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Autore: Eider    05/05/2012    2 recensioni
La storia di una amicizia tra due teste calde, in una giornata come le altre quando da tre anni ogni giorno è sempre lo stesso. Due adolescenti costretti a convivere civilmente sotto le mura scolastiche. Una os per farvi sorridere, dove i personaggi sono più simili a noi di quanto pensiamo.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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"Secondo me dovevi tagliare ancora un po'."
"Finiscila, va bene così."
"Ti dico che devi tagliare ancora un po', dammi qua!"
"No aspetta! Ecco guarda cosa hai fatto, sei contento adesso?"
La mora incrociò le braccia al seno arrabbiata, schivando lo sguardo divertito del suo compagno di banco.
"Terri." cantilenò il castano sporgendosi verso la vicina di banco offesa.
"Dai, Terri, preferisco quando m'insulti."
La ragazza spostò il suo sguardo sul professore di Storia, impegnato a spiegare la noiosa vita di qualcuno poco importante.
"Terri!" la chiamò ancora, senza risposta, doveva immaginarselo, quando si offendeva tendeva ad usare la tattica del silenzio, dopo poco però ricominciava ad insultarlo.
La stuzzicò con l'indice che premette sul suo braccio, attivando così la modalità sbuffo della ragazza.
Continuò a stuzzicarla sapendo che da un momento all'altro sarebbe scattata, ed era proprio quello che il ragazzo attendeva.
Quando è troppo,è troppo.
Come una furia si girò verso di lui e portando le braccia lungo i fianchi, prese fiato pronta ad urlare il più possibile, come succedeva almeno una volta al giorno da tre anni.
"Sei insopportabile! Mio dio, non ti sopporto! Finiscila, cavolo! Smettila, smettila, smettila!"
Il vociare della classe si ammutolì all'urlo inferocito della compagna, anche il professore restò in silenzio spaventato dalla scarsa tolleranza dell'alunna, tolse gli occhiali da vista con una lentezza irritante, alzò finalmente lo sguardo al secondo banco dove una ragazza dai lunghi capelli neri e chiarissimi occhi verdi si stava mordendo le unghie in attesa della sua sfuriata, mentre il castano vicino a lei tratteneva a stento una risata.
"Mancini, perché ti ostini a restare vicino a Valenti se poi finite sempre per litigare e finire in presidenza?"
Lo sguardo di puro terrore della ragazza aumentò il divertimento di colui che l'aveva istigata e questo il professore lo notò.
"Valenti non pensare di farla franca, ti ho visto."
Beccato.
Deglutì a fatica nascondendosi dietro Carletti, tanti muscoli quanto poco cervello.
"Siccome oggi sono stanco e non ho voglia di scrivere una nota, adesso vi alzate e uscite. Non provate a rientrate fino alla fine dell'ora. Chiaro?"
I due ragazzi annuirono e in silenzio uscirono dall'aula con la coda fra le gambe.
"Ti odio." sussurrò a denti stretti Teresa, seduta sul banco dell'aula abbandonata accanto.
"Ti voglio bene anch'io dolcezza." rispose tranquillo prendendo una sedia.
"E poi non sarebbe successo niente se non avessi ucciso la signora fazzoletto." brontolò non contenta.
Lorenzo roteò gli occhi incurante di essere visto "Quanto la fai lunga, le ho solo tagliato un braccio."
"Così non potrà abbracciare il signor fazzoletto." ribatté lei pensando a quanto fosse insensibile quel ragazzo.
"Terri stai scherzando spero?" il ragazzo si alzò in piedi e con volto serio si posizionò davanti alla ragazza, poggiandole le mani sulle spalle.
"Sono dei fazzoletti!" scandì bene ogni parola ad alta voce, magari così avrebbe capito.
Lei si scrollò malamente le sue mani dal suo corpo. "Sei un insensibile!" esclamò seria guardandolo negli occhi, quegli occhi così scuri e profondi.
Scosse la testa scacciando quell'assurdo pensiero.
Con agilità scese dal banco e schivò malamente il ragazzo, uscì dalla classe vuota e si diresse alle macchinette, attaccate alla sua classe.
Teresa si specchiò nel vetro della macchinetta del caffè e recuperando la chiavetta dalla tasca dei suoi jeans color carne, digitò il numero 44 corrispondente al caffè ginseng, quando sentì il rumore della macchinetta in funzione imprecò mentalmente, ricordandosi troppo tardi di schiacciare il pulsante per aggiungere lo zucchero, che normalmente arrivava al massimo a due barrette su cinque.
Vide il riflesso di Lorenzo avvicinarsi sul vetro dove poco prima si stava specchiando.
"Allora quando ti ho detto che era buono mi avevi ascoltato." mormorò divertito appoggiandosi al muro, alle spalle della ragazza.
Teresa non gli aveva mai detto che da quando gli aveva scroccato un goccio di quello che pensava essere caffè normale e in seguito aveva scoperto da lui che fosse ginseng, si era convertita a quel nuovo gusto di caffè, non glielo aveva confessato perché sapeva che si sarebbe montato la testa.
"Adesso capisco perché sta nevicando." continuò il ragazzo incrociando le braccia al petto, non smettendo però di osservala o meglio fissarla insistentemente.
Sbuffò prendendo il suo caffè al ginseng, stando il più lontana da lui, altrimenti le avrebbe rubato il caffè come il suo solito.
A volte si chiedeva come facessero a sopportarsi, la risposta arrivava velocemente, non lo facevano proprio.
Si chiedeva perché i professori si ostinassero a tenerli vicini, nonostante in tre anni avessero, lui, provato a spostarsi verso persone di dubbia intelligenza e sfortunatamente tanta bellezza e ogni qual volta succedeva che lui si spostasse, cosa che le dava un po' fastidio, i professori puntualmente dopo una lavata di capo li rimettevano insieme con le buone o con le cattive, una volta gli avevano attaccato il banco con il nastro adesivo.
Da non crederci.
Non erano amici, o almeno era quello che aveva sempre pensato lui pensasse, contorto no?
Il primo anno si erano parlati a malapena, non avendo contatti al fuori dell'ambito scolastico, ma il secondo anno grazie ad amici in comune avevano iniziato a frequentarsi perché nella stessa compagnia di amici e così si erano anche scambiati i numeri di telefono.
In tre anni si erano scritti all'incirca cinque volte.
Si riscosse dai suoi pensieri accorgendosi di non avere più tra le mani il suo amato caffè, spaesata si guardò intorno e quando vide il ragazzo accanto a se sorseggiare indisturbato ciò che le apparteneva non ci vide più.
Si fiondò contro il ragazzo iniziando a tirargli pugni sul braccio e ovunque riuscisse a colpirlo, probabilmente con i muscoli che aveva messo su l'anno precedente non gli avrebbe fatto niente, ma doveva sfogarsi.
Lui la guardò stralunato, alzando il bicchierino di plastica mezzo vuoto.
"Ma che diavolo ti è preso?" sbottò guardandola come se fosse un alieno.
Teresa si fermò riacquistando un po' di dignità, lo fissò con gli occhi a fessura, cercando di intimidirlo.
"Stavi per farmi rovesciare il mio caffè." non era sbalordito dal suo attacco, era solo preoccupato per il suo caffè, cavernicolo che non era altro!
Con uno scatto felino tirò fuori dalla tasca della felpa la "Signora Fazzoletto" un' omino di carta realizzata poco prima, dove con molta attenzione Teresa le aveva disegnato il viso e i capelli.
Brandì la "Signora Fazzoletto" come un'arma distruttiva a danni del ragazzo, che invece la guardava scioccato.
"Che la maledizione della "Signora Fazzoletto" si abbatta su di te!" recitò in tono solenne ma che non ammetteva repliche, piazzandola in faccia ad un Lorenzo immobile.
Qualche secondo dopo scoppiò a ridere, facendo cadere il caffè a terra, macchiando così i suoi nuovi jeans bianchi e quelli della mora.
Teresa rimase a bocca aperta per la risata sguaiata di Lorenzo e per la macchia di caffè a terra che si stava espandendo assieme a quella dei suoi jeans.
Una sberla lo colpì sulla nuca risvegliandolo dal suo momento di gloria.
"Brutto idiota troglodita! Guarda cosa hai combinato!" urlò la ragazza in preda ad una crisi isterica.
Lui si rialzò cercando di non ridere, ma guardando la faccia imbronciata della ragazza non riuscì a trattenersi e fu costretto a portarsi le mani alla pancia per il dolore.
"Finiscila di ridere!" ordinò regalandogli un'altra sberla.
"Finiscila anche tu!" le rispose tra una risata e l'altra ritornando ad essere il più alto dei due.
Capitan uncino, il bidello, passò in quel momento richiamato forse dalle urla sguaiate dei due.
Era un ometto di mezz'età con i capelli brizzolati e la barba folta e ciò che lo distingueva dagli altri era il suo orecchino al lobo destro, stile pirata.
"Avrei potuto scommetterci con la Sandra che eravate voi due." scosse la testa rassegnato, poi si avvicinò cautamente ai due che stavano a distanza di sicurezza guardando verso il basso con sguardo colpevole.
Seguì i loro sguardi ritrovandosi davanti all'ennesimo disastro della coppia.
"Mancini, Valenti perché ogni volta che succede qualcosa ci dovete sempre essere voi in mezzo?" li guardò ricordandosi di tutte le volte che li aveva sorpresi a battibeccare sulla via della presidenza o a picchiarsi per futili motivi.
"Su sentiamo, di chi è la colpa questa volta?" come previsto i due si incolparono a vicenda puntandosi con l'indice, poteva vedere le scintille tra i loro sguardi.
Erano tre anni che riteneva che quei due avessero bisogno di una sana scopata, e non era l'unico a pensarlo, anche il preside glielo aveva confidato un giorno dopo aver avuto l'onore di averli in presidenza per non si sa quale numero di volte.
Capitava che ci finissero più di una volta al giorno, erano come cane e gatto.
"Vi prego fra cinque minuti suona, quindi non fatemi perdere tempo." borbottò lasciandoli a guardarsi in cagnesco, al suo ritorno erano l'uno il più lontano dall'altra.
Finì di pulire in tempo perché il suono della campanella provocò il delirio, centinaia di ragazzi agglomerati nel piccolo corridoio che portava alla macchinette.
Come un fantasma Capitan uncino si eclissò nei corridoi del liceo turistico.
Senza proferire parola Lorenzo tornò in classe per recuperare il suo pacchetto di Malboro, si incrociarono sulla soglia della porta non rivolgendosi la parola.
"Ma ti piace?" non ebbe neanche il tempo di sedersi sulla sua scomoda sedia che Martina la tartassò di domande, si sedette al posto di Lorenzo guardandola con quello sguardo da bambi.
"Chi?" chiese un attimo spaesata la mora guardandosi in giro, cercando di capire di chi stesse parlando.
"Lorenzo." le rispose tranquillamente, Teresa inorridì a quel pensiero e le premette la mano sulla bocca guardandosi in giro circospetta, sperando che nessuno avesse sentito quella stupidaggine.
"Ma ti fai di qualcosa forse? Em ti sembra che mi piaccia?" domandò facendo riflettere la bionda.
"No."
"Ecco vedi." rispose Teresa tranquilla, non lo odiava certo ma parlare di attrazione fisica verso quel cavernicolo era quantomeno offensivo per la sua intelligenza.
Non era certo brutto, anzi molte ragazze gli sbavano dietro facendo la fila con il numerino solo per un sorriso.
Grazie al cielo non faceva parte di quel gruppetto.
Non ebbe il tempo di chiederle il motivo di quella domanda che la campanella annunciò la fine della ricreazione, e quindi l'imminente inizio di due estenuanti ore di matematica.
Sentiva già il motivetto della sua veglia funebre.
Lorenzo entrò poco dopo l'arrivo della professoressa, che come al solito lo rimproverò per il ritardo.
Si sedette al suo posto ignorandola, passando la lezione a giocare con il cellulare.
Ma poi perché non le parlava?
La scuola finì e gli studenti si precipitarono all'uscita dove la neve scendeva, sciogliendosi al suolo.
Assieme alle sue amiche raggiunse a piedi la stazione delle corriere, combattendo contro il vento e il gelo di gennaio.
Aspettare la corriera da sola non fu mai stato così avvilente, di solito c'era Martina a farle compagnia, ma questa volta sarebbe stata sola.
L'improvvisa mancanza della neve sulla sua testa fece comprendere alla mora che qualcuno l'aveva coperta con un ombrello, e quel qualcuno era il suo compagno di banco che aveva usato un ombrello come trattato di pace assieme ad un sorriso impacciato.
Succedeva sempre così, dopo ogni litigata lui si presentava tutto impacciato con qualcosa da darle come per chiederle scusa senza però farlo veramente.
Infondo voleva bene a quell'idiota patentato.


Si vi sto ancora annoiando, non uccidetemi.
Ho avuto l'ispirazione per questa os dopo l'ennesimo litigio con un mio compagno di classe, da qui sono nati Teresa e Lorenzo.
Non penso diventerà una storia, perché questo argomento è stato trattato tante di quelle volte  che cadrei nello scontato.
Volevo precisare una cosa, io vedo Terri e Lorenzo più che come amici, una strana accoppiata, che come innamorati/amanti.
Spero davvero vi sia piaciuto almeno un pochino di questa vita quotidiana.
Grazie a tutti,
Elisa.

   
 
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