Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: shirupandasarunekotenshi    05/05/2012    2 recensioni
Post-Tsuki. Non tutto quello che è accaduto a Yokohama, prima dello scontro con Gougasha, pare risolto. Un piccolo battibecco di cui Rajura approfitta. CLASSIFICATASI QUINTA AL CONTEST COURAGE, HONOUR AND NAKAMASHIP
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dais, Kento Rei Faun, Un po' tutti, White Blaze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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COURAGE, HONOUR AND NAKAMASHIP

 



Nickname Autore: shirupandasarunekotenshi

Titolo: Gonin: hana wa, kokoro wa hitotsu

Fandom: Yoroiden Samurai Troopers (I cinque samurai)

Personaggi: Shu di Kongo, Tutti.

Genere: azione, avventura, drammatico, angst

Rating: giallo per qualche scena di violenza

Avvertimenti: manipolazione mentale, violenza psicologica, oneshot

Note dell'Autore (se ne avete): siccome spesso ci riferiamo ai personaggi con i loro nomi da samurai in alternativa ai nomi propri e i ragazzi sono simboleggiati dagli elementi e rappresentano ciascuno una virtù, un piccolo schema per orientarvi. Shu di Kongo o del Diamante, dominatore del potere della terra (il legame con la citazione e con la melodia della terra, il motivo per cui abbiamo deciso di renderlo protagonista, perché la citazione capitataci si adattava particolarmente ad una situazione del genere), la sua virtù è la Giustizia, Ryo di Rekka o della Vampa, legato al fuoco e leader dei samurai, sua virtù è l'Altruismo, Seiji di Korin o del Nimbo, il suo elemento è la luce e la sua virtù la Cortesia, Touma di Tenku o dell'Etere, samurai del cielo (o dell'aria), sua virtù è la Saggezza, Shin di Suiko o del Torrente, legato all'acqua e alla virtù della Fiducia.

Tra l'altro ognuno di loro è caratterizzato da un colore che ricorda l'elemento di appartenenza: Shu tra l'arancio e il marrone, Ryo rosso, Seiji verde, Touma blu, Shin azzurro.

Byakuen (Fiamma Bianca nell'edizione italiana) è una tigre bianca che accompagna i samurai, in realtà è uno spirito millenario. E' un maschio anche se nella versione italiana è stata resa femmina; considera evidentemente Ryo il suo cucciolo, ma si lega intensamente anche agli altri samurai.

Nasty (Ambra in italiano) è la ragazza che aiuta i samurai nelle loro imprese, può farlo grazie alle sue conoscenze e alla sua cultura; è più anziana di loro e la considerano una sorta di sorellona^^

Jun (in Italia Danny) è il bambino che è un po' la mascotte del gruppo; si unisce a loro all'inizio della serie, perché Arago cattura i suoi genitori e non se lo scollano più dalle costole:P Per lui Nasty e i samurai sono dei fratelloni e, in quanto bambino, Byakuen lo adotta come cucciolo. Oltre che con Ryo e Nasty sembra avere un rapporto particolarmente stretto con Shu e una forte ammirazione per Seiji^^

Cronologicamente la nostra fanfic si pone tra le due serie dell'anime, quando i samurai hanno tra i 14 e i 15 anni (sono tutti coetanei, con qualche differenza di mesi), più precisamente dopo il drama la cui traduzione si trova a questo link:

http://www.stardustway.org/samuraiheart/Traduzioni/kongoden.htm

Come colonna sonora abbiamo utilizzato le canzoni cantate proprio da Shu nei cd dei samurai. Eccole nell'ordine in cui le abbiamo inserite:

http://www.stardustway.org/samuraiheart/Traduzioni/TestiCanzoni/TsukiSongs/SuashiNoMamaDe.htm (audio: http://www.youtube.com/watch?v=hu3sCk0W1wM)

http://www.stardustway.org/samuraiheart/Traduzioni/TestiCanzoni/KimiWoNemurasenaiSongs/LonelyBlood.htm (audio: http://www.youtube.com/watch?v=Cf2FkDHNTTA con video fatto da noi:P )

http://www.stardustway.org/samuraiheart/Traduzioni/TestiCanzoni/TsukiSongs/Someday.htm (audio: http://www.youtube.com/watch?v=HldOC4FTlF8&blend=1&lr=1&ob=5 sempre video nostro^^ )

Dal punto di vista dei profili dei ragazzi, sul nostro sito abbiamo le biografie solo di Touma e di Shin, le altre sono ancora da sviluppare, comunque ve le lasciamo da leggere, così vi fate l'idea di quale sia la nostra visuale su di loro^^

http://www.stardustway.org/samuraiheart/personaggi/Mondo%20umano/Shin%20Mouri.htm

http://www.stardustway.org/samuraiheart/personaggi/Mondo%20umano/Touma%20Hashiba.htm

L'avversario contro cui combattono...

Allora... gli youja sono i servi del loro nemico Arago, i demoni mashou sono i generali di Arago, in realtà umani corrotti che si sono messi al suo servizio secoli prima e, nel corso della serie, lentamente, torneranno alla loro umanità. Nel momento della nostra fic i samurai ancora non sanno che Rajura è un essere umano come loro. Rajura è il demone dell'illusione, combatte sfruttando le debolezze delle anime altrui per generare in loro illusioni distruttive, mentre tra le sue tecniche d'attacco, oltre alla ragnatela (nelle mosse e nelle tecniche ricorda molto un ragno), usa una 'naginata a sei zampe', praticamente sono sei lame allungabili, una specie di artiglio^^

Shu invece combatte con uno tsubo o tetsubo, un'arma da samurai, una sorta di bastone che può allungarsi^^

Le armature, alla giapponese, sono chiamate yoroi e sono indossate dai ragazzi in... due gradi... diciamo così... la prima forma è l'undergear, un'immagine giusto per farvi capire, proprio di Shu:

 

http://www.stardustway.org/samuraiheart/personaggi/Mondo%20umano/ImmyShu/shu-under.jpg

(tra l'altro in questo gruppetto di immagini vi trovate anche Rajura, il tizio nell'immagine in piccolo, con i capelli bianchi^^)

Il secondo grado è la yoroi vera e propria, ecco quella della terra o del diamante, che indossa Shu:

http://webspace.webring.com/people/eu/um_7561/YSTpics/Kongo.jpg

In realtà, nell'ultimo oav le yoroi cambiano forma, diventano più raffinate e, in qualche modo, più da samurai, ma nel periodo in cui è ambientata la fic indossano questa^^

Altra cosa da dire: loro materializzano l'armatura tramite una sfera in cui compare il kanji della loro virtù, per questo nella fic descriviamo il materializzarsi della yoroi addosso a Shu come se venisse dal nulla:P

La citazione finale è tratta sempre da materiale ufficiale dei samurai, il frammento di una poesia che si trova nelle poem cards, una serie particolare di cards realizzate in Giappone^^

Nella fic noterete molti riferimenti al sakura, il ciliegio giapponese, questo perché esso, in Giappone, è considerato un simbolo dei samurai, per la sua bellezza e perché simbolo di effimero, così come la vita di un guerriero.

 

Ok, abbiamo scritto un poema di note per darvi il minimo necessario ad orientarvi nella fic :P se c'è qualche altro dubbio siamo a disposizione^^

Nel corso della fic abbiamo inserito altre note dove necessario^^

 

 

 

Gonin: hana wa, kokoro wa hitotsu

Cinque persone: un fiore, un solo cuore

 

 

"La Terra ha musica per coloro che ascoltano."

[William Shakespeare]

 

La rossa carezza del sole scendeva lentamente a lambire la superficie del lago e tutti i colori della natura al tramonto si riflettevano in un paio di occhi blu, grandi e un po' infantili nella loro innocenza; eppure, quegli occhi di ragazzo erano anche quelli di un guerriero, reduce da battaglie tanto più grandi di lui, affrontate con l'ardimento di un antico samurai.

Affacciato alla finestra, il viso appoggiato sulle mani, i gomiti al davanzale, Shu di Kongo contemplava l'incanto del giorno che moriva con aria sognante e quella bellezza era struggente per il suo cuore tormentato, andava ad accentuare quel pizzico fastidioso che ad ogni battito si irradiava all'anima, strappandogli numerosi sospiri.

L'ultima battaglia aveva nuovamente messo alla prova i loro corpi e i loro spiriti ma ne erano usciti, come sempre; era riuscito a rendersi utile ai compagni, le loro forze riunite avevano loro permesso di avere la meglio sullo youja Gougasha e ancora una volta avevano dimostrato di essere forti insieme, forse imbattibili, provando quanto il legame fosse profondo.

Eppure...

Un ennesimo sospiro...

Quella maledetta discussione, quelle brutte parole scambiate, la durezza di Seiji e Touma, la mancanza di parole confortanti da parte di Ryo e di Shin che non l'avevano difeso...

Sbuffò, insultandosi mentalmente; quant'erano immature quelle considerazioni, quanto lontane dallo spirito di un samurai?

E allora perché non riusciva a smettere di pensarci, a fare in modo di lasciare tutto alle spalle... perché non poteva semplicemente cancellare tutto e fare finta che nulla fosse accaduto?

Per il semplice motivo che era rimasto deluso. Dalla loro incapacità di comprenderlo, dalla loro... distanza, dal loro rifiuto di voler conoscere un frammento della sua vita. Lui, dopotutto, desiderava unicamente donare a loro tutto se stesso.

Si strinse nelle spalle mentre si allontanava dalla finestra; doveva smetterla, avevano discusso, c'era stata un'incomprensione, e allora? Succedeva tra amici, tra persone che si volevano bene, non cambiava nulla, tutto era tornato normale.

Ma era davvero così?

Le mani in tasca, fischiettando per fare finta di nulla anche con se stesso, si diresse a passo deciso verso la cucina: era quasi ora di cena ma... un innocente spuntino, giusto per stuzzicare l'appetito, non era certo un'idea da cestinare.

Con decisione aprì la porta su quello che era diventato il regno indiscusso di Shin, con il beneplacito di Nasty; con suo disappunto, il sovrano legittimo era ben saldo nella sua sala del trono, una padella nella mano nella quale sfrigolava una crèpe invitante, gli occhi fissi sull'intruso che si era appena intrufolato senza aver né chiesto né ottenuto il permesso1.

Non guardarmi così ogni volta che entro in cucina! Mi tratti come se fossi un predatore!”

Ed eccolo che, nonostante le parole, si bloccò sul posto, arricciò il naso e attese il responso del ragazzo del mare, come gli capitava di chiamarlo tra sé e sé, il quale, a volte, sembrava trasformarsi in uno squaletto; quando si trattava del suo regno, nulla lo tratteneva dal diventare un pizzico dispotico e possessivo.

Lo vide posare la padella sui fornelli, non prima di aver abbassato sapientemente il fuoco, onde evitare la carbonizzazione completa della pastella sfrigolante poi, continuando a lavorare su essa, diede le spalle al compagno, senza smettere di seguirlo, con lo sguardo di sbieco, attento in maniera ossessiva ad ogni suo movimento.

Ti tratto per quello che sei, in cucina diventi molto più di un predatore, somigli più a un piranha!”.

La testa di Shu si alzò di scatto, nella bocca una tale indignazione che pareva sul punto di scoppiare.

Qui dentro non sono IO il pesce! E poi io ho solo, semplicemente, fame! E' un bisogno primario per tutti, mi pare”. E, dato che l'indignazione pareva non abbastanza, il ragazzo ci aggiunse un broncio ben plateale. “Solo perché voi ragazzi sembrate sempre senza appetito, non potete pretendere lo stesso da me!”.

Finse di non vedere l'espressione stupita, quasi costernata di Shin, finse di non sapere perché avesse quell'espressione un po'... ferita, forse...

Che razza di tono aveva usato? Più alterato del solito, più aggressivo?

Ignorando il cuore che gli saliva in gola per il senso di colpa, fece dietrofront, riconquistando l'uscita.

E comunque tranquillo, se ti do tanto fastidio me ne vado!”.

Aveva già richiuso la porta alle proprie spalle quando il richiamo intriso d'ansia del compagno lo raggiunse:

Shu!”.

Si strinse nelle spalle, uno sbuffo nervoso a scuotergli tutto il corpo e, quando risollevò lo sguardo, ecco quei maledetti occhi inquietanti... e viola2... che sapevano scrutare a fondo, fino a tagliare in due una persona: l'ultimo tra i compagni che avrebbe desiderato incontrare in quel momento.

C-che c'è, Seiji?”.

Aveva sempre la netta sensazione che quel ragazzo sapesse tutto di loro, come se potesse leggere nelle loro menti. Perché la mira delle sue parole era quasi sempre impeccabile. E le parole tagliate perfettamente per giungere dove la ritrosia non voleva farti giungere.

Anche Shin aveva quella capacità, anche Shin sapeva leggere nel cuore ma il suo approccio era dolce, premuroso... di solito. L'approccio di Seiji, invece, era quello di un chirurgo mosso dall'impulso di vivisezionare i pensieri e cercare di mettere a nudo debolezze e paure, Shin tentava di comprendere e aiutare, Seiji analizzava; Shin recava in sé l'empatia propria dell'acqua, che assorbe e interiorizza i sentimenti altrui, Seiji aveva in sé l'abbagliante invasività della luce alla quale non si può nascondere nulla e in grado di far sentire i propri bersagli, a volte, inquisiti e giudicati. Forse voleva aiutare a suo modo anche lui ma... quell'atteggiamento metteva Shu profondamente a disagio.

D'altronde non poteva dimenticare che proprio Seiji e Touma erano stati i più aggressivi durante quel dannato diverbio, trattandolo come un bambino immaturo da educare e da osservare dall'alto in basso... Seiji e Touma l'avevano fatto sentire inferiore.

Perché urlavi in quel modo con Shin? Avete bisticciato ancora?”.

Shu rintanò un poco la testa nelle spalle, mentre il broncio tornava con ancor più violenza: da come lo diceva sembrava che fosse sua la colpa, quando invece...

Io non ho bisticciato con nessuno. Ma Shin, evidentemente, non vuole che io mangi!”.

Un sopracciglio di Seiji si inarcò, in quel modo che sapeva risultare così irritante, era l'espressione di chi assumeva la modalità da persona matura, da giudice inquisitore di fronte all'infante da correggere:

O forse non vuole semplicemente che gli svuoti la cucina...”.

Per quello avrei bisogno di Touma3! Preoccupati per lui ... e non date sempre la colpa a me”.

Si scostò velocemente dal ragazzo, scottato e irritato, quasi sul punto di uscirsene con qualcosa d'altro di non troppo consono: sotto sotto, non l'aveva mandato giù quel fatto. Nonostante tutto, il suo cuore non riusciva a mettersi in pace... e la bocca stava finendo per parlare anche troppo e forse anche a sproposito, ora che i suoi nervi erano sul punto di saltare.

Uscì quasi di corsa dalla stanza, sperando vivamente di non incontrare nessun altro: una voce dentro di lui gli suggeriva che non avrebbe ricevuto parole gentili da nessuno quel giorno. Chissà perché poi? Gli leggevano forse in faccia che il suo stato emotivo non era dei migliori? E non avrebbero, allora, in nome del legame, dovuto mostrarsi gentili, cercare di capirlo, invece di infierire come sembravano intenzionati a fare?

Quando Shin e Ryo lasciavano trasparire uno stato d'animo negativo erano tutti lì, intorno a loro, pronti a consolarli, come si era soliti fare con i bimbi troppo sensibili, quando accadeva a Touma e a Seiji i compagni entravano immediatamente in ansia perché i maturi del gruppo necessitavano della massima considerazione e perdere il loro equilibrio sarebbe risultato devastante per la squadra.

Quando accadeva a lui... davano la sensazione di impegnarsi il triplo per prenderlo in giro.

Dove sarebbe potuto andare per smaltire in santa pace il proprio nervosismo? Niente sfogo attraverso il cibo perché la cucina era off limits, niente doccia perché la meta di Seiji era sicuramente il bagno e se ci entrava lui si poteva stare certi che sarebbe stato occupato almeno per la prossima oretta...

Camminava per casa a passo spedito, braccia oscillanti lungo i fianchi e pugni chiusi, guardando fisso davanti a sé, ma in realtà senza vedere nulla; forse proprio per questo il suo naso andò a sbattere contro un ostacolo in movimento che veniva evidentemente nella direzione opposta, capelli corvini un po' spettinati ed espressione tra lo svagato e il supponente che rendeva quella figura inconfondibile. Magnifico... il degno compare del demone dagli occhi viola4!

Se Seiji era l'ultima persona che avrebbe desiderato incontrare, Touma era di sicuro la penultima.

Non è da te la testa fra le nuvole... hai bisticciato con Shin?”. E ti guardava, mani sui fianchi, come se fossi uno strano essere da dissezionare e analizzare. Ma con la netta certezza di sapere cosa avrebbe trovato. “Hai violato il suo regno?”.

Io non ho violato nulla! Ma che avete oggi?!”.

Eccolo, rosso in volto, pronto a scoppiare: Tenku però non era un grande preveggente.

A dire il vero, mi sembri tu quello nervosetto...”.

Già. Touma non prevedeva proprio quando le tempeste arrivavano.

Ma piantala, Touma!”.

E, questa volta, si ritrovò a percorrere le scale in salita, sicuro come non mai di doversi infilare in camera e non uscirne per un abbondante quantitativo di tempo. Non c'era modo di parlare normalmente, non quando ti si accusava di cose che... che…

Malauguratamente per lui si era completamente dimenticato che in quella casa era possibile inciampare non solo in oggetti lasciati maldestramente in giro, ma anche su tigri sdraiate come tappeti in ogni frammento libero di pavimento; fu così che il suo piede incontrò la sagoma profondamente addormentata di Byakuen e, l'attimo dopo, si ritrovò lungo disteso, riuscendo a stento a salvare il naso dall'impatto con le tavole di legno.

Shu, fai attenzione, hai svegliato Byakuen!”.

Senza una parola, Shu si tirò su a sedere, le mani strette in pugni, mentre la tigre, indisturbata, lo osservava tranquilla, tornando poi a sonnecchiare senza grossi sconvolgimenti. Davanti a lui vide i piedi di Ryo, fermi, e solo allora rialzò lo sguardo, esasperato e demoralizzato.

Se mi faccio male io non importa, vero? Tanto lo stupido Shu non si fa mai male, vero?”.

E ancora una volta il caro, affettuoso Ryo lo stupiva in senso negativo; proprio come Shin non l'aveva sostenuto neanche per un attimo quando Touma e Seiji se ne erano usciti con le loro antipatiche osservazioni.

Neanche sulla comprensione di Ryo e Shin poteva contare in quella casa.

Shu... ma che cos'hai?”.

Ecco la fatidica domanda, posta con quello sguardo, innocente e candido... ma i suoi erano occhi da gatto e i gatti sanno come apparire innocenti senza esserlo davvero.

Si alzò di scatto e la sua voce suonò troppo alta a lui stesso mentre ribatteva, gesticolando furioso:

Non ho niente, niente di niente, va bene? Io non ho mai niente e smettetela di chiedermelo!”.

Fece dietrofront e quasi, nella foga, si dimenticò nuovamente di scavalcare Byakuen, che riaprì ancora un occhio, un po' più incuriosito di prima, ma Shu non lo degnò di uno sguardo e a passo di marcia ridiscese le scale. Doveva uscire da quella casa o sarebbe soffocato prima che giungesse il momento della cena.

Anzi, alla faccia loro non si sarebbe neanche presentato a cena, d'altronde se lo faceva così spesso Touma perché non avrebbe potuto farlo lui?

Oh, ci scommetteva su qualunque cosa che non l'avrebbero lasciato in pace come lasciavano in pace Touma per quello.

Che provassero a chiedergli di andare a cena!

Visto che gli erano proibiti innocenti spuntini... e che andava a sbattere contro persone e animali... e che non andava a genio a nessuno...

Beh, allora si sarebbe tolto dai piedi per un po'. Forse avrebbe fatto un piacere anche a se stesso, chi poteva saperlo?

Uscendo non incontrò nessuno, per sua fortuna, e allora fu libero di camminare in silenzio, verso il boschetto lì vicino: sentì l'aria fresca di Settembre battergli sul viso, il lento rumore del vento tra le foglie, le vide un poco consunte dal fresco e dall'autunno e percepì distintamente, come una febbre che discende all'improvviso, la sua rabbia che si dissolveva nel nulla. La tenue luce del sole stava ormai morendo, alle sue spalle anche le luci della casa non illuminavano più nulla lì attorno: si fermò, immerso nel silenzio, inspirò a lungo, poi lasciò andare tutta l'aria con uno sbuffo.

Era arrabbiato? Scocciato? Amareggiato?

Al momento non sapeva dire nemmeno lui cosa ci fosse.

'Growl'.

Beh, la fame c'era, ma non c'era di che stupirsi.

Si lasciò cadere sull'erba, sdraiandosi a braccia aperte e naso all'insù, verso le stelle.

 

 

Spingere via l'erba alta fino al ginocchio

Coperto da fango e giocoso, quella era la mia infanzia

Sdraiato sotto il cielo, con i colori del tramonto

Qualcosa fa male, non lo dimenticherò

Lasciare la campagna, anche solo per vivere in città

Abituarsi infine, farsi degli amici

Quel ragazzo vuole andare in quel paese

Mentre il giorno finisce, la luce si spegne

Uh, ma le stagioni uh, continuano a passare

La gente che comprende il tempo

Anche oggi lotta con la civilizzazione e il potere

Vivere naturalmente, mentre passa

Ma senza fermarsi il tempo trascorre.

Dormendo per terra

Non riesco a riconoscere l'odore della terra

Qualcosa mi dice che non è naturale

Io potevo farlo quando ero un bambino

Qualcosa a cui ero abituato è passato

Sembra che anche il mio cuore sia arrugginito

Un po' è vero, solo, ora

Qualcuno mi aiuterà a capire?

Uh, a piedi nudi Uh, voglio seguire il vento

La gente che comprende il tempo

Anche oggi, può dare invece di gettare via

Desidera solo numeri mentre è ferita

Ma, senza freni, il tempo continua a passare

Uh, ma le stagioni uh, continuano a passare

La gente che comprende il tempo

Anche oggi lotta con la civilizzazione e il potere

Vivere naturalmente, mentre passa

Ma senza fermarsi il tempo trascorre.

 

 

Era felice il bambino che correva tra i campi, l'erba quasi più alta di lui non diventava un ostacolo; bastava spostarla, un leggero cenno della mano e lei, lieve, gli schiudeva una nuova porta, verso un altro mondo incantato, permettendogli di correre ancora, la risata al cielo, gli schizzi di fango sollevati dai piccoli piedi nudi che affondavano nel suolo instabile e fresco.

Poi il bambino si fermò, uno strano pizzico al cuore fece brillare i suoi occhi di lacrime che rimasero lì, appese, tremolanti in una malinconia che non aveva un nome. Sollevò ancora lo sguardo al cielo; i colori del tramonto assumevano bizzarre sfumature e il piccolo vagamente pensò al sangue che colava da ferite aperte e dolorose.

Si lasciò cadere a terra, osservando quelle gocce scarlatte che scivolavano nel cielo, rapendo il suo sguardo ed ogni sua sensazione. Avrebbe voluto rialzarsi, seguire il richiamo del vento, anche se era come un pianto: tutta la natura intorno, ora, piangeva insieme a lui.

Voleva solo essere felice. Solo spensierato.

Ma era solo. Non c'era nessuno con lui.

Non c'erano ... non c'erano loro.

Perché era arrabbiato, arrabbiato perché non li capiva. Perché non riusciva a farsi capire da loro.

Perché erano più che amici, erano più di brave persone, più di compagni d'arme.

Loro avevano il suo cuore, tutto. Perché lui quando si donava non aveva mezze misure: era tutto o era niente. E per loro era tutto. Ma, forse, per loro non era abbastanza.

 

I suoi occhi si riaprirono sulla notte ormai totale, niente più rosso sopra di lui, solo il blu profondo del cielo e l'oro ammiccante delle stelle e anche quelle stelle sembravano farsi beffe di lui; il bambino era scomparso, lasciando nuovamente spazio al ragazzo di quattordici anni, di sicuro non adulto per età fisica, ma neanche per quella mentale - avrebbe pensato chiunque fosse in grado di sondare i suoi pensieri.

Oh, non lo pensavano forse i compagni, suoi coetanei, quanto fosse tanto più infantile, immaturo, persino superficiale rispetto a tutti loro?

Una stella cadente tracciò nel cielo una striscia ad arco e nello stesso istante una lacrima scivolò lungo la sua guancia, una mano che si sollevava fino al petto; il cuore spezzato faceva davvero troppo male.

No... non spezzato... quello era un cuore cui mancava qualcosa, al quale qualcosa era stato sottratto... qualcuno...

Si mise seduto, gli occhi sgranati nel buio, senza smettere di artigliarsi il petto, le lacrime che si fecero copiose, incontrollabili, accompagnate dai singhiozzi di un bambino abbandonato.

Si trattava di panico autentico: nel corso di quei mesi di battaglie senza fine aveva imparato a riconoscerlo... era il panico della perdita, dello smarrimento, della solitudine, della consapevolezza che qualcuno diventato troppo importante era perduto e rischiava di non tornare più.

Faceva così male voler bene a qualcuno... finora aveva solo conosciuto amore e felicità, ma l'amore condito di tristezza era qualcosa che un cuore a fatica sopportava. Per una persona solare e positiva come lui pensare ai suoi nakama e avere il cuore stropicciato dalla delusione era ...

No, non il cuore.

A fatica lavò via le lacrime, tirando su maldestramente col naso, e trascinò i passi pesanti al solo luogo dove ora poteva tornare: qualcuno l'avrebbe aspettato sveglio?

Era stato uno sciocco ad andarsene così. Ora che sprazzi di lucidità si facevano strada in lui, lo capiva: non c'era ancora nulla di sicuro attorno a loro.

Solo due giorni prima erano stati attaccati ed era logico presupporre che non sarebbe stato un caso isolato.

Però tutto era tranquillo, quella notte era bella e fresca e silenziosa. Non era una notte da youja.

Fermò i propri passi, come immobilizzato: davanti a lui la grande casa di Nasty, muta, le cui finestre riflettevano solo il chiarore delle stelle, tranne una, dietro cui una luce artificiale si attardava: quella era la sua camera, sua e di Shin. Che lui l'avesse atteso tutto quel tempo?

D'improvviso, si sentì tanto stupido... cosa gli serviva ancora? Quali dimostrazioni per sapersi benvoluto ed amato?

Da Shin in primo luogo e Ryo... e Seiji e Touma...

Gli tornarono alla memoria tutti quei particolari che il nervosismo aveva cancellato, perché la rabbia può rendere tanto ciechi ed ottusi, gli tornarono alla mente le loro parole dopo la battaglia contro Gougasha, le tante coccole ricevute da Shin, gli scherzi affettuosi di Touma, le monellerie spensierate con Ryo, il condiscendente, un po' dispettoso arruffargli i capelli da parte di Seiji.

E poi tutte le volte che lui stesso era stato dispettoso con Shin, i momenti in cui aveva reso loro la vita difficile...

Era mai cambiato qualcosa? Gli avevano mai fatto mancare qualcosa?

Un sospiro e poi divenne pressante il bisogno di raggiungere Shin e sperava anche di incontrare gli altri, aveva voglia di vederli, aveva voglia di scherzare con loro, di ridere, di prenderli in giro e, soprattutto, di farsi prendere in giro.

Entrò in casa di corsa e il silenzio che lo aggredì era più acuto di un grido per le sue orecchie; quanto aveva dormito su quel prato?

Da quanto era passata l'ora di cena?

Di sicuro il suo stomaco reclamava in maniera violenta e non tentò di deviare i propri passi che lo conducevano verso la cucina; allungò una mano verso l'interruttore e ciò che vide sul tavolo gli fece sgranare gli occhi.

Oh, Shin...”.

Era tutto lì... tutto quel che aveva preparato lasciato lì, sul liscio ripiano, appositamente per lui, a confermarlo un bigliettino appoggiato al vassoio delle crepes, alcune parole vergate con calligrafia semplice ma tenera, proprio come il proprietario delle mani che le avevano tracciate:

 

Bentornato Shu e buon appetito.

Ti aspetto sveglio, così parliamo un po'...”

 

Lo aspettava. Lui, Shin, aspettava Shu.

Bastava. Shu non aveva bisogno di molto... essere attesi, pensati... avere qualcuno che si preoccupa anche di metterti da parte la cena mentre tu sei stato un egoista.

Questo era tanto, tantissimo. E bastava per lui. Bastava a dirgli tutto quello che c'era da sapere.

Persino l'appetito divenne meno prioritario, aveva da fare qualcosa di più importante. Lo stomaco poteva aspettare.

Corse in sala e poi su per le scale, con una foga tale che, facilmente, avrebbe svegliato l'intera casa: ma che importava se ora andava tutto bene?

Spalancò la porta chiamando il nome di Shin, il cuore che gli batteva a mille e nella testa tante di quelle parole che nemmeno sapeva che cosa avrebbe fatto prima: se abbracciarlo, elaborare un sermone di scuse, oppure...

Ogni pensiero si fermò, il cuore perse un battito e gli occhi di Shu si fecero enormi: giacevano a terra i frammenti di quella che una volta era stata la finestra e, sul muro, il segno di un profondo taglio di un'arma affilata era stato tracciato da un letto all'altro, con mano rozza e violenta.

Una goccia di sangue, piccola ma chiara, macchiava il suo stesso cuscino.

Piccola, talmente piccola che non poteva appartenere a una ferita grave.

Ma non importava.

Era il sangue di Shin quello. Quello che aveva versato mentre lui non c'era.

Ma cosa... cosa...”.

Balbettava, incapace di formulare affermazioni di senso compiuto, era come se tutto gli stesse crollando addosso, l'intero universo con le sue stelle... sangue... quello era sangue... quelli erano segni di battaglia... anzi no, di attacco, da parte di qualcuno che, forse, non aveva neanche permesso a Shin di difendersi.

Un tremito violento attraversò le sue membra, mentre la parte razionale, quella guerriera che richiedeva prontezza, tentava di spronarlo:

Muoviti, agisci, fai qualcosa, mettiti all'opera per fare qualcosa, qualunque cosa!”.

E l'attimo dopo le sue gambe scattarono, nel giro di pochi secondi spalancava le porte delle altre stanze: altri segni di lotta tra i letti di Seiji e Touma, sangue, troppo, su quello di Ryo... Ryo era ancora debole, Ryo... non avrebbe dovuto essere lasciato solo.

E Byakuen? Nasty e Jun?

Si portò le mani ai capelli, scompigliandoli con mosse frenetiche, l'agitazione faceva vibrare ogni suo nervo, la voce venne fuori, in un grido isterico:

Che cosa è successo qui? Che cosa è accaduto, maledizione?!”

Non c'era nessuno... non sapeva dove si trovassero, né contro chi stessero combattendo. Non c'erano nei dintorni segni o rumori che potessero ricondurlo a loro.

Il nulla.

E lui non sapeva nemmeno quanto tempo avesse ancora. Se ve ne era...

Stava sprofondando in se stesso, nei propri incubi. Forse sarebbe rimasto lì, inginocchiato a terra, per sempre.

 

L'onore è agire per difendere ciò che merita di essere difeso. Non dimenticarlo mai Shu, l'onore è ciò che rende un ragazzo un uomo.

 

Le parole di sua madre, la sua più grande maestra, gli rimbombarono quasi ironiche nelle orecchie: era con l'onore che lei aveva cercato di crescerlo, sostenendo che solo quello ti faceva camminare a testa alta e vivere come il cuore desiderava davvero. Onore che era anche coraggio, perché il primo si scontrava troppo spesso con ipocrisia e opportunismo. Ed il coraggio era qualcosa che riusciva a portare a compimento il desiderio dell'onore.

Ma l'onore, ora ... ora dov'era? L'onore non aveva senso senza qualcuno per cui mostrarlo. E di onore, certo, non si era cosparso il capo quel giorno.

La verità era una: si era allontanato per un capriccio, senza riflettere, senza soffermarsi a pensare che non era un buon momento per starsene separati, che gli youja erano in agguato e che fin dall'inizio avevano tentato di sfruttare i loro momenti di debolezza per metterli in difficoltà, fin dall'inizio loro scopo era stato quello di separarli... e come uno stupido lui li aveva assecondati.

Ed era la seconda volta, in troppo poco tempo; era scappato via come un bambino capriccioso lasciandoli in balia di Gougasha e se non fosse arrivato in tempo...

Se non fosse arrivato in tempo...

Forse davvero, questa volta, non era arrivato in tempo, forse loro... loro...

Si portò una mano alla fronte, capendo che stava commettendo l'ennesimo errore, l'irrazionalità e il panico stavano prendendo il sopravvento, facendogli perdere lucidità, andando ad incrementare le conseguenze del suo comportamento così poco onorevole, così poco da guerriero... da samurai.

Ma era solo, troppo solo, non sapeva da che parte cominciare.

Sbuffò e scosse la testa, doveva concentrarsi sul pensiero fisso che martellava nel suo cuore: devo salvarli, devo salvarli, devo salvarli! E saranno guai per chi ha osato fare loro del male!

Scese come un razzo al piano di sotto e trovò la porta di casa occupata da tre presenze che lo fissavano, sconvolte quelle umane, seriosa e penetrante quella felina.

Fece per aprire bocca ma Jun scoppio a piangere, andando ad abbracciarlo mentre Nasty, ingollando la paura, cominciò a parlare:

Ci hanno attaccati dei soldati di Arago... hanno fatto irruzione dalle camere e poi... i ragazzi li hanno inseguiti e Byakuen ... ci ha portati al sicuro, ma...”.

Dove sono, Nasty?!”.

Byakuen si intromise con un ruggito chiaro e nervoso, si avvicinò a Shu e gli prese una manica tra i denti, tirandolo verso di sé.

Lui sapeva, Shu non aveva bisogno di altro.

Si ritrovò a caracollare fuori dalla casa, dietro alle lunghe ed eleganti falcate della tigre: strinse nella propria mano la sfera della yoroi e, in un lampo di luce arancione, si ritrovò rivestito dell'undergear. Sensi e velocità si ampliarono, il suo passo divenne un tutt'uno con quello di Byakuen e l'istinto cominciò a percepire, chiaramente, il tepore battente dei suoi nakama.

Si era illuso ancora una volta che potesse esserci un po' di pace e quella pace non era neanche stato in grado di goderla; aveva rovinato tutto con i suoi capricci da bambino viziato e loro... loro... erano stati presi, aspettando inutilmente il suo aiuto.

Pensò a Shin che l'aveva voluto attendere; forse nel momento in cui era stato attaccato aveva chiamato il suo nome, o l'aveva invocato anche solo con la mente e lui, il cuore chiuso dal rancore aveva... rifiutato di ascoltarlo? Shin, che tanto spesso si aggrappava a lui in battaglia, seguendolo con lo sguardo, che gli aveva confessato quanto si sentiva sicuro combattendo al suo fianco, che spesso, nel pieno della lotta, ricercava i suoi occhi, perché il loro ardore si trasmettesse un poco a lui, sostenendolo e spronandolo a non mollare...

Non hai mollato, vero Shin? Anche se io non c'ero?”.

Non poté trattenere una nuova ondata di lacrime mentre continuava a correre; nervoso, strinse i denti e scacciò quel velo umido con l'avambraccio, anche se non servì a molto.

Sto arrivando... sto arrivando ragazzi... se oseranno torcervi anche un solo capello, io...”.

Poi si fermò un attimo, il pensiero si mutò in grido, in avvertimento per chi aveva osato violare qualcosa diventato troppo prezioso per lui:

VI TROVERO', BASTARDI, E RIMPIANGERETE DI ESSERE NATI!”.

La sua voce vibrò tra gli alberi, giungendo a orecchie in attesa di quel segnale.

 

Non c'era mai niente di casuale in quello che Rajura faceva. Amava studiare chi aveva davanti ed esplorare ogni debolezza, ogni passo falso; era una sorta di giochetto stuzzicante che metteva alla prova solo il suo spiccato sadismo. Non negava di aver osservato con divertimento tutta la scenetta che si era dipanata sotto i suoi occhi astuti e aveva atteso di trovare i quattro mocciosi soli e deboli: dei ragazzini che mancavano troppo spesso di strategia e coesione. A volte si chiedeva come costoro avessero potuto dare tali e tante grane a loro e ad Arago-sama.

La fortuna prima o poi abbandonava anche gli stolti ...

Con un gesto nervoso tornò a guardare alle proprie spalle e sorrise, sinistramente e con soddisfazione, a quella vista: riuscivano ad essere affascinanti in quella posa tanto teatrale, ridotti a schiavi del suo potere, incatenati a quegli alberi che brillavano di luce propria in quell'ora della notte. Pensò che Kongo si sarebbe ritrovato davanti agli occhi uno spettacolo coinvolgente.

Una di quelle creaturine in agonia si mosse un poco, si agitò e Rajura camminò fino all'albero di ciliegio che la intrappolava, avvinta al legno dalla viscida tela di ragno, manifestazione del suo potere; allungò una mano ed intrappolò il mento del ragazzo, sollevandolo a forza:

Come ci si sente ad essere maltrattati dal proprio amichetto del cuore, eh, Suiko?”.

Il samurai dell'acqua emise un lamento acuto e il demone dell'illusione sapeva perfettamente che non il dolore delle ferite, il disgusto generato dal suo tocco, lo faceva soffrire così; c'era qualcosa di molto peggio, per quei cuccioli idealisti, della sofferenza fisica. Un piccolo ghigno gli deformò il volto, mentre lanciava un'occhiata intorno a sé; anche Rekka si stava agitando ed espressioni angosciate comparivano sui visi dei due che sembravano i membri più razionali di quel gruppetto assurdo.

Siete senza speranza” ridacchiò.”E' così semplice manipolarvi che mi chiedo dove sia finita tutta l'amicizia di cui tanto andate fieri! Voi esseri umani siete da sempre... patetici”.

Un movimento nell'aria, molto più vicino, giunse alle orecchie del giovane Mashou e, accentuando il ghigno, scelse l'albero più maestoso per appostarsi e prepararsi a dare il più doveroso benvenuto alla sua vittima preferita.

Dall'alto della collinetta che sovrastava il filare di ciliegi, giunsero due figure che Rajura non ebbe difficoltà a riconoscere: Kongo aveva quell'atteggiamento così rabbioso e incontrollato in battaglia che lo rendeva unico e inconfondibile. Sapeva sempre dov'era e cosa stava facendo, era come un chiassoso bambino che non riusciva a smettere di infastidire gli adulti.

Lo osservò, mentre caracollava come un forsennato davanti al suo albero, sproloquiando parole ossessive e scontate.

Infine si immobilizzò, altre parole che gli morivano in bocca, perché vide... li vide, uno per uno, in quella situazione assurda, in quella condizione di assoluta fragilità, prigionieri ed inermi, immersi in un sonno profondo, con ogni evidenza innaturale. Gli occhi di Shu si sgranarono sui compagni avvinti, come in una beffa, al simbolo del loro destino implacabile: il ciliegio, così bello, così malinconico... i ciliegi con i loro samurai, legati per la vita, in una simbiosi spietata che non lasciava scampo.

Chi vi ha fatto questo? Ragazzi!”.

Non ottenne risposta; riprese a muoversi nel momento in cui Byakuen balzava in avanti, verso Ryo. Shu lo imitò e poté così vedere e riconoscere la reale natura di ciò che intrappolava i compagni, la consistenza vischiosa di una ragnatela ma tanto più grande e resistente. Mentre Byakuen si sollevava sulle zampe posteriori, posando quelle anteriori sulle spalle di Rekka, i pugni di Shu si strinsero, i suoi occhi guizzarono tutto intorno:

Rajura! Lo so che sei qui, vieni fuori!”.

E Rajura sogghignava; la sua trappola era scattata. Erano divertenti... quelle espressioni, quegli occhi sul punto di piangere, quei cuori turbati.

Erano bambini e si facevano chiamare Samurai.

Erano patetici.

Guarda guarda guarda... il nostro piccolo Kongo torna al nido. Hai sfogato i tuoi capricci?” Sbucò dall'albero più alto, una gamba mollemente poggiata a un ramo, il capo alto in sberleffo. “Temevo quasi che non arrivassi... in tempo”.

I pugni del ragazzo si sollevarono frementi nella sua direzione:

Io arriverò sempre in tempo per loro, sempre, ricordatelo!”.

Oh, certo, dopo averli gratificati dei tuoi capricci e delle tue fughe immature, dopo che le hanno prese di santa ragione senza che tu li degni della tua presenza, dopo aver fatto i tuoi comodi, arrivi in tempo, certo...”

Rajura balzò a terra e, suo malgrado, Shu indietreggiò di qualche passo, non certo per paura, ma perché quelle parole l'avevano ferito nel profondo, più di ogni scalfittura, più di ogni colpo giunto a segno. E lo avevano sconvolto a tal punto che le braccia ricaddero lungo i fianchi, il ringhio che gli deformava le labbra si era tramutato in una smorfia di disappunto, fiumi di lacrime desideravano uscire.

Ma non lo avrebbe permesso, Rajura non avrebbe dovuto vederlo piangere, era il momento della rabbia, non delle lacrime... eppure... eppure...

Non riusciva in alcun modo a cancellare il fondo di verità di cui quel discorso si faceva latore, Rajura aveva ragione, Rajura aveva scavato dentro di lui e aveva messo a nudo, come una ferita aperta, il suo comportamento così poco onorevole, così poco da samurai e, soprattutto, per nulla degno di un nakama sul quale si potesse contare.

La loro delusione lo aggredì, con un'intensità ancor maggiore delle parole di Rajura, gli scese dentro, nel cuore, lo afferrò, graffiò, soffocò in una morsa... e la voce di Rajura svanì, per lasciare il posto ad un'altra, tanto più amata, ma tanto più atroce da sopportare l'astio di cui si impregnava ogni sillaba:

Non me l'aspettavo proprio, Shu... una tale immaturità... sapevo che eri infantile, l'avevo capito fin dal primo istante ma, fino a questo punto, non l'avrei detto...”

To... Touma...”

Mi chiedo come sia possibile... che tu sia un samurai intendo... un samurai non fa i capricci... un samurai non scappa perché i compagni sono in disaccordo con lui, un samurai resta al fianco dei compagni anche se il suo cuore sanguina!”

Sobbalzò, guardandosi intorno sperduto e i suoi occhi si puntarono sulla figura di Seiji ancora legata all'albero, ma la testa dell'erede dei Date era levata verso di lui, le sue iridi viola lo trafiggevano; anche Touma lo guardava e nei suoi occhi cobalto vi era unicamente rabbia, delusione... dolore...

Che io ho generato... li ho feriti... più di quanto possa averlo fatto Rajura...”.

“Ci hai abbandonato, ancora una volta. Non me ne devo stupire ... abbiamo sempre parlato di gruppo, ma tu ... tu hai sempre pensato a te stesso. Ma è meglio così. Senza di te, saremo migliori ...”.

Ryo... tu...?”.

“Traditore. Come hai potuto?” Shin, la sua voce. La sua. “Ho sempre creduto in te... ho sempre dato fiducia al tuo cuore... e tu, che cosa ne hai fatto? Traditore”.

Era troppo da sopportare, avrebbe accettato la morte in battaglia ma quello... quelle voci che tante volte lo avevano accarezzato, ora lo colpivano come tanti schiaffi in pieno volto e non aveva nulla da recriminare perché... quanto era vero quel che dicevano!

Si portò una mano alle tempie, si afferrò i capelli mentre cadeva in ginocchio... e loro continuavano... quanto le persone amate sanno essere più crudeli di un nemico, forse perché meglio di ogni nemico entrano nel cuore?

Sei un bambino viziato...”.

Indegno del tuo ruolo...”.

Egoista... vedi solo la tua ragione, non hai saputo ascoltarci...”.

Mi hai lasciato solo, Shu... perché non eri con me?”.

L'ultima frase si incrinò, mutandosi in pianto e Shu gemette, tremando senza poterne fare a meno:

Non piangere, Shin... ti prego, non piangere...”.

Sofferenza ... lacrime... rabbia...

Aveva fallito come amico. Come nakama. Come poteva perdonarselo?

 

Era successo tutto così in fretta.

Shu era uscito, scombussolando tutti; forse non avevano compreso i suoi sentimenti, forse... forse era stata una serie di sfortunati eventi. E forse, anzi, sicuramente, avrebbero dovuto parlare dopo Gougasha perché, dopo un litigio, rimaneva sempre qualche strascico, per quanto piccolo. Ma non gli avevano dato peso, non si erano preoccupati dei sentimenti di Shu, di quel suo turbamento.

E poi gli youja e Rajura e...

Ed era stato facile, anche troppo facile cadere nella sua trappola: lui sapeva, sapeva come sempre. Sapeva come irretirli e ghermirli nelle sue ragnatele e nelle sue illusioni.

Lui sapeva dove la loro debolezza risiedeva. E faceva male sapere che, a volte, gli stupidi egoismi potessero mettere in crisi ciò che vi era di più importante, per loro.

Touma cercò di sollevarsi, ma riuscì solo a mettersi in ginocchio in quell'universo di petali rosa... o rossi... troppo rossi per essere ciliegi. Ma forse era solo il sangue, sangue di samurai che sporcava i loro cuori puri.

Un risolino amaro attraversò il suo volto.

Talmente puri da aver dimenticato ciò che veramente valeva, da non aver compreso l'anima generosa di un amico che aveva desiderato unicamente dimostrare, a suo modo, quanto li amava. E adesso? L'avevano perso?

Il samurai dell'Etere aveva una volta di più sconvolto se stesso per quanto era in grado di diventare...

Un grande bastardo...”.

Non sapeva come altro definirsi, un altro termine non riusciva assolutamente a trovarlo o a ritenerlo adatto. E la saggezza, una volta di più, si era dimostrata talmente ottusa da vergognarsi di se stessa.

Grazie Touma... grazie davvero...”.

Si voltò di scatto.

Shu!”.

Ed eccolo lì, mentre ancora lui non riusciva ad alzarsi, Kongo no Shu lo fissava, dall'alto in basso, gli occhi da bambino così grandi, la loro innocenza sporcata d'amarezza.

Lo ricorderò, sai? Si percepiva dalle tue parole, Touma...”.

Co... cosa... Shu...?”.

Il disprezzo che in realtà nutrivi e nutri nei miei confronti...”.

Ironia nel tono, tristezza nello sguardo, Shu gli diede le spalle e prese a camminare; Touma provò ancora ad alzarsi, ricadde, tendendo una mano verso quella schiena sempre più distante:

Come puoi pensarlo? SHU!”.

Un dolore lancinante all'altezza del petto, una ferita che si apriva, grondando sangue che alimentava le tinte scarlatte di quell'universo sospeso e Touma poté solo gridare.

E quel grido riscosse il torpore di Seiji; il samurai del Nimbo si mosse di scatto e incontrò i sottili lacci che gli tagliarono la pelle, impietosi. Si guardò attorno, confuso, mentre i ricordi tornavano alla mente e una lucida rabbia lo prendeva: ma doveva mantenere la calma, elaborare una strategia, trovare i suoi compagni e...

Devi averlo sempre pensato... che io non fossi il perfetto samurai”.

Shu?!”.

Mani in tasca, sguardo buio, quasi velenoso. Era Shu. Lui?!

In fondo, hai sempre pensato a me come a un perdente, vero? Il povero stupido Shu... la ruota del carro...”.

Seiji cercò di aprire bocca, ma non ci riuscì: quegli occhi, quelli sorridenti del piccolo Shu, parevano trapassarlo di collera e fastidio. Quasi ribrezzo, come...

Odio i tuoi occhi...”.

Non c'era niente che facesse più male, che spaccasse più il cuore di una parola come l'odio nella bocca di un amico.

Il corpo di Seiji si piegò in due, un grido silenzioso, un lacerante dolore al cuore e una solitaria lacrima che cadeva nel nulla.

Il guerriero del Nimbo non fece in tempo ad udire la voce di Ryo che lo chiamava, lo cercava, la fidata spalla, il fratello d'arme:

Seiji... non lasciarti andare...”.

E tu, Ryo? Ti lascerai andare, grande capo?”.

La testa di Ryo scattò; i lacci che lo tenevano prigioniero si sciolsero ma lui cadde, come privo di consistenza, come se il suo corpo non avesse carne, una bambola in balia del vento che faceva cantare i ciliegi. I suoi occhi seguivano l'avvicinarsi di Shu, ma nessun frammento delle sue membra era in grado di muoversi, rimaneva sdraiato a terra, a fissare il compagno che lo scrutava, nelle iridi blu uno strano, inquietante scintillio.

Ti sei lasciato andare... hai visto? Non sei neanche più in grado di muoverti... e non hai neanche voluto accettare il mio aiuto perché sei un ingrato egoista. Io per te sono solo il buono a nulla da prendere in giro e da guidare... non hai neanche mai provato a prendermi sul serio...”.

Cosa... cosa dici? Shu, io...”.

Le sue labbra erano secche, si aprivano a fatica, davanti agli occhi una patina nebbiosa annunciò il giungere delle lacrime.

Non credere che ti segua ancora... rimani lì nella tua superbia, non ti tedierò più con la mia presenza”.

E Ryo gridò, il dolore irradiato dal petto che si screziava di rosso, l'urlo che si mutava in una disperata preghiera:

Non farlo Shu, non lasciarmi, perdonami, SHUUU!”.

C'era qualcuno che piangeva... chi stava piangendo? Ryo... i ragazzi?

Shin si mosse a stento, percepì subito una trama sottile attorno al collo e ad ogni suo arto, il profumo dolciastro di un fiore e l'aria, attorno a sé, densa e cupa.

Ragazzi... dove siete?”.

Io ci sono. Ti ricordi di me?”.

Il cuore di Suiko sussultò, la voce che temeva e desiderava sentire, ora. Ma... cos'era quella nota stonata?

Shu...”.

La voce gli si mozzò in gola a quella vista: Shu gli dava la schiena, come se nemmeno desiderasse vedere il suo viso. E le sue spalle, quelle, quante cose trasmettevano?

Anche adesso, non hai parole per me. Hai solo quelle di rimprovero, di scherno. E io che ti ho sempre difeso... a che scopo se tu mi hai abbandonato?”.

E Shin non aveva risposta. Non ve n'era, perché nelle parole di Shu c'era solo verità. Abbandono, rimprovero... sapeva di essere insopportabile, severo a volte. E sapeva... sapeva che non l'aveva difeso. E non riusciva a farsene una ragione.

Il senso di colpa era in lui, da tempo. Ed in lui cominciò a pulsare, come un sasso rovente che brucia ogni fibra che incontra.

SHUUUUUUUU!”.

Il viso di Kongo si voltò solo un attimo, per trafiggerlo con tutto quel disprezzo, gli sembrò di vedere persino un ghigno sulle sue labbra:

Piagnucoloso come un moccioso... e poi sarei io il bambino! Prendimi ancora in giro, adesso, se ci riesci, Shin-chama!”.

Il nomignolo che di solito era frutto di uno scambio affettuoso, venne sputato fuori distorto, con... con odio... Shu lo odiava?

Tentò di muoversi, di tendere una mano verso di lui, ma un artiglio feroce lo tirò indietro, mentre il suo amico del cuore... colui che era stato l'amico del cuore... svaniva nel candore dei ciliegi. L'artiglio affondò nel petto di Shin, ma quasi non sentì il dolore della ferita aperta e pulsante, il suo cuore, in fondo, era già spezzato, più male di così non poteva fare.

 

L'illusione più reale è quella che scava nelle paure e nei cuori sofferenti degli uomini.

Rajura conosceva bene il cuore degli uomini, sguazzava con una certa scioltezza nelle paure, nei timori e negli incubi delle persone. E aveva imparato a capire quanto il kokoro fosse importante per gli esseri umani. Un po' lo turbava come essi potessero reggere tali pressioni, come potessero sopportare, senza crollare.

Piangevano, si disperavano, si crogiolavano nel proprio dolore. Ma la speranza pareva non abbandonarli mai.

Spero sia di tuo gradimento tutto questo, Shu, in fondo ti sei cercato ogni cosa”.

Ancora in ginocchio, il respiro affannoso, Shu tentava di chiudere occhi e orecchie a quanto vedeva e sentiva, a quelle recriminazioni, a quelle parole di rimprovero e delusione... a quel pianto che non cessava.

Non serviva mettere al riparo i sensi da tutto quello, perché le loro voci penetravano al di là di essi e affondavano nell'anima, quel pianto gli trafiggeva il cuore, non poteva percepire il loro disprezzo senza affogare nel nulla, non poteva ascoltare il pianto di Shin senza impazzire del tutto... e tutti quei sentimenti negativi, disperati, cupi, lui, il suo comportamento aberrante, li aveva provocati.

Mi diverte pensare di essere l'unico a toglierti le parole di bocca. Sei sempre quello delle parole grosse come 'giustizia' e 'protezione': le parole gridate al vento sono le più false. Voi esseri umani siete...” una pausa, un dubbio passeggero. “Patetici”.

Forse fu lo schiaffo al suo onore, forse fu l'insulto, forse... forse, voleva semplicemente credere. Che ciò che lo faceva soffrire era, dopotutto, solo troppo amore.

Richiamò a sé, con un grido muto e disperato, la yoroi e, a capo chino, si presentò a Rajura.

Rajura... Rajura... il suo acerrimo nemico, il suo persecutore... il demone dell'illusione che... che tanto spesso l'aveva ingannato.

E, mentre il volto rimaneva basso, i suoi occhi si sgranarono sul tappeto di petali, i pugni si strinsero ancora... quello era Rajura che sapeva scavare nel cuore per indebolire con... con bugie... sfruttando le paure e i dubbi... usando la subdola arma del raggiro mentale.

Fu allora che qualcosa mutò alle sue percezioni, le voci dei nakama diventarono qualcos'altro, la loro rabbia improvvisamente fu solo dolore perché... perché...

Cosa... cosa stai facendo alle loro menti, Rajura?” sussurrò, in un sibilo a fil di labbra.

La stessa cosa che aveva fatto alla sua probabilmente, ma...

E' vero” pensò, “sono ingenuo tanto spesso... ma ci sono già cascato, io conosco Rajura, io so come affrontarlo, mentre loro... loro forse sono più impreparati in questo e lui... lui...”.

Lui li stava torturando mostrando loro chissà quale terribile visione; il suo cuore batteva fortissimo adesso e tutto ciò che percepiva di loro era la sofferenza che stavano provando, quel pianto non era più causato da lui ma da...

Sei tu che li stai facendo soffrire, non io” sollevò il capo, gli occhi lucidi, grandissimi e ardenti, in essi sembrava ribollire tutta la rabbia della crosta terrestre nei momenti in cui è sul punto di esplodere, “tu... stai facendo loro del male!”.

Stava spezzando i loro cuori e stava facendo piangere Shin. Ce n'era più che a sufficienza per renderlo furioso, quasi cieco dalla rabbia, desideroso solo di estirpare il male alla radice, di far scomparire dalla faccia della terra chi aveva osato scalfire il suo tesoro più prezioso: il legame che lo univa ai suoi nakama.

Di nuovo a sproloquiare...”. Il Mashou alzò la testa con arroganza, poi mosse la mano e due dita andarono a richiamare il giovane samurai. “Avanti... mostrami la tua rabbia...”.

Le mani forti di Shu si strinsero sull'asta, poi fu un attimo e si scagliò contro Rajura che, con estrema facilità, evitò i fendenti, saltando da un ramo all'altro, da un albero all'altro, mentre circondavano in cerchi sempre più stretti i ciliegi a cui i ragazzi erano legati. I colpi tagliavano l'aria, senza però toccare il Mashou, come se il giovane Kongo non riuscisse a lavare dai propri occhi la rabbia e ad agire con la freddezza e la precisione di cui aveva bisogno. Ad ogni colpo dato era uno sbuffo, poi uno sghignazzo, infine una risata.

Sei debole e sciocco, un patetico essere umano... ma di cosa hai paura, ora? Non vuoi scatenare il tuo colpo? Così allunghi solo la tua agonia”.

Ma cosa ne poteva sapere, lui?!

Lui, un Mashou, un demone... cosa ne poteva sapere dell'amicizia? Lui non avrebbe avuto problemi a fendere un corpo critico, anche in presenza dei suoi compagni. Lui non conosceva l'amicizia, lui non amava. Pur di raggiungere il suo scopo avrebbe calpestato ogni cosa. Anche l'onore che si addice... non a un samurai, ma ad un essere umano.

La conferma venne quasi subito a Shu, dopo l'ennesimo balzo in cui Rajura sgusciò via dalla sua tetsubo per portarsi tra i due alberi ai quali erano legati Shin e Ryo; un sudore freddo percorse la fronte di Shu, in previsione di ciò che, lo sapeva, stava per accadere.

Doveva impedirlo, gliel'avrebbe impedito. Scattò in avanti nel momento stesso in cui una delle lame di Rajura si appoggiava alla gola di Ryo, mentre l'altra sua mano afferrava i capelli di Shin; già una striscia rossastra compariva sulla pelle di Rekka, un gemito si levò dalle labbra di di Suiko, ma venne sovrastato dal grido di pura rabbia liberato dalle corde vocali di Kongo. Rajura se lo vide piombare addosso, come una furia, simile ad un ashura che perdeva i connotati umani per mutarsi nell'essenza stessa dell'ira. Questa volta il Mashou non poté evitare la collisione e fu costretto ad allontanarsi dalle due vittime prescelte; sua intenzione fu dapprima spostarsi più vicino agli altri due prigionieri ma Shu fu lesto a porsi come ostacolo sul suo cammino:

“Non osare, Rajura! Non te lo permetterò!”.

Nel frattempo un ruggito possente scosse l'aria, accompagnando le parole di Shu; rimasto fino a quel momento ad osservare, aggirandosi nervoso sul campo di battaglia, senza poter fare nulla per sottrarre i suoi cuccioli umani all'illusione di Rajura, Byakuen aveva colto la reazione positiva di Shu, interpretandola come l'attimo giusto, anche per lui, di intervenire e assumere il proprio ruolo. Si mise a passeggiare, fiero guardiano, davanti ai quattro prigionieri, scrutando i due guerrieri, un chiaro messaggio per Shu nelle iridi accese di fiamme ardenti:

Compi il tuo dovere combattendo con onore, io compirò il mio, proteggendo Ryo e gli altri con la mia stessa vita!”.

Shu percepì il suo messaggio, raccolse lo spirito, chiuse gli occhi per un attimo e si lanciò sull'avversario con tutta la forza che il suo furioso corpo aveva dentro: scagliò se stesso e Rajura lontano abbastanza dalla radura e Kongo si sentì, infine, libero di scatenare tutto il suo potere. Alzò lo tsubo sul proprio capo, rendendolo un'unica lunga arma possente, ed il bastone da guerra cominciò a roteare nelle sue mani, trasformandosi in un furioso occhio del ciclone: dall'altra parte, un ghigno nascosto dalla maschera, Rajura non aspettava altro.

GEN TESSAI!”.

E la tempesta di roccia e violenza si scatenò al suolo e poi su nell'atmosfera, mentre la roccia si frantumava e lo tsubo tremava nervoso nelle sue mani: Rajura, come sempre, era rimasto impassibile. Come sempre metteva in ridicolo le sue capacità.

Troppo debole, Kongo, troppo negativamente influenzato dalle tue emozioni. Un guerriero deve essere freddo! In questo sarai sempre un fallito!”

Un ruggito accompagnò il nuovo insulto di Shu, che immediatamente si rilanciò all'assalto; non lo accettava, non avrebbe mai potuto accettarlo, le emozioni erano ciò che lo spronava, in nome delle emozioni più calde lui combatteva. Per combattere gli serviva un motivo, il suo motivo era la giustizia... e quando essa veniva infranta, come si poteva difenderla rimanendo freddi? Come si poteva non lasciare che la rabbia, il desiderio estremo di ripristinare la giustizia trafitta, guidassero mente ed azioni? Non sarebbe mai riuscito a contraddire se stesso: Seiji era la calma cortesia, Touma la lucida saggezza... non lui, lui era emozione pura e se non lo fosse stato, non avrebbe avuto nulla per cui lottare.

La nuova colluttazione fu ancor più violenta, Rajura la affrontò inizialmente con una risata, mentre il fianco di Shu veniva trafitto da una delle lame del demone; poi però la risata si trasformò in urlo, perché l'impeto di Kongo lo aveva respinto con una violenza tale da scagliarlo lontano, infrangendo forse qualche costola.

Il guerriero della terra, con un gemito, cadde in ginocchio, un pugno ancora stretto intorno alla sua arma, l'altra mano a premersi il fianco ferito.

Freddo, tranquillo, misurato: quante volte aveva sentito quelle parole rivolte a lui? Non era mai stato una testa calda, ma non poteva certo definirsi una persona tranquilla. Era il vivace di casa, quello che non stava mai fermo, quello che amava ribattere quando qualcosa non andava, che rideva più forte a uno scherzo ben riuscito e che sapeva non vergognarsi mai delle proprie lacrime. Sapeva essere passionale e quando lo faceva metteva tutto se stesso. Proteggere e salvare i propri nakama era una di quelle cose che tirava fuori la sua passionalità, senza alcuna riserva.

Per quello Shu non avrebbe mai potuto essere altro che se stesso.

 

Lo sai che sei la prima persona che sento la mattina? Sei piuttosto chiassoso, Shu... però, quando mi svegli tu, in qualche modo, sono più allegro”.

Sei uno scavezzacollo, più di me. E non mi va giù molto la cosa. Però la tua presenza mi rassicura sempre Shu”.

Mi impensierisci, anche più di Ryo. E, bada, non è un complimento. Nonostante ciò, invidio il tuo innocente coraggio, sai Shu?”.

Quando apri il tuo cuore, così, non so mai cosa fare. C'è sempre tanto imbarazzo e tanta paura, però... sono felice che tu sia mio nakama, Shu...”.

 

Essere se stessi.

Esserlo e, nonostante questo, essere amati.

Sembrava semplice, ma le cose semplici, come l'amore, semplici non lo sono mai.

Ma per loro cinque, questo sembrava semplice: amare ed accettarsi.

Andare oltre i difetti, i caratteri bruschi, le pigrizie, l'ingordigia, la timidezza... andare oltre e vedere cosa vi è realmente oltre. Vedere l'umanità, tutta, completa di ognuno, oltre le maschere che esperienza e paura costruiscono.

Shu non si era mai sentito così accettato.

E se c'erano stati dei dissapori in quei giorni, tutto era dovuto a... a cosa poi, se non ad egoismo?

Con respiro affannoso, risollevò il viso, denti stretti, occhi ardenti, sfidando il sudore freddo lungo le tempie, generato dal dolore di quella ferita che non l'avrebbe fermato; quegli occhi cercavano l'avversario e lo trovò dove immaginava, un po' distante da lui, anch'egli spossato, reduce da un attacco che aveva messo alla prova entrambi. Anche Rajura si teneva un fianco ed era, con ogni evidenza, sofferente; ciò nonostante avanzava, a passo lento ma fermo, l'arma ancora in pugno, pronta a rivolgersi ancora contro di lui.

E va bene...” ringhiò flebilmente Shu, risollevandosi sulle gambe malferme, rese ancora più deboli dalla fuoriuscita di sangue che non accennava a fermarsi. Lo sfiorò il pensiero che la ferita poteva essere grave, forse lo stava mettendo in pericolo di vita.

Per i suoi nakama avrebbe dato più di una vita ma non poté fare meno di venire colpito da un'idea che lo metteva in ansia: se fosse morto... li avrebbe lasciati soli, in vista di battaglie ben più difficili e lui non voleva lasciarsi soli, non poteva.

“Di che mi preoccupo?” ragionò tra sé, “io tornerò a proteggerli anche dall'aldilà se sarà necessario!”.

“Sai essere un elemento pericoloso, Kongo... non letale, ma pericoloso” una mano ad altezza stomaco, la smorfia di dolore occultata dalla fredda maschera, mentre l'ironia tornava a farsi beffe di Shu. “Ma da solo... salvarli: non ti sembra di essere troppo arrogante, moccioso?”

Da solo... salvarli... non è arroganza... è necessità... perché te lo scordi che io possa lasciarli nelle tue mani, nelle mani di chiunque tra voi, finché io sarò n vita... ma anche se mi ucciderai, non ti permetterò di fare loro del male, ti perseguiterò in eterno piuttosto, Rajura!”.

Il tono si alzava, parola dopo parola e divenne un grido mentre sottolineava il nome del Mashou, la mano che lasciava il fianco per sollevarsi verso di lui, puntandogli contro il dito. Vi era una tale solennità in quel gesto, in quella voce, in quegli occhi, una sorta di luce superiore, al di là dell'umano, che suo malgrado Rajura fermò i propri passi, interdetto; detestava quando quel bambino esaltato riusciva a colpirlo... moralmente... detestava ammettere a se stesso che gli faceva un tale effetto.

Il vostro legame non è altro che una farsa... non siete voi, è solo questa battaglia che vi tiene assieme” con un movimento veloce del braccio fece partire uno dei suoi artigli che andò a bloccarsi sulla spalla della yoroi di Shu, aggrappandosi come se volesse strappargliela di dosso. “Prima o poi ve ne renderete conto di quanto voi assieme non significhiate nulla”.

Un tremito violento scosse le membra di Shu e non era per il dolore di quella nuova colluttazione, non era neanche il dolore al fianco, non lo sentiva neanche: le parole di Rajura avevano cancellato tutto, qualunque altra cosa, le parole peggiori che poteva dire, la minaccia più atroce che poteva inventare e alle orecchie, al cuore di Shu, risuonò come una maledizione.

Come osi” un ringhio che a Rajura ricordò il soffio di un micetto che sfoderava gli artigli contro un mondo ostile. Non poteva immaginare cosa stesse ribollendo sotto quelle iridi che diventavano fiamme, in quel petto nel quale il cuore sembrava esplodere. Il demone dell'illusione, per una volta non era stato in grado di leggere pienamente nel cuore: aveva pensato di abbatterlo ancora presentandogli un futuro in cui il legame si sarebbe spezzato e invece, mettendo in discussione quanto di più sacro aveva il samurai del Diamante, aveva segnato la propria condanna.

Il ringhio, da basso suono gutturale, andava assumendo i connotati di un ruggito, sempre più possente, il ribollire dei terremoti che dal centro della terra si irradiano fino alla superficie, senza lasciare scampo; e il ruggito esplose nell'urlo di battaglia, per nulla simile al precedente, per nulla contenibile, questa volta, da parte di Rajura:

GEEEEN TEEESSAIII!”

Rajura cercò di bloccare il colpo di Shu, contrapponendogli gli artigli, chiusi su loro stessi a difesa, ma si sentì sollevare da terra da una pressione troppo grande, incontenibile: si morse un labbro, mentre il colpo lo scaraventava ancora più lontano, la ferita allo stomaco ancora più profonda. Sire Arago non avrebbe approvato... ma era tutto solo un inizio. Un nuovo inizio per una nuova fine.

E stavolta il finale sarebbe stato memorabile.

 

Battaglia dopo battaglia

E' bello quando finisce per un momento

In un sogno delicato

Io lascio il mio corpo

La pioggia batte contro la finestra, una persona

Io desidero vedere

Questa giornata si sta oscurando

Siamo guerrieri

Guerrieri solitari

Il pianto del nostro cuore

E' solo per la battaglia

E' per questo che viviamo

Smettila, smettila ragazzo!

Sangue rosso fluisce

Piangendo per un momento,

Anche quando sono solo

Non riesco a proteggervi

Verso quel luogo di riposo

Volo con il mio spirito

Un ricordo immortalato

Siamo guerrieri

Guerrieri solitari

L'ombra sta tremando

Sembra che sorrida

E' questo ciò per cui viviamo

Dimentica, dimentica ragazzo!

Siamo guerrieri

Guerrieri solitari

Il pianto dei nostri cuori

E' solo per la battaglia

E' questo ciò per cui viviamo

Smettila, smettila ragazzo!

 

Il sangue colava e si mischiava con il tappeto di petali, la terra lo beveva come nutrimento e gli occhi del ragazzo tentavano di focalizzarsi su quella pozza scarlatta che andava allargandosi ai suoi piedi, su essa si concentrava, perché i sensi non lo abbandonassero, non prima di rendersi conto... di sapere se i ragazzi... i suoi nakama...

 

Shu... resta... dimentica le mie parole... resta qui...”.

Sei un degno samurai... il tuo onore è il nostro... e io sono stato uno stolto...”.

Ti voglio al mio fianco... voglio combattere ancora insieme a te... resisti... cosa vuoi che sia quella ferita?”.

Non lasciarmi... come faccio ad andare avanti senza di te? Tu sei la mia sicurezza... Shu...”.

 

Shin... non... non piangere... Ryo... Ragazzi...”.

Un gemito e le sue gambe cedettero; si ritrovò in ginocchio, la mano sul fianco che non poteva arginare i fiotti di sangue inarrestabile. Non voleva lasciarli, avevano ancora bisogno di lui, ma cosa avrebbe potuto fare?

Gli venne da piangere, perché se fosse accaduto il peggio... non riusciva a pensare che le ultime parole che si erano scambiati fossero state cariche di malessere e incomprensione. Non avrebbero capito quanto, in realtà, voleva loro bene...

Il mondo attorno a lui cominciò a girare vorticosamente, la vista si annebbiò e ogni suono divenne ovattato, distante. Si sentiva stanco, ma non lo era... sapeva di arrendersi, anche se non l'avrebbe desiderato.

Ma era tutto troppo difficile. Tutto ciò che ancora sentiva era quel profumo, dolce e delicato, dei fiori di ciliegio: lo sentiva attorno a sé, si posava su ogni cosa con delicatezza.

Shin, Ryo, Seiji, Touma...

Stavano bene, erano salvi. Era il sussurro dei fiori che glielo stava dicendo. Ma i loro cuori? Le loro menti?

Sono... così debole...”.

Il suo corpo scivolò e si ritrovò, prono, al suolo, le dita che affondavano tra i petali, la ferita a contatto con la terra che, insaziabile, beveva il suo sangue.

 

Shu...”

Le mani di Touma tremarono, il suo respiro si nutriva dell'essenza dei ciliegi, i suoi occhi... piangevano... perché il cuore, in un pizzico insistente, gli faceva male.

Dove sei, Shu?”.

Non lo sentiva... ed era terribile non sentirlo, era il vuoto, era perdere parte di sè.

Annaspò, gli occhi sgranati, faticando a respirare.

Intorno troppo silenzio e troppo, troppo sentore di vuoto e di nulla.

C'era cascato, come un povero, sciocco bambino, altro che saggezza.

Shu... come ho potuto pensare...”.

E, nonostante tutto, a quel torpore non riusciva a sottrarsi.

Ricadde, il viso affondato nel tappeto di petali.

 

La mano di Seiji si strappò a forza da ciò che rimaneva della ragnatela di Rajura addosso al suo corpo; ma se quella se n'era andata, non così l'angoscia di quelle parole... che l'illusione aveva messo in bocca a Shu. Perché lo sapeva, ormai, che era illusione, eppure ciò che il Masho aveva intaccato era troppo e faceva male. Il samurai del Nimbo era furioso ma anche triste, perché non era stato in grado di impedirlo, non li aveva protetti e si era lasciato raggirare. E adesso era debole, quella dimensione al di fuori del tempo e dello spazio lo teneva ancora prigioniero, una traccia residua dell'illusione di Rajura che, nonostante tutto, non voleva lasciarlo andare.

Il suo cuore impazziva per l'ansia che la sofferenza palpitante dei suoi nakama gli trasmetteva e... ne mancava uno... perché un tale silenzio dal cuore di Shu?

La sua assenza così spaventosa fece cedere le sue gambe e si ritrovò a terra... a contatto con la terra che si intrideva di sangue... non il suo...

Era, forse, proprio il sangue della terra quello?

 

Odore di sangue... lo sentiva, era troppo forte. Shu dov'era? Aveva sentito la sua voce, lo chiamava... ma dov'era?

Sentiva l'odore del sangue e sapeva... era Shu?

Shu... Shu, dove sei?”

Cadde a terra, l'illusione di Rajura si era dissolta nel nulla attorno a lui: percepì un tocco famigliare sulla guancia - Byakuen? - e dovette sforzare la propria bocca per poter dire anche solo poche parole.

B-Bya-kuen... S-Shu... c-come...”.

E percepì, un istante dopo, l'allontanarsi della tigre: scese il silenzio, un silenzio così lungo che Ryo trattenne il respiro.

Poi, nel silenzio, un pianto sommesso, un uggiolio.

SHUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!”.

 

L'aveva sentito... era così vicino ora, lo percepiva.

Sarebbero tornati a casa e avrebbero parlato. E avrebbero chiesto scusa, scusa, scusa...

Non voleva più vedere la schiena di un compagno scomparire davanti ai suoi occhi. Non voleva, perché Shu non se lo meritava. Perché Shu era un nakama... era importante... era... era...

Shu... torniamo... dove... dove sei?”.

Shin scivolò a terra adagiandosi sull'erba; sotto le sue dita qualcosa di caldo, che sembrava tremolare al suo tocco.

Strinse il pugno, poi si portò la mano più vicina al viso, per poter vedere... era sangue quello... la terra sanguinava e il cuore nel petto di Suiko prese a dolere in maniera così atroce da farlo gemere, da generare ancora lacrime, che scivolavano lungo le sue guance, bollenti come quel sangue.

Perché la terra sanguina?”.

Voleva Shu, così disperatamente.

Voglio tornare a casa... Shu... voglio... tornare da Shu...”.

Ma Shu era a casa? Perché il suo cuore non lo sentiva e allora... poteva significare che non era più in nessun posto?

Non abbandonarmi...”.

Un ultimo sussurro e poi non sentì più nulla, non volle sentire più nulla, perché se non poteva sentire Shu, allora, ogni melodia dell'universo perdeva significato.

 

A terra, abbandonati quasi dalle forze, sognavano: un sogno dai contorni arancio che sfumavano nel rosso acceso del sangue.

Sotto di loro la terra tremava, come il dondolio di una culla e l'aria soffiava in silenzio, incurante dei loro corpi.

Tu-tum.

Il battito di un cuore. A chi apparteneva? Sembrava così debole...

Dovete rialzarvi, cosa ci fate a terra?”

Shu?

Non c'è più nulla da temere. E poi... c'è la terra a proteggervi. La terra non abbandona mai, è sempre con chi ha bisogno. Io lo so bene”.

Shu, dove sei?

Voi siete qui... questo è ciò che importa”.

 

Il battito del cuore della terra era un canto che li cercava, li chiamava, li pregava di ascoltare, era il suono più bello del mondo per i quattro ragazzi che da esso venivano raggiunti; il sangue del loro Shu, portato a loro attraverso la terra, insieme alle pulsazioni del suo cuore che della terra stessa erano la voce.

Perché lui era la terra e in quel momento la terra restituiva loro la vita.

 

Sei ancora con noi?”

Non ti libererai di me, Touma...”.

Riesco... a sentirti...”.

Seiji... anche io vi sento... vi sento tutti...”.

Ma il tuo cuore è debole, Shu... stai male?”.

Ryo... la mia vita siete voi... se voi starete bene... starò bene anche io...”.

E' così bella... la voce della terra... voglio ascoltarla per sempre...”.

Shin... la terra ti sosterrà ogni volta che ti sentirai solo, che avrai bisogno di aiuto... la terra ci sarà per te... per tutti voi, ragazzi...”.

 

 

Una luce brillante chiude il sipario che scende

 

In silenzio

 

Una persona sul palco poggia la propria guancia sulla mano

 

"Grazie" stava mormorando alle proprie spalle

 

Forse abbiamo infine trovato la nostra strada

 

Quel pensiero ci ha attraversato improvvisamente la mente

 

Un giorno, un momento

 

Dimenticando il viaggio lungo un anno

 

Un giorno, un momento

 

Le foto nell'album crescono ancora

 

Un giorno dimenticheremo

 

Il caldo pulsare di quel giorno, solo ciò

 

Che è lasciato indietro, da qualche parte nei nostri cuori

 

Un giorno, un momento

 

Quando ci sembrerà di perdere la battaglia contro la solitudine

 

Un giorno, un momento

 

Sicuramente ricorderemo quel periodo

 

Un giorno, un momento

 

Quando ci sembrerà di perdere la battaglia contro la solitudine

 

Un giorno, un momento

 

Sicuramente ricorderemo quel periodo

 

 

Era ancora un grande prato ed era estate, lo sentiva sulla sua pelle il bruciare del sole. Correva in quel mare verde, senza un posto dove andare, o un luogo dove tornare: era un vagare senza meta ed era triste e malinconico.

C'era qualcuno che desiderava, qualcuno che, però, non era lì.

Quel luogo non era poi così bello: anche se il cielo era un crogiolo di colori caldi e l'erba profumava e i ciliegi erano in... fiore?

I passi nudi del bambino si avvicinarono inquieti a quel ciliegio, grondante di petali rosa e forte e grande che sembrava tenere in piedi il cielo stesso e donargli tutto il colore che non riusciva a rubare al sole: Shu guardò in alto, perdendosi tra i rami intricati, accarezzò la corteccia scura e liscia e si lasciò andare a terra con un sospiro, accoccolandosi tra le due radici più grandi e chiudendo gli occhi. Poteva sentire il vento tra i fiori e l'acqua che gorgheggiava nella terra... e sentiva il calore del sole morente scaldarlo con un manto di luce.

Le voci degli elementi fusi nella melodia del cosmo... e gli elementi divennero le loro voci, quella di Touma, insinuante come il vento curioso e sbarazzino, quella di Seiji, avvolgente come l'abbraccio della luce protettrice, quella di Ryo, calda come il fuoco, guizzante come l'instancabile vampa e quella di Shin, carezzevole come l'acqua che lambisce con tenera gentilezza, fresca come la purezza dei bimbi, argentina come le loro risate...

Eppure...

Erano lì quelle voci e al tempo stesso distanti e il piccolo Shu tremava, perché temeva che quando avrebbe riaperto gli occhi, loro non ci sarebbero stati e anche il loro canto sarebbe svanito... forse per sempre.

Si morse il labbro, strinse le palpebre di più, mentre una lacrima sfuggiva all'angolo di un occhio e scivolava lungo la guancia.

Noi ti abbiamo ascoltato... perché ora tu non ascolti noi?”.

Un refolo di vento agitò un ciuffo sulla sua fronte.

Apri il tuo cuore... lascialo battere insieme ai nostri...”.

Una pioggia di luce scese ad abbracciare il suo animo, gli occhi chiusi non vedevano più solo buio.

Adesso non ci lasceremo più... non ti lasceremo più...”.

Un tepore amico si diffuse lungo il suo corpo, era come il fuoco acceso in una gelida notte d'inverno.

Così mi fai paura, Shu... perché non ti svegli?”.

Alcune gocce caddero sul suo viso, il pianto prezioso di chi amava troppo.

Shu serrò ancor di più gli occhi, non si sentiva pronto, non era nato per essere abbandonato. Non era nato per rimanere da solo.

Loro lo chiamavano, ma se avesse riaperto gli occhi, cosa avrebbe trovato? L'oscurità della notte, la solitudine di un silenzio troppo rumoroso. Voleva loro, non voleva nient'altro.

Poi giunse un tremore che squassò tutto attorno a lui e, suo malgrado, il bimbo riaprì gli occhi e c'era il ciliegio che pareva muoversi di vita propria, gli ampi rami s'innalzavano verso l'azzurro, tremando al ritmo del suo stesso cuore: con il naso puntato al cuore della pianta vide da un rametto staccarsi un fiore, integro, meraviglioso.

Lo vide roteare su se stesso, accompagnato dal vento, mai soggiogato da esso: era delicato, leggero, eppure perfetto e deciso e bellissimo.

Non temeva nulla, sembrava conoscere i propri desideri e verso di essi il fiore planava.

Cinque petali perfetti su un fiorellino facevano del ciliegio l'albero più elegante ma anche quello più malinconico: coloravano la primavera con il loro pallido e riservato rosa e salutavano le prime calde giornate di aprile con un pianto composto e silenzioso. Perché fosse così bello e così triste guardare un ciliegio deporre i fiori al canto del vento, Shu non l'aveva mai compreso del tutto.

Secondo la tradizione, il samurai era legato al ciliegio, il sakura, per la sua natura di unica bellezza ma anche per l'effimera brevità della vita.

Da quando Shu era diventato samurai, però, aveva sempre associato il sakura alla loro amicizia: non per la breve fioritura e nemmeno per antiche tradizioni. La bellezza, quella vera e senza veli, schietta eppure dolce, quella associava ai suoi nakama.

Ad ognuno di loro che, come i cinque petali del fiore, componevano qualcosa di altrettanto unico e indefinibile.

La mano abbronzata di Shu scivolò in alto, palmo al cielo, sentì il suo cuore riprendere a battere, forte e calmo; quando i petali del fiore toccarono la sua pelle, una grande luce lo avvolse e, finalmente, riaprì gli occhi al giorno nascente.

La mano si riabbassò verso il viso e lui lasciò che i petali lambissero le narici con la loro carezza e il loro profumo, il bianco e il rosa riempivano adesso il suo universo. Mosse anche l'altra mano e, come essa ebbe lasciato il terreno, entrò a contatto con altre cinque dita; il suo sguardo si spostò e riconobbe quell'altra mano, la carnagione scura come la sua, ma le forme un poco più affusolate. Fece scivolare gli occhi fino ad incontrare quelli del proprietario: Ryo gli sorrideva, gli occhi felini luccicanti di commozione.

E in quel momento percepì anche il tocco che si attardava sul suo fianco e il fluido curativo del potere di Seiji.

Poi un'altra mano, tra i capelli, Touma che giocava con le sue ciocche scure.

Infine, le lacrime e le dita di Shin, che gli accarezzavano con tenerezza la guancia.

Socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma... le lacrime presero la parola per lui e la bellissima immagine davanti ai suoi occhi si confuse in un gioco di colori: erano lì, erano sempre stati lì.

Shu, ti fa male?!”.

Ecco la vocina preoccupata di Shin, quanta tenerezza gli faceva. Si preoccupava sempre, per ogni piccola cosa che non andava come doveva andare...

Scosse il capo e il groppo alla gola non se ne andava.

S-sono ... felice...”.

E le lacrime, invece di fermarsi, sembravano aumentare, anche se voleva arginarle e donare loro un sorriso, solamente quello.

Anche noi lo siamo, se tu stai bene...”.

Touma... grazie...”.

La ferita non è così grave... guarirai...”.

Grazie a te Seiji...”.

E' colpa mia, se solo fossi stato più attento, se solo non mi fossi fatto sorprendere!”.

Ryo, taci!”.

Il sorriso si mutò in risata sgorgata dal cuore... il loro capo, samurai della Vampa, che si faceva sensi di colpa per ogni minima cosa...

Tentò di sollevarsi, ignorando la fitta al fianco e le quattro paia di braccia che volevano bloccarlo.

Stai attento!”.

E' troppo presto, non devi fare sforzi!”.

Lascia che pensiamo a tutto noi!”.

Sei il solito incosciente, irresponsabile Shu!”.

Se le loro mani non bastavano a tenerlo fermo, riuscirono nello scopo due zampe che decise si posarono sulle sue spalle, immobilizzandolo letteralmente a terra.

By-Byakuen...”.

Un ruggito lieve ma severo si fece sentire, poi una lappata gentile sulla guancia a lavare via lacrime e stanchezza.

Shu chiuse gli occhi, inspirando a fondo e li riaprì, un po' più chiari di prima.

Voi state bene? Le ferite... le ferite di Rajura...”.

Siamo come nuovi. E tutto grazie a te” rispose Touma bloccandogli la parlantina nervosa. Poi si rivolse a Shin, ora silenzioso, le sue carezze sul viso di Shu leggere, quasi timorose. “Diglielo anche tu, Shin... vedi di rincuorarlo almeno tu, altrimenti il nostro Kongo non se ne sta fermo”.

Shin, che fino a quel momento era rimasto come incantato a contemplare il viso di Shu, un dolce, instancabile sorriso sulle labbra, alzò gli occhi colmi di stupore su Tenku; sembrava un bambino che si risvegliava da un sogno e di colpo si rendeva conto di dove si trovasse.

Il sorriso tornò e, l'istante successivo, imitò Byakuen nel chinarsi su Shu e lo avvolse completamente con il proprio abbraccio.

A costo di legarlo, non gli farò commettere sciocchezze!”.

Shu si rassegnò, si rilassò, rimanendo disteso con la schiena alla terra, mentre Byakuen si allontanava per lasciare tutto lo spazio alla figurina sottile di Shin; il samurai del Diamante non poté trattenere una risatina, mentre la dolcezza di quella testolina castana appoggiata sul suo torace gli faceva scoppiare il cuore di affetto. Sollevò una mano e la affondò nei capelli morbidi del compagno, arruffandoli con tenere carezze:

Non avrai nessun bisogno di essere violento, Shin-chama, farò il bravo bambino...”.

Sospirò, socchiuse gli occhi e si ricordò di una cosa. “E poi... vi devo chiedere scusa. Non sarei dovuto scappare via, io... mi vergogno... avete visto un lato di me... così...”. Chiuse gli occhi definitivamente e si sentì avvampare di imbarazzo totale. “... da bambino...”.

Io sono stato più bambino di te, il modo in cui ti ho trattato... la saggezza deve essersene fuggita ben lontano da me in quel momento...”.

Touma, con espressione buffa, si massaggiava la nuca e Shu non poté fare a meno di sorridergli teneramente, ma ogni sua risposta venne prevenuta dall'intromissione di Seiji:

Neanche la cortesia era proprio di casa quando l'ho apostrofato con durezza... un cafone si sarebbe probabilmente comportato meglio...”.

E colpa mia invece” la veemente protesta di Ryo, “se non avessi fatto tante storie, sulle necessità, sulla mancanza di tempo, sul nostro dovere... sulla questione dei favoritismi poi... che assurdità! Quante scemenze ho tirato fuori?”.

Shin aveva sollevato il capo dal petto di Shu, li osservò uno ad uno, perplesso.

E' stata... solo un'incomprensione...” i suoi occhi verdi si posarono poi in quelli blu di Kongo, “e io... non ho saputo starti vicino, né essere comprensivo in quel momento... ma avevo fiducia che tutto si sarebbe sistemato... doveva essere così per forza... e così è stato... niente è cambiato tra noi, se possibile... io... io vi voglio ancora più bene...”.

Nessuno di voi ha colpa... io...” Shu andò ad arruffarsi i capelli con energia, mentre le loro parole scendevano lentamente a scaldargli il cuore: non era un tipo da vergognarsi dei propri sentimenti, mai lo era stato. Ma, in quel momento, sapeva che era andare oltre ogni cosa avesse detto o fatto fino a quel momento, un po' come mettersi a nudo in una gelida giornata invernale. Era mettere tutto nero su bianco ed era anche un attacco al suo stesso cuore.

Da quando era diventato così timido?

Chiuse gli occhi, prese un grande respiro e lo gridò ai quattro venti, provocandosi una piccola fitta alla ferita appena richiusa.

IO VI AMO TUTTI!”. Sentì la sua voce rimbombare, come se non avesse altro da fare che ripetere quelle 'terribili' ma preziose parole. “E... e... io... io non lo dico perché siete miei compagni d'arme. O... o perché vi trovo simpatici e con voi sto bene, io... io...”. Si coprì il viso con un braccio, mordendosi con nervosismo il labbro. “Io lo dico perché è la verità... e perché... quando... quando ho visto... la casa... io... ho pensato il peggio e non voglio. Io... non riesco a immaginarmi senza di voi. Per me ci siete voi... e se ci siete voi io so di poter essere felice. Io...”.

Poi fu solo un unico abbraccio, nel quale il cuore della terra si unì a quelli della luce, del vento, dell'acqua e del fuoco, nell'unico, possente e armonico pulsare dell'universo, il canto dell'amicizia, del coraggio, il trionfo stesso della vita e di un legame destinato ad ammantarsi di eterno.

 

Lungo la strada che prosegue dall'orizzonte

C'è un nuovo viaggio e, spinte in avanti,

Le cinque vite camminano assieme

In questo viaggio infinito. E prima di parlare

Ancora una volta ci guardiamo l'un l'altro

Attraverso il tempo, il mare, oltre le montagne

In questo luogo affrontiamo il nostro destino

Ed infine i nostri occhi si incontrano.

1Secondo le fonti ufficiali, Shin ama molto cucinare e si diletta in attività parecchio casalinghe, si dice perché educato in questo dalla madre e dalla sorella^^

2Gli occhi di Seiji sono sempre stati per lui motivo di turbamento. Il loro particolare colore lo faceva credere un demone dai bambini suoi coetanei, che così lo tenevano a distanza. Il tutto unito al suo particolare sguardo che tende ad essere freddo. Proprio per il dispiacere che questo gli provocava, sembra, ha cominciato a coprirsi un occhio con il ciuffo, cosa che lo collega, comunque, all'antenato Masamune Date, il quale aveva una benda sull'occhio ed era definito il drago con un occhio solo^^

3Anche Touma è molto goloso, benché sia tanto più magro di Shu, ha bisogno di zuccheri perché soffre di pressione bassa, quindi ama particolarmente i dolci. A differenza di Shu, però, maschera bene:P

4Degno compare perché Seiji e Touma appaiono particolarmente legati, così come Shu e Shin

  
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