non è solo il solito mal di schiena… -
- Fammi prendere sta roba, se non mi passa andiamo. - Dando per scontato che Mike sarebbe rimasto con lui tutto il tempo.
Lo vide prendere gli antidolorifici e senza per quello preoccuparsi di meno lo riaccompagnò fuori.
- Con questa roba devi mangiare qualcosa o ti rovini lo stomaco… -
Ma non fece in tempo a convincerlo che lo vide sudare copiosamente quasi subito.
Ormai era chiaro che la cosa stava degenerando e nel vederlo faticare tanto per qualunque tipo di movimento, si fermò in camera, lo sedette nel letto dove rimase rigido tenendosi nel lenzuolo, tirava e il colore non era affatto migliorato.
- Chez, chiamo il medico, stai troppo male, sudi freddo, sei spaventoso e… - silenzio. - E non insulti! - La cosa davvero grave era che non parlava e lui stava diventando sempre più isterico e più questo succedeva, più l’altro si innervosiva.
Voleva insultarlo come meritava e gridare ma la sola idea di fare qualunque cosa, anche solo parlare, lo faceva vomitare e quando vide Mike scuotere la testa sempre più isterico, nella confusione del suo malessere generale che prendeva la punta della testa da quella dei piedi, e prendere il telefono fu lieto che capisse cosa cercava di dirgli.
Non riusciva nemmeno a muovere i muscoli della mascella dal tanto che era contratto per il dolore.
Tutti quelli del corpo erano tirati al limite dell’impossibile e volendo solo gridare si ritrovò a girare gli occhi a macchina per guardare prima Mike terrorizzato e preoccupato e poi i vestiti. Solo le pupille riusciva a girare.
Alla fine Mike capì e prima di fare la chiamata a non sapeva nemmeno lui chi, l’aiutò a vestirsi.
- Giusto, hai ragione, ora ti vesto, non puoi andare da nessuna parte così. Poi ti porto io in ospedale che facciamo prima così non devo spiegare niente, quando sono così divento un‘incapace! - Chester provando ad immaginarselo si calmò un po’ ma non fu abbastanza perché si ritrovò di nuovo a stringere i denti nel momento in cui Mike gli mise le mani addosso.
Eppure doveva essere bello…
Fu un pensiero al volo completamente incontrollato e irrazionale a cui non diede peso per lo stato in cui era.
Mike gli infilò i jeans e glieli lasciò abbassati in modo da alzarglieli dopo, quindi gli infilò la maglia e obbligandolo a movimenti un po’ più ampi dell’immobilità di prima, cominciò ad ansimare per la fatica ed il dolore. Gli occhi lucidi e Mike un’anima in pena che ansimava a sua volta in simbiosi con lui, era come se stessero male insieme, fu davvero una cosa anomala ma nessuno avrebbe dimenticato il momento successivo.
Quando dovette alzarlo per mettergli su i jeans, Chester gli si aggrappò convulso come se non sapesse più stare in piedi e stringendogli le braccia al collo lo fece faticare non poco nel completare il lavoro.
Dopo tanto sforzo da parte di entrambi Mike lo tenne a sé abbracciandolo senza rifletterci. Era in uno stato pietoso, continuava a sudare ed era sempre più rigido. Gli toglieva il fiato da tanto che lo stringeva ma non era per quello che non si scioglieva da lui e che se lo teneva aggrappato in quel modo, era perché gli appariva tanto fragile e sottile che nel lasciarlo andare aveva paura di non riuscire più a riprenderlo.
La paura che cominciò a provare in quel momento fu l’inizio di un abisso che sarebbe durato molto tempo.
- Devi lasciarmi perché così non riesco a chiamare… - Fu lì che si accorse di aver freneticamente cambiato idea dieci volte nel giro di un minuto e solo allora capì di essere nel panico per le condizioni di Chester.
Condizioni sempre peggiori.
Quando il ragazzo si lasciò cadere nel letto Mike pensò che l’avesse fatto apposta per permettergli di chiamare il 911 ma quando realizzò che invece stava tremando in maniera troppo vistosa per essere una cosa pseudo normale, per un momento non vennero anche a lui le convulsioni.
Cominciò a chiamarlo con voce da ultrasuoni e inginocchiandosi su di lui sul letto si coprì la bocca senza sapere cosa diavolo fare.
Nemmeno provava a riflettere, la mente completamente spenta e solo il viso pallido di Chester che soffriva in quel modo atroce davanti a lui, gli occhi all’indietro.
“Ha le convulsioni! Chester ha le convulsioni! O porca puttana, Chester ha le convulsioni! Che cazzo faccio? Cosa diavolo si fa in questi casi? Non ricordo un fottuto nulla!”
Ma senza saperlo si trovò a fare né più né meno ciò che andava fatto. Fece attenzione che non cadesse e non si ferisse da solo e solo quando finì e rimase svenuto si ricordò della regola basilare.
Chiamare i soccorsi.
Spentosi per dei proverbiali minuti atroci, gli stessi delle convulsioni di Chester, compose il numero e chiamò l’ambulanza ma fu talmente isterico al telefono che capirono a malapena di dover venire a quell’indirizzo a prendere qualcuno che forse stava per morire.
Asciugandogli senza nemmeno accorgersene il sudore dal viso sciupato e segnato, finì per carezzarlo preoccupato, l’ansia lo stava divorando e pensando che fosse così avere un cancro gli prese la mano e se la strinse sulle labbra. Non aveva la minima idea di che cosa stava facendo, tanto meno che non era normale. Sapeva solo che era terribile vederlo così e che voleva si svegliasse e lo insultasse come al solito. Voleva litigarci per divertirsi, voleva sentirlo gridare e vederlo saltare, ma rimase a guardarlo mentre il cervello continuava ad annegare in una preghiera senza fine. Una preghiera che aiutasse Chester.

Riprendersi non fu traumatico, il peggio fu la degenza.
- Ma cosa cazzo ho? -
- Non possiamo esserne certi senza tutti i risultati in mano e non azzardiamo ipotesi inutili. -
- E’ grave, ecco cosa c’è! -
- Ma no, signor Bennington… è solo che non vogliamo allarmarla per niente… -
- Sti cazzi! Se non fosse grave me lo direste subito, evitate di dirmi cosa ho solo perché è grave e non sapete come dirlo! Fanculo, voglio saperlo! -
- Non è assolutamente così, mi creda! -
- Allora dimettetemi! -
- Non se ne parla, dobbiamo essere sicuri. -
- Sto per morire! Ho un cancro allo stadio terminale ed aspettate che vengano i miei per farmelo dire da loro! Allora sappiate che sprecate il vostro tempo, mio padre non sa dare le notizie e mia madre è ipocondriaca e vi muore lì se glielo dite! Per non parlare di Mike! Ditelo a Rob, lui sa dare le notizie! -
- No, davvero, mi creda, non è niente del genere. Vogliamo solo avere i risultati in mano prima di parlarne. Non si preoccupi prima del tempo! -
- Prima del tempo? Vuol dire che però dovrò preoccuparmi? Lo vedi! Dimmi di cosa sto per morire! -
Il dottore non sapendo più come fare benedì l’entrata di Mike e dal suo sguardo il ragazzo capì subito quanto insopportabile dovesse essere stato Chester fino a quel momento, non poté che sorridere divertito.
- Non lo convincerà mai finchè non gli mostrate le prove! - Disse scherzando provando a sdrammatizzare. In realtà era il più teso di tutti ma cercava di non tornare a fare l’isterico come era successo al telefono.
- Vi lascio soli, appena so qualcosa lo saprete subito. Intanto il signor Bennington dovrà rimanere a dormire qua. Ci vorrà almeno un giorno per sapere tutto. -
Chester fece una smorfia da ‘ti uccido’ e vedendo che aveva preso in mano la sua flebo per tirargliela, Mike corse per fermarlo permettendo così al povero dottore di andarsene.
Quando furono soli, Chester sospirò insofferente.
- Mike, sto per morire! Perché non mi dicono niente? - Il tono lamentoso di chi era veramente al limite massimo. A Mike si strinse il cuore e il momento delle risate svanì quando capì quanto stava male interiormente.
Era meglio di ore prima ma era ancora sciupato e pallido, oltre che pieno di mal di schiena.
Sedendosi sul bordo del letto scivolò con la mano dal polso che aveva dovuto fermare fino alla mano e tenendogliela fra le sue lo strinse senza preoccuparsi di apparire melenso o effemminato. Non gli importava e nemmeno a Chester. Gli era solo lieto che stesse lì con lui e lo tenesse ancorato sul mondo.
Il compagno sospirò cercando di placare entrambi gli animi in subbuglio e scambiandosi degli sguardi molto significativi e comunicativi, quello di Mike sfociò presto nel dolce e comprensivo.
Era scosso, non sapeva cosa farci e oltretutto era anche pieno di paura e quello lo sapeva gestire ancora meno.
- Hai chiamato Sam? - Chiese per cambiare discorso. Chester si riprese in fretta e nonostante rimanesse steso e pressoché immobile, dimostrò un disprezzo quasi immediato in reazione al nome.
- No e non intendo farlo! Non gliene fotte un cazzo di me! Quando avevo bisogno di lei c’eri tu! Allora che stia dove diavolo è, fanculo! - Sbottò infatti acceso. Ad un forte giramento di testa trattenne il respiro e chiuse gli occhi premendo la mano libera sulla fronte.
Anche quel semplice gesto era faticoso e pesante. Alzarsi dal letto era praticamente impensabile.
Mike più preoccupato per quello che per la litigata con sua moglie, rispose piano stringendo la presa:
- Come stai ora? -
Il tono si placò immediatamente e come se fossero di nuovo altre persone, rispose flebile distogliendo lo sguardo dal suo. Aveva quasi timore dei suoi occhi in qualche modo. Pensieri gli giravano in testa portati da paranoie e da un’infanzia traditrice.
- Ancora di merda… all’idea di alzarmi mi gira la testa e a quella di mangiare mi vien da vomitare ancor prima. Non ho proprio forze e se provo a girarmi da questa posizione la schiena mi uccide. Cazzo, Mike, cos’ho? - E dire che Mike era anche più agitato di lui… come poteva tranquillizzarlo?
Mordendosi il labbro cercò un sorriso tirato che non lo convinse per nulla.
- Dai, cosa vuoi che sia? Sei il solito esagerato! Quelle cose non le devi nemmeno pensare! - Peccato che nonostante volesse scherzare e sdrammatizzare non gli venisse niente.
Chester capì che anche lui era preoccupato e si arrabbiò con sé stesso per essere la causa di quella sua ansia. Normalmente gli piaceva essere al centro dell’attenzione, ma in quel caso non era per niente bello.
- Hai paura anche tu. - Mormorò come se caricasse una pistola.
- Perché ce l’hai tu. Ammetti che vederti spaventato non è comune! - questa gli uscì quasi bene e Chester accennò ad un vago sorriso piccolo piccolo ammettendo che aveva ragione.
- Ma glissano quando gli chiedo cos’ho… quando ti fanno la visita preliminare e vedono i sintomi si fanno sempre un’idea, perché non vogliono dirmi niente? Mi dicono solo che non è il caso di preoccuparsi prima di sapere qualcosa di sicuro, questo per me vuol dire che comunque è qualcosa di preoccupante altrimenti stanerebbero subito ogni cazzo di dubbio, no? Io voglio solo essere tranquillizzato… Mike, vacci a parlare tu, magari ti dicono qualcosa… - Mike sorrise complice.
- Ho mandato Brad e Rob perché quando ci ho provato io per poco non me lo mangiavo! Certo niente confronto a te! - Chester provando ad immaginarlo rise con stanchezza e più rilassato di prima riuscì a mettere da parte momentaneamente i brutti pensieri.
Solo rimandati alla notte.
Mike cercò un altro spunto per distrarlo ancora un po’ e con un sorriso quasi triste che non gli si addiceva per niente, gli toccò con l’altra mano i capelli biondi.
- Ehi, che colore ci facciamo la prossima volta? -
- Pensavo al rosso! - Mike non riuscendo ad immaginarsi nessuno dei due di quel colore pensò che l’avrebbe accontentato lo stesso una volta usciti da lì, nella speranza che fosse presto.
- Fatta! Appena esci ci andiamo subito insieme! - Rispose sforzandosi di essere allegro. In realtà ad ogni minuto che passava così era sempre più ansioso, a momenti non sarebbe più riuscito a tenersi a freno. Capendo che prima di tornare ad uscire di testa dalla preoccupazione era meglio uscire e lasciarlo solo, si fece di nuovo serio.
- Dai, vedrai che starai bene! - Anche se la flebo al braccio che avrebbe dovuto aiutarlo non sembrava funzionare molto bene. Solo la schiena gli dava tregua.
L’immagine delle sue convulsioni erano troppo vivide.
- Non voglio dormire qua, Mike… - Mormorò in una pallida imitazione dei suoi capricci. - odio gli ospedali! - Sempre qualche brutto ricordo legato a quel posto. - Mi sentirò solo come una merda. -
Mike cercò di nuovo di sorridere ma ancora non lo lasciava né veniva lasciato.
- Macchè solo! Con tutte le infermiere che ci sono! -
- Cos’è, mi stai suggerendo di tradire quella stronza di mia moglie? - Cercò di stare al gioco ma anche a lui gli veniva male, era quasi una parodia riuscita male.
- Quanto sei scemo… chiamala così non sarai solo, stanotte! -
Anche se per un momento aveva sperato chiedesse a lui di rimanere. Un momento in cui Chester stesso l’avrebbe voluto.
- Solo quando sarò disperato. -
- Non puoi non dirle che sei in ospedale! Hai avuto le c… - ma nel provare a dirlo si fermò, la voce proprio non gli usciva come se ci fosse un blocco psicologico e capendo che era proprio così impallidì a sua volta in un muto ‘mi dispiace’ che non seppe dire. Fu il turno di Chester di stringere la mano nella propria per fargli capire che andava bene.
- Non devo essere stato un bello spettacolo. -
- Andrà tutto bene, non è nulla, ne sono sicuro. - Quando lo disse fu chiaro il suo voler cambiare argomento come anche il cercare di scappare per preoccuparsi liberamente ancora un po’, Chester lo capì ma con egoismo cercò di tenerselo ancora con sé, non voleva separarsi da lui, tutto lì.
- Non lo so, non mi dicono niente… ed ho visto troppo bene come la vita sa rivoltarsi contro di me… è solo una puttana che allarga le gambe al miglior offerente. Io non ho mai avuto niente di buono da offrirle… - Come filosofia di vita era strana e fantasiosa a modo suo, Mike accennò solo ad un vago sorriso ma non trovò nulla da dire, non sapeva molto della sua vita prima, solo che sicuramente ne aveva passate di brutte e che aveva un passato da tossico o qualcosa del genere. Non sapeva di preciso niente ma ad un’affermazione simile c’era da credere che dovesse essere stata bella dura.
Eppure rifiutava categoricamente di credere che fosse come diceva lui.
- Non questa volta. - Ma non riusciva ad essere convincente al cento percento e se ne rendeva conto lui stesso. Fu per questo che decise di andarsene, per evitare di infossarlo ulteriormente nelle sue paranoie già molto ben sviluppate di loro.
Riuscì ad andarsene con fatica e Chester riuscì a chiamare Samantah, a rivederla, farci pace e a litigarci di nuovo.

Passare la notte da solo in ospedale con ogni persona del servizio sanitario che lavorava lì dentro che glissava sulle sue domande, non fu la cosa migliore per lui che cercava sempre di evitare i propri pensieri.
Lì trovandocisi completamente solo e non riuscendo proprio ad ignorarli, col buio tutt’intorno e l’incapacità di convincersi che non era niente e che era solo esagerato, non riuscì a trattenersi dal chiamare Mike.
Gli rispose quasi subito e la sua voce non era roca, significava che probabilmente stava passando la notte sveglio anche lui.
- Chez? Stai male? - La prima cosa che gli chiese con ansia palpabile fu questo e Chester si sentì una schifezza nell’avergli provocato quello stato allucinato, però non poteva proprio farci nulla, assolutamente.
- No no… volevo solo parlare con qualcuno… ho di nuovo litigato con Sam, così sono qua solo come una merda e… niente… pensavo… non riesco a dormire… - Si sentì talmente idiota a giustificarsi che sperò Mike lo fermasse, quando lo fece gliene fu grato.
- Immagino. A… a cosa pensi? - era notte e forse fu quello a fare da complice per quell’atmosfera intima e malinconica da parte di entrambi, o forse no. Forse era nell’aria ugualmente. Però premendosi il dorso della mano sulla fronte e chiudendo gli occhi, provò ad immaginarsi Mike lì con lui e fu tutto più facile.
Non si era mai aperto, non era mai arrivato a riflettere su certe cose…
- A quello che conta veramente… facevo un po’ le somme della mia vita… - Mike avrebbe voluto dirgli che era presto e che era un’idiota ma capiva che aveva bisogno di dirlo a qualcuno, per questo lo faceva parlare e non lo fermava.
- Che somme ha la tua? - Lieto di essere assecondato, Chester proseguì con un peso che si stava togliendo solo perché poteva dirlo a qualcuno.
- Basse. Prima di incontrarti era una vera merda ed onestamente anche ora l’unico aspetto bello della mia vita è il gruppo. Fortunatamente le cose con la musica sembrano andare bene e penso sia l’unica cosa che mi tiene qua. Altrimenti l’avrei già fatta finita, credimi. - Mike che non sapeva niente di preciso della sua vita di prima, disse istintivamente quello che gli venne. Piano e delicato.
- L’hai avuta dura fin qua, si? - Si sentiva capito anche se sapeva che Mike non sapeva niente. A Chester bastava questo.
- Non immagini. Una merda. Però sono ancora qua, anche se non so per quanto ancora e… boh… spero di rivederti e continuare a cantare con te… - Fu quello che gli era premuto tanto dire, per cui non aveva potuto aspettare il giorno dopo perché poi col giorno era tutto diverso, tutto. I coraggi svanivano troppo velocemente e le parole giuste erano un terno al lotto.
La voce di Mike era incrinata e con la voglia di entrambi di vedersi e tranquillizzarsi a vicenda, riuscì a malapena a dire:
- Certo che mi rivedi, idiota. Domani torno per sapere a che punto sono questi benedetti esami. Cosa credi, che possa fare a meno del mio cantante? Ora che ti ho trovato non ti mollo più! - non era certo che fosse una cosa normale da dirsi fra compagni di gruppo, ma la disse comunque e non se ne preoccupò perché era notte e andava bene così.
Sempre i pensieri contorti alla Chez.
- Non azzardarti mai, a qualunque costo, sai! - Questa suonò come una minaccia ma fu talmente spontanea e liberatoria che sollevò Mike che sorrise dall’altra parte del telefono.
Era bello anche sentirsi così indispensabili l’uno per l’altro in un modo che ancora non riuscivano a mettere a fuoco.
- Se ti può dar sollievo stavo pregando per te. Parlavo con Dio e gli stavo chiedendo di lasciarti libero da tutti i pesi continui che ti arrivano sistematicamente in un modo o nell’altro. Spero che mi ascolti. - Sapeva che Chester aveva seri problemi con Dio ma lui invece ci credeva e trovava sollievo nella sua fede. Non rispose, non lo criticò, non disse niente a proposito se non un flebile e stranissimo ‘grazie’ che lasciò di sasso Mike.
Parlarono di tutto e di niente per tutta la notte, senza essere particolarmente profondi ma nemmeno superficiali.
Niente di personale, niente sui loro passati, però filosofie di vita, fede, credenze e soprattutto sensazioni. Fra brutte e belle, la notte passò e Chester all’alba non aveva più il peso che aveva avuto prima ed anzi una cosa preziosa da quella pessima situazione l’aveva imparata.
Il Gioco poteva chiamare fuori quando voleva, bisognava essere pronti e non avere rimpianti ma soprattutto darsi da fare per individuare le cose veramente importanti e non mollarle mai per nessuna ragione al mondo. Chester giurò a sé stesso che non si sarebbe mai e poi mai fatto sfuggire Mike.
Mai.
Per nessuna ragione al mondo.

Quando il giorno dopo lo rivide non seppe dire se fu più il sollievo per lui e il riaverlo lì davanti ai suoi occhi oppure per la notizia che aveva un ernia iatale e che non stava per morire. Certo era una brutta bestia ma si poteva curare e non sarebbe morto.
Gran bella notizia.
Eppure, stranamente, ancora più bello fu il sorriso di Mike e poi il suo piombargli addosso per festeggiarlo con esuberanza.
Quello fu decisamente migliore di qualsiasi altra cosa, anche se questo gli provocò una morte anticipata. Pensò che fosse comunque una bella morte.
E capire che si stava facendo coinvolgere troppo da Mike non servì ad evitarlo e a correre ai ripari, perché contro certe cose non si poteva combattere, solo assecondarle.
Chester assecondò ma forse assecondò un po’ troppo e soprattutto un po’ tutto. Anche le cose sbagliate.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Linkin Park / Vai alla pagina dell'autore: Akane