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Autore: Ciulla    03/05/2012    5 recensioni
Mor/Mor! Sì, di nuovo.
C'è un filo di Molly/Jim, ma poco poco, giusto per dare l'occasione a Seb di farsi sentire ^^ Buona lettura! La parte in corsivo parla di un evento passato.
"“Lo sai, Jim? Quella notte, mentre tu dormivi placidamente, io mi lamentavo in silenzio. Anche quando ormai non provavo più disagio fisico, non riuscii ad addormentarmi. Eri addosso a me, ad una vicinanza prima mai condivisa tanto a lungo, eppure non riuscivo a smettere di soffrire per ciò a cui avevo assistito, per quel bacio rubato a cui tu non avevi opposto resistenza.”
Seb sospirò, sistemandosi meglio contro la lapide e ripassando con un dito l’iscrizione del nome del suo capo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Jim Moriarty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Mormor'
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 L’amicizia tra maschio e femmina non esiste, o almeno così dicono in molti.
E’ una convinzione molto diffusa. Due persone appartenenti a sessi opposti non dovrebbero avere interessi l’una nei confronti dell’altra, a meno che questi interessi non riguardino in qualche modo il livello fisico.
Quindi, se un uomo e una donna sono amici, almeno uno dei due deve essere attratto dall’altro. Un’idea semplice da capire, no? Ma è un’idea che causa molte paranoie qualora ti ritrovassi ad avere un amico dell’altro sesso.
Molly Hooper, giovane timida e insicura, dava molta fiducia a questa e altre opinioni comuni, specialmente quando esse contrastavano con le proprie idee; tendeva sempre a dare per scontato di avere torto, se qualcuno non era d’accordo con lei. Si tirava indietro, alzando le mani e annuendo in segno di resa, con quel dolce e imbarazzato sorriso ad addolcirne l’espressione sconfitta.
Raramente si impuntava, e quando accadeva lo faceva solo su qualcosa in cui credeva davvero, come quando insisteva nel flirtare con Sherlock nonostante tutto e tutti fossero contro di lei.
Perché lei, nella vita, era sicura di una sola cosa: amava Sherlock Holmes.
Mentre  di questo rapporto che la legava a quest’altro uomo non era affatto sicura.
Lo guardava ridere, lo sentiva raccontare, sorrideva alle sue battute e rispondeva alle sue domande, ma la sua mente era occupata da tutt’altro.
Rifletteva, fissando il suo viso allegro e spensierato. E ne provata simpatia, insieme a una strana forma di ingiustificato timore. Ma di una cosa era certa: non amava quell’uomo. Non era attratta da lui. Lei non poteva essere attratta da nessuno che non fosse Sherlock Holmes.
Eppure, quando lei parlava a Jim di Sherlock, lo sentiva vicino nella sua sofferenza. Sentiva un piacevole calore nella sua mano calda che le stringeva una spalla, nelle sue labbra che le sussurravano paroline di conforto all’orecchio. Lo sentiva amico, come mai aveva sentito nessun altro uomo.
Ma allora, se lui era un suo amico e lei non era attratta da lui, questo poteva solo significare che era lui ad essere attratto da lei, secondo le inopportune convinzioni comuni.
 E di conseguenza, essendo attratto da lei, soffriva nel sapere di non essere ricambiato.
 E lei non voleva far soffrire nessuno.
Per questo l’aveva baciato, quella sera, quando l’aveva accompagnata a casa.  E baciandolo si era accorta di molte cose: di quanto le sue labbra fossero morbide, di quanto la sua lingua fosse calda, di quanto lui potesse essere utile per dimenticare, almeno in parte, Sherlock, di quanto fosse, nonostante tutto, bello.
Di una cosa però non si era accorta: di quel pallino rosso che tremolava sulla sua fronte e che l’aveva abbandonata solo dopo che aveva abbassato le mani da Jim.
 Moriarty, invece, se ne era accorto. E quando Molly era rientrata in casa, si era voltato ridacchiando e cercando un volto familiare nell’oscurità.
“Geloso, Seb?”

 
“Volevo ucciderla.”
Moriarty sorrise. Il suo Seb era sempre così; le più turpi confessioni le faceva nell’intimità del letto, dove nessuno poteva vederli o sentirli.
“Non ce n’era bisogno, lo sai che tengo di più a te.” Mormorò Moriarty sul suo basso ventre, prima di aggredirlo con baci e morsi, scendendo lentamente sempre più giù.
“Questo non la autorizza a metterti le mani addosso...” La sua voce si faceva sempre più flebile e interrotta dai gemiti. Moriarty ridacchiò e si fermò, rialzando i boxer del suo cecchino e accoccolandosi contro il suo petto, pronto a una bella dormita.
“Cos... Jim? Non avrai intenzione di lasciarmi così?”
“Così come, Seb?” Chiese innocentemente Moriarty.
“Così!” Ribadì lui, indicando la stoffa decisamente rialzata delle mutande.
“Oggi avresti potuto rovinare il mio piano, lo sai? E’ un avvertimento per il futuro. E ora taci. Stasera dormo con te, spero non ti dispiaccia.”
E mentre la mente criminale più pericolosa del secolo chiudeva gli occhi, il suo collaboratore rimaneva sdraiato a pancia in su, guardando il soffitto, con un insopportabile senso di insoddisfazione addosso e senza neanche la possibilità di sanarlo da solo.

 
“Lo sai, Jim? Quella notte, mentre tu dormivi placidamente, io mi lamentavo in silenzio. Anche quando ormai non provavo più disagio fisico, non riuscii ad addormentarmi. Eri addosso a me, ad una vicinanza prima mai condivisa tanto a lungo, eppure non riuscivo a smettere di soffrire per ciò a cui avevo assistito, per quel bacio rubato a cui tu non avevi opposto resistenza.”
Seb sospirò, sistemandosi meglio contro la lapide e ripassando con un dito l’iscrizione del nome del suo capo.
“Eppure ora sarei disposto a vivere nuovamente mille, duemila di quelle insopportabili notti, pur di riaverti accanto. Mi manchi. Mi mancano i tuoi rimproveri, i tuoi castighi, le tue urla. Mi mancano le tue carezze, le tue coccole, le tue fissazioni. Mi mancano i modi sempre nuovi che trovavi per farmi ingelosire, e mi manca la tua espressione trionfante quando vi riuscivi. Mi manca la sensazione di terrore che mi dava il saper costantemente che rischiavi la vita; ora che essa è giunta al termine, non riesco a immaginare niente di più eccitante che temere per la tua incolumità. Mi mancano i tuoi ordini, i tuoi continui e improvvisi sbalzi di umore, mi manchi tu.
Non commetterò il patetico errore del dottor Watson di sperare in un miracolo. Tutto quello che farò ora è occuparmi di Sherlock Holmes e continuare con la mia vita. Sarà diversa, sarà più noiosa, più buia, lo so. Ma non posso farci niente.
Ti chiedo solo una cosa. Aspettami, se davvero c’è qualcosa dopo la morte. Non ci ho mai creduto, ma ora è la mia unica speranza.
Ti ricordi cosa mi dicevi quando volevi andare al cinema ma avevi un impegno? ‘Vai, Seb, e compra un biglietto anche per me. Ti raggiungo dopo. Riservami il posto accanto al tuo.’
Ora è quello che ti chiedo io. Dovunque tu sia, riservami il posto accanto al tuo. Perché ti raggiungerò, dopo, quando sarò libero da questo impegno che aspetta di essere portato a termine e che risponde al nome di vita.”
 
L’amicizia tra maschio e femmina non esiste, o almeno così dicono in molti.
E’ una convinzione molto diffusa. Due persone appartenenti a sessi opposti non dovrebbero avere interessi l’una nei confronti dell’altra, a meno che questi interessi non riguardino in qualche modo il livello fisico.
Quindi, se un uomo e una donna sono amici, almeno uno dei due deve essere attratto dall’altro. Un’idea semplice da capire, no? Ma è un’idea che causa molte paranoie qualora ti ritrovassi ad avere un amico dell’altro sesso.
Molly Hooper, giovane timida e insicura, dava molta fiducia a questa e altre opinioni comuni, specialmente quando esse contrastavano con le proprie idee; tendeva sempre a dare per scontato di avere torto, se qualcuno non era d’accordo con lei. Si tirava indietro, alzando le mani e annuendo in segno di resa, con quel dolce e imbarazzato sorriso ad addolcirne l’espressione sconfitta.
Raramente si impuntava, e quando accadeva lo faceva solo su qualcosa in cui credeva davvero, come quando insisteva nel flirtare con Sherlock nonostante tutto e tutti fossero contro di lei.
Perché lei, nella vita, era sicura di una sola cosa: amava Sherlock Holmes.
Mentre  di questo rapporto che la legava a quest’altro uomo non era affatto sicura.
Lo guardava ridere, lo sentiva raccontare, sorrideva alle sue battute e rispondeva alle sue domande, ma la sua mente era occupata da tutt’altro.
Rifletteva, fissando il suo viso allegro e spensierato. E ne provata simpatia, insieme a una strana forma di ingiustificato timore. Ma di una cosa era certa: non amava quell’uomo. Non era attratta da lui. Lei non poteva essere attratta da nessuno che non fosse Sherlock Holmes.
Eppure, quando lei parlava a Jim di Sherlock, lo sentiva vicino nella sua sofferenza. Sentiva un piacevole calore nella sua mano calda che le stringeva una spalla, nelle sue labbra che le sussurravano paroline di conforto all’orecchio. Lo sentiva amico, come mai aveva sentito nessun altro uomo.
Ma allora, se lui era un suo amico e lei non era attratta da lui, questo poteva solo significare che era lui ad essere attratto da lei, secondo le inopportune convinzioni comuni.
 E di conseguenza, essendo attratto da lei, soffriva nel sapere di non essere ricambiato.
 E lei non voleva far soffrire nessuno.
Per questo l’aveva baciato, quella sera, quando l’aveva accompagnata a casa.  E baciandolo si era accorta di molte cose: di quanto le sue labbra fossero morbide, di quanto la sua lingua fosse calda, di quanto lui potesse essere utile per dimenticare, almeno in parte, Sherlock, di quanto fosse, nonostante tutto, bello.
Di una cosa però non si era accorta: di quel pallino rosso che tremolava sulla sua fronte e che l’aveva abbandonata solo dopo che aveva abbassato le mani da Jim.
 Moriarty, invece, se ne era accorto. E quando Molly era rientrata in casa, si era voltato ridacchiando e cercando un volto familiare nell’oscurità.
“Geloso, Seb?”

 

“Volevo ucciderla.”
Moriarty sorrise. Il suo Seb era sempre così; le più turpi confessioni le faceva nell’intimità del letto, dove nessuno poteva vederli o sentirli.
“Non ce n’era bisogno, lo sai che tengo di più a te.” Mormorò Moriarty sul suo basso ventre, prima di aggredirlo con baci e morsi, scendendo lentamente sempre più giù.
“Questo non la autorizza a metterti le mani addosso...” La sua voce si faceva sempre più flebile e interrotta dai gemiti. Moriarty ridacchiò e si fermò, rialzando i boxer del suo cecchino e accoccolandosi contro il suo petto, pronto a una bella dormita.
“Cos... Jim? Non avrai intenzione di lasciarmi così?”
“Così come, Seb?” Chiese innocentemente Moriarty.
“Così!” Ribadì lui, indicando la stoffa decisamente rialzata delle mutande.
“Oggi avresti potuto rovinare il mio piano, lo sai? E’ un avvertimento per il futuro. E ora taci. Stasera dormo con te, spero non ti dispiaccia.”
E mentre la mente criminale più pericolosa del secolo chiudeva gli occhi, il suo collaboratore rimaneva sdraiato a pancia in su, guardando il soffitto, con un insopportabile senso di insoddisfazione addosso e senza neanche la possibilità di sanarlo da solo.


 
“Lo sai, Jim? Quella notte, mentre tu dormivi placidamente, io mi lamentavo in silenzio. Anche quando ormai non provavo più disagio fisico, non riuscii ad addormentarmi. Eri addosso a me, ad una vicinanza prima mai condivisa tanto a lungo, eppure non riuscivo a smettere di soffrire per ciò a cui avevo assistito, per quel bacio rubato a cui tu non avevi opposto resistenza.”
Seb sospirò, sistemandosi meglio contro la lapide e ripassando con un dito l’iscrizione del nome del suo capo.
“Eppure ora sarei disposto a vivere nuovamente mille, duemila di quelle insopportabili notti, pur di riaverti accanto. Mi manchi. Mi mancano i tuoi rimproveri, i tuoi castighi, le tue urla. Mi mancano le tue carezze, le tue coccole, le tue fissazioni. Mi mancano i modi sempre nuovi che trovavi per farmi ingelosire, e mi manca la tua espressione trionfante quando vi riuscivi. Mi manca la sensazione di terrore che mi dava il saper costantemente che rischiavi la vita; ora che essa è giunta al termine, non riesco a immaginare niente di più eccitante che temere per la tua incolumità. Mi mancano i tuoi ordini, i tuoi continui e improvvisi sbalzi di umore, mi manchi tu.
Non commetterò il patetico errore del dottor Watson di sperare in un miracolo. Tutto quello che farò ora è occuparmi di Sherlock Holmes e continuare con la mia vita. Sarà diversa, sarà più noiosa, più buia, lo so. Ma non posso farci niente.
Ti chiedo solo una cosa. Aspettami, se davvero c’è qualcosa dopo la morte. Non ci ho mai creduto, ma ora è la mia unica speranza.
Ti ricordi cosa mi dicevi quando volevi andare al cinema ma avevi un impegno? ‘Vai, Seb, e compra un biglietto anche per me. Ti raggiungo dopo. Riservami il posto accanto al tuo.’
Ora è quello che ti chiedo io. Dovunque tu sia, riservami il posto accanto al tuo. Perché ti raggiungerò, dopo, quando sarò libero da questo impegno che aspetta di essere portato a termine e che risponde al nome di vita.”


NOTA DELL'AUTRICE
Oggi l'ho fatta leggere a una mia amica che non ha mai visto Sherlock, e alla fine era convinta che JIM fosse l'amante di MORIARTY. Del genere, hai capito tutto..

 

   
 
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