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Autore: Kristah    06/05/2012    3 recensioni
Salve a tutti ragazzi e ragazze, autori e autrici, lettori e lettrici.
Questa storia, pubblicata nella categoria "Romantico" tratta di una ragazza.
Dal testo: "Elizabeth Hewitt, nome d’arte Skyle. Sinceramente non ho bisogno di un nome d’arte, perché non faccio nulla di artistico. Non canto, non ballo, non suono nulla di particolare. Sono una ragazza monotona: bionda, occhi marroni, alta uno e sessantacinque. "
Ecco come si presenta lei.
Non vi voglio spoilerare il finale, che però è già intuibile dall'inizio.
Se... non so, avete voglia di leggere qualcosa su un'autrice in erba, la mia storia è pronta per essere letta.
Dimenticavo; il titolo "Gone too soon" si riferisce ad una canzone dei Simple Plan, ed è il nocciolo di tutta la storia.
Lot of Love.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gone too soon. Cap.1

SKYLE.

Come si comincia una storia? Buongiorno? C’era una volta? No, c’era una volta no.
Direi di cominciare presentandomi.
Elizabeth Hewitt, nome d’arte Skyle.
Sinceramente non ho bisogno di un nome d’arte, perché non faccio nulla di artistico.
Non canto, non ballo, non suono nulla di particolare.
Sono una ragazza monotona: bionda, occhi marroni, alta uno e sessantacinque.
Penso di aver finito la mia presentazione.
Non c’è molto da dire, se non che questa storia dovrebbe essere diversa dalle altre. 

L’unica cosa che posso dirvi, per ora, è come è cominciata, tutta questa storia.

Era una di quelle serate noiose al bar dove lavoravo.
Non c’era nulla da fare, eppure ero sicura di aver scordato che qualcosa sarebbe successo quella sera.
Non era un appuntamento con un ragazzo, se ve lo state chiedendo.

Non sono proprio il tipo di ragazza che le madri sarebbero felici di vedere con il proprio figlio.
Mi sono fatta una reputazione sbagliata alle superiori, ma la cosa non mi era interessata poi molto, perché mi piaceva.

Appoggiai i gomiti al bancone di legno.
Dio se puzzava, quel bancone.
Improvvisamente, proprio come fosse un lampo mi ricordai cosa sarebbe successa quella sera.

La festa di compleanno di Beck. Odiavo quel ragazzo. Era sempre circondato da un alone di orgoglio che non lo abbandonava mai; scrivere che avrei preferito non averlo mai incontrato, sarebbe una bugia; a fin di bene, ma una bugia.

Perché Darcy Beck era dannatamente bello e sexy. Soprattutto sexy. E stronzo. Decisamente stronzo.

Ma la sua bellezza non toglieva il fatto che io lo odiassi.
Mentre pensavo a Beck, Luke, il mio … può essere considerato capo la persona che ti paga alla fine del mese, giusto?
Sì, giusto.
Quindi. Luke, il mio capo, rientrò.
Tra le mani aveva una scatola di cartone, di quelle che si raccattano nei supermercati, chiusa da un coperchio troppo grande per essere il suo.

Appendi queste”, mi disse, lanciando, proprio nel vero senso della parola, la scatole.
Ci sbirciai dentro, e la prima cosa che vidi fu il nome di Beck.
Iniziai a scuotere la testa.
Che cazzo? NO!

Skyle, non ti ho chiesto se ti andava di appenderle, ti ho detto di farlo!”.
Fui costretta ad appendere lo striscione con su scritto
“Buon Compleanno Beck!”.

L’idea era estremamente stupida, comunque.
Beck non aveva bisogno di festeggiare il giorno della sua nascita, e questo perché il giorno del suo compleanno coincide con il giorno in cui è rimasto orfano.
Probabilmente vi starete chiedendo come lo so.
Ve l’ho detto, no, che ho incontrato Beck.
Lo conosco da un po’, in realtà.
Pensare che eravamo amici, mi fa pensare alla mia vita lontana.
Alla vita prima di quella che mi diverte chiamare la G.C., ovvero la Grande Cazzata.

È stato Beck a soprannominarmi Skyle.

Vi racconterei volentieri l’aneddoto, se non fosse che, mentre appendevo lo striscione qualcuno mi fece cadere dalla sedia.
Fortunatamente caddi in piedi.
Chi avrebbe mai detto che fare la cheerleader alle superiori mi avrebbe aiutato ad evitare di morire ogni volta che appendevo qualcosa al soffitto del bar? No, nessuno lo avrebbe mai detto, nemmeno mia madre.
Mi voltai, già sicura di chi avrei visto.
Infatti incrociai gli occhi azzurri di Zane
Peccato che io sia sopravvissuta, vero?” gli chiesi cinica.

Non che lo odiassi, non potevo odiare tutti.

Invidiavo il suo lavoro; mentre io ero costretta a lavorare per Luke, in quell’insulso bar, lui aveva il privilegio di lavorare in biblioteca.
In realtà mi sarebbe dispiaciuto dover venire al tuo funerale. Hai mai pensato a quante persone ci potrebbero essere?” mi chiese, mentre mi seguiva come un cagnolino.
Si sedette su uno sgabello, mentre gli preparavo il solito drink scadente.
No, non ci ho mai pensato”, il fatto era che Zane era così.
Parlava di cose assurde, passava da un argomento all’altro, e l’unica cosa che potevi fare era stargli dietro.

La porta si aprì, e il vociare si impadronì di tutto il bar.




Vediamo un po' da dove partire.

Se avete letto il primo capitolo, dev'essere stato perché il titolo e da descrizione vi hanno colpito, almeno in parte; almeno un pochino.
Oppure perché siete capitati su una delle mie storie, e vi ho invitato a leggere anche questa.
Quindi.
Cosa ne pensate?
Dai, dai, dai. Io sono curiosa di saperlo.
E mi pare abbastanza ovvio che accetterò anche le critiche, a meno che non siano insulti di ogni genere.

Forza. Speriamo che qualcuno s'interessi a questa storia!

Tanti baci!

  
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