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Autore: Adrienne Sunshine    05/05/2012    1 recensioni
Tiffany Howard, conduttrice di un programma radiofonico, vive in uno dei più prestigiosi quartieri di Manhattan dove la nonna l'ha 'invitata' a risiedere per non denigrare completamente il suo cognome.
In un clima caldo e soleggiato, tra telefonate insistenti di una madre un po' speciale e una migliore amica testarda, la giovane donna dovrà affrontare i problemi di cuore di un misterioso ragazzo ancor prima che pensare ai suoi. Perchè non bisogna dimenticare che da qualche mese a questa parte, la bella ragazza è innamorata del suo migliore amico.
Chi rispetterà le regole di Tell me the Truth?
Nasce come OS, che ho però deciso di dividere in due parti per non risultare troppo lunga e discorsiva. Spero gradiate, buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Per oggi è tutto. L’appuntamento è a domani alle 18.30 sempre qui, con Tell me the Truth.”
 
Anche quella pesante giornata di lavoro era finita e Tiffany poteva finalmente riposare le orecchie lasciate libere dalle spesse cuffie, strumento di lavoro indispensabile per una conduttrice radiofonica quale era lei.
 
“Io vado, Jerry. A domani” salutò soddisfatta il tecnico nascosto dietro alla spessa parete di plexiglass. “Buona serata, Tom” si rivolse poi al produttore.
 
“Anche a te, Tiff” le rispose quest’ultimo mentre Jerry la salutava con un cenno della mano, i suoi centoquaranta chili ancora comodamente appoggiati sulla poltrona.
La ragazza si avviò all’uscita, impaziente di sentire il vento caldo solleticarle la pelle ambrata e farsi largo tra i suoi lunghi capelli castani mossi da una leggera permanente.
Affrettò il passo una volta raggiunto il lungo corridoio alla fine del quale si trovava una porticina dalle luminose vetrate. Tiffany poteva ammirare in lontananza il sole estivo non ancora tramontato fare capolino da quella superficie specchiata che lei tanto amava perché impediva agli occhi indiscreti del mondo esterno di introdursi nella sua quotidianità, l’emittente radiofonica che la ospitava da un anno e poco più ormai.
Inizialmente si era impegnata nella ricerca di un lavoretto che le permettesse di guadagnarsi qualche soldo per mantenere i suoi studi al college; ma quando, al primo colloquio, aveva incontrato Tom che le aveva spiegato con tanta dedizione in cosa consistesse il suo lavoro, aveva deciso di farne una passione.
In fondo, la musica era magia. In pochi avevano resistito al suo richiamo e Tiffany non rientrava nell’esigua categoria.
Lei amava quelle melodie cangianti ancor prima di venire alla luce, quando sua madre tirava a lucido la piccola casetta in cui viveva col marito a suon di ‘Forever Young’, e continuò a farlo anche mentre lei le insegnava a camminare sulle note di ‘The Show Must Go on’.
La donna a cui lei doveva gran parte del suo tutto era sempre stata così, strana per alcuni e speciale per altri.
Amava indossare abiti semplici, spesso bianchi, abbinati con un paio di ballerine altrettanto comode. I capelli lisci e rossicci acconciati in una morbida treccia che lasciava ricadere sulla spalla destra, la frangetta scomposta che nascondevano i suoi luminosi occhi blu fino a che non la spostava con un sonoro sbuffo.
Alta poco più di un metro e ottanta, si lamentava con gli amici di quei centimetri di troppo che la facevano assomigliare ad una giraffa, motivo in più per calzare scarpe senza tacco.
E alla sua stranezza, o unicità come piaceva a molti definirla, Tiffany doveva il suo nome.
Si dà il caso infatti che Virginia Howard fosse una grande appassionata dei film di Audrey Hepburn, in particolare del famoso ‘Colazione da Tiffany’, da cui prese quindi spunto per il nome della figlia.
Ripeteva spesso che Audrey, seppure fosse un nome bello ed elegante, non avrebbe mai rispecchiato il carattere della bambina che le cresceva in grembo, così come Virginia non rispettasse il suo. Troppa austerità in quei nomi e lei voleva preservare la bambina dal peso di un appellativo importante come lo sarebbe stato quello di una donna di rango pari a quello della Hepburn, senza contare poi la pressione psicologica a cui l’avrebbe costretta la nonna, meglio conosciuta come Lady Emily Howard.
 
Immersa in questa catena di pensieri, Tiffany si trovò presto di fronte al café dove era solitaprendere la sua tazza di cappuccino accompagnata da un muffin al cioccolato.
Sapeva bene quanto fosse insolito far colazione alle nove della sera, ma alla mattina era così indaffarata con i preparativi della giornata da non avere neanche un attimo per sé, se non quelli che sfruttava sciacquandosi la faccia e abbigliandosi nel migliore dei modi.
Probabilmente però negli States neanche quella sarebbe stata una giustificazione plausibile, dal momento che i costituenti di un primo pasto sano e nutriente erano uova e bacon. Ma Tiffany era stata cresciuta da una donna dai gusti particolari e raffinati come Virginia, la quale amava apprezzare le abitudini del mondo intero prima di decidere quale preferire e far sua.
E con l’Italia era stato amore a prima vista. O al primo espresso, che dir si voglia.
Quella sera non costituì l’eccezione, tanto più che la giovane donna attraversò nuovamente l’atrio con in mano la tazza fumante a cui erano indirizzati piccoli sbuffi con l’intento di raffreddarne il contenuto e nell’altra un grande muffin ricoperto di golose gocce al cioccolato.
Camminava spedita in direzione del quinto piano di uno dei numerosi palazzi di Midtown dove la nonna l’aveva voluta collocare per assicurarle almeno una piccola parte di quel prestigio di cui godeva il suo cognome -quello della madre, in particolare- e che la genitrice voleva surclassare in favore di una vita di sacrifici e lotte personali che l’avrebbero però fatta maturare o godere appieno le sue vittorie.
 
“Buonasera, signor Lee” salutò frettolosamente, ma con un caldo sorriso stampato sul viso, il portiere. “C’è posta per me?”
 
“Buonasera a lei, Mrs Howard” rispose cordiale l’anziano signore. “No, nessuna consegna per lei signorina” le sorrise, consapevole di quanto Tiffany odiasse ricevere lettere o comunicazioni da chicchessia.
 
“Meglio così” fu infatti la sua allegra risposta, mentre già volava al piano di sopra saltellando sugli scalini come una tredicenne alle prese con il primo amore.
E, in effetti, un fondo di verità c’era anche in questo. Tiffany era innamorata.
Molti, conoscendola, avrebbero detto che il suo cuore battesse da sempre per la vita e per i colori che dipingevano il mondo in cui viveva; altri avrebbero giurato che il soggetto di tanto amore fossero i genitori, da sempre presenti e partecipi della sua vita.
Solo sua madre e Sharalyn, la sua migliore amica, avrebbero potuto capire la verità leggendola nei suoi occhi accesi come smeraldi.
Tiffany era innamorata, del suo migliore amico.
Il problema, come da copione, era l’altra metà della mela ovvero il lui in questione. Un tipo niente male, fisico slanciato e muscoli sempre ben fasciati da camice né troppo eleganti né a motivi floreali come quelle sfoggiate da presunti hawaiani. I capelli biondo miele lasciati liberi di muoversi al vento, in un taglio sbarazzino che gli permetteva di nascondere a suo piacimento quei profondi occhi castani così simili al cioccolato fondente.
Forse caratterialmente lasciava un po’ a desiderare, ma era stato in grado di accattivarsi la simpatia di Tiffany al primo sguardo -e non solo grazie a quegli occhioni scuri- tanto da conquistarne la fiducia in pochi semplici passi.
E non solo quella.
Le era entrato nel corpo e nell’anima ancor prima di assicurarsi il podio sulla cima dell’Olimpo personale della ragazza. L’aveva stregata con quei modi accattivanti e la capacità innata di ascoltarla, consolarla e strapparle un sorriso nei momenti più adatti. Capiva quando lei avesse bisogno di lui e quando invece tutto ciò che le servisse fosse un po’ di silenzio, un angolino tranquillo dove lasciare i pensieri a briglia sciolta.
Essere una Howard -sebbene il cognome ereditato dal padre non fosse meno importante- era davvero troppo a volte e Austin lo sapeva bene, essendo il figlio di un ricco imprenditore dell’industria tessile.
Così si ritrovavano spesso accoccolati l’uno accanto all’altra sul divano di uno dei due, intenti a guardare un film poco melenso e divorando cibi poco sani come il loro bon ton non avrebbe permesso di fare.
 
Era quasi giunta in cima alla terza rampa di scale -odiava prendere l’ascensore, le impediva di liberare tutte le energie accumulate stando seduta per ore su una poltroncina dello studio di registrazione- quando il cellulare le vibrò prepotentemente nella tasca dell’abito di cotone color pesca.
 
“Pronto?” chiese pimpante come al solito. Non aveva avuto tempo di controllare chi fosse dall’altra parte dell’aggeggio telefonico, impegnata a tenere in equilibrio muffin e cappuccino in una sola mano mentre con l’altra pigiava sul pulsante verde per rispondere. La curiosità quindi era tanta e non tardò ad essere soddisfatta.
 
“Un giorno riuscirai a controllare il display e a salutarmi per bene senza prima sentire la mia voce?” sospirò la persona all’altro capo della cornetta, seppur chi la conoscesse bene sapeva che un sorriso divertito le stesse illuminando lo sguardo.
 
“Ciao, Sharalyn!” Tiffany adagiò gli acquisti e il cellulare sullo zerbino, cercando affannosamente le chiavi di casa. La sua migliore amica era abituata a quella routine, dove lei aspettava pazientemente che la ragazza aprisse il portone d’ingresso e appoggiasse bevanda e dolce sul tavolino del salotto prima di riprendere la conversazione con lei. “No, non credo sarà mai possibile” rispose infatti, dopo pochi secondi, Tiffany con il solito tono di voce squillante.
 
“Beh, la speranza è l’ultima a morire…”
 
“Mi stai suggerendo di chiamare le pompe funebri? Il nero non mi dona, lo sai” scherzò la giovane, intenzionata a rimandare il più possibile il discorso per il quale la sua amica l’aveva chiamata.
 
“Gliel’hai detto Tiff?”
Tentativo fallito miseramente.
 
“Hai visto la nuova borsa di Gucci? E’ così comoda e carina” cercò di deviare l’attenzione dell’amica, inutilmente perché Sharalyn riprese il discorso fingendo di non averla sentita.
 
“Non puoi rimandare all’infinito la conversazione, lo sai. Ed Austin è troppo concentrato su se stesso per accorgersene”.
 
“Sono indecisa se tornare al negozio e compr…”
 
“Tiffany Howard, ti ordino di smetterla con queste stronzate! Sappiamo entrambe che la nuova borsa di Gucci che tanto ti piace è al sicuro nel magazzino del negozio dove tu hai gentilmente chiesto alla commessa di conservarla sotto ingente anticipo in attesa del prossimo stipendio. E non sono così stupida da farmi abbindolare dalle tue chiacchiere, come se non ti conoscessi da diciotto anni” si indispettì alla fine la ragazza all’altro capo del telefono, quando capì che l’amica non avrebbe mai affrontato il discorso di sua spontanea volontà, tentando in tutti i modi di accompagnarla per mano fuori strada ed evitando così l’inevitabile.
 
“Non ne ho avuto il coraggio, Lyn. Insomma, c’eravamo noi e i popcorn con Mission Impossible 3. Come avrei potuto rovinare un momento tanto magico?” squittì Tiffany, rassegnata. “E poi, sono convinta di non interessargli sotto quel punto di vista. Perché dovrei? Lui è così tanto e io così ordinaria.”
 
“Se ti sentisse dire una simile sciocchezza, si arrabbierebbe. Perché devi sempre essere così ostinata? Avete un bellissimo rapporto, lui ti adora e ascolta qualsiasi cosa ti passi per la mente. Passate così tanto tempo insieme da sembrare una coppia sposata da anni a chi ammira il vostro rapporto dall’esterno” Sharalyn snocciolò in breve le motivazioni per cui l’amica avrebbe dovuto confessare al ragazzo di essere segretamente innamorata di lui.
 
“Hai detto bene. Lui mi adora, io lo amo. C’è una bella differenza e ho paura che la mia sincerità possa avere un prezzo troppo alto”.
Si era posta la domanda innumerevoli volte, mentre andava a tornava, durante il tragitto verso casa con il solito cappuccino e il muffin al cioccolato che addolciva quei pensieri amari. Cosa sarebbe successo se lui non l’avesse ricambiata? Era più che plausibile porsi questioni del genere, dal momento che lei fosse più che sicura che Austin provasse solo del sincero affetto nei confronti di quella bambina un po’ cresciuta e con qualche problema a relazionarsi con il ceto sociale a cui apparteneva. Si era presa persino una vacanza con la madre per capire se si trattasse di una semplice infatuazione o qualcosa di più.
Naturalmente, ricevette solo conferme e la cosa la mandò in crisi ancora una volta.
Distruggere un rapporto di solida amicizia che dura da tempo immemore o distruggere sé stessa continuando a stare accanto all’unico ragazzo che le abbia mai rapito il cuore nei panni della sua migliore amica? Avrebbe tanto voluto che la risposta le piovesse dal cielo, ma in quel caso neanche Virginia Howard era riuscita a trovarne una soddisfacente per la figlia sebbene l’avesse più volte spinta in direzione della disarmante sincerità.
 
“Preferisci struggerti d’amore per lui, allora? Cosa farai quando Austin si troverà una ragazza con cui fare sul serio? Spero tu non sia tanto masochista da affiancarlo all’altare come la più fedele delle testimoni” fu la severa risposta di Lyn, intenzionata a far ragionare l’amica anche a costo di servirle la cruda verità su di un piatto d’argento.
 
“Credo di aver bisogno di una vacanza, tesoro” sospirò esausta Tiffany, ormai consumata da quei discorsi quasi all’ordine del giorno.
 
“Non ci provare, Tiff. Sappiamo bene entrambe quanto tu odi spendere soldi inutilmente e qualche giorno in un posto esotico dove prosciugare il tuo conto in banca non risolverebbe certo il tuo problema. Devi capire se ne vale la pena, decidere se il tuo migliore amico è colui che vorresti accanto nella buona e nella cattiva sorte. Anche se, sinceramente, credo che tutti e due abbiate già scelto inconsapevolmente tanto tempo fa”.
 
“E’ così complicato, Lyn. E se non mi volesse?” Quella che fino a poco prima era una conduttrice radiofonica col sorriso sempre stampato in faccia, adesso stava cedendo alle lacrime che lentamente le solcavano il viso preoccupato da tale eventualità.
 
“Possiamo sempre prenotare un volo per le Hawaii” le rispose gentilmente la sua migliore amica, strappandole finalmente un’altra di quelle bellissime smorfie.
 
“A domani, Lyn” esclamò nuovamente entusiasta all’idea di poter fuggire con la compagna di viaggi di sempre -insieme alla madre, naturalmente-.
 
“A domani, Tiff”. E riattaccò.
 
Tiffany finì la sua colazione fuori orario, raccolse un cambio e il pigiama per poi lasciare che tutta la stanchezza raccolta in quella lunga giornata annegasse sotto la doccia. Lo scrosciare costante dell’acqua sul suo corpo aveva un effetto benefico per i poveri nervi sempre tesi durante il giorno, tra il lavoro che la teneva incollata ad una sedia con delle enormi cuffie sulle orecchie e le conversazioni sostenute con l’amica o la madre sullo stesso tema da mesi oramai.
Certo, lei amava la musica quindi l’immobilità a cui era costretta otto ore al giorno tra registrazioni e organizzazione per le trasmissioni successive era un po’ meno pesante da sopportare; così come sapeva che le due donne più importanti della sua vita la intrattenevano con quei discorsi solo perché avevano a cuore il suo benessere -non la sua salute psichica, però-.
Una volta uscita dalla doccia con l’accappatoio a fasciarle il corpo e i lunghi capelli castani avvolti in un asciugamano che tamponasse l’acqua in eccesso. Si guardò allo specchio, quasi completamente appannato per via del vapore che era solito formarsi a causa della temperatura molto alta a cui soleva lavarsi, e sbuffo sonoramente.
L’anti-sesso in persona. Perché mai dovrebbe desiderare, apprezzare, amare una come me se può avere donne del calibro di Megan Fox? Non che abbia nulla da invidiarle a livello mentale, ma fisicamente…
E lasciò cadere l’uggioso pensiero, che si dissolse con la nebbiolina che aleggiava nel bagno e facendo invece riaffiorare un ricordo risalente alla conversazione avuta poche ore prima con un ragazzo.
Aveva chiamato in redazione in cerca di un solido aiuto per conquistare la donna amata. Dalla voce le parve di capire non avesse che qualche anno più di lei e questo la stupì piacevolmente, sicura che di ragazzi che conoscessero il romanticismo ne esistessero ben pochi ormai.
Le aveva raccontato di aver conosciuto questa ragazza qualche anno prima, ma di non aver capito di esserne innamorato se non che pochi mesi prima. A quel punto però il panico lo aveva attanagliato e lui aveva continuato a comportarsi con lei come da routine, nascondendo i suoi sentimenti in qualche angolo remoto del cuore e della mente.
Ascoltava quotidianamente la trasmissione radiofonica di Tiffany e quel giorno si era finalmente deciso a comporre il numero dell’emittente, mettendosi in contatto con lei per chiederle un consiglio pratico.
Era questo che le piaceva della radiotrasmissione che conduceva da qualche tempo, una novità inserita da Tom che l’aveva progettata su misura proprio per lei, la piccola -anagraficamente parlando- di casa.
Tell me the Truth permetteva a tutti gli ascoltatori di contattare la redazione in diretta, con sms o chiamate da cellulare e da fisso, per raccontare le loro verità. C’era il codardo di turno che aveva tradito la fidanzata e non aveva il coraggio di confessarglielo; l’anziana signora che aveva perso i contatti con il figlio e che ora finalmente si rendeva conto di aver commesso lei per prima degli errori imperdonabili; il ragazzo innamorato della ragazza che conosceva ogni sua abitudine a memoria, comunemente chiamata migliore amica. E ancora la ragazza che non sapeva come contattare quel tipo conosciuto ad una festa poche settimane prima.
Quel programma le permetteva di conoscere tante persone, idee provenienti da mondi privati così diversi ma altrettanto comuni, vicende personali che l’affascinavano o che la facevano infuriare. Mille emozioni per ogni voce nuova, tanti consigli da dispensare o silenzi più eloquenti di sacchi di parole.
C’era chi aveva giudicato la trasmissione una violazione della privacy, ma la redazione aveva replicato dicendo che nessuno fosse obbligato a raccontarsi in diretta né a fare nomi. Inoltre, una regola severa che vigeva sull’intero programma era il divieto di dare informazioni personali che non fossero il nome o l’età della persona a cui fosse indirizzato il messaggio.
Tiffany si era trovata tante volte a riflettere insieme al protagonista di una vicenda complicata, così come spesso si era riconosciuta nella storia di quella ragazza indecisa sul dichiararsi o meno al ragazzo che le avesse rubato il cuore. In quei casi in particolare, si animava e discuteva freneticamente della questione che la toccava così da vicino.
Comunque, la storia di quel ragazzo l’aveva colpita particolarmente perché assomigliava molto alla sua, sebbene l’oggetto dell’amore in questo caso fosse una ragazza proprio come lei. Si era persino ritrovata ad invidiare quella persona, a darle della stupida perché aveva accanto a sé un ragazzo così speciale e non se ne accorgeva.
Lei era fermamente convinta che quell’uomo fosse più unico che raro, dopo mesi che svolgeva quel lavoro le era facile capirlo anche solo dal timbro di voce.
Ad ogni modo, la conduttrice gli aveva consigliato di prepararla gradualmente alla verità sia per non coglierla alla sprovvista che per aver modo lui stesso di rendersi conto se lei ricambiasse. C’erano segni inequivocabili che lasciavano intendere l’una o l’altra cosa, peccato che gli uomini non li conoscessero e non li mettessero quindi in pratica, lasciando le donne sul filo del rasoio fino all’ultimo.
 
Il cellulare si mosse impercettibilmente sul marmo della cucina, avvisando Tiffany della chiamata in arrivo. Austin il nome che lampeggiava sul display, mentre il suo sorriso si allargava. Erano già le nove e mezza e lei non se n’era accorta.
 
Colazione da Tiffany” urlò non appena ebbe preso la chiamata. “La mamma mi ha dato buca settimana scorsa e io con qualcuno dovrò pur vederlo questo mese.”
Inutile dire che anche quella passione sfrenata per Audrey Hepburn e la sua filmografia le fosse stata trasmessa dalla madre che una volta al mese bussava alla sua porta, nei quartieri in di Manhattan, con le mani impegnate a reggere la cena giapponese -o thailandese, messicana, cinese a seconda di cosa le andasse a genio in quel periodo- e l’immancabile DVD che avrebbero riempito la loro serata.
 
“Ciao anche a te, Tiff” sorrise il ragazzo, per nulla disturbato dall’esuberanza della sua migliore amica. “Mi dispiace, ma stasera non puoi fare affidamento nemmeno su di me. Cena di famiglia o suicidio assistito, come preferisco chiamarlo io”.
 
“Arrosto con le patate o aragosta e caviale?”
 
“Champagne” fu la risposta di Austin, accompagnata da uno sbuffo secco che lasciava intendere quanto poco gradisse l’idea.
Tiffany infatti sapeva bene cosa ciò significasse. Camicia inamidata, completo con giacca e cravatta per gli uomini e bustino per le donne; in alternativa, si poteva evitare di respirare per le due ore occupate dalla cena e da quello che ne sarebbe seguito. Funzionava sempre così a casa Douglas, dove gli invitati sapevano di doversi presentare abbigliati con un certo decoro e dove vigeva la severa regola della cena alle sette in punto.
 
“Rimandiamo a domani? Non si accettano risposte negative o cene di famiglia come scusa” disse tutto d’un fiato la ragazza, trattenendo poi il respiro in attesa della risposta positiva che sperava arrivasse.
 
“Solo se mi lasci scegliere il menù per la cena”.
 
“Affare fatto” sorrise lei, anche se Austin non poté scorgere lo scintillio del suo sguardo tipico di chi è innamorato.
 
“Sogni d’oro, piccola” le sussurrò, mandandole un bacio nell’aria.
 
“Sogni d’oro, Austin”.
E la giornata si concluse con un sapore più dolce.
 
Le giornate si susseguirono frenetiche tra il lavoro, l’organizzazione della festa a sorpresa per l’anniversario dei genitori e le serate con il suo migliore amico. Sharalyn diventava sempre più insistente, convinta che l’amica si stesse facendo solo del male continuando quello stupido gioco dove interpretava la perfetta confidente dell’uomo di cui fosse innamorata. E Virginia non poteva far altro che darle ragione cercando, seppur con minor enfasi, di convincere la figlia a confessare il suo affetto profondo al diretto interessato.
Nel frattempo, il ragazzo che aveva telefonato in redazione qualche giorno prima continuò a contattare la trasmissione per ulteriori consigli su come conquistare la ragazza che lo avesse stregato. Era innamorato, chiunque lo avrebbe potuto confermare anche non conoscendolo di persona e Tiffany ne era davvero colpita. Le sarebbe tanto piaciuto che Austin le riservasse attenzioni simili, ma era consapevole di quanto ciò fosse impossibile o quasi.
Loro avevano da sempre uno strano rapporto.
Si erano conosciuti ad una festa a cui Tiffany era stata costretta a partecipare dalla nonna, soprannominata da alcuni Lady di ferro come la Thatcher per via del suo carattere temprato e della determinazione con cui decideva ogni cosa.
Una serata di gala che aveva la stessa funzione del ballo delle debuttanti, volendo introdurre le giovani donne americane nella società; un appuntamento a cui Emily Howard non avrebbe permesso alla nipote di mancare. E lo stesso destino era toccato al giovane rampollo di casa Douglas, Austin, catapultato in quell’ampio salone illuminato da grandi lampadari sospesi a mezz’aria  dove giovani coppie volteggiavano seguite da anziani signori.
I due ragazzi avevano perlustrato l’intero ambiente più e più volte alla ricerca di un diversivo che rendesse la serata più interessante, fino a quando non avevano incontrato gli occhi l’uno dell’altra. Avevano continuato quel gioco di sguardi fino a che Austin, abituato a facili prede che cadevano ai suoi piedi al primo gesto di cavalleria, non si era avvicinato invitando Tiffany a concedergli quel ballo. Ciò che non si aspettava di certo era un suo rifiuto.
Infatti la ragazza, cresciuta da una donna come Virginia Howard, aveva imparato a pretendere rispetto e fiducia prima di cedere a qualunque tentazione. Questo non voleva dire dimenticare parole come ‘divertimento’ o ‘piacere’, solo ponderare la scelta del con chi condividere simili sensazioni.
E Austin riuscì a conquistarsi tutto ciò corteggiandola per il resto della serata, fino ad ottenere il ballo che avrebbe chiuso le danze ed uno squisito dopo festa tra le lenzuola.
L’attrazione tra i due era stata infatti da subito evidente e il ragazzo non voleva concludere quella serata senza averne avuto la prova tangibile. Dal canto suo, Tiffany aveva perlustrato attentamente l’intero corpo del giovane gradendo tutto ciò che le era dato di vedere, anche se non completamente soddisfacente. Voleva vedere qualcosa di più, voleva di più.
Si erano voluti fino a che l’uno non aveva avuto l’altra. Poi avevano deciso di comune accordo che non ci sarebbe stato nessun altro contatto tra loro, ma non avevano fatto i conti con il bellissimo rapporto che si era alimentato lentamente fino a trasformarsi in una di quelle amicizie per cui daresti l’anima.
Austin era rimasto il solito playboy da strapazzo, seppur con classe, e Tiffany non si era accorta di ciò che le stava accadendo fino a che non si era riscoperta innamorata del suddetto dongiovanni.
Per questo motivo lei era certa che il suo migliore amico non potesse provare nei suoi confronti nulla che assomigliasse vagamente all’amore incondizionato che legava il ragazzo della trasmissione alla misteriosa ragazza.
 
“Bentornati a Tell me the Truth! Qui è Tiffany Howard che vi parla e che sarà in vostro ascolto per le prossime due ore.”
L’ennesima giornata di lavoro all’emittente radiofonica era cominciata e Tiffany si sentiva elettrizzata come non mai. Sapeva che presto l’avrebbe contattata quello strano ragazzo che si affidava a lei per risolvere le sue questioni di cuore e alla ragazza faceva piacere potersi immergere nella favola di qualcun altro anche solo per poche ore.
Jerry la avvertì di una chiamata in attesa e lei si dispose subito in modo da poter accogliere il primo ospite radiofonico del pomeriggio.
 
“Chi c’è in linea?”
 
“Buon pomeriggio, Tiffany” le rispose una voce impostata dall’altro capo del telefono che la giovane non tardò a riconoscere.
 
“Sempre puntuale, eh? Buonasera a te, uomo del mistero”. Ormai quella routine affascinava persino il pubblico in ascolto che si divertiva ad ascoltare le conversazioni tra i due e a scommettere su quale sarebbe stato il prossimo consiglio della piccola conduttrice.
 
“Non vorrei correre il rischio di trovare la linea occupata. La mia lei non è troppo paziente, potrei perdere l’occasione della mia vita non arrivando in tempo con uno dei tuoi preziosi consigli” giocò lui, facendola sorridere.
 
“Bene, allora non perdiamo neanche un minuto. Com’è andato l’ultimo incontro?”
 
“Niente di particolare, ma piuttosto proficuo. Le ho strappato una piccola confessione…” lasciò cadere il discorso, sicuro che la curiosità di quella che ormai era a tutti gli effetti la sua consulente in affari di cuore l’avrebbe spinta a chiedere di più. Ormai non gli era così difficile capire quale sarebbe stata la prossima mossa di Tiffany, come sapeva ancor prima di parlare quale sarebbe stata una sua possibile reazione alla notizia seguente. Era come se la conoscesse da anni.
Comunque, anche in questo caso il suo intuito non sbagliò.
 
“Non mi dire che hai lasciato che fosse lei la prima a dichiararsi!” squittì indignata la ragazza, non volendo credere ad un simile fallo da parte di quel ragazzo tanto carino -caratterialmente parlando-.
 
“Ho detto piccola. E poi, se sapessi che mi ama alla follia, non credi che in questo momento starei facendo tutt’altro che stare al telefono con te?” la pizzicò.
 
“Non è molto carino nei miei confronti, sai? Potrei decidere di non aiutarti più. Pensavo fossi un ragazzo carino e gentile, non che fosse tutta facciata” rispose ancora una volta lei, divertita da quel gioco che l’aiutava a non pensare a quell’ottuso del suo migliore amico a cui invece lei non era riuscita a strappare nulla -e non solo metaforicamente parlando, dopo quell’unica volta-.
 
“Ti chiedo scusa, non volevo offenderti”.
 
“Potrei decidere di schierarmi sul fronte nemico”
 
“Anche se ti offrissi un muffin al cioccolato?”
 
“Mmm, forse in quel caso potrei anche pensare di perdonarti” gli diede il beneficio del dubbio, lasciando poi che leggeri pensieri le affollassero la mente.
Quello strano ragazzo innamorato aveva centrato al primo colpo il suo dolce preferito, senza fare alcuna battuta poco gentile su chili di troppo o eccessi di acne. Cominciava a pensare che, se il cuore di lui non fosse appartenuto ad un’altra così come il suo ad Austin, forse se ne sarebbe potuta a sua volta innamorare. Insomma, dove le sarebbe potuta ricapitare un’altra occasione del genere?
Poi ci ripensò, dandosi mentalmente della stupida. Non sapeva nemmeno da dove chiamasse quel tizio né quanti anni effettivamente avesse; persino il nome le era sconosciuto!
 
“Tiffany, sei ancora in linea? Avrei bisogno di un paio di consigli”. La sua voce la ridestò da quei pensieri illusori, riportandola alla realtà.
 
“Sì, scusami. Dicevamo?”
 
“Stasera abbiamo in programma la classica cena di fronte ad un DVD noleggiato all’ultimo momento. Possibili film?”  
La conduttrice ci rimuginò su per un attimo, qualche minuto circa, prima di elencare tanti titoli da confondere il pover’uomo.
 
“Ehi, frena! Sabrina, Colazione da Tiffany, Vacanze Romane… Ne deduco tu sia un’appassionata di Audrey Hepburn” suggerì lui, ancora frastornato dall’immensa cultura cinematografica che la sua interlocutrice aveva dimostrato di avere.
 
“Eredità di famiglia” sorrise lei. “Comunque hai ampia scelta. Che ne dici di La casa sul lago del tempo? Un pizzico di fantasia abbinato alla giusta dose di romanticismo e con una grande interprete come Sandra Bullock”.
 
“Potrebbe andare, solo se mi assicuri che una scelta del genere possa giovare al mio intento. Perché, fosse per me, eviterei film troppo melensi a prescindere”.
 
“E io che ti credevo un giovane dall’animo tremendamente romantico. Continuo a pensare di dovermi schierare sull’altro fronte”.
Era così facile scherzare con quello sconosciuto, come se si conoscessero da anni e non da pochi giorni -attraverso una linea telefonica, per di più-. Le sarebbe tanto piaciuto poterlo incontrare e scambiarci quattro chiacchiere comodamente seduti ad un tavolinetto di uno Starbucks qualunque, ma era ben cosciente di quanto ciò fosse impossibile.
Inoltre erano entrambi felicemente -o quasi- innamorati di terze persone, anche se questo non costituiva necessariamente un impedimento ad un’amicizia genuina tra due sconosciuti che scoprono di avere molto in comune.
Ad ogni modo, niente di tutto quello sarebbe mai accaduto e lei quella sera avrebbe passato due o più piacevolissime ore in compagnia del suo amato quanto odiato migliore amico.
 
“Grazie del prezioso consiglio, sostenitrice del dark side. Buona serata, Tiffany” la salutò lui, intenzionato a riattaccare.
 
“Aspetta, uomo di pietra! Non mi hai ancora detto cosa hai scoperto l’ultima volta che hai passato del tempo con lei”.
Prima o poi, la sua stessa curiosità l’avrebbe uccisa; ma non voleva lasciarsi scappare quel dettaglio succulento. Insomma, dispensava consigli più o meno gratuiti, quindi una piccola ricompensa era dovuta.
 
“Che sono il suo migliore amico”. E la linea si ammutolì.
 
La giornata di Tiffany continuò tra telefonate, confessioni e consigli dispensati ai più disperati. Così erano giunte le venti e trenta, ora in cui aveva concluso la trasmissione e salutato Jerry e Tom, avviandosi poi a casa.
Il cellulare prese a vibrare nella tasca dei jeans che quella mattina aveva indossato frettolosamente, non trovando nulla di più carino da abbinare alla camicetta beige senza maniche.
 
“Sappi che mi hai costretta a rallentare la mia corsa verso la salvezza. Quel muffin affacciato alla vetrina mi implora disperato di mangiarlo al più presto, odiandoti per ogni minuto in cui ci tieni separati”rispose la ragazza al telefono. “Dovresti sentirti in colpa”.
 
“Non se questo mi eviterà le lamentele di tua nonna Emily sui chili di troppo che ti permetto di prendere” asserì Virginia, ricordando l’ultima volta che la madre se l’era presa con lei per non aver impedito alla nipote di mangiare quel pasticcino in più alla cena degli Smith.
 
“Non riuscirai a convincermi che comprare quel muffin sia peccato” rispose Tiffany, decisa a non darla vinta alla madre che non le avrebbe comunque impedito di strafogarsi di cioccolato come lei stessa avrebbe voluto fare in particolari momenti.
 
“Lady di ferro vs coccole al cioccolato fondente. Sarà lui a sciogliere lei o lei a modellare lui? Una sfida all’ultima goccia”.
 
“Non ti perdonerò mai per avermi trasmesso il gene della più triste ironia”.
 
“Quella è colpa esclusivamente di tuo padre. Sai quanto possa diventare tetramente sarcastico in presenza di tua nonna; io ho solo appreso e rigenerato” affermò convinta Virginia, dalla battuta sempre pronta. “Comunque, tornando a cose più serie, come sta Austin?”
 
“Ammiro la capacità tua e di Sharalyn di affrontare lo stesso discorso con metodi nettamente differenti. E non vi scoraggiate nemmeno quando entrambe ottenete le stesse risposte. Incantevole, davvero” sospirò afflitta Tiffany.
Non potevano farne a meno e lo facevano per il suo bene, ma non capivano che lei era stanca di ricordarsi che quella sera avrebbe passato del tempo con un ragazzo fantastico e di cui lei era innamorata che non l’avrebbe mai ricambiata. Era così cieco da non accorgersi delle sue lunghe occhiate, delle volte in cui si accoccolava a lui in cerca di una carezza in più, un bacio intimo che sapeva di non poter avere.
Lei voleva solo qualcuno che l’amasse per quello che era, non per i suoi soldi o la sua popolarità. Lei non voleva il principe azzurro, ma un semplice ragazzo da cui tornare dopo una giornata intensa di lavoro.
Tiffany voleva lui anche se sapeva di non poterlo avere. Per questo qualche settimana prima si era decisa a guardarsi intorno alla ricerca di altri ragazzi che potessero colpirla dritta al cuore.
Peccato che in ognuno di loro non vedesse che una piccola parte di quello che vedeva in lui.
 
“Tesoro, sai bene che non ci piace vederti soffrire e che secondo noi il miglior modo per smettere di farlo è confessargli tutto. Capisco però anche quanto possa esser difficile, quindi ti ho chiamata per proporti un compromesso”.
Virginia Howard snocciolò la questione in breve tempo, consigliando alla figlia di lasciare qualche piccolo indizio al suo migliore amico aggiungendo poi una buona dose di gelosia. In fondo, non sarebbe stato poi così strano se un ragazzo carino e di buona famiglia l’avesse contattata per un appuntamento galante. Insomma, non era per niente male con quei profondi occhi verdi e il fisico asciutto -a dispetto di ciò che la Iron Lady si ostinasse a dire-.
 
“Ora ti devo salutare, mamma. Ho una chiamata in attesa. Grazie della chiacchierata, per una volta proficua potrei azzardare” la prese in giro.
 
“Attenta alle micro gocce di cioccolato, quelle che scendono intere senza che te ne accorga”.
 
“Un bacio, mamma” la salutò ridendo per poi riattaccare.
 
L’interlocutore successivo l’accompagnò per tutto il tragitto verso casa, dopo averla calorosamente invitata -per meglio dire obbligata- a non fermarsi al solito bar. Il muffin avrebbe dovuto attendere altre ventiquattro ore, purtroppo.
Austin le raccontò dell’azienda in cui aveva cominciato a lavorare quello stesso giorno, dei colleghi all’apparenza simpatici e delle voci che già giravano sul suo conto a sole poche ore dal suo ingresso in società. Routine a cui era abituato da sempre.
Ma, proprio quando Tiffany si accingeva a raccontargli la sua giornata, si bloccò in mezzo alla strada ammutolita. Il suo migliore amico sostava sul marciapiede opposto, di fronte al portone del palazzo di Midtown, con una busta in mano che conteneva sicuramente un cappuccio e un muffin al cioccolato. E improvvisamente si ricordò perché non avrebbe scelto nessun’altro se non lui. Era il suo migliore amico, l’unico che la conoscesse veramente.
Gli corse incontro con il cellulare stretto nella mano ora intenta ad aiutarla con quei rapidi saltelli, rischiando più volte che un’automobile la investisse. Poi, una volta raggiunto l’altro lato della strada, allargò le braccia e saltò letteralmente al collo di quel ragazzo.
 
“Mi hai portato la colazione!” parve quasi accusarlo, mentre gli stampava un tenero bacio sulla guancia e gli scompigliava i capelli.
 
“Forse non avrei dovuto. Non sei di certo un peso piuma, figuriamoci dopo l’ennesimo pasticcino” la prese in giro Austin, accarezzandole la testa e ottenendo in cambio un pugno sulla spalla.
Gli occhi di Tiffany luccicavano per la forte emozione di avere il ragazzo più importante della sua vita a pochi passi da lei. Perché lui, prima di essere il suo piccolo grande amore, era il suo migliore amico.
Quello a cui però non fece caso, e che avrebbe notato certamente se avesse guardato con maggiore attenzione, era che lo sguardo di Austin sembrava risplendere di luce propria. Una serenità inaudita gli dipingeva il volto, simile alla gioia che Sharalyn e Virginia avrebbero letto in lei.
 
“Forza, saliamo che ho bisogno di cambiarmi e rilassarmi un po’ a casa mia” lo invitò la ragazza.
 
“A dire il vero, sono venuto prima per chiederti quale film noleggiare stasera. Posso andare anche da solo, tranquilla. Solo, sono indeciso su cosa”.
 
Kill Bill?” propose Tiff, dubbiosa.
 
“Stasera propenderei per qualcosa di più soft, altrimenti non mi sarei rivolto alla regina delle commedie romantiche” le strizzò l’occhio.
 
“Ti stai evolvendo da macho tenebroso ad adolescente sognatore? Di solito funziona al contrario”.
 
“Allora, questo film? Altrimenti scelgo io…” Sapeva bene quanto Tiffany fosse restia a lasciare a lui la scelta su pellicole di quel genere. Sarebbe potuto tornare con Romeo e Giulietta o Harry ti presento Sally tra le mani, lui che non conosceva le mezze misure.
Poi le tornò in mente la conversazione avuta quel pomeriggio con il ragazzo del mistero.
 
“Che ne dici di La casa sul lago del tempo? Credo sia un buon compromesso”.
 
“Non lo conosco, ma per questa volta proverò a fidarmi. Se mi deluderai, niente muffin” sorrise, allontanandosi in direzione della videoteca.
 
“Ricattatore” borbottò la ragazza, mentre cercava le chiavi di casa e saliva le rampe di scale accennando un “buonasera, signor Lee”.
 
La serata trascorse tranquillamente come le altre, con la sola differenza che Tiffany conobbe il significato di vedere un film romantico in compagnia di Austin.
Non che non avesse mai visto quel genere di DVD con il suo migliore amico, ma questo era accaduto prima che lei si rendesse conto di esserne innamorata. E da allora le cose erano cambiate parecchio, almeno per lei.
In quelle due ore passate davanti alla tv si trovò spesso rannicchiata su sé stessa con le ginocchia contro al petto nel vano tentativo di impedire alle sue braccia di artigliare il collo del ragazzo, in preda a una crisi ormonale ingestibile che lo avrebbe certamente spaventato.
Austin, dal canto suo, non si era lasciato intimidire dalla posizione fetale assunta da Tiff, avvicinandola a sé e coccolandola più del solito. Evidentemente quel film aveva strani effetti collaterali su entrambi che non sapevano ancora come gestire quelle situazioni a tratti imbarazzanti.
Eppure sarebbe bastato uno sguardo puntato negli occhi l’uno dell’altra per leggervi un mondo fatto di emozioni e sensazioni nuove, ma così ben radicate in loro da non accorgersi neppure di manifestarle così evidentemente.
Tiffany, acciambellata sul lato destro del divano, era calamitata in direzione del ragazzo che le stava affianco come la Luna verso la Terra e quest’ultima verso il Sole. Lo guardava e fuggiva dagli sguardi che lui ricambiava; si avvicinava inconsapevolmente per poi allontanarsi rapidamente quando lui la catturava in uno dei suoi teneri abbracci; sorrideva estasiata di fronte alla performance della Bullock sottraendo quella smorfia buffa e dolce allo sguardo di chi improvvisamente se ne mostrava interessato, come puntualmente accadeva al ragazzo che le sedeva affianco.
E il rampollo di casa Douglas non era da meno.
Osservava ogni più piccolo movimento della giovane accanto a lui, pronto a memorizzarne i dettagli significativi e non; cercava il contatto ad ogni occasione che gli si presentava davanti, impedendo alla ragazza di sfuggirgli dalle braccia; sorrideva spontaneamente ogni qualvolta vedesse lei sorridere.
Il loro rapporto era sempre stato particolare, speciale per chi li guardava da fuori e poteva annotare tutti i più piccoli accorgimenti. E anche quella sera l’amicizia che li legava sembrava non sfuggire alla routine di coccole rubate e battute buttate lì in cerca di qualcuno che le raccogliesse.
La differenza stava nella quantità di carezze dispensate, di baci sfiorati tra i capelli mossi di lei e dita incastrate in un gioco senza fine tra i fili biondi di lui. Il tutto accompagnato da una buona dose di impaccio e rossore delle gote.
Inoltre quella sera l’atmosfera era un po’ più tesa. Infatti Tiffany aveva accennato, come le aveva consigliato la madre, ad un misterioso ragazzo che aveva cominciato a corteggiarla qualche settimana prima. Si trattava di un giovane che l’aveva contattata in radio, con la scusa di chiederle un consiglio su come affrontare delle questioni di cuore.
Inizialmente la ragazza aveva notato un leggero irrigidimento da parte di Austin; ma proseguendo con la spiegazione, lo aveva visto sciogliersi nuovamente e mostrarsi felice per lei.
Peccato che il cuore di Tiffany grondasse sangue in quel momento e non contentezza, come pensava lui.
 
“Per questa volta il muffin te lo sei meritato” fu Austin ad interrompere quel pacifico silenzio, al termine del film.
 
“Me lo sarei meritato comunque, anche solo per averti sopportato per un’altra serata” lo rimbeccò lei, facendogli la linguaccia. Quel ragazzo era capace di tirare fuori il meglio e il peggio di lei, a seconda dei casi. Un’abilità innata in certe persone o semplice intimità, come la chiamavano altri.
 
“Sarà meglio che vada, altrimenti potrei addormentarmi qui e non svegliarmi fino a domattina” le scompigliò affettuosamente i capelli, reduci da una battaglia durata per l’intera proiezione del film. “Dormi bene, Tiff”.
 
“Buonanotte” gli stampò un veloce bacio sulla guancia come era solita salutarlo ogni qualvolta si vedessero.
E quella notte Tiffany sognò Austin, tanta cioccolata e coccole diabetiche testimoni silenziose di una passione disarmante.
Probabilmente l’idea di nonna Emily che la rimproverasse per le troppe calorie l’aveva spinta a trovare un metodo efficace che l’aiutasse a smaltirle. E quale sistema migliore se non quello di rotolarsi tra le lenzuola?
Si ripromise di sperimentare quella tecnica anche da sveglia, con Austin naturalmente.
 
 

Sono di fretta, quindi mi limito a lasciarvi questa prima parte -la secondo conto di postarla a breve- sperando possa piacervi. Non l’ho riletta, come mio solito, quindi chiedo anticipatamente scusa per qualsiasi errore che vi pregherei di farvi comunque notare cosicché possa rimuoverlo.
Ricordo inoltre la long a cui sto lavorando -chiedo venia per l’immenso ritardo, ma prometto di impegnarmi ad aggiornare prima possibile-, Whatever it takes e il profilo facebook
http://www.facebook.com/#!/adrienne.sunshineefp per spoiler e quattro chiacchiere in compagnia.
 
Un bacio grande,
Adrienne

  
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