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Autore: ClaryMorgenstern    04/05/2012    1 recensioni
-Anche gli adulti sono stati bambini, Anche se pochi di essi se ne ricordano-  Antoine de Saint-Exupéry
Benvenuti alla mia nuova pazzia. Questa sarà una raccolta di One Shot un po' particolare. Inizierà con due storie che avevo pubblicato nell'altra raccolta, "Idris's Heartbeat"  e parlano dei nostri amati protagonisti, però da bambini.
Avevo pensato di scriverne una sola che parlava d'infanzia vissuta, ma mi sono resa conto che dentro Clary, Jace, Magnus, Alec e -Perchè no- anche Valentine ci sono dei bambini che vogliono urlare la loro storia. Io sono qui per dargli una voce.
The Mortal instruments è una trilogia fantasy. Ma è con i bambini che accadono le vere magie.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Come eravamo; Parte VI - Roses.

Il bambino strascicò i piedi lentamente lungo il corridoio silenzioso. Gli Shadowhunters, gli avevano detto, avevano un udito molto fine e il sonno leggero. Sarebbe bastato anche un piccolo capitombolo e tutti si sarebbero svegliati di colpo. Quindi camminava con una mano appoggiata alla parete in caso di cadute improvvise. Arrivò alla porta desiderata in un po' più di tempo del normale e bussò timidamente un paio di volte contro la porta di legno lucido.
Normalmente gli avrebbero aperto subito persino alle tre del mattino. Ma Max sapeva che Isabelle non avrebbe interrotto il suo sonno di bellezza per pochi rintocchi. Così riprovò più volte fino a quando non vide la porta aprirsi e sua sorella comparire sulla porta in un pigiama minuscolo, con i capelli neri intrecciati sulla nuca con qualche ciocca sfuggita alla presa. «Max» biascicò mezza addormentata. «Farò finta che tu non mi abbia svegliato nel bel mezzo della notte» un mezzo russare accompagnò le sue parole. «Sogni d'oro» e fece per richiudere la porta ma il bambino si era già infilato svelto nel vano, non ancora all'interno della stanza, per evitare che Izzy chiudesse la porta. «Scusa se ti ho svegliato.» disse piano, sembrava quasi un lamento di un pulcino spaventato. «Ho fatto un brutto sogno. Posso dormire con te?»
«Alec...» provò a dire Izzy, ma Max la bloccò subito. «Alec non c'è. Sarà ancora in missione.» la sua voce aveva un che di supplichevole.
Isabelle sospirò e Max seppe così di averla avuta vinta. Si fece da parte per far entrare nella stanza il fratello minore che, ovviamente, sgattaiolò dentro velocissimo per non darle il tempo di ripensarci e si accoccolò sul grande letto della sorella, poco più grande di quelli delle altre stanze dell'istituto.
«Allora Buonanotte» disse Izzy e, sospirando di sollievo, si gettò sul grande letto senza troppi complimenti.
Max stette in silenzio per qualche secondo, poi ticchettò sulla spalla della sorella. «Izzy?»
La ragazza aprì un occhio solo, guardandolo dal basso della sua posizione. «Che c'è?»
«Mi racconti una favola?»
Isabelle lo guardò truce, puntellandosi sui gomiti per guardarlo negli occhi. «Stai scherzando, vero?»
Max non rispose, ma strinse un cuscino fra le braccia e la guardò coi suoi enormi occhi azzurri dietro le lenti spesse degli occhiali che aveva ancora addosso. Isabelle si gettò con la faccia sul cuscino, disperata.
Con un sospiro esasperato, si rigirò sulla schiena, guardando le pareti nere e dorate della sua camera. «C'era una volta un topo.»
Il bambino sorrise soddisfatto, sdraiandosi al suo fianco. «Un topolino?»
«Si, un topolino.» confermò Izzy. «Questo topolino era uno scrittore, caporedattore dell'Eco del Roditore, il giornale più famoso dell'isola di Topazia...»
«Ma Topazia non esiste...»
«Tu zitto e ascolta. Un giorno questo topolino, che si chiamava Geronimo, incontrò una topolina femmina. Una topolina bellissima, elegante e sofisticata. Insomma, una versione topesca di me.» rise. «Geronimo ne fu follemente innamorato, pensa che idiota: Le inviò persino tredici dozzine di rose rosse. Ma lei non era innamorata di lui e lo ignorava. Così, per conquistarla, Geronimo decide di partire per una missione pericolosissima nell'isola Farfalla..»
«E neanche questa esiste.» la voce di Max era sempre più flebile e assonnata.
«Hai finito di interrompere? La missione riesce e Geronimo torna a casa da eroe. E chi trova alla redazione del giornale ad aspettarlo? La sua amata che, una volta che Geronimo era diventato famoso, ha capito di amarlo alla follia. Hai capito che sciacquetta?»
Max non rispose, così Izzy continuò. «Ma Geronimo non era mica scemo. Tornato a casa si era reso conto di non essere innamorato di lei, ma di aver solo fatto l'idiota. E così lascia la sua Provolinda, si chiamava così la topolina, col cuore spezzato. Così si impara a essere così deficiente, vero Max?»
A giungerle in risposta fu il russare sommesso di Max, addormentato di colpo. Isabelle fu inondata di tenerezza e gli tolse gli occhiali che aveva ancora addosso, prima di accoccolarsi sul guanciale al suo fianco e sprofondare anche lei nel mondo dei sogni.

 
Isabelle camminò veloce per le strade di Alicante. Da quando Clary, Jace e i suoi erano così impegnati con il Conclave e quegli stupidi accordi riusciva a tornare più spesso nella città natale degli Shadowhunters. Non che le facesse piacere. L'aria odorava ancora di bruciato. Le vie acciottolate sapevano ancora del sangue versato. Sentiva ancora il sapore del dolore sulla lingua. Alicante era ancora a pezzi per la guerra, anche se ad occhi esterni poteva sembrare tutta intera.
Arrivare alle colline la fece tornare a respirare come si deve. Conosceva a memoria la strada per arrivare alla sua destinazione. Anche ad occhi chiusi sarebbe riuscita a camminare tra le lapidi che sorgevano come pallidi fiori dalla collina.
La tomba di Max sorgeva nel mausoleo di famiglia: Piccola. Pallida. Libera, a differenza delle altre lastre presenti nel mausoleo, dai rampicanti che si intrecciavano sulla pietra.
Si inginocchiò lì davanti, incurante della terra che le macchiava le calze. Una sola, piccola, lacrima le sfuggì dagli occhi scuri, bagnando l'erba appena cresciuta. Gettò via i fiori che non avevano avuto il tempo di seccarsi e posò una sola rosa rossa. Si sporse un poco e baciò la lapide una volta, prima di alzarsi in piedi e fare per andarsene.
Ma sulla porta si fermò all'improvviso. «Tredici dozzine. Che esagerazione» disse, un po' seccata.  «A me non piacciono nemmeno le rose.»

Note dell'autore:
Per la serie: Alle volte ritornano.
Per chi non lo conoscesse, o non lo avesse riconosciuto, il topolino è proprio Geronimo Stilton ** Più precisamente è "Tutta colpa di un caffè con panna", una delle mie storie preferite di quando ero piccola, insieme a "Il sorriso di Monna Topisa". Si vede che non ho mai sopportato quella sciacquetta di Provolinda, vero? D:

  
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